Progetto di un centro parrocchiale a Pollena Trocchia (Napoli) 
 
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Capitolo 1 
La Chiesa e la Famiglia: oggi 
Il capitolo d’ apertura di questa tesi ha il compito delicato di catapultare il lettore nell’attuale 
situazione etica-sociale.  
La concomitanza del mio periodo di laureando con l’apertura dell’ Anno della fede (11ottobre 
2012) mi ha incoraggiato nello scegliere come tema:  
“Progetto di un centro parrocchiale a Pollena –Trocchia”. 
 
La scelta quindi è scaturita da una motivazione duplice: quella di cogliere l’opportunità 
conclusiva degli studi per poter riflettere sulla progettazione dei luoghi e spazi del Sacro, ed allo 
stesso tempo non rimanere indifferente alla realtà che stiamo vivendo. 
L’anno di meditazione aperto dalla Chiesa cattolica  l’ 11 ottobre 2012 in coincidenza con il 
cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II e ventesimo anniversario della 
pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, si concluderà il 24 novembre 2013. 
Papa Benedetto XVI ha indetto l'Anno della fede con la lettera apostolica motu proprio 
data Porta fidei  in cui spiega la chiave di lettura di questo evento: una “riflessione 
sulla fede per aiutare tutti i credenti in Cristo a rendere più consapevole ed a rinvigorire la loro 
adesione al Vangelo, soprattutto in un momento di profondo cambiamento come quello che 
l'umanità sta vivendo”  
Porta fidei, 8. 
Le parole del Papa, qui riportate, sottolineano una chiara consapevolezza da parte della Chiesa 
di una società che attacca i principi fondatori della religione cristiano cattolica, relativi a temi 
complessi che vanno dall'eutanasia all'aborto (ed i metodi contraccettivi), dal matrimonio tra
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coppie di fatto all'adozione concessa a coppie omosessuali, ecc., e che sono accomunati da un 
unico filo conduttore, ovvero la riflessione sul valore ed il senso cristiano della Vita. 
Oggi gli individui sembrano avere difficoltà a porsi domande e, secondo alcuni, agiscono senza 
riflettere adeguatamente sulle conseguenze che una scelta sbagliata può avere a breve, ma 
soprattutto, a lungo termine. 
La Chiesa per secoli, assumendo gli insegnamenti di Gesù Cristo come esempi di vita da 
seguire, ha cercato di salvaguardare gli individui da crisi identitarie. 
Pontifex significa letteralmente “costruttore di ponti”, infatti simbolicamente è colui che 
adempie alla funzione di mediatore, in quanto stabilisce la comunicazione tra questo mondo e  i 
mondi superiori.  
La Chiesa ha indicato anche ai suoi fedeli gli atteggiamenti ed i comportamenti da assumere in 
riferimento a temi rilevanti e dibattuti nel panorama contemporaneo quali l'eutanasia, i metodi 
contraccettivi, la pluralità religiosa, l'aumento delle coppie di fatto, tutte tematiche strettamente 
correlate al processo di  secolarizzazione in atto. 
Secondo la Chiesa, la società moderna è vittima di una forma di individualismo che acceca le 
menti, ed indirizzandola alla ricerca di futili obiettivi la discosta dai Valori tramandati dalla 
religione cristiano cattolica.  
La Chiesa cattolica chiede, invece, all'individuo di interrogarsi sulle scelte compiute e di 
riflettere sul senso etico delle proprie azioni. In questo senso, essa pone una "cornice di 
riferimento", indica canoni, traccia confini entro cui la libertà umana può estendersi ed 
esprimersi. La Chiesa, assieme alla Famiglia, mira a preparare gli individui alla vita sociale 
spingendoli a determinare e a definire il Senso dell'esistere umano, il significato profondo 
etico-esistenziale della vita del singolo e del cosmo .L’avvento della società industrializzata pur 
comportando benefici e miglioramenti concreti sul piano materiale, ha costituito una minaccia 
per la stabilità della struttura familiare tradizionale. 
Oggi siamo difronte a una realtà che vede entrambi i genitori costretti a lavorare per poter 
soddisfare le esigenze quotidiane comportando spesso una inadempienza alle mansioni di 
educazione e formazione dei propri figli. Questo non significa che due genitori che decidano di 
realizzarsi svolgendo un compito all’interno della società siano incapaci di educare i figli; ma 
sicuramente  non li agevola nel compito principale che sono chiamati a svolgere.    
La realtà quotidiana mostra come la maggior parte dei genitori abbia difficoltà a garantire 
un’adeguata presenza nel nucleo familiare e se a ciò sommiamo la sfiducia nella Chiesa come 
un buon strumento guida per l’educazione, possiamo comprendere alcuni dei fattori che 
determinano il "senso di smarrimento" che sembra caratterizzare le giovani generazioni.
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Nello scenario di "incertezza" appena delineato, sembra lecito chiedersi se il progettista possa 
assumere un ruolo, ed in tal caso quale, nel "coadiuvare" la Chiesa nella sua funzione di agenzia 
formativa.
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Capitolo 2 
Le chiese come tema di progetto
 
 
Ricollegandomi alle idee fiduciose del liturgista Goffredo Boselli [2] la possibilità di 
un’inversione di tendenza è possibile ma deve essere frutto di attente valutazioni prese di 
comune accordo tra liturgisti e progettisti.  
I liturgisti si sono impegnati per riavvicinarsi ai fedeli ricollocando le Scritture al cuore della 
vita della Chiesa, così come sancito dal Concilio Vaticano II, riconoscendo loro la stessa 
venerazione data all’eucarestia secondo l’immagine delle due tavole, ovvero la Tavola della 
Parola e la Tavola del Corpo. 
Non c’è stata, invece, un’altrettanta immediata ed efficace risposta da parte dei progettisti 
italiani che si sono trovati difronte a un fallimento sul tema dell’architettura sacra nonostante i 
molti esempi di opere di valore che però rinunciano tutti, come sottolinea Bruno Zevi, ad una 
rivisitazione dello spazio assembleare: 
«Nella nostra edilizia religiosa si registrano due tendenze entrambe negative: da un lato si 
riesumano impianti tradizionali operandovi una semplificazione stilistica (…) dall’altro si ricorre 
allo strutturalismo, compiacendosi di iniettare nell’organismo religioso elementi strambi o 
contorti, cercando di imporsi con la novità ad ogni costo.(…) Le nostre chiese non sovvertono 
l’involucro e non plasmano nuovi spazi. L’Italia è assente dalla nuova architettura sacra per la 
mancanza di genuina ispirazione, di volontà inventiva e di profonde esigenze religiose».  
Bruno Zevi  
 
 
 
 
 
 
 
 
Giuseppe Vaccaro, 
chiesa di San Giovanni Bosco, Bologna 1958-67
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Ludovico Quaroni, chiesa della Sacra Famiglia , 
Genova 1956 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Figini e Pollini, chiesa della Madonna dei Poveri, Milano 1952-54
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Il Concilio Vaticano, Costitutio de Sacra Liturgia promulgato nel dicembre 1962, promuove 
una idea di Chiesa come luogo assembleare, da casa di Dio a casa della comunità. Il tema della 
rivoluzione dell’altare, nel progetto delle chiese post-conciliari provoca un sommovimento. 
L’altare avanza nell’aula lungo l’asse liturgico mentre l’organizzazione dello spazio attorno a 
questo fuoco “dal magnetismo disinnescato” diviene tanto più erratica, vaga ed eccentrica. 
La rivoluzione dell’altare, il contrarsi della navata, l’eliminazione di ogni punto di attrazione 
laterale, sono le modifiche di una revisione dei luoghi rituali come portato della riforma 
giovannea che elimina il conflitto tra aula e presbiterio, un conflitto simile a quello tra 
auditorium e scena del teatro. Lo spazio liturgico diventa uno spazio equipotenziale in ogni 
punto, uno spazio domestico. 
Le Istruzioni per l’applicazione delle norme del Concilio saranno approvate nel settembre 
1964. Tali disposizioni trapelano nel discorso di Paolo VI alla chiusura dell’ultima sessione.  
 
 
«La chiesa si può anche pensare nuda e scarna, ma che sia “nitida”, che abbia i valori di un 
cristallo, per una semplice, chiara, splendente struttura intellettiva (…) 
 
La chiesa si può fare povera, senza immagini o altari per il culto dei santi, ma riflettiamo prima 
di estromettere gli amici di Gesù che potrebbero esporsi in numero moderato e nell’ordine 
dovuto(…) 
 
Possiamo pensare di disegnare il Tabernacolo in luogo appartato e creare così spazi liturgici più 
ricchi di plastica e di angoli visuali (…) 
 
Il Fonte Battesimale si può pensare in parte estromesso dal grande spazio liturgico, ma non è 
l’accesso alla chiesa il fatto più memorabile?». 
 
 
I rapporti tra i vari elementi dell’assemblea liturgica sembrano alla luce di questi pensieri 
diventare semplici e chiari: che i fedeli si sentano non dispersi ma vicini in un corpo solo, che 
sentano tra loro lo spirito di carità con il suo fuoco sulla Mensa e nella parola. Gli architetti, 
numerosi, volsero la loro riflessione sui possibili nuovi valori architettonici dell’assemblea 
liturgica.
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Nel 1955 si tenne a Bologna il Congresso nazionale di Arte Sacra inaugurato dal cardinale 
Lercaro, che mostrò il suo impegno a favore del moderno, per la prima volta architetti e 
liturgisti si incontrarono con un programma di reciproco appoggio, al centro era la polemica 
con l’opera di le Corbusier, una chiesa moderna, il suo spazio, le sue forme, la sua unicità.  
Il programma sulle modalità in cui tradurre l’avanzatissima azione pastorale in una attiva 
politica urbanistica nel territorio furono affidate ai relatori del convegno: Figini, Quaroni, 
Michelucci, lettere di adesione arrivarono anche da Le Corbusier, Gropius, Breuer, Nervi, 
Rogers, Sarinen.  
La manifestazione fu affiancata inoltre dalla Mostra “10 anni di architettura sacra in Italia 
1945-55” in cui furono esposti 75 progetti delle chiese costruite in Italia nel dopoguerra. Nella 
camera introduttiva della mostra furono esposte gigantografie di portali gotici, assolutezze 
volumetriche della cappella di Cambridge di Mies, i superbi “vuoti” di edifici barocchi che 
Moretti aveva realizzato. 
La grande intuizione del cardinale Lercaro in questo congresso fu quella di aggiungere al 
problema architettonico quello urbanistico: nuove chiese di Bologna sorte nei nuovi quartieri e 
progettate secondo i criteri dell’urbanistica moderna.  
Il cardinale trovò nella concreta esigenza di realizzare nuove chiese per la città di Bologna, 
piantando croci in 11 terreni della diocesi, l’occasione per promuovere un dibattito sul tema 
dell’architettura sacra nell’intento di avvicinare la forma del costruito per la liturgia  alla lingua 
del proprio tempo.  
Questa iniziativa sarà una delle ultime occasioni che videro riuniti i grandi maestri del 
Novecento. 
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 Francesca Bruni, 23-24 settembre 2011,” Convegno su sicurezza e fruibilità dell’edilizia per il culto”.
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Questo periodo di svolta dell’architettura sacra può essere descritto tramite tre esempi di 
ripensamento del senso dello spazio sacro:  
 
1)La Cappella di Ronchamp, Le Corbusier, 1950-55 
  
 
2)La Chiesa di Saint-Pierre a Firminy-Vert (Francia), Le Corbusier, 1963 –        
2006   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
3)La chiesa di S.Giovanni Battista a Firenze, Giovanni Michelucci, 1964    
 
Visitata l’anno accademico 2008-
2009 con la guida dei docenti: 
 
Prof. Arch. A. Maglio 
Prof. Arch. L. Stendardo  
Prof.ssa Arch. M. Ines Pascariello 
Prof.ssa Arch. Lia M. Papa
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La Cappella di Ronchamp, Le Corbusier, 1950-55  
 
Le Corbusier lo definisce un “intervento di natura acustica nel mondo delle forme”, in cui il 
rapporto con l’intorno riguarda il paesaggio ondulato nel quale la cappella dedicata a Maria 
stabilisce una sorta di “acustica visiva” (K. Frampton). 
Egli traccia con quattro linee la pianta come 
risposta al sito “sulla collina avevo 
accuratamente disegnato i quattro orizzonti”: 
due curve aperte verso il paesaggio e destinate 
ad accogliere i pellegrini, due rette che le 
congiungono a chiudere la figura.  La 
copertura un guscio cavo e resistentissimo, 
composto da due fini membrane, formato da 
due sottili vele in cemento armato simili a un’ala di aeroplano. 
Il percorso di avvicinamento al luogo 
comincia da lontano, ha un respiro territoriale 
ed un andamento sinuoso, del tempio si 
intravede solo la copertura.  
L’ascesa culmina nel recinto naturale, 
disegnato dal prato e dagli alberi che 
circondano l’aula e che partecipano dell’aula 
stessa. Una promenade attorno all’aula è 
costretta dalla presenza di una porta che è 
solo per uscire. 
Le Corbusier ci fa girare intorno all’aula per condurci dal lato opposto al portale di uscita dove 
si apre l’ingresso.  
L’ingresso è posto trasversalmente all’aula, la longitudinalità dell’impianto basilicale è 
totalmente negata a favore di una trasversalità la cui percezione è possibile proprio dal lungo 
percorso che ci porta ad entrare al centro del lato corto. La tensione verso l’abside curvo è 
segnata dall’espediente ottico di inclinare il pavimento per guidare lo sguardo verso l’altare e 
da una fascia bronzea incassata nel pavimento, una linea che spacca lo spazio e lo devia verso 
l’altare recuperando la dimensione longitudinale della stanza.