Introduzione 
 6
hanno praticamente costretto gli uffici pubblici a reinventarsi, nell’ottica 
dell’accesso, della trasparenza, della semplificazione.  
L’accesso significa che il cittadino ha acquisito il diritto all’informazione nei 
confronti dei provvedimenti che lo riguardano. La trasparenza è la caratteristica 
più rilevante di ogni stato democratico, che si rende visibile all’esterno, ed è 
disposto a farsi conoscere e a mettersi in gioco. La semplificazione è lo strumento 
attraverso cui è possibile far comprendere agli utenti il funzionamento delle 
amministrazioni, risparmiando loro tempi prolissi e inutili difficoltà.  
Vale la pena soffermarsi sul concetto della semplificazione, sottolineando che 
non va intesa come il fine, ma soltanto il mezzo di cui gli enti pubblici devono 
avvalersi per migliorare i loro rapporti con i cittadini. Essa interessa prima di tutto 
le procedure amministrative, per cercare di renderle meno farraginose e contorte, e 
soprattutto per ridurre le formalità e i tempi che il cittadino deve dedicare 
all’espletamento delle pratiche burocratiche.
1
 
Semplificare le azioni da compiere per ottenere un servizio significa dunque 
snellire il funzionamento amministrativo stesso: si tratta di un’operazione 
doverosa, ma anche fortemente legata alla comunicazione. Va da sé infatti che, il 
miglioramento di un servizio erogato, se non viene accompagnato da un’adeguata 
informazione ai cittadini, può generare una sua sottoutilizzazione e quindi 
risultare, almeno parzialmente, inutile. Invece, attivando strumenti comunicativi 
che aiutano a rendere più trasparente l’azione amministrativa, viene garantita la 
circolazione delle conoscenze sia all’interno dell’ente sia verso i cittadini, 
consentendo così che la macchina amministrativa funzioni nel modo più chiaro e 
comprensibile. 
Quest’attività di semplificazione però non va limitata solo alle procedure, ma 
va condotta di pari passo anche sul linguaggio: modificare il linguaggio 
                                                 
1
 La questione della semplificazione dei provvedimenti amministrativi è stata affrontata dalle 
prime due leggi Bassanini, la 59/1997 e la 127/1997. Entrambe hanno posto in atto una serie di 
interventi coordinati di semplificazione e trasparenza, nell’ottica del decentramento 
amministrativo e della sussidiarietà. In particolare, già nella legge 59/1997 viene legittimato lo 
strumento tecnico della delegificazione, con cui il Parlamento affida la potestà normativa, che 
detiene su una certa materia, alla Pubblica Amministrazione. Nella 127/1997, sempre sulla scia di 
conferire maggiore autonomia alle amministrazioni locali, è stato ribadito ancora l’obiettivo della 
semplificazione dei procedimenti burocratici, riducendo i casi in cui è necessario presentare i 
certificati, allungando la loro durata, ampliando il ricorso all’autocertificazione. 
R. Grandi, La comunicazione pubblica, Carocci, Roma 2001, pagg. 112-115. 
Introduzione 
 7
burocratico è qualcosa di più della mera sostituzione di un termine desueto con 
uno familiare nella lingua comune. Non vuol dire neppure trascrivere norme e 
circolari attraverso un uso abile e sapiente della grammatica. Significa invece 
intervenire a tutti i livelli su una lingua settoriale, arcaica, altisonante e ormai 
anacronistica rispetto al tempo presente, ma che risulta ancora ben depositata nella 
tenace tradizione burocratica da perpetuare.  
 Il burocratese si presenta insomma come sistema difficilmente penetrabile 
per le persone comuni, vista la sua natura altamente specialistica, dovuta sia alla 
complessità delle materie che tratta, ma anche, talvolta, alla volontà dei burocrati 
di mantenere lo status quo. Anche per questo è necessario quindi sostituire il 
linguaggio burocratico con quello della quotidianità, per renderlo finalmente 
comprensibile a chiunque, nell’ottica della semplicità, della chiarezza e della 
riconoscibilità. Essere capiti e farsi capire sono passaggi fondamentali per le 
amministrazioni che puntano a diventare moderne ed efficienti, e a dotarsi quindi 
di una comunicazione che sappia essere al tempo stesso veloce ed economica, 
oltre che affidabile. 
La prospettiva che si assume in questo lavoro, per affrontare la questione della 
semplificazione del linguaggio burocratico, è quella della leggibilità e della 
comprensibilità dei testi scritti: si tratta di due parametri importanti che, spostando 
il focus sul destinatario, aiutano di conseguenza l’autore a scrivere in modo 
chiaro, semplice e preciso. A monte del bisogno di avere testi pubblici leggibili e 
comprensibili si rintraccia la rivendicazione dei cittadini dei propri diritti civili, 
primo tra tutti il diritto di capire, nel quadro più generale del diritto 
all’informazione. I cittadini infatti, di fronte all’articolazione ad elevata 
complessità del settore pubblico, non di rado si trovano in presenza di una 
struttura istituzionale poco conoscibile e trasparente rispetto ai suoi meccanismi di 
gestione. Accanto al diritto di manifestazione del proprio pensiero, si correla 
dunque la libertà di informarsi e di mettere in atto tutti i comportamenti necessari 
per acquisire dati, informazioni, notizie. In sostanza all’accezione attiva del diritto 
di informazione, se ne affianca una passiva, essenziale per la formazione di 
un’opinione pubblica documentata e non manipolata dall’alto. 
Introduzione 
 8
Questa esigenza della collettività si riflette sulle amministrazioni che, 
attraverso corsi di formazione e progetti sperimentali di semplificazione 
linguistica, stanno dimostrando di aver riconosciuto tale diritto, nelle sue 
molteplici sfaccettature, e soprattutto di averlo trasformato in un dovere a cui 
conformare l’efficacia delle proprie comunicazioni. A tale scopo, le tecniche di 
scrittura controllata, mutuate dagli studi di comunicazione ma anche di 
sociolinguistica e statistica linguistica, si rivelano utili strumenti pratici per un 
intervento consapevole sulle modalità comunicative del produttore del messaggio. 
In sostanza quindi, il problema specifico della scrittura istituzionale viene 
inquadrato in una riflessione più ampia, che parte dal considerare prima di tutto le 
modalità di produzione dei testi scritti, soprattutto di quelli con una dichiarata 
valenza comunicativa, che mirano cioè a raggiungere il destinatario, 
modificandone idee e comportamenti.  
Poiché il presupposto teorico che fa da sfondo all’intera riflessione è la 
pressoché infinita perfettibilità dei testi, dovuta all’altrettanto illimitata duttilità 
del linguaggio verbale, i criteri dello scrivere chiaro vanno intesi non come regole 
ferree bensì come suggerimenti costruiti sul buon senso, aperti e migliorabili per 
definizione. Tra l’altro non è detto che un testo scritto con i criteri della buona 
scrittura venga comunque automaticamente incamerato e capito dal destinatario; 
la natura del processo di comprensione è infatti altamente probabilistica, e 
dipende anche da fattori come la motivazione e l’interesse del lettore, molto 
soggettivi e scarsamente quantificabili. Ciò che si può affermare è che, di certo, 
un testo scritto in modo lineare e preciso, in funzione del destinatario, con i 
contenuti disposti logicamente, è più facile da comprendere per chi lo legge.  
È per questo che gli sforzi per semplificare il linguaggio burocratico vanno 
sostenuti: purtroppo, in ambiti istituzionali, questa nuova sensibilità nei confronti 
degli usi della lingua non viene sempre condivisa.  
Solo attraverso una sistematica educazione all’uso della lingua, che abbia 
l’efficacia comunicativa come criterio fondamentale, è possibile che, nelle 
amministrazioni pubbliche, lo snellimento del linguaggio diventi un fatto normale, 
cioè reale, realizzabile, realizzato. 
Introduzione 
 9
Sicuramente occorre avere ben chiara la complessità dell’operazione della 
semplificazione linguistica, in tutte le sue sfaccettature, per evitare di portarla 
avanti svuotandola di senso e di significato. Nello stesso tempo però, occorre 
inquadrare l’impegno a scrivere bene dentro un orizzonte educativo, politico, 
culturale ed etico più ampio. Dentro questo scenario, è auspicabile che ciascun 
aspetto dell’attività di semplificazione trovi la soluzione più adeguata per il 
consolidamento dei valori civili e democratici, se è vero l’assunto, e pare vero,  
per cui «è la lingua che ci fa uguali». 
  10
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo 1 
 
 
SAPER COMUNICARE ATTRAVERSO I TESTI 
SCRITTI 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
1. Saper comunicare attraverso i testi scritti 
 
 11
1.1   Scrivere per comunicare 
 
 
1.1.1 Verba volant, scripta manent  
 
 
Dai graffiti al papiro, passando per l’invenzione della stampa a caratteri mobili 
fino ad arrivare all’attuale evoluzione dei media, la scrittura si è trasformata in 
profondità. Da antico patrimonio per pochi eletti, raro, legato all’immobilità della 
conoscenza e alla tradizione da tramandare, questa forma di comunicazione si 
presenta invece oggi come moderno bene di comunione e di contatto, consentendo 
di scambiare idee, opinioni, saperi tra individui.  
Nel corso della sua storia, la scrittura ha potenziato e modellato l’attività 
intellettuale dell’uomo: ormai essa è stata interiorizzata così profondamente dagli 
individui che diventa difficile pensarla come un’invenzione, un artificio creato ad 
hoc per consentire l’interazione umana
1
. È impensabile ipotizzare anche solo un 
frammento della propria giornata che non risulti pervaso e mediato da qualche 
messaggio scritto. Giornali, libri, insegne, liste della spesa, sms, documenti 
cartacei o su qualsiasi altro supporto sono solo alcuni dei tanti modi diversi con 
cui ci appare la scrittura, consentendoci, a seconda dei casi, di ricordare, 
conoscere, far sapere.  
In particolare negli ultimi decenni, con il diffondersi della telematica e della 
multimedialità, l’assetto globale della comunicazione è cambiato notevolmente e, 
di conseguenza, anche l’attività di scrittura è andata incontro ad una lenta ma 
continua metamorfosi. Le procedure con cui si scrivono testi, le modalità con cui 
si archiviano e recuperano, le loro tipologie e addirittura i modi in cui gli scritti 
vengono poi percepiti da scrittori e lettori sono cambiati profondamente con 
l’impiego dell'informatica. 
Attraverso la scrittura è possibile trasformare la parola parlata in segni grafici: 
essa consente di visualizzare gli enunciati e così il linguaggio cessa di essere puro 
suono, vincolato alla condizione della compresenza tra parlanti. Le parole non 
                                                 
1
 I primi esempi di scrittura di cui gli studiosi sono a conoscenza si svilupparono tra i Sumeri della 
Mesopotamia intorno all’anno 3500 a.C.; prima di allora, per millenni, gli esseri umani hanno 
continuato ad esprimersi con disegni e altri strumenti di memorizzazione, come bastoncini 
intagliati, cordicelle, file di sassolini. 
W.J. Ong, Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna 1986, pag. 125. 
1. Saper comunicare attraverso i testi scritti 
 
 12
svaniscono più subito dopo essere state pronunciate ma anzi, rimanendo impresse 
su un supporto materiale, si rendono disponibili per compiere operazioni che in 
genere si svolgono con gli oggetti: raggruppare, ordinare, vedere a colpo d’occhio. 
 Solo con la scrittura sono comparsi i diagrammi, le tabelle, i calcoli, gli indici 
gerarchici e altri strumenti per compiere operazioni cognitive anche complesse; 
questo, a torto o a ragione, ha finito per eleggere la comunicazione scritta come 
modello d’uso del linguaggio più rigoroso e legittimo rispetto alle conversazioni 
orali, ritenute carenti e approssimative.  
Ragionare su un’eventuale supremazia dell’una o l’altra pratica comunicativa 
appare poco significativo: è più opportuno tener presente che si tratta di due 
modalità distinte di comunicare e, in quanto tali, ciascuna di esse risulta più 
pertinente dell’altra solo a seconda degli scopi prefissati; assumo con Cicalese che 
il materiale con cui si manifesta la forma espressiva comporta che la 
scrittura sia permanente, l’oralità volatile; ciò implica una diversa 
elaborazione del pensiero e dei contenuti che, a loro volta, implicano 
differenti modalità di gestire lessico e sintassi.
2
 
 
La produzione di un testo scritto prevede tempi più o meno lunghi, a 
discrezione di chi scrive, e ciò influisce sull’attività di pianificazione e stesura; il 
tipo di elaborazione è monodirezionale, in totale assenza del ricevente, che 
compare solo a redazione avvenuta, ragion per cui chi scrive deve essere in grado 
di soppesare i contenuti, prevedendo ed evitando interpretazioni diverse da quelle 
volute. L’orale è quasi sempre bidirezionale, comporta la compresenza degli 
interlocutori che vanno a costruire il testo in itinere, collaborando alla relazione 
dialettica senza averne definito l’andamento a priori. La conversazione si basa sul 
continuo scambio di ruoli tra emittente e ricevente, grazie alle retroazioni di 
quest’ultimo, che invia segnali sul suo grado di comprensione e partecipazione, 
orientando quindi il seguito del dialogo stesso. 
 Se si desidera scambiare opinioni con rapidità, senza sforzo, aggiustandole 
reciprocamente man mano che si procede, una conversazione risulta più adatta 
rispetto ad uno scambio epistolare; se invece è necessario costruire un discorso 
complesso, altamente strutturato in sezioni e sottosezioni, che rimanga nel tempo 
                                                 
2
 A. Cicalese, Testo e testualità, in S. Gensini (a cura di), Manuale della comunicazione, Carocci, 
Roma 1999, pag. 179. 
1. Saper comunicare attraverso i testi scritti 
 
 13
e che possa poi essere valutato attentamente, allora è essenziale usare il discorso 
scritto. 
 
Tra l’altro il primato della scrittura rispetto all’oralità non è neppure sempre 
esistito: Platone, nelle pagine del Fedro
3
, racconta la nascita della scrittura 
offrendo una riflessione su discorso scritto e parlato che risulta totalmente a 
favore del secondo. Il testo scritto, spostando la conoscenza all’esterno dell’uomo, 
contribuisce ad impoverirlo più che alleggerirlo dal momento che, dopo essere 
stato prodotto, vive di vita propria e non aiuta più nel processo di comprensione. Il 
discorso parlato invece presuppone che l’autore sia sempre presente e possa in 
ogni momento provvedere a spiegare, chiarire, argomentare la propria posizione a 
seconda dell’obiettivo da raggiungere, ponendo le basi per un dialogo costruttivo 
e dinamico
4
. 
È proprio questa la differenza più rilevante che Platone individua tra testo 
scritto e orale: il primo, una volta prodotto, si stacca dal suo autore, raggiunge una 
propria stabilità e può andare in mano anche a chi, pur in grado di leggerlo, non è 
in grado di capirlo. Il discorso orale invece risponde ad un bisogno immediato e 
profondo di comunicazione da parte di chi lo produce; viene dal di dentro, è 
immerso in un contesto diretto e legato alla volontà dell’emittente.  
Proseguendo l’analisi dei tratti specifici bisogna aggiungere che la scrittura 
non solo ha un rapporto diretto con la memoria, favorendo la nascita di luoghi in 
cui il sapere e l’informazione si depositano, ma acquista anche una valenza 
pubblica poiché, staccandosi dal suo autore, deve per così dire parlare da sola e 
farsi intendere indipendentemente dal suo emittente. Ciò presuppone un maggior 
grado di esplicitezza e una dipendenza dal contesto spazio-temporale molto più 
debole rispetto a quella del testo parlato. Il testo scritto infatti deve essere più 
                                                 
3
 Platone racconta il mito secondo cui il dio Theuth inventò «i numeri, il calcolo, la geometria, 
l’astronomia, il gioco del tavoliere e dei dadi e, infine, anche la scrittura», sostenendo che essa 
avrebbe funzionato da «farmaco della memoria e della sapienza per gli uomini». A lui si 
contrappone il re d’Egitto Thamus, portavoce di Platone stesso, che accusa invece la scrittura di 
favorire l’oblio e la presunzione delle persone che l’avranno imparata poiché, fidandosi di essa, 
«non ricorderanno più da soli, nella loro interiorità, bensì per mezzo di segni che provengono da 
fuori». Il filosofo infatti sostiene che la vera conoscenza può derivare solo dal dialogo per la 
possibilità che offre di interrogare continuamente l’altro. 
4
 R. Simone, Tre paradigmi di scrittura, in S. Covino (a cura di), La scrittura professionale, 
Olschki Editore, Firenze 2001, pag. 34. 
1. Saper comunicare attraverso i testi scritti 
 
 14
autonomo e completo rispetto ad una conversazione in cui i parlanti possono 
anche permettersi di iniziare frasi e lasciarle in sospeso, produrre pause, 
esitazioni, autocorrezioni, senza temere di compromettere l’esito del dialogo.  
Attualmente la concezione platonica secondo cui la scrittura non è un farmaco 
della memoria ma al contrario un incitamento alla dimenticanza
5
, spostando la 
conoscenza da dentro a fuori, è stata ampiamente sovvertita. È doveroso 
considerare la scrittura come un’acquisizione essenziale nelle culture evolute, 
poiché funziona da memoria collettiva per formulare compiutamente la 
conoscenza e diffonderla nel tempo, tant’è che il sapere posseduto da ognuno 
dipende in gran parte proprio dall’accesso a fonti scritte.  
In questo modo la scrittura risulta strettamente connessa alla nascita di una 
gran varietà di istituzioni nel mondo antico e moderno: trasforma le consuetudini 
in leggi rendendo stabili le formulazioni normative, consente la creazione della 
letteratura su ogni campo del sapere e favorisce così la diffusione della cultura tra 
gli uomini. 
 
 
 
1.1.2  Saper scrivere: un’abilità tra le altre 
 
 
Ascoltare, parlare, leggere e scrivere sono le quattro abilità linguistiche 
fondamentali che ciascun individuo inizia a sviluppare dalla nascita, sebbene in 
tempi e modi diversi. Ciascuna abilità non viene esercitata mai in modo esclusivo 
e così diventa difficile stabilire quanto il possesso dell’una incida sulla capacità 
d’uso dell’altra.  
Si può leggere più di quanto si scriva, o ascoltare più di quanto parliamo ma, 
una volta padroni delle quattro abilità, è chiaro che interagiranno sempre tra loro.  
Resta il fatto che, maggiore è la padronanza di ciascuna di esse, maggiore 
risulta la capacità di muoversi con disinvoltura nelle diverse situazioni 
comunicative. A differenza dell’ascoltare e del parlare, che si acquisiscono in 
maniera naturale fin dalle prime fasi di vita, la scrittura e la lettura si apprendono 
per lo più in sedi formali, attraverso l’assorbimento e la messa in pratica di una 
                                                 
5
 R. Simone, cit., pagg. 36-37.   
1. Saper comunicare attraverso i testi scritti 
 
 15
serie di tecniche e strategie. È fuori dubbio che dopo i primi anni di scuola ogni 
individuo sappia scrivere, tuttavia è necessario fare una precisazione sul 
significato dell’espressione saper scrivere.  
 Una persona analfabeta sa scrivere se riesce a tracciare la propria firma o 
poco più, un alunno di prima elementare sa scrivere dopo aver imparato a 
tracciare sul foglio i caratteri alfabetici, mentre nel caso di giornalisti, romanzieri 
o professionisti della comunicazione, saper scrivere equivale all’aver appreso un 
vero e proprio mestiere, padroneggiando uno stile personale, una capacità 
espressiva e chiarezza espositiva ben definiti. La capacità di scrittura certamente 
presuppone conoscenze grammaticali e testuali precise ma, anche a parità di 
queste, varia comunque moltissimo in relazione a chi la esercita e alla specifica 
situazione comunicativa. 
 
Ci sono tanti scopi diversi nell’attività di scrittura: si può scrivere per diletto, 
per ricordare, per studiare meglio oppure, ed è questo che ci interessa, per 
comunicare. Il significato etimologico del termine comunicare è «mettere in 
comune», nel senso di condividere, partecipare, prender parte a qualcosa
6
. La 
comunicazione si distingue quindi dalla semplice informazione per il fatto di 
prevedere sempre l’altro, il destinatario che si intende raggiungere e coinvolgere 
in qualche forma di attività.  
Si ha un processo comunicativo ogniqualvolta avvenga un trasferimento di un 
messaggio, sotto qualsiasi forma, da un mittente ad un ricevente. Applicando 
questo concetto alla scrittura si può dire che saper scrivere significa saper usare, a 
seconda dei casi, i mezzi stilistici e testuali più appropriati per raggiungere 
determinati fini e destinatari. Poiché nel caso della scrittura non è garantita la 
compresenza tra i due soggetti, le strategie in mano all’autore per veicolare il suo 
                                                 
6
 Comunicare deriva dal latino communis, e letteralmente vuol dire «svolgere il compito insieme 
con altri». Il primo significato di communicare è appunto mettere in comune qualche cosa, 
accomunare, dividere cose tra persone. L’accento è sull'esistenza di una comunanza fra individui, 
sulla condivisione e il rendere partecipi più soggetti. In-formare invece significa letteralmente 
«dare forma, modellare» e l’informazione è appunto il dato, la notizia che fornisce elementi di 
conoscenza e riesce così a plasmare la realtà. Nell’informare prevale dunque il rapporto tra il 
soggetto e la realtà mentre nel comunicare la priorità è data alla relazione che si stabilisce tra due o 
più persone. I soggetti che comunicano, «mettono in comune», condividono una certa visione del 
mondo non tanto per dargli forma, bensì significato. 
G. Arena (a cura di), La funzione di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, Maggioli 
Editore, Rimini 2001, pagg. 47-48. 
1. Saper comunicare attraverso i testi scritti 
 
 16
messaggio si riducono a quelle puramente linguistiche: non c’è alcun elemento 
paraverbale
7
 a integrare il messaggio come invece avviene per la comunicazione 
faccia a faccia. Scrivere per comunicare diventa un’attività delicata, che implica 
una serie di relazioni tra soggetti, in cui entrano in gioco le conoscenze 
linguistico-culturali e l’esperienza sul mondo sia del produttore che del ricevente.  
In questa relazione comunicativa si trovano a confronto gli usi linguistici e i 
mondi esperienziali di ciascuno dei due soggetti che, inevitabilmente, sono diversi 
per le differenze che caratterizzano anche coloro che parlano la stessa lingua. È 
inevitabile che questo confronto possa portare dei problemi in ogni situazione 
comunicativa e, in modo particolare, in quelle caratterizzate da asimmetrie 
linguistiche e conoscitive tra produttore e ricevente. 
Saper produrre un testo vuol dire essere in grado di calibrare e filtrare le 
ambiguità che ogni comunicazione implica e, di conseguenza, saperle 
fronteggiare quando da emittente il proprio ruolo (e le abilità implicate) si 
ribalta a quello di ricevente.
8
 
 
 
 
1.1.3  Le competenze per scrivere bene 
 
 
Quando si scrive con l’intento di comunicare e informare un certo pubblico si 
fa in genere ricorso ad abilità specifiche. Più che altro bisogna padroneggiare una 
serie di capacità linguistiche e cognitive che vengono apprese ed esercitate man 
mano che si scrive e che, insieme, vanno a costituire la competenza linguistica di 
ognuno. Si scrive correttamente quando si dispone di una buona competenza 
linguistica nella lingua standard che, a livello nazionale, risulta comune a tutti i 
parlanti e priva di  connotazioni geografiche e sociali.  
                                                 
7
 Le informazioni paraverbali o paralinguistiche riguardano il tono della voce, il timbro, la 
velocità del parlato, ma anche il volume, le curve intonazionali, le pause e persino i balbettii. 
Fanno parte dei segnali non verbali anche tutti i segni prodotti dal corpo come la postura, la 
mimica, la gestualità che tra l’altro hanno spesso più potere delle parole stesse, essendo in grado di 
contraddire o confermare ciò che si esprime verbalmente. Queste caratteristiche mancano in un 
testo scritto, che tuttavia è corredato da elementi paratestuali. Ne sono esempi il titolo, le note, le 
avvertenze e la bibliografia; si tratta di elementi accessori, che svolgono una funzione importante 
per la ricezione poiché aiutano il lettore ad inquadrare meglio ciò che sta leggendo. 
A. Cicalese, Imparare a scrivere, Carocci, Roma 2002, pag. 30.  
8
 Ivi, pag. 18. 
1. Saper comunicare attraverso i testi scritti 
 
 17
 Tale competenza prevede al suo interno una componente grammaticale, che 
include a sua volta tutte le conoscenze relative all’ortografia, al lessico, alla 
sintassi e alla punteggiatura, e una componente pragmatica. Quest’ultima 
comprende la conoscenza delle regole d’uso di ogni enunciato in relazione alle 
circostanze a ai destinatari, ed è quella che la sociolinguistica definisce 
competenza comunicativa: si tratta cioè della capacità di produrre e capire 
messaggi che riescano a porre ciascun individuo in interazione con altri parlanti.  
Tale capacità non si riferisce tanto ad aspetti linguistici e grammaticali, ma 
soprattutto ad abilità sociali e semiotiche, e a quella di saper usare più varietà di 
lingua, a seconda dello specifico contesto
9
.  
Nella scrittura, così come in qualsiasi altra attività basata sulla lingua, 
l’acquisizione della competenza linguistica è un processo continuo, che si 
manifesta con la capacità sempre più consapevole di organizzare i contenuti in 
forme corrette dal punto di vista grammaticale e sintattico, ma anche adeguate alle 
funzioni e alle finalità per cui i testi vengono prodotti. Ogni genere testuale infatti 
ha necessariamente delle convenzioni che devono essere rispettate, che riguardano 
i registri e gli stili da usare, ma anche alcune caratteristiche dell’impaginazione 
grafica, i criteri di suddivisione del testo in unità e sottounità, e persino la 
lunghezza complessiva. Può forse apparire banale, ma è bene ricordare che anche 
la scelta tra maggiore o minore sintesi dipende proprio dalla tipologia del testo da 
comporre e influenza di conseguenza il contenuto informativo, che viene 
condensato o articolato a seconda delle esigenze.  
Una buona competenza linguistica garantisce anche la capacità di parafrasare 
e riassumere i discorsi altrui: saper cogliere l’essenziale da un testo complesso e 
riformularlo in modo che risulti più semplice e lineare è importante quanto la 
competenza nello scrivere testi ex novo. Ciò risulta più che mai vero in ambiti 
come quello giuridico, amministrativo e medico in cui la traducibilità in un 
linguaggio accessibile è un’esigenza particolarmente sentita da chi non conosce 
quei gerghi.  
                                                 
9
 G. Berruto, La sociolinguistica, Zanichelli, Bologna 1974, pagg. 22-23. 
1. Saper comunicare attraverso i testi scritti 
 
 18
Quest’ultima riflessione serve per ricordare una capacità linguistica spesso 
latente e sottovalutata, ma la cui assenza compromette inevitabilmente ogni atto 
comunicativo. Si tratta della capacità di comprendere, intesa nell’accezione più 
ampia possibile, tale da includere la comprensione delle forme linguistiche ma 
anche della conoscenza del mondo e dei modi con cui si entra in interazione con 
gli altri. Solo se ogni individuo riesce a capire gli altri e si fa al contempo capire 
da loro, la competenza linguistica esiste, ha senso e può svilupparsi 
continuamente. Alla base della capacità di scrivere, transcodificare, riassumere, 
parafrasare, decidere a quale genere testuale aderire, ci deve essere dunque quella 
di comprendere.  
 
 
1. Saper comunicare attraverso i testi scritti 
 
 19
1.2  La scrittura come atto comunicativo e il ruolo del destinatario  
 
 
1.2.1  Il processo di scrittura  
 
 
La stragrande maggioranza dei manuali sulla scrittura e le sue tecniche 
raccomanda di avere sempre ben chiari gli obiettivi e i destinatari da raggiungere 
prima di cominciare a scrivere, nonché il contenuto della comunicazione e i mezzi 
espressivi più idonei per esprimerlo. Di certo è auspicabile possedere con 
precisione tutti i parametri che consentono di scrivere al meglio, tuttavia nella 
pratica quotidiana non è sempre possibile avere queste informazioni fin 
dall’inizio. In genere quindi, per scrivere un testo, è sufficiente partire con un’idea 
generale degli argomenti da trattare e dei futuri lettori, lasciando che lo scritto 
acquisisca una forma più definita man mano che viene elaborato.   
Questa semplice considerazione serve per introdurre due principi largamente 
condivisi tra docenti e studiosi, anche se spesso poco praticati: in primo luogo la 
scrittura va intesa come un processo dinamico composto da fasi e sottofasi che 
non sono mai ben distinte e individuabili tra loro
10
; in secondo luogo, a scrivere si 
impara essenzialmente riscrivendo, sia nel caso di testi propri, sia quando gli 
autori sono altri, e bisogna quindi tradurre, riassumere con parole proprie ciò che 
è già stato scritto. 
L’attività di scrittura è di certo sequenziale, nel senso che ogni parola poggia 
sul gradino precedente, e a sua volta influisce sulla stesura del successivo
11
. Ma la 
sequenzialità non va fraintesa con la gerarchia tra già scritto e da scrivere: fra i 
due semmai esiste un rapporto di interdipendenza visto che, più si va avanti con 
l’elaborato, più si presenta la necessità di tornare indietro e rileggere, controllare 
che il testo risulti sempre ben coeso e coerente. Del resto la stessa etimologia del 
                                                 
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 Secondo la retorica classica la creazione di ogni testo scritto poteva avvenire solo attraverso tre 
livelli di elaborazione, gerarchici e sequenziali tra loro: l’inventio riguarda la scelta dei contenuti 
da trattare e precede la dispositio, che si occupa del loro ordinamento nel testo e l’elocutio, che 
consiste nel trovare le parole giuste e nel disporle efficacemente in frasi e paragrafi. A queste tre 
fasi principali si aggiungono, nel caso in cui il testo prodotto vada pronunciato oralmente, la 
memoria, che consiste nella capacità di ricordare i testi, e infine l’actio, cioè l’insieme di tecniche 
impiegate per recitare.  
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 D. Fiormonte, F. Cremascoli, Manuale di scrittura, Bollati Boringhieri, Torino 1998, pag. 15.