5
Si è analizzato, dopo aver parlato di tutti i movimenti, il termine 
“strumentalizzazione”, <<come>> e <<chi>> l’abbia usato sul 
“movimento”. Si è cercato inoltre di parlare anche di un possibile 
“progetto-scuola”; poiché le problematiche scolastico- accademiche sono 
state sempre l’oggetto delle contestazioni e dei dibattiti tra  
giovani, politici e governo. 
Un capitolo è dedicato ai movimenti di contestazione salernitani. Questa 
parte ha forse un taglio più “descrittivo- sociologico”, ma è comunque 
importante per dimostrare che anche Salerno ha avuto le “sue” 
contestazioni, con peculiarità ora in sintonia ora difformi con le esigenze e 
le prospettive più “nazionali”. 
Prima di procedere, potrebbe essere utile porsi una domanda: quando iniziò 
la “frattura generazionale” tra  adolescenti e adulti? 
L’origine potrebbe risalire al 18 maggio 1957 al Palaghiaccio di Milano
1
, 
dove prese luogo il “Festival Nazionale del Rock And Roll”.  
Il ragazzo italiano cresceva imitando quello americano (anche più tardi ci 
saranno casi in cui il modello americano sarebbe stato “l’input” delle 
proteste italiane); i canali principali con cui si “apprendeva” <<l’American 
Way of Life>>, erano essenzialmente due: cinema e musica.  
                                                 
1
 Giorgio Bocca, Corriere Della Sera, 19 maggio 1957. 
 6
Dal cinema la spinta <<innovatrice>> venne da un film importante come 
“Gioventù Bruciata>> che era l’incarnazione del giovane ribelle ma che 
allo stesso tempo era inquieto e più incerto che sicuro. Dalla musica chi 
poteva dimostrare la ribellione se non Elvis Presley, idolo del rock ‘n’ roll, 
che mentre cantava, si muoveva ancheggiando? 
Dal diciotto maggio’57 in poi, ci fu quindi una spaccatura nella società tra 
adulti e “teen-agers” che culminò nei vari momenti di protesta.        
  
 7
 
CAPITOLO I 
Rapporti tra partiti politici e movimenti giovanili nel 1968 
Per capire il movimento di contestazione del “Sessantotto”, bisognerebbe 
risalire alla fine degli anni Cinquanta, quando la Democrazia Cristiana 
iniziò a perdere la sua <<stabilità governativa>> a causa dei “franchi 
tiratori
2
”, e per questo cominciò a stringere alleanze prima con la destra, 
l’ultimo baluardo del fascismo, nei governi Zoli e Tambroni, ed in seguito 
facendo entrare nel governo il Partito Socialista Italiano, dando luogo ad 
una coalizione di centro-sinistra. Sembrava che fosse arrivata “la svolta”, 
ma così non fu. Iniziò invece la rivolta dei giovani contro il vecchio modo 
di fare politica, oramai statico e conservatore. 
Anche il valore dell’antifascismo era fonte di contrasto tra partiti e giovani: 
per i primi era un valore da usare solo come “facciata” (basti pensare 
all’alleanza DC- MSI), mentre per i ragazzi l’antifascismo era un valore 
profondo: non si voleva ripercorrere la strada del regime repressivo e del 
diniego di libertà fondamentali.  
                                                 
2
 Coloro che approfittando del voto segreto, boicottavano il governo pur facendo parte del partito 
politico, o della coalizioni di partiti politici, di maggioranza 
 8
A questo punto ci si porrebbero alcune domande: i ragazzi avevano 
realmente “voglia di cambiare” o c’era la volontà “solo” di sostituirsi al 
vecchio potere continuando il vecchio modo di fare politica? Ci fu un 
nuovo “linguaggio” da parte dei giovani nel modo di fare politica? Ci 
furono dei legami con le contestazioni a livello internazionale? 
 9
Che cosa volevano i ragazzi del ’68?  
Sicuramente il 1968 è stato l’anno di contestazione più importante negli 
ultimi trent’anni.  
Il bisogno di cambiamento e di novità è stato così forte quanto rapida è stata 
la diffusione di miti che liberavano dalla faticosa, spesso improba, ricerca 
della realtà fattuale. 
Non si parlava ancora di politica, - sarebbe venuta più tardi - per il 
momento i ragazzi erano ancora uniti nelle loro rivendicazioni. In realtà il 
sessantottino, primo tipo di adolescente ad esporsi così tanto, voleva solo 
far sentire la sua voce, far capire che era in grado di dibattere i grandi 
problemi del tempo, come la guerra del Vietnam.  
E poi voleva cambiare i sistemi di insegnamento e aumentare il livello di 
democrazia all’interno di scuole e università, sostenendo il diritto di 
assemblea, di sciopero e di corteo
3
.  
I giovani guardavano al mondo ed ai suoi conflitti e il mondo diventava più 
familiare. 
                                                 
3
 F.Donadio-M.Giannotti, Teddy-boys rockettari e cyberpunk, Editori Riuniti, Roma96. Da qui si 
vuole spiegare quale siano le volontà che hanno permesso il dinamismo dei giovani che ha 
portato alla creazione del movimento antagonista alle scelte governative, antagonista anche nei 
confronti dei partiti politici rei di continuare con idee vecchie. Questo movimento cercava di 
dare una propria visione per risolvere i problemi. 
 10
La vita italiana non era più quella soffocante degli anni ’50, dove il potere 
statale era sempre più molecolare e persuasivo in numerosi versanti della 
società.  
L’obbedienza regnava sovrana, persino la volontà della lotta si esauriva: 
l’immobilismo sindacale alla metà del decennio ne era un modello 
esemplare. Alla fine del 1967, la lotta contro l’autoritarismo partì dalle 
università, da Pisa e da Trento, da Torino, Milano, Roma e poi dappertutto. 
Fu il Sessantotto a saldare il movimento studentesco di Pisa, Torino, Pavia, 
Trento, della Cattolica di Milano, le università dove la rivolta assunse una 
natura antiautoritaria, attenta alla quotidianità e alla fabbrica più che alle 
controversie ideologiche del marxismo che appassionarono i “compagni” 
della Statale e della Sapienza di Roma.  
Ne nacque un progetto socio-politico che comportò degli avversari (il PCI e 
la CGIL), dei nemici (i capitalisti, la polizia e i fascisti e la DC) e un sogno: 
la Rivoluzione
4
. 
Il movimento italiano si sviluppò secondo un processo graduale e lungo, 
che vide saldarsi l’unione fra il radicalismo studentesco e quello operaio.  
                                                 
4
 A.Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, Milano, Mondadori, 1998, passim. 
 11
Questa unione fu favorita dalla natura e dall’importanza della repressione, 
ma si spiegava in primo luogo con le caratteristiche sociali delle due 
componenti del movimento: la forte proporzione di studenti-lavoratori e di 
laureati da un lato e l’emergere a Venezia, nel Sud e soprattutto nel settore 
metallurgico di un proletariato industriale senza tradizioni né cultura 
sindacale. La dilatazione geografica del teatro dei conflitti contribuì alla 
loro durata, e la contestazione si estese alle diverse città, province e regioni. 
Questa diversità venne rafforzata dal fatto che le formazioni rivoluzionarie 
si definirono a livello prevalentemente locale, per cui le loro analisi, tattiche 
e strategie non giunsero ad uniformarsi in una matrice organizzativa 
comune
5
. 
La prima occupazione vi fu il 24 gennaio 1966 a Trento (facoltà di 
Sociologia).Si rioccupò nell’ottobre dello stesso anno contro lo statuto e il 
piano di studi che si andava elaborando, proponendone uno alternativo.  
Sarebbe importante affermare che quell’occupazione fu sciolta 
dall’alluvione che colpì Trento, Firenze e Venezia. 
Nel ’67 si occupò per il Vietnam; la polizia, per la prima volta, entrò 
nell’Ateneo e lo sgomberò con la forza.  
                                                 
5
 M.C.Lavabre-H.Rey, Il ‘68- Una Generazione In Rivolta, Firenze, Giunti,  1998, passim. 
 12
L’occupazione più lunga iniziò il 31 gennaio 1968 e durò 67 giorni. Con il 
Sessantotto, il movimento trentino cambiò: dalle rivendicazioni 
universitarie si passò alle richieste di trasformazione della società in chiave 
rivoluzionaria. Si seguì la <<religione marxista>>.Si strinsero rapporti tra le 
varie Università, soprattutto tra l’Università di Trento (dove come 
professore c’era Beniamino Andreatta e il suo assistente era un certo 
Romano Prodi), e la Statale di Milano e in seguito con la Cattolica di 
Milano e il Politecnico di Torino. Ogni domenica si tenne un’assemblea in 
un’università diversa. Lo slogan che univa queste Università è << Potere 
Studentesco>>. 
L’Università di Pavia fu occupata il 30 novembre 1967. Le richieste erano: 
gestione delle facoltà affidate ad un comitato di insegnanti e studenti, 
possibilità di rifiutare il voto agli esami, e bocciature non menzionate sul 
libretto. Quest’occupazione durò una settimana finché le proposte non 
furono accolte. 
Il 19 febbraio 1968 fu occupata a Pavia, la Facoltà di Medicina, il 13 marzo 
toccò a Economia, il 20 marzo a Scienze Politiche e il 30 Lettere.  
 13
In seguito ad una votazione, si approvò una Carta Rivendicativa dove si 
denunciò la scuola italiana come <<autoritaria e classista>> e si chiese 
l’introduzione degli esami di gruppo con <<valutazione collettiva del 
voto>>. Il consiglio delle varie Facoltà respinse le richieste e così 
iniziarono 43 giorni di occupazione. 
A Pisa vi fu per prima l’occupazione della Facoltà di medicina nel dicembre 
del 1966 per problemi interni: nuovi esercitatori, aule e laboratori. Nel 
febbraio 1967 iniziò un’occupazione con l’intervento dei carabinieri che 
non arrestarono alcun dimostrante ma furono prese le impronti digitali. 
Poco dopo tempo i rappresentanti del comitato di agitazione iniziarono a 
ricevere lettere minatorie e caso strano gli indirizzi erano tutti risalenti al 
periodo delle indagini dei carabinieri poiché qualcuno aveva cambiato 
residenza.  
Nell’estate del 1968 gli studenti rivoluzionari iniziarono a fondare gruppi e 
giornali e nel giro di dodici mesi nacquero le organizzazioni della sinistra 
extraparlamentare
6
.  
Inoltre furono stampati alcuni documenti della occupazione e delle lotte 
degli studenti di Roma. Qui ne è stato riportato un esemplare: 
                                                 
6
 A.Cazzullo, I ragazzi che volevano fare la rivoluzione, Milano, Mondadori, 1998, passim. 
Notiano come i  nuclei di occupazione nascono per differenti volontà ma lo scopo è lo stesso:  
porsi in contrapposizione ad una volontà statica e conservatrice, sia come insegnamento che 
come struttura universitaria. 
  
 14
“APPROVATO DALL'ASSEMBLEA DELLA FACOLTA' DI LETTERE, 
6 FEBBRAIO 1968 
Noi occupanti la Facoltà di Lettere consideriamo che l'insuccesso di tutte le 
rivendicazioni avanzate per anni dal movimento studentesco è di peso 
essenzialmente dalla mancanza di potere effettivo da parte degli organismi 
che avevano la pretesa di rappresentare gli studenti (UNURI, ORUR, 
associazioni tradizionali).  
Pensiamo che la nostra battaglia debba procedere secondo la strada che si è 
cominciata a seguire in questa occupazione, cioè senza che gli studenti 
deleghino a nessuno la direzione della loro lotta. 
Identifichiamo come caratteristica fondamentale dell'attuale struttura 
universitaria il suo carattere di selettività, selettività che si articola in due 
momenti: 
1) l'Università è una struttura di classe nella misura in cui esclude nei fatti 
coloro che per motivi di bisogno economico sono costretti a cercare una 
occupazione retribuita alla fine della scuola dell'obbligo; 
2) all'interno poi di quella minoranza che è riuscita ad entrare 
nell'Università sussistono discriminazioni ulteriori di natura culturale ed 
educativa. 
 15
L'Università, infatti: 
a) non mette a disposizione degli studenti strumenti materiali di ricerca, 
cosicché solamente coloro che possono provvedervi con mezzi propri 
riescono a colmare questa lacuna. 
b) non fornisce una metodologia critica che renda gli strumenti di lavoro di 
una utilizzazione alternativa alla logica del sistema. 
All'interno di questo metodo d'insegnamento lo studente si trova ad essere 
oggetto passivo, privo di ogni incidenza. Sono infatti i professori che 
detengono tutto il potere in tutte le fasi del lavoro universitario: 
Scelta degli argomenti sui cui svolgere la ricerca; 
 Metodi di svolgimento di essa; 
 Controllo dell'accettazione dei contenuti da parte dello studente con lo 
strumento dell'esame. 
E' questo l'autoritarismo accademico, attraverso il quale la struttura 
gerarchica della società si ripresenta nell'Università e si crea gli strumenti 
per la sua perpetrazione. 
Dalla mancata comprensione del rapporto esistente fra i due momenti in cui 
si articola il carattere selettivo dell'Università, è derivato il sostanziale 
fallimento della lotta che il movimento studentesco ha condotto finora. 
 16
Cardini di questa lotta sono stati la richiesta di una compartecipazione 
passiva alle scelte effettuate dal potere accademico (politica degli organismi 
rappresentativi), oppure l'astratta richiesta della democratizzazione 
dell'Università così come è attraverso l'allargamento della sua base sociale 
(richiesta del diritto allo studio). 
Oggi invece la rivendicazione del diritto allo studio acquista un nuovo 
significato con l'istanza di uno studio metodologicamente e 
qualitativamente diverso. E' solo attraverso l'allargamento del servizio 
universitario a tutto il corpo sociale che le proposte di una nuova gestione 
dello studio acquistano significato reale 
Un'Università limitata nella sua base sociale non può essere che 
autoritaria. 
All'autoritarismo contrapponiamo il potere studentesco”. 
L'Università in lotta identifica come suo momento decisionale l'assemblea 
generale. Il potere che ad essa è attribuito non significa soltanto contrattare 
su più vasta scala con la controparte, bensì decidere concretamente le forme 
e i contenuti del lavoro universitario. Gli studenti tolgono l'iniziativa al 
corpo accademico e riconoscono che nulla di ciò che interessa loro può 
essere escluso dall'Università, e tutto ciò che vi si studia può essere messo 
in discussione.  
 17
A questo scopo, le commissioni in cui si articola l'assemblea, sottopongono 
a critica la didattica e contemporaneamente dissacrano il prestigio dei 
professori dimostrando che il possesso da parte loro degli strumenti 
culturali e della qualificazione tecnica è il canale attraverso cui la società 
impone i suoi valori e l'adesione ai suoi moduli di comportamento. 
In questa opera le commissioni individuano nuovi temi di ricerca e pongono 
l'esigenza di far confluire il loro lavoro nella organizzazione di corsi, le cui 
caratteristiche sono: 
- selezione del tema da parte degli studenti e dei professori su un piano di 
parità; 
- utilizzazione dei professori e di altre persone anche estranee alla logica 
della carriera accademica come esperti a disposizione degli studenti. 
Tali corsi esplicheranno il massimo della loro funzione in un'università che 
abbia abolito le assurde divisioni in facoltà e centrata nel principio della 
interdisciplinarietà, e in cui sia assicurata la possibilità di partecipazione a 
tutti sia dal punto di vista delle strutture edilizie e di ricerca sia soprattutto 
dal punto di vista economico (salario generalizzato senza condizioni). 
In questo contesto l'occupazione rappresenta non un momento episodico di 
lotta, né una manifestazione di solidarietà a una campagna sulla riforma 
universitaria che si svolge sopra le nostre teste.  
 18
Essa rappresenta invece da un lato la maturazione di un'analisi cosciente e 
l'inizio di una lotta permanente contro la struttura autoritaria, dall'altro 
l'esperienza pratica del nuovo modo di fare lo studio e la ricerca”
7
. 
In questo documento si cercava di spiegare il perché della lotta. 
L’Università avrebbe dovuto essere alla portata di tutti, perché nel ricco 
come nel povero ci potrebbe essere una o più “menti” in grado di far 
progredire culturalmente ed intellettualmente uno Stato.  
Come funzionava il sistema universitario, si dava la possibilità solo ai più 
ricchi di poter continuare gli studi
8
. 
All’inizio i contenuti delle lotte universitarie furono specificamente 
scolastici: erano proteste contro la distanza della scuola, con i suoi 
programmi e con i suoi metodi, alle domande che nascevano nella società. 
In seguito si arricchì di una vera e propria contrapposizione al sistema 
politico: svanivano i partiti nell’immaginario giovanile, almeno nei primi 
mesi, e questo dava un segno alla fine di un’epoca.  
                                                 
7
 Da qui si vuol far vedere come le occupazioni universitarie cercano, con l’uso dell’assemblea o 
comunque con qualcosa di collettivo, di darsi uno statuto ovvero qualcosa che spiegasse la lotta 
e come organizzarsi. 
8
 Potremmo dire che, purtroppo, anche allo stato attuale, l’Università, anche se qualche 
miglioramento c’è stato, funziona ancora così. 
 19
Non era solo la fine del centrosinistra, quello che declinava, o sembrava 
declinare, era il riferimento esclusivo o prevalente al sistema dei partiti, era 
la stessa eredità della Resistenza e della Costituzione repubblicana, l’Italia 
del secondo dopoguerra.  
La critica dell’autorità, e questo mi appare alquanto significativo, non 
coinvolse subito la condizione della donna. Le giovani studentesse 
partecipavano in massa alle occupazioni, moltissime uscirono dalla 
famiglia, la loro presenza fu sentita nelle lotte del lavoro, anche se il 
femminismo sarebbe nato solo dopo. 
A questo punto bisognerebbe parlare anche dell’”Altro Sessantotto”, cioè 
quello dei movimenti non “comunisti”. 
La destra giovanile, essenzialmente studentesca, era aggregata inizialmente 
attorno alla contestazione al sistema, entrò ben presto in antitesi con il 
progetto egemonico dei movimenti delle sinistre e si caratterizzò quindi 
come reazione anticomunista, individualista e antiegualitaria all'ideologia 
marxista, finendo così per essere coinvolta e progressivamente esaurita, in 
una tragica guerra fra giovani, innescata dalla sistematica demonizzazione 
del "fascista" e quindi costellata da sanguinosi episodi di violenza. 
Il volantino del FUAN, qui riproposto, dà un’idea precisa dei connotati 
dell’azione dei gruppi di destra: