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INTRODUZIONE 
 
Cosa si intende per disabilità e quali sono i problemi che le persone disabili devono 
affrontare nel contesto scolastico? 
Questo lavoro, pur dando una panoramica sulle molteplici definizioni date negli anni al 
concetto di disabilità, non ha la pretesa di stabilire quale potrebbe essere quella più 
appropriata, né indicare le soluzioni migliore ai problemi rilevati. 
Il presente elaborato intende invece illustrare i risultati di una ricerca esplorativa che 
indaga le percezioni, riguardo agli interventi specifici per gli studenti diversamente 
abili, dei principali sistemi (insegnanti di classe, insegnanti di sostegno, famiglia del 
soggetto portatore di handicap, assistenti ad personam1) coinvolti nel contesto 
scolastico di alcuni istituti dell’area bresciana. Ci si chiede, in sostanza, se la scuola 
risponda efficacemente ai bisogni di questi studenti e se la collaborazione tra i diversi 
sistemi e la loro preparazione è tale da poter offrire risposte adeguate alle necessità degli 
studenti diversamente abili. Oppure se i suoi interventi siano inadeguati al punto da 
arrivare a massimizzare le differenze tra il soggetto portatore di disabilità e il resto degli 
allievi, creando così ulteriori handicap e rafforzando la visione pregiudizievole ancora 
molto permeata nella società. 
Questo lavoro intende mettere in evidenza quali siano le difficoltà principali percepite 
dai diversi sistemi coinvolti negli interventi con e per il disabile. 
Infine ci si chiede come potrebbe essere possibile trasformare i vincoli percepiti in 
risorse da utilizzare per ottimizzare gli interventi e la situazione nella sua globalità. 
 
 
 
 
 
                                                          
1
 Assistente ad personam: figura professionale che affianca gli insegnanti curriculari e gli insegnanti di 
sostegno e che si occupa prevalentemente dello sviluppo dell’autonomia e delle competenze 
comunicative. 
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CAPITOLO 1. L’EVOLUZIONE DELLE 
VISIONI SULLA DISABILITÀ E SULLA  
PRESENZA DEL SOGGETTO 
DIVERSAMENTE ABILE NELLA SCUOLA 
 
"Viviamo in base  
alla supposizione ingenua che 
 la realtà stia nel modo in cui  
noi vediamo le cose e che  
chiunque le veda diversamente  
debba per forza essere 
 folle oppure cattivo." 
 
(Watzlawick, 1976) 
 
1.1. COME SI PUÒ DEFINIRE LA DISABILITÀ? DALL’ ICIDH ALL’ICF 
I termini “diversamente abile”2, disabile e disabilità, accanto al termine handicap 
storicamente più datato, sono diventati ormai da molti anni vocaboli di uso comune non 
solo nei diversi ambiti specialistici di studio (giuridico, pedagogico, psicologico, 
medico, ecc.), ma anche nel linguaggio quotidiano dei non addetti ai lavori.  
Per meglio chiarire i concetti sottostanti a tale terminologia e per inquadrare 
storicamente l’evoluzione del lessico utilizzato in questo campo, può essere utile partire 
dalla definizione proposta  dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1980 
tra i tre concetti di “impairment” (menomazione o danno), “disability” (disabilità) e 
“handicap” che sono alla base della prima classificazione internazionale delle 
menomazioni, delle disabilità e degli handicap (Zanobini & Usai, 2005). 
 
L’OMS (1980) pubblicò un primo documento dal titolo “International Classification of 
Impairments, Disabilities and Handicaps” (ICIDH) in cui veniva introdotta l’importante 
distinzione tra: 
                                                          
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 Esistono tante accezioni per definire il soggetto con disabilità. In questo lavoro verrà utilizzato il 
termine di “diversamente abile”, in quanto l’avverbio “diversamente” permette di porre l’enfasi sulla 
differenza qualitativa nell’uso delle abilità.  
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-impairment  (menomazione) definita come "perdita o anomalia a carico di una struttura 
o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica che può avere carattere 
permanente o transitorio"; 
-disability (disabilità) intesa come "qualsiasi limitazione o perdita (conseguente a 
menomazione) della capacità di compiere un’attività nei tempi e nei modi considerati 
normali per un essere umano"; 
-handicap inteso come la "condizione di svantaggio, conseguente a una menomazione o 
a una disabilità, che in un certo soggetto limita o impedisce l’adempimento del ruolo 
normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai fattori socioculturali". 
La lista dei principali raggruppamenti nella definizione di ciascuno dei tre termini, 
riportata nella tabella di seguito, può meglio aiutare a capire la distinzione. 
 
Menomazioni della capacità intellettiva, altre menomazioni psicologiche, del 
linguaggio e della parola, auricolari e/o oculari, viscerali, 
scheletriche, deturpanti, generalizzate, sensoriali e di altro tipo.  
Disabilità 
 
nel comportamento, nella comunicazione, nella cura della 
propria persona, locomotorie, dovute all’assetto corporeo, nella 
destrezza, circostanziali,  in particolari attività, altre restrizioni 
all’attività. 
Handicap 
 
nell’orientamento, nell’indipendenza fisica, nella mobilità, 
occupazionali, nell’integrazione sociale, nell’autosufficienza 
economica, altri handicap. 
TABELLA 1: raggruppamenti nella definizione di “menomazione”, “disabilità”, “handicap” secondo 
l’ICIDH. 
  
Volendo fare un esempio, in base alla definizioni di cui sopra, un non vedente è una 
persona che soffre di una menomazione oculare che gli procura disabilità nella 
comunicazione e nella locomozione e comporta handicap, ad esempio, nella mobilità e 
nell’occupazione (per citare solo i principali). 
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Quindi un unico tipo di menomazione può dar luogo a più tipi di disabilità e implicare 
diversi handicap. Analogamente un certo tipo di handicap può essere collegato a diverse 
disabilità, che a loro volte possono derivare da più tipi di menomazione. 
Mentre per un individuo la menomazione ha carattere permanente, la disabilità dipende 
dall’attività che egli deve esercitare e l’handicap esprime lo svantaggio che ha nei 
riguardi di altri individui ( i cosiddetti “normodotati”). Un paraplegico, ad esempio, avrà 
certamente un handicap quando si tratta di giocare a calcio, ma non ne avrà 
praticamente nessuno nel far uso di un personal computer. 
L’aspetto significativo del primo documento dell’OMS è stato quello di associare lo 
stato di un individuo non solo a funzioni e strutture del corpo umano, ma anche ad 
attività a livello individuale o di partecipazione nella vita sociale. 
I principali limiti dell’ICIDH sono evidenziabili come segue: 
- le categorie relative a menomazioni, disabilità e handicap appaiono scarsamente 
definite; 
- le categorie appaiono spesso inadeguate quando l’interesse è quello di descrivere le 
disabilità di anziani, bambini e/o di persone con disturbi psichiatrici; 
- i criteri di valutazione proposti appaiono troppo grossolani e non sensibili nei 
confronti dei piccoli progressi che faticosamente con queste persone si riescono a 
ottenere; 
- il sistema di classificazione proposto è, secondo alcuni, legato a negative influenze 
sociali e crea ulteriori ostacoli ai processi di integrazione; 
- nell’ ICIDH non vengono affatto analizzate le variabili contestuali 
(www.ritardomentale.it).  
È perciò possibile affermare che i limiti fondamentali dell’ICIDH consistono, 
innanzitutto, nel sostenere una visione prettamente lineare delle tre situazioni, 
rappresentando quindi un modello causale con una consequenzialità temporale (Buono 
& Zagaria, 1999). 
 
Il secondo documento pubblicato dall’OMS (2001) è intitolato “International 
Classification of Functioning, Disability and Health” (ICF). 
Già questo titolo è indicativo di un cambiamento sostanziale nel modo di porsi di fronte 
al problema di fornire un quadro di riferimento e un linguaggio unificato per descrivere 
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lo stato di una persona. Non ci si riferisce più a un disturbo, strutturale o funzionale, 
senza prima rapportarlo a uno stato considerato di "salute".  
La sequenza “Menomazione - Disabilità – Handicap” (alla base dell’ICIDH), nell’ICF 
viene superata da un approccio multiprospettico relativo alla classificazione del 
funzionamento e della disabilità, secondo un processo interattivo ed evolutivo. 
La classificazione integra in un approccio di tipo “biopsicosociale” (in cui la salute 
viene valutata complessivamente secondo tre dimensioni: biologica, individuale e 
sociale) la concezione medica3 e sociale4 della disabilità. Segna in sostanza il passaggio 
da un approccio individuale ad uno socio-relazionale nello studio della disabilità. 
La disabilità viene intesa, infatti, come la conseguenza o il risultato di una complessa 
relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori 
ambientali che rappresentano le circostanze in cui egli vive. Ne consegue che ogni 
individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con 
caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di 
partecipazione sociale. 
L’ICF, correlando la condizione di salute con l’ambiente, promuove un metodo di 
misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella realizzazione di attività 
che permette di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare 
perché l’individuo possa raggiungere il massimo della propria auto-realizzazione 
(www.handicapincifre.it).  
Come si può vedere dalla tabella di seguito riportata, il nuovo documento sostituisce ai 
termini impairment, disability e handicap (che indicano qualcosa che manca per 
raggiungere il pieno "funzionamento")  altri termini nella nuova prospettiva. Essi sono: 
-funzioni corporee: funzioni fisiologiche dei sistemi corporei, incluse le funzioni 
psicologiche; 
-strutture corporee: parti anatomiche del corpo come organi, arti e loro componenti; 
-attività: è l’esecuzione di un compito o di un’azione da parte di un individuo; 
                                                          
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 L’approccio medico considera la disabilità come un problema della persona (causato direttamente da 
malattie, traumi o altre condizioni di salute) ed è su di essa che, esclusivamente, si deve intervenire nei 
termini di cura dell’individuo, o di adattamento della persona alla propria condizione o di cambiamento 
comportamentale. 
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 L’approccio sociale ritiene che la disabilità sia principalmente un problema creato dalla società. La 
disabilità, quindi, non è un caratteristica dell’individuo, ma il risultato di una complessa interazione di 
condizioni, molte delle quali create dall’ambiente sociale. Questa nuova concezione della disabilità 
richiede interventi che migliorino le condizioni di salute, ma che determino anche cambiamenti nel 
contesto sociale. 
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-partecipazione: è il coinvolgimento di un individuo in una situazione di vita; 
-fattori ambientali: sono caratteristiche del mondo fisico, sociale e degli atteggiamenti, 
che possono avere impatto sulle prestazioni di un individuo in un determinato contesto. 
 
Funzioni corporee 
 
1. Funzioni mentali, sensoriali e dolore, della voce e dell’eloquio, 
del sistema cardiovascolare, ematologico, immunologico e 
respiratorio, del sistema digestivo, metabolico ed endocrino, 
genitourinarie e riproduttive, neuro-muscolo-scheletriche e 
collegate al movimento, funzioni cute e strutture associate. 
Strutture corporee 
 
1. Strutture del sistema nervoso, occhio, orecchio e strutture 
collegate, strutture collegate alla voce e  all'eloquio, dei sistemi 
cardiovascolare, immunologico e respiratorio, strutture 
collegate al sistema digestivo, metabolico ed endocrino, 
strutture collegate al sistema genitourinario e riproduttivo, 
strutture collegate al movimento , cute e strutture collegate.  
Attività e 
partecipazione 
 
1. Apprendimento e applicazione della conoscenza, compiti e  
richieste di carattere generale, comunicazione, mobilità, cura 
della propria persona, vita domestica, interazioni e relazioni 
interpersonali, principali aree della vita, vita di comunità, 
sociale e civica. 
Fattori ambientali 
 
1. Prodotti e tecnologia, ambiente naturale e cambiamenti 
apportati dall’uomo all’ambiente, supporto e relazioni, 
atteggiamenti, servizi, sistemi e politiche. 
TABELLA 2: raggruppamenti relativi alle diverse categorie proposte dall’ICF. 
 
Da questo breve excursus, si può notare come le recenti disposizioni si allontanino dai 
modelli prettamente sanitari, favorendo rappresentazioni della disabilità più legate alle 
implicazioni sociali della stessa (Scorretti, 2002). 
 
Il percorso verso il riconoscimento della disabilità è stato faticoso ed è tuttora in corso.