7
le sezioni in cui si articola quest’analisi: nella prima dedicata a Stephen King, 
sulla cui vita è stato scritto praticamente tutto, il confronto tra cinema e letteratura 
viene presentato seguendo una cronologia relativa alla pubblicazione dei romanzi 
ispiratori, vero fulcro di tutta l’opera del prolifico scrittore del Maine; nella 
seconda sezione riguardante Clive Barker, l’ordine viene invece scandito dalle 
date di uscita delle sei pellicole ispirate alle sue opere, espressione visiva e “reale” 
delle sue caratteristiche narrative. Quest’ultima scelta riflette “l’anima migrante” 
di un artista completo, le cui capacità spaziano dalla scrittura alla pittura per 
arrivare fino al teatro e alla regia, e che hanno come denominatore comune la 
visionarietà e l’immaginazione estrema. Nella terza parte vengono paragonati i 
romanzi, le tematiche, gli sfondi sociali e il linguaggio letterario e 
cinematografico di entrambi, mettendo a confronto due mondi apparentemente 
così simili ma che in realtà rivelano una diversità sostanziale.  
Quello che ne risulta è un quadro complesso, che evidenzia sia le luci che 
le ombre di un rapporto prolifico ma contrastato con un mondo pronto a sfruttare 
le loro idee. La differente posizione di King e Barker in questo gioco artistico ed 
economico è un segnale inequivocabile del carattere di entrambi. Il primo, più 
defilato, ha spesso suggerito le scelte da fare limitandosi inizialmente a 
commentare gli adattamenti delle sue opere; il secondo ha invece mostrato 
un’indole più combattiva che lo ha portato ad entrare personalmente nel campo di 
battaglia dei set. King è rimasto dietro la linea di confine che separa romanzo e 
film dopo aver malamente tentato di varcarla, Barker l’ha abbondantemente 
superata per cercare nuovi stimoli e dare maggiore coerenza alle proprie idee.  
 8
Quando però si affronta il discorso con un’impronta marcatamente 
letteraria, allora spicca in maniera dirompente l’abilità narrativa dell’autore 
americano, che ha fatto dell’accoppiata prolificità-qualità il segreto di un successo 
mondiale che gli ha permesso di diventare non solo uno degli scrittori più famosi 
al mondo, ma di coniare lui stesso per il collega inglese l’appellativo di “futuro 
dell’horror”. 
Per l’analisi relativa a King non c’è stato alcun problema a reperire il 
materiale necessario, disponibile praticamente ovunque grazie alla sua indiscussa 
fama, mentre per la sezione riguardante Barker si è dovuto ricorrere alle versioni 
originali dei primi due film, dato che quelle italiane sono state pubblicate nel 
sottobosco dell’home video per poi sparire quasi subito. Nonostante questa 
precisazione, non si deve incorrere nel grossolano errore di considerare Stephen 
King come un artista qualitativamente superiore rispetto a Barker. Per trarre delle 
conclusioni ed apprezzare appieno il loro stile bisogna solamente andare alla 
fonte, al romanzo, alla pagina scritta, dove il brivido che percorre la schiena è il 
risultato di un’unica mediazione: quella tra la capacità espressiva dello scrittore e 
la capacità percettiva del lettore. 
 
 9
Stephen King e la costruzione di un mito 
 
E’ uno degli scrittori più famosi al mondo. Con le sue opere ha saputo 
attirare a sé l’attenzione dei fan e dei media di ogni tipo. E’ diventato un mostro 
sacro. Ma la cosa più importante è che Stephen King si è fatto da solo, idolo 
emerso dalla fatica e dalle delusioni di una vita per niente entusiasmante che ad un 
tratto lo ha ripagato con gli interessi. Nato il 21 Settembre 1947 a Portland, nel 
Maine, il futuro autore di best-seller mondiali è cresciuto senza la figura del padre, 
che abbandonò la famiglia, ma che indirettamente contribuì ad introdurlo nel 
mondo che sarebbe diventato la fonte dove attingere a piene mani. Il ritrovamento 
dei libri del genitore nella casa degli zii (opere di Lovecraft, Poe ed altri autori 
fantastici) fu un episodio importante nella vita di Stephen, che da quel momento 
cominciò ad essere attratto da quel tipo di storie. Allevato dalla madre Nellie 
Ruth, donna caparbia e decisa ad accettare ogni tipo di lavoro pur di non far 
saltare mai un pasto a lui e a David (il primo figlio, adottato prima della nascita di 
Stephen), verso la fine degli anni cinquanta fu affascinato da una figura macabra 
quanto emblematica: il serial killer Charles Starkweather le cui informazioni 
furono raccolte in un album di ritagli di giornale che servì al futuro scrittore come 
manuale per imparare a riconoscere ed evitare i segnali della follia assassina. Sul 
viso del ragazzo omicida si notava assenza di vita, come se il suo cervello fosse 
morto, e il quasi undicenne King era convinto che se avesse memorizzato i suoi 
tratti somatici e le sue espressioni sarebbe riuscito ad evitare quel genere di gente. 
Lui stesso considerò successivamente l’album come una sorta di ricerca interiore, 
come la vera scintilla che trasformò ciò che aveva dentro in materiale narrativo, 
 10
era come se una voce gli dicesse “Da grande scriverai su persone come queste che 
rappresentano il male.”  
Neanche l’adolescenza fu un periodo felice. Trasferitosi nel Maine nel 
1958 dopo aver girovagato con la famiglia per diversi anni (stato nel quale ancora 
risiede), frequentò prima la grammar school di Durham per poi passare nel 1962 
alla Lisbon Falls High School. La scuola fu un luogo da lui odiato, ma contribuì 
ad alimentargli la fiamma dell’ispirazione. Era un periodo di scoperte, in cui si 
vivono miriadi di esperienze diverse, ma non poteva essere ricordato con piacere: 
sempre con la sensazione di avere addosso i vestiti sbagliati e troppi brufoli sul 
volto, viveva la socializzazione con i compagni quasi come un incubo, i ragazzi 
più grandi lo guardavano come un “diverso”, molti altri lo deridevano. Una volta 
diplomatosi nel 1966, il futuro Re del brivido decise di frequentare l’università di 
Orono nel Maine per laurearsi tra molte difficoltà economiche quattro anni dopo. 
Lì conobbe la collega Tabitha Spruce, che nel Gennaio del 1971 diventò sua 
moglie. King già si dilettava a scrivere trame misteriose e da brivido ma, pur 
sottoponendo agli editori i suoi lavori, tutto quello che riusciva ad ottenere erano 
sporadiche pubblicazioni su riviste per soli uomini come Dude e Cavalier. Il 
racconto breve The Glass Floor fu la sua prima pubblicazione (avvenuta nel 1967 
su Starling Mistery Stories) a fruttargli del denaro: quaranta dollari. Al termine 
del periodo scolastico non riuscì subito a trovare il successivo lavoro di 
insegnante di Inglese alle scuole superiori, per cui inizialmente si manteneva 
guidando il furgone di una lavanderia, mentre Tabitha faceva il turno di notte in 
una pasticceria. L’arrivo del primo figlio rese più difficile la situazione, la 
famiglia King conduceva un’esistenza economicamente travagliata, ma la tenacia 
 11
di Stephen e l’appoggio di sua moglie contribuirono a fargli fare il definitivo salto 
di qualità.  
Da quel momento lo scrittore ha fatto delle esperienze di vita il fulcro 
delle sue idee, in molte sue opere si possono riscontrare avvenimenti realmente 
accadutigli o ai quali ha semplicemente assistito. Nei romanzi sono presenti 
personaggi non del tutto inesistenti, le sue creazioni sono sospese tra la realtà e la 
fantasia. King è un attento osservatore del mondo circostante, lo stesso autore è 
presente tra le righe, impariamo a conoscerlo, ci avvicina al vero attraverso 
l’irrealtà, e la sua prolificità non è un segno della perfetta comprensione dei 
meccanismi economici dell’editoria, ma l’espressione di una mente ingegnosa 
capace di utilizzare questi spunti per creare trame da brivido sempre nuove che 
incollano il lettore alla pagina. La sua ascesa è coincisa con un momento cruciale 
dell’industria del libro in cui le strategie di vendita stavano cambiando a favore 
degli scrittori popolari. Improvvisamente l’autore che vendeva duecentomila o 
trecentomila copie dei suoi libri con copertina rigida, con la nascita dei tascabili 
poteva tranquillamente arrivare a più di un milione di copie, inoltre c’era stato 
l’allargamento della distribuzione dei libri, che ora erano reperibili anche nei 
grandi magazzini, nei supermercati e nei centri commerciali. Le capacità di 
Stephen furono ben presto riconosciute dal grande pubblico, che lo ha decretato 
primo autore di genere dai tempi di Dickens ad avere un successo mondiale tale 
da mettere in moto la macchina produttiva cinematografica, che ha subito fiutato 
le potenzialità delle sue storie, dando vita a un travagliato rapporto di 
collaborazione con Hollywood che lo ha accompagnato per tutta la sua carriera. 
 
 
 
 12
1. Gli anni settanta 
 
 
1.1. Carrie 
 
L’esordio di Stephen King è datato 1974, anno in cui viene pubblicato il 
suo primo e travagliato lavoro: Carrie. La vita dello scrittore fino a quel momento 
non era stata il massimo: il padre che lo aveva abbandonato quando aveva due 
anni, un’esistenza condotta al limite della povertà, l’attuale lavoro come 
insegnante di inglese con uno stipendio piuttosto basso e la sistemazione in una 
roulotte nel Maine facevano di lui un uomo il cui aspetto piuttosto grassoccio 
lasciava trasparire questi disagi. E un disagio fu anche scrivere questo libro, 
partorito in uno sgabuzzino che doveva essere inizialmente utilizzato come zona 
lavanderia e che già di per sé dava un forte senso claustrofobico. La sua mancanza 
di fiducia nella storia portò lo scrittore a gettare i fogli del racconto nel cestino 
della carta straccia, ma ciò non significò la fine del romanzo, poiché il manoscritto 
fu raccolto dalla moglie Tabitha che lo esortò a continuare nel suo lavoro, dato 
che quella storia la interessava tanto. E tanto interessò anche alla casa editrice, la 
Doubleday, che decise di pubblicarlo (dopo aver imposto una revisione delle 
ultime 50 pagine) con un anticipo di 2.500 Dollari. Una boccata d’ossigeno puro. 
King aveva pensato alla storia di una ragazza disadattata e dotata di incontrollabili 
poteri telecinetici (la capacità di spostare gli oggetti con la forza del pensiero) che 
si vendicherà in modo definitivo dell’ennesimo atroce umiliante scherzo subìto 
davanti a tutti. L’ispirazione proveniva da più fonti: due ragazze conosciute 
durante la sua adolescenza che avevano un che di strano nel loro modo di fare: 
 13
una era affetta da epilessia, orfana di padre e viveva con la madre, una donna 
molto religiosa, in una casa dominata da un grande crocifisso. Questa ragazza 
morì di uno dei suoi attacchi epilettici. L’altra, conosciuta a scuola quando 
Stephen aveva 14 anni era di quelle del tipo “prendimi a calci sul sedere” ed era 
vestita sempre allo stesso modo, era inoltre una patita dei concorsi e giochi a 
premi, una sorta di ossessione al raggiungimento di uno scopo che è riscontrabile 
in uno dei personaggi principali del romanzo: la madre di Carrie, donna che fa del 
culto di Cristo la sua unica fonte di vita e salvezza eterna ma che allo stesso tempo 
nasconde una folta serie di problemi psichici che trovano il suo sfogo nella figlia. 
Ed è proprio intorno alla figlia che si impernia tutto il romanzo: un’adolescente, la 
cui ingenuità nasce dall’ignoranza e dal fanatismo religioso della madre, ha come 
unico desiderio quello di integrarsi con la società a lei avversa. Il suo cognome 
(White) tradisce quel senso di purezza che le è stato forzato dalla madre, purezza 
che si nasconde dietro la paura, l’ignoranza, il fanatismo religioso estremo.  La 
ricerca di un contatto con i suoi compagni di scuola e il suo desiderio di farsi 
accettare nascono dalla sua consapevolezza di sentirsi diversa, dalle osservazioni e 
dai paragoni che ella fa tra il proprio mondo ed il mondo esterno, tra gli altri 
ragazzi e lei, e la consapevolezza della sua diversità acquista una caratteristica 
tangibile nella scoperta e nel progressivo controllo dei suoi poteri telecinetici che 
saranno l’espressione esterna ed estrema del suo disagio interiore. King introduce 
il lettore nel mondo di Carrie attraverso uno stile giornalistico e documentaristico 
(brani tratti da presunti testi sulla telecinesi quali L’ombra che esplose o da 
testimonianze dei tragici eventi come Il mio nome è Susan Snell o ancora da 
interrogatori) alternato a quello del vero e proprio racconto, ambientato in un 
futuro non troppo lontano, il 1979. Zimbello di tutti e tutte, Carrie avrà le sue 
 14
prime mestruazioni a 16 anni, e questo episodio simboleggerà il secondo 
momento di ribellione nei confronti della realtà impostale dalla madre che la 
vorrebbe sempre pura, dopo aver precedentemente reagito, durante l’infanzia, alla 
furia omicida della stessa madre (che vuole ucciderla perché colpevole di aver 
visto la vicina di casa in costume da bagno) con una scarica di pietre guidate 
telecineticamente e inconsapevolmente che si abbattono sulla casa. L’agognata 
partecipazione alla festa per il ballo di fine anno segnerà la fine del rapporto con 
la madre, già fin troppo tumultuoso, e segnerà anche la fine di coloro che si 
prenderanno gioco di lei nell’ultimo scherzo in cui la eleggeranno reginetta del 
ballo per rovesciarle addosso un secchio di sangue di maiale, in un macabro 
massacro a base di poteri telecinetici ora freddamente controllati che porterà alla 
distruzione dell’intera città. Come dire: se la società non mi accetta io la 
distruggo. 
Inizialmente l’accoglienza al romanzo fu solamente tiepida, della tiratura 
iniziale di 30.000 copie ne vennero vendute solo 13.000 e a Las Vegas il libro fu 
bandito dalle scuole, ma per uno scherzo del destino King vide per la prima volta 
il suo romanzo in vendita proprio in una libreria di Las Vegas. Anche se le 
critiche non furono del tutto positive, i diritti per l’edizione paperback furono 
successivamente venduti per 400.000 dollari e ci fu l’interessamento per la 
realizzazione di un lungometraggio. Un salto di qualità che permise a King e 
famiglia di cominciare seriamente a cambiare vita. 
Il film venne realizzato nel 1976, prodotto da Paul Monash per la United 
Artists, con la sceneggiatura adattata da Lawrence D. Cohen e la regia di Brian De 
Palma. La prima trasposizione cinematografica di un romanzo di Stephen King 
suscitò grandi apprezzamenti da parte del pubblico e permise a De Palma di 
 15
ottenere il primo vero successo, grazie anche al supporto di un cast di ottimi attori, 
tra i quali Sissy Spacek (nel ruolo di Carrie) e Piper Laurie (sua madre) che 
ritornava a fare cinema quindici anni dopo la sua ultima interpretazione in Lo 
spaccone, entrambe candidate all’Oscar per la loro magnifica interpretazione; 
Nancy Allen (che sarebbe diventata dal 1979 al 1983 moglie di De Palma) era 
quella Chris Hargensen che più di tutte odia Carrie ed è fidanzata con Billy Nolan 
interpretato da John Travolta, già in odore di febbre del sabato sera. 
Le protagoniste descritte nel libro sono diverse dalla quelle presentate nel 
film: Carrie è una ragazza grassoccia che niente ha a che fare con l’aspetto efebico 
di una ventisettenne Spacek (differenza d’età che si vede tutta nel film), mentre 
per la madre Margaret la figura e l’interpretazione di Piper Laurie le conferiscono 
quasi una carica di simpatia che assolutamente non traspare tra le righe del libro. 
Il film ebbe un finanziamento di un milione e ottocentomila dollari ed 
incassò una cifra pari a circa quindici volte il suo costo. Come succede per tutti gli 
adattamenti da romanzo, anche in questo film ci furono delle modifiche, che però 
non intaccarono la storia nel suo nucleo, anzi, fu lo stesso King a rammaricarsi di 
non aver avuto le stesse idee di Cohen e De Palma per la stesura del suo romanzo. 
Le sostanziali differenze del film rispetto alla storia di King sono riassumibili in 
alcuni punti fondamentali: a) Vennero eliminate quelle informazioni di fondo che 
descrivono il passato dei personaggi, come ad esempio l’episodio delle pietre sulla 
casa dei White dopo che Carrie viene sorpresa dalla madre a guardare la ragazza 
in costume e quindi percossa. In realtà le scene relative a questo punto del 
romanzo vennero anche girate ma omesse dal montaggio finale a causa dello 
scarso effetto visivo che davano le pietre che colpivano la casa (invece degli 
enormi massi del libro venne usata della ghiaia che, nel rivedere le scene, dava un 
 16
effetto che somigliava a normale pioggia). Si nota inoltre che le scene degli interni 
relativi a questo episodio vennero utilizzate, senza che si noti particolarmente, per 
la scena dello sprofondamento della casa di Carrie; b) Venne eliminato il 
battibecco tra il preside della scuola ed il padre di Chris dopo che quest’ultima è 
stata schiaffeggiata dall’insegnante di ginnastica che le impedisce così di andare al 
ballo; c) Tutta la struttura documentaristica e giornalistica del romanzo venne 
tagliata per dare alla narrazione cinematografica un’impronta più lineare; d) La 
connessione telepatica finale tra Sue e Carrie venne eliminata del tutto mentre i 
poteri di Carrie vennero per così dire “affievoliti” a causa del budget limitato: se 
nel romanzo leggiamo della distruzione dell’intera città nel film assistiamo 
“soltanto” alla distruzione del liceo nel quale perderanno la vita molti ragazzi; e) 
Le dimissioni dell’insegnante di ginnastica (Miss Desjardin nel libro, Miss Collins 
nel film) furono trasformate nella sua morte al ballo di fine anno; f) Il finale del 
film è totalmente diverso dal libro: se nel romanzo Carrie muore a causa della 
coltellata infertagli dalla madre che la dissangua progressivamente, lasciando 
l’amica-nemica Sue che l’assiste in questo tragico momento in preda all’orrore 
più atroce a causa dell’improvviso flusso mestruale che le scorre tra le cosce, nel 
film, dopo la morte di madre e figlia sprofondate insieme alla casa, assistiamo 
all’incubo finale di Sue: durante una sua “commemorazione floreale” sul luogo in 
cui è sprofondata la casa dei White, nel momento in cui lei stessa sta per posare i 
fiori dove tutto è sepolto, la mano di Carrie emerge dal terreno e le afferra 
l’avambraccio scatenando le sue urla ed il panico della madre (personaggio 
aggiunto nel film) che l’assiste durante la convalescenza. Per girare questa scena 
fu la stessa Sissy Spacek a voler essere sotterrata, e lei stessa dichiarò che 
l’esperienza di essere seppellita viva fu claustrofobica ma allo stesso tempo 
 17
eccitantissima). La morte di Margaret White fu modificata: da decesso per arresto 
cardiaco provocato da Carrie che le ferma il cuore diventò crocifissione da 
infilzamento di coltelli pari pari a come è crocifisso il San Sebastiano dello 
sgabuzzino della loro casa, di sicuro scena di maggiore impatto visivo per il 
pubblico, ma più dispendiosa in termini economici. 
Le inquadrature evidenziano grande virtuosismo tecnico con carrellate 
circolari e piani sequenza a dir poco acrobatici. Per quanto riguarda la scena 
dell’incendio nella scuola, De Palma fece una scelta che si rivelò sbagliata: 
utilizzare la tecnica dello split screen, dividere cioè lo schermo in due parti 
distinte in cui si offrivano due inquadrature diverse della stessa scena. 
Inizialmente egli credette di dare un maggiore impatto drammatico e caotico, ma 
ciò si rivelò controproducente perché appesantiva la visione allo spettatore che 
doveva guardare due scene contemporaneamente. Di questo il regista se ne 
accorse già in fase di montaggio e quindi molte altre inquadrature della scena del 
ballo pensate con questo sistema vennero poi presentate singolarmente. Un’altra 
caratteristica è la presenza di scene di nudo già alla seconda inquadratura, cosa 
che crea disorientamento nello spettatore soprattutto quando guarda la scena della 
doccia di Carrie in cui tutto ci si aspetta tranne che di lì a poco le sgorgherà del 
sangue mestruale. Il film riuscì ad avere un grande successo grazie anche al suo 
forte impatto visivo ed è tuttora annoverato tra i classici dell’horror degli anni 
settanta, considerato inoltre dallo stesso Stephen King uno degli adattamenti dei 
suoi romanzi maggiormente riusciti. 
 
 
 18
1.2. Le notti di Salem 
 
Pubblicato negli Stati Uniti nel 1975 con una tiratura iniziale di 20.000 
copie, la seconda fatica di Stephen King affronta una delle tematiche più 
importanti e più sfruttate nella letteratura dell’orrore: il vampiro come 
incarnazione del male, presentato per la prima volta nel celeberrimo Dracula di 
Bram Stoker. E’ lui stesso nel libro-saggio Danse Macabre a considerarlo uno 
degli archetipi fondamentali nella letteratura di questo genere. Il romanzo gli dava 
la possibilità di “giocare un'interessante […] partita di squash letterario: Le notti 
di Salem era la palla e Dracula il muro contro cui la rimandavo"
1
, un prodotto del 
ventesimo secolo contro un muro del Diciannovesimo.  Nel periodo in cui scrisse 
Le notti di Salem King fu avvertito che se avesse pubblicato questo romanzo 
sarebbe stato etichettato da quel momento in poi come autore dell’orrore, ma di 
questo non era affatto preoccupato: rispose anzi con una battuta: “Penso di essere 
in buona compagnia”, riferendosi a tutta la schiera di autori horror nella storia 
della letteratura anglofona che avevano contribuito ad alimentare le sue “giovani” 
emozioni ed il suo desiderio di scrivere.  
Cosa succederebbe se Dracula tornasse in una cittadina rurale 
dell’America contemporanea? Fu questa la domanda che si fece lo scrittore 
durante una conversazione con la moglie Tabitha ed il suo amico d’infanzia Chris 
Chesley, suo collaboratore in uno scritto giovanile, e da questo interrogativo ne 
scaturì l’idea portante dell’opera. Il titolo iniziale  fu Second Coming, a 
sottolineare la seconda terrorizzante venuta del mostro dai denti aguzzi, questa 
volta in una realtà molto diversa. ‘Salem’s Lot (questo è anche il titolo originale 
                                                 
1
 Stephen King, Danse Macabre, Frassinelli, 2000, p. 36. 
 19
del libro) è una cittadina americana estremamente provinciale, situata nello stato 
del Maine che sarà una sorgente d’ispirazione costante per l’ambientazione dei 
romanzi di King. Il popolo di questo paese isolato cova una sorta di cattiveria 
latente nei confronti di tutti,  si spia, sparla, incarna i mali di una società in 
degrado e non può che esprimere diffidenza nei confronti di Ben Mears, scrittore 
che ritorna nella cittadina (dopo averci abitato durante l’infanzia) per scrivere un 
romanzo su una casa da tempo disabitata perché legata ad avvenimenti 
raccapriccianti. Gli strani accadimenti e le sparizioni che coincideranno con 
l’arrivo in quella casa di Straker e Barlow, due individui decisi ad aprire un 
negozio di antiquariato, faranno iniziare le indagini a Mears.  
Ad un primo impatto il lettore può pensare di essersi imbattuto in un libro 
in cui sono presentati i soliti clichès: la casa che tutti evitano, il succhiatore di 
sangue, l’eroe che cerca di salvare tutto e tutti, ma con lo scorrere delle pagine ci 
si rende conto che questi elementi si fondono in un messaggio che va ben oltre al 
di là del semplice scopo di creare paura. Cosa rappresenta Barlow? Cosa 
simboleggia la ricerca delle sue vittime? Non è un mostro fine a sé stesso, è 
l’incarnazione del male insinuatosi tra i cittadini così chiusi tra loro, il contagio 
malefico simboleggia la progressiva e negativa degradazione di una comunità già 
corrotta ed ipocrita, e non a caso la cittadina ha un nome che deriva nella finzione 
storica da quello di una scrofa, cosa che può essere interpretato come simbolo 
della sporcizia sociale. La vampirizzazione degli stessi abitanti del paese significa 
la loro sconfitta nei confronti del male che loro stesso hanno alimentato e che non 
ha potuto far altro che propagarsi fino alla distruzione morale dell’intera città. Il 
confronto tra bene e male, punto fondamentale nell’horror, trova qui il suo 
sviluppo anche nell’elemento religioso (presente anche in Carrie ed altri romanzi 
 20
successivi) presentando il conflitto interiore di padre Callahan, sacerdote 
alcolizzato la cui forza nella fede va sempre di più affievolendosi e che trova la 
sua definitiva sconfitta proprio durante la lotta contro Barlow: in altre parole la 
società che prende il sopravvento sull’individuo e la consapevolezza che la sola 
fede non può bastate a sconfiggere il male.  Questo scenario apocalittico non può 
però essere definitivo: le forze negative devono essere fronteggiate e sconfitte, la 
società deve avere un suo spiraglio. Lo troverà, oltre che con lo stesso Ben Mears, 
anche con Mark Petrie, bambino (figura spesso presente nei lavori di King) che 
grazie alla sua fermezza e alla sua purezza rispetto alla corruzione dell’umanità a 
lui circostante affronterà le sue paure e riuscirà a sconfiggerle. E’ questo un 
elemento ottimistico, in cui c’è una forte speranza di un miglioramento sociale 
soprattutto attraverso l’educazione di coloro che saranno gli uomini del futuro, 
attaccati a valori secolari ed incorruttibili. La conclusione del romanzo fece 
credere che ci fosse l’interessamento da parte del suo autore a scriverne un 
seguito, in effetti fu così ma i progetti successivi contribuirono inizialmente a 
rimandare e quindi ad accantonare definitivamente l’idea. 
Nel 1979 venne prodotta dalla CBS la serie televisiva omonima tratta dal 
romanzo, della durata di 210 minuti. Precedentemente era balenata l’idea di 
produrre un film per la cui regia era stato contattato George Romero. Ma Richard 
Kobritz, già produttore di Carrie, lo sguardo si Satana, si rese conto del suo  
potenziale televisivo e delegò alla scrittura della sceneggiatura Paul Monash, 
anch’egli già collaboratore nel precedente film tratto da un romanzo di King. Il 
regista dell’operazione diventò Tobe Hooper, uno degli alfieri del New Horror, 
considerato più adatto per un lavoro televisivo, che dopo aver diretto Non aprite 
quella porta nel 1974 e Quel motel vicino alla palude due anni dopo si trovò a