Storia della chiacchiera sul pallone in Italia (allenatori e giornalisti, tattiche e polemiche dal 1910 al 2000)
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come un gioco d’attacco basato sul movimento della linea mediana e su uno schema molto offensivo che aveva il perno nel centromediano Janni e nel trio Baloncieri, Libonatti e Rossetti. I giornali dell’epoca lodavano l’operato di Cargnelli definendo il Toro una “squadra armonica”, che aveva dato una svolta sul piano tattico con i giocatori attenti a non perdere le distanze tra loro e che privilegiavano la manovra collettiva agli spunti individuali, concessi solo all’attacco (19). Una squadra che in campo dava veramente spettacolo. 4. Lo “stile Inter” di Veisz e la cinquina di Carcano Dopo il secondo scudetto conquistato nella stagione 28/29 da Felsner e dal suo Bologna, nel 29/30 un altro maestro danubiano vinceva il campionato, il primo a girone unico, Arpad Veisz, al timone dell’Ambrosiana, la squadra nata dalla fusione del 1928 tra Inter e U.S. Milanese. Il passaggio dal doppio girone al girone unico a diciotto squadre aveva aperto un’età importante per il calcio italiano. Da provinciale il movimento si dava un’organizzazione più rispettabile. Il paese era già da diversi anni in camicia nera e il fascismo era intervenuto nel calcio promuovendo una modernizzazione e un processo di concentrazione delle strutture esistenti. Erano stati costruiti nuovi stadi, erano nati nuovi club, molti si erano uniti dando i natali, tra gli altri, al Napoli e alla Fiorentina nel 1926, alla Roma nel 1927. Alla presidenza della FIGC nel 1926 era salito il gerarca fascista Leandro Arpinati, podestà di Bologna. La sede federale era stata prima trasferita a Bologna, quindi, con la nomina di Arpinati a sottosegretario al ministero dell’Interno, spostata a Roma. La segreteria era stata affidata a Giuseppe Zanetti. L’organizzazione del calcio era stata riformata dalla “Carta di Viareggio” (agosto 1926) che, tra l’altro, vietava anche il tesseramento di nuovi stranieri. Da allora si era aperta l’età degli oriundi. Arrivarono in Italia, soprattutto dal SudAmerica tanti campioni destinati a trovare nel nostro paese fama e danaro e a segnare un’epoca nelle rispettive squadre e nella Nazionale di Pozzo. Con il pretesto della doppia nazionalità il calcio italiano si arricchiva di elementi validissimi, determinanti per la crescita ulteriore a livello internazionale del nostro football. Con la “Carta di Viareggio” era cambiata anche la figura del calciatore. In tutto il mondo e in particolare dal 1926 dopo il congresso della FIFA, la federazione internazionale nata nel 1904, i giocatori da dilettanti erano diventati professionisti; gli ingaggi lievitarono così come i trasferimenti e gli scandali, anche se in Italia già nel 1924 si era alzato un notevole polverone per il passaggio del terzino Rosetta dalla ProVercelli alla Juventus. Fare il calciatore diventava un vero e proprio mestiere, e così tra i giocatori diminuiva anche il livello di istruzione. Laureati alla “Bocconi” come Fulvio Bernardini, il grande centromediano della Lazio, dell’Inter e della Roma, erano un’eccezione. Con lui, che esordiva in Nazionale il 22 marzo 1925 a Torino contro
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Informazioni tesi
Autore: | Fabrizio Prisco |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1999-00 |
Università: | Università degli Studi di Salerno |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Guido Panico |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 206 |
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