2
citate - per il grande impeto distruttivo - quella di Watts del 
1965 e quella di Miami del 1980.  
La rivolta di Watts era scoppiata a causa di uno stato di 
permanente recessione nel ghetto, a fronte di un boom 
economico che arricchiva il resto della nazione. Quella di Los 
Angeles si presenta, nuovamente, come una reazione 
elementare contro un ordine politico-economico intollerabile 
che ha prodotto una povertà devastante e che lascia presagire 
un’escalation di violenza e attriti anche per il futuro.  
In realtà molte cose sono cambiate rispetto a trent’anni fa, il 
background sociale entro cui la vita, la protesta, l’elaborazione 
politico-culturale degli afroamericani prendono corpo ora sono 
profondamente mutati rispetto ad allora. E, salvo poche 
eccezioni (cui peraltro viene dato grande risalto dai media e 
attribuito elevato valore simbolico anche all’interno della 
comunità nera), quelle condizioni sono in generale peggiorate 
rispetto ai livelli raggiunti negli anni culminanti del movimento 
nero, tra la fine degli anni sessanta ed i primi anni settanta. 
  
3
L’obiettivo principale di questo lavoro non è l’analisi 
complessiva della storia dei neri in America, ma soltanto quello 
di prendere in considerazione una delle organizzazioni del 
movimento afroamericano che a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 ha 
tentato d’infondere una coscienza politica al proprio popolo, 
consapevole che l’alternativa al vuoto organizzativo sarebbe 
stata l’autodistruzione della propria comunità, in quanto corpus 
sociale distinto e avulso dai valori della società bianca. 
In effetti, il vuoto ideologico che si riscontra oggi nella società 
americana ha spinto i neri e le altre minoranze reiette a sfogare 
le frustrazioni sociali all’interno delle comunità-ghetto (rosse, 
nere o gialle che siano), dove droga, prostituzione, 
microcriminalità rappresentano l’economia dominante, ovvero, 
le briciole che cadono dalle tavole imbandite del capitalismo 
per tenere a bada i neri e per relegarli nel proprio micro-
universo “concentrazionario”, sorretto da un’economia 
sommersa e “parallela” a quella ufficiale.  
Naturalmente i media enfatizzano l’aspetto criminale della 
questione, non a caso, della rivolta di Los Angeles (fatto 
  
4
televisivo di prim’ordine) si sono viste molte sequenze di 
saccheggio, di vandalismo e di violenza. Anzi, la televisione ha 
sancito la “riproducibilità” degli eventi con il semplice 
ritrasmettere parossisticamente le stesse sequenze, per il gaudio 
dei pasdàran della coincidenza tra virtuale e reale. Ma non 
solo. Per esempio, nonostante la prevalenza numerica dei 
latinos nei disordini, nelle immagini più violente si sono visti 
quasi sempre afroamericani:  
 
«Per molti giorni la televisione ha parlato soltanto di “rivolta di South 
Central”, di “rabbia dei neri” e di Crips e Bloods
2
… Ma un’analisi dei 
primi 5000 arresti in tutta la città ha rivelato che il 52 per cento erano 
poveri latinos, il 10 per cento bianchi e solo il 38 per cento neri».
3
 
 
L’informazione ha come sua peculiare caratteristica quella di 
proiettare i valori della cultura dominante e di dare l’assalto alla 
notizia manipolando forme e contenuti degli eventi, il tutto per 
ridurre e stereotipizzare la complessità del reale, in modo da 
                                                           
2
 I Crips ed i Bloods sono le due gangs giovanili più famose della California. 
3
 Mike Davis, Città di Quarzo, Manifestolibri, Roma 1999, pag. 381. 
  
5
garantire una lettura tendenziosamente aprioristica di ciò che 
accade. 
Sta di fatto che gli Stati Uniti sono attraversati da una crisi 
sociale, politica e culturale gravissima, che la ripresa 
economica non risolverà, perché non si tratta semplicemente di 
assicurare qualche milione di posti di lavoro, ma di sovvertire 
un intero sistema che ha partorito un tessuto sociale sempre più 
polarizzato ed elitario. Se a questo si aggiunge che i dati 
sull’occupazione in America sono continuamente manipolati e 
interpretati “estensivamente” (una tendenza che purtroppo 
prende piede anche nella vecchia Europa), si può abbandonare 
l’ipotesi ottimistica della ripresa economica come deus ex 
machina per alleviare i conflitti, poiché lo sviluppo, pur 
essendo reale, riguarda solo determinate classi sociali già 
avvantaggiate dal sistema (non a caso Mike Davis definisce la 
rivolta di Los Angeles «una magica redistribuzione di 
ricchezza»).
4
  
                                                           
4
 M. Davis, Città…, pag.382. 
  
6
Un ceto dirigente politico ed economico minoritario, 
marginalizza e depreda un terzo della popolazione 
segregandone gran parte nelle riserve urbane e abbandonandolo 
a se stesso: permette la disoccupazione, la criminalità, la 
diffusione della droga; riduce l’assistenza ai poveri e aumenta 
costantemente gli organici della polizia (soprattutto per 
contenere i crimini fuori dei ghetti); rafforza le strutture 
repressive - le cosiddette “istituzioni totali”- e vi rinchiude gli 
appartenenti di tutte le minoranze.  
Tra questi elementi la diffusione della droga, soprattutto del 
crack (una “variante” della cocaina a basso costo), rappresenta 
l’arma più efficace per stordire letteralmente il popolo 
afroamericano e tenerlo lontano dalle rivendicazioni politiche. 
Si tratta di una forma avanzata di genocidio criminale e di una 
strategia di “avvelenamento” (descritta scientemente da Ho Chi 
Minh nel Il processo della colonizzazione francese), alla quale 
si aggiunge la beffa di una fittizia corsa delle autorità per 
debellare il fenomeno facendo pressione sugli “effetti” più che 
sulle cause:  
  
7
 
«Il fatto che gli afroamericani siano diventati bersaglio della 
“guerra contro la droga” e vengono essenzialmente condannati per 
questo problema, fa parte di una strategia per colpevolizzare le 
vittime in modo da allontanare i sospetti dai veri colpevoli: i 
fornitori e i membri del governo che tentano di disgregare le 
comunità minoritarie e forse perfino di distruggerle».
5
 
 
Del resto, è inutile ricordare che il traffico di droga è una delle 
attività capitalistiche più proficue, soprattutto se i proventi 
derivanti da queste attività servono per finanziare attività 
economiche “lecite”. Il connubio tra uomini d’affari e 
trafficanti di droga è estremamente saldo negli USA in virtù del 
comune denominatore che li affratella: l’effige immacolata del 
“Dio profitto”!  
Quest’imponente costruzione antisociale fatta di 
marginalizzazione e odio etnico non sarebbe tale senza 
l’apporto di un sistema giudiziario parziale e intimamente 
razzista:  
                                                           
5
 Robert Pac, Il libro nero del capitalismo, Tropea, Milano 1999, pag. 369. 
  
8
 
«Il pregiudizio razzista condiziona enormemente le corti 
statunitensi e fa riempire le celle della morte con neri che per la loro 
povertà non hanno potuto avere un processo equo con una difesa 
adeguata. Anzi, esiste un razzismo doppio contro chi è nero e 
povero, perché a un nero ricco è possibile trovare una via d’uscita 
pagandosi gli avvocati più prestigiosi e costosi».
6
     
  
I fatti di Los Angeles, come quelli d’ogni deflagrazione 
estemporanea, mostrano la verità su tutto ciò che nel quotidiano 
è occultato e represso, le vittime per un giorno diventano 
protagoniste grazie al “fuoco” della rivolta, anche se 
all’indomani tornano a tacere, sepolti dai sistemi paralleli della 
politica e dell’informazione, appannaggio del potere costituito. 
Proprio in questo vortice di discriminazione generalizzata 
s’inserì l’attività del Black Panther Party, tentando, con parziale 
successo, di portare lo scontro con l’America WASP su un 
livello più alto. La guerra alla struttura di potere razzista era 
giocata, armi alla mano, su un terreno di autorganizzazione 
                                                           
6
 Giovanni Senzani, Death Blossoms, Erre Emme, Roma 1999, pag.8. 
  
9
politica ed ideologica che allarmava il governo americano. Non 
si trattava semplicemente del pericolo “rosso” marxista-
leninista, al quale i Panthers si rifacevano in maniera 
eterodossa, - a causa dei filtri “terzomondisti” dai quali 
attingevano per le proprie analisi politiche - quanto piuttosto del 
timore che una minoranza oppressa trovasse dal suo seno la 
forza di ribellarsi e di proporre un modo di vita alternativo. 
Dove sarebbe finita l’american way of life dinanzi a queste 
tendenze socialisteggianti?  
Alla luce di tale virtualità sovversiva si può comprendere 
perché l’apparato repressivo statunitense si scagliò contro le 
Pantere nere con inusitata violenza. I Black Panthers andavano 
eliminati fisicamente, diffamati e umiliati perché il loro 
eretismo politico fosse consegnato alla pattumiera della storia. 
L’esistenza e la vita del Black Panther’s Party sarà sempre 
problematica come racconta Bobby Seale, Presidente del BPP:  
 
«L’ideologia del partito in movimento è la biografia dell’America 
oppressa, bianca e nera, che nessun articolo di giornale, nessun 
documentario televisivo, nessun libro o rivista ha ancora espresso. 
  
10
Per poterlo fare, questi organi d’informazione dovrebbero far 
conoscere alla gente cosa sta succedendo realmente, come sono 
andate le cose e in che modo stiamo lottando per la nostra libertà; 
prima che questo sistema di potere tenti, con i suoi porci, di 
uccidere altri di noi, o di fare altri prigionieri politici, nel suo 
prolungato sforzo di tenere i niggers
7
 al loro posto».
8
 
 
Purtroppo il FBI, la CIA
9
 e le varie polizie locali, grazie ad una 
persecuzione continua quanto efferata, riusciranno ad infiltrare 
l’organizzazione e a farla implodere diffondendo perpetui 
sospetti tra i militanti, logorati dal carcere prima e dalla vita in 
clandestinità poi.  
In questo surplus di colpevoli mancanze, si consumerà la carica 
rivoluzionaria dei leaders del BPP, la cui azione propulsiva 
perderà forza e coesione di fronte alla reazione che i servizi 
segreti americani opporranno alla ribellione. Eppure, già da 
                                                           
7
 Termine dispregiativo usato dai bianchi per indicare gli afroamericani, se usato tra 
neri assume un senso diverso, di solito amichevole o confidenziale. 
8
 Bobby Seale, Cogliere L’occasione! ,Einaudi, Torino 1971, pag. 11. 
9
 FBI: [Federal Bureau of Investigation]. CIA: [Central Intelligence Agency]  
  
11
allora, il trattamento “privilegiato” che il potere aveva riservato 
ai “sediziosi” di ogni epoca, era materia dei libri di storia (si 
pensi alla repressione violenta degli scioperi avvenuta all’inizio 
del ‘900 e alle vessazioni nei confronti del partito comunista 
PCUSA).  
Le Pantere nere, tuttavia, divennero in pochi anni la più famosa 
organizzazione rivoluzionaria degli afroamericani negli USA, 
grazie anche ai programmi di controinformazione governativa 
che, malgré leur, fecero di questi giovani in divisa nera, dei 
martiri e degli eroi. 
Passando da una piccola cellula organizzata a carattere locale 
ad Oakland, in California, le Pantere nere divennero ben presto 
un’organizzazione con diramazioni internazionali; furono 
consacrate come avanguardia dal movimento d’opposizione 
bianco e idolatrate dai giovani rivoluzionari. Tutto in loro 
sembrava portato all’estremo: troppo armati, troppo giovani, 
troppo arroganti, e troppo pronti a difendersi. Per questo le 
Pantere sono riuscite a catturare l’immaginario collettivo delle 
  
12
diverse generazioni ribelli di tutto il mondo, dal 1966, anno di 
fondazione del BPP, fino ai rappers dei nostri giorni.  
Come ha sostenuto Paolo Bertella Farnetti:  
 
«Il Black Panther Party è stato cancellato dalla repressione ma non 
rimosso dalla coscienza critica degli afroamericani. E il vuoto che 
essi hanno cercato di riempire, senza fortuna, rimane tuttora 
aperto».
10
 
                                                           
10
 Paolo Bertella Farnelli, Pantere nere, storia e mito del Black Panther Party, Shake 
Underground, Milano 1995, pag. IV. 
  
13
Capitolo I. 
Dai diritti civili al Black Power 
 
Nell’ottobre del 1966 Bobby Seale e Huey P. Newton 
s’incontrarono in un centro d’assistenza sociale nel ghetto di 
Oakland, California, per redigere il programma che avrebbe 
dovuto dar vita ad un nuovo soggetto politico: il Black Panther 
Party for Self-Defense. 
Il clima sociale era infervorato da una serie di avvenimenti, sia 
di natura sociale sia economica, che sarà necessario 
ripercorrere, almeno per comprendere le ragioni dell’estrema 
conflittualità che esaspererà tutti gli anni ‘60 e ‘70. 
 Nel 1965 era stato assassinato Malcolm X, presumibilmente da 
uno dei seguaci della setta islamica di Elijah Muhammad - che 
agì con la copertura della CIA - dalla quale Malcolm X si 
separò nel 1964. 
 
Malcolm X aveva esercitato una grande influenza su tutti 
quei giovani afroamericani critici verso il gran movimento 
  
14
riformatore che si era sviluppato nel sud degli Stati Uniti: il 
movimento per i diritti civili. 
Il leader della Nation of Islam aveva spesso stigmatizzato 
violentemente la strategia e la tattica del movimento che 
puntava all’integrazione degli afroamericani nella società 
americana utilizzando come metodo d’azione la nonviolenza. 
Nonostante queste perplessità, doveva riconoscersi al 
movimento per i diritti civili il merito di aver riaperto la 
questione irrisolta dei neri d’America ponendola al centro 
dell’attenzione nazionale e di aver risvegliato la coscienza 
politica di milioni d’afroamericani. 
Se Martin Luther King, leader di primo piano del movimento 
per i diritti civili, era convinto che l’America bianca avrebbe 
accettato quella rivoluzione pacifica, Malcolm X, invece, non 
solo era intimamente persuaso del contrario, ma riteneva 
addirittura infruttuosa la strategia perseguita.
11
 Come si poteva 
                                                           
11
 Malcolm X aveva più volte criticato questa metodologia di azione per il suo 
carattere rinuciatario, la via gradualista delle riforme era solo un escamotage per non 
risolvere la questione razziale negli USA: «Il gradualismo: riforme pacifiche, un 
pezzo adesso un pezzo fra dieci anni. Non libertà subito, ma libertà più tardi: il che, 
  
15
chiedere alla propria comunità di porgere “l’altra guancia” dopo 
quasi quattrocento anni di soprusi e di sfruttamento? Come 
potevano i giovani angariati tutti i giorni dalla polizia tollerare 
pacificamente quell’esercito di “occupazione” che violentava la 
loro dignità di esseri umani?  
Quest’atteggiamento di rinuncia era considerato da Malcolm X 
un tipico esempio di defezione alla “Zio Tom”
12
, la dottrina di 
King, anche se apparentemente ammantata di senso di 
responsabilità e di saggezza, aveva una base irrealistica e, 
secondo lo psicologo nero Kenneth. B. Clark, addirittura 
patologica:  
 
                                                                                                                                                                                                 
visti gli obiettivi dei neri oggi vuol dire libertà mai.» (G. Breitman, Malcolm X 
l’uomo e le idee, Erre emme, Roma 1992, pag.39.)  
12
 Questa espressione indicava l’atteggiamento di quei neri che vivevano imitando il 
comportamento dei loro padroni bianchi. Lo zio Tom è il protagonista del celebre 
romanzo di D. Beecher-Stowe simbolo dell’obbedienza dei neri. Nelle parole di Rap 
Brown: «Il razzismo si conferma sistematicamente quando lo schiavo riesce a 
liberarsi soltanto imitando il padrone: contraddicendo la sua stessa realtà». (Muori 
schifoso negro, muori! Longanesi, Milano 1969, pag.13.)