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Capitolo 1  
INTRODUZIONE 
L’ingegneria civile da sempre risponde positivamente alle nuove esigenze prestazionali 
di resistenza e durabilità di opere ed infrastrutture per mezzo dell’innovazione dei 
conglomerati cementizi classici, in modo tale da garantire elevate performance anche 
in condizioni ambientali critiche, in presenza di carichi dinamici e sollecitazioni a fatica.  
Nascono cosi materiali strutturali avanzati, quali vetri strutturali, schiume 
metalliche e polimeriche, calcestruzzi ad alte prestazioni e i calcestruzzi fibrorinforzati, 
impiegati sempre più frequentemente  in diverse tipologie di applicazioni nelle quali la 
funzione richiesta è prevalentemente esprimibile in termini di proprietà fisico-
meccaniche. Ciò nonostante, la scelta di nuovi materiali richiede un’attenta analisi 
delle loro caratteristiche e dei loro comportamenti, infatti solamente se la ricerca è in 
grado di fornire dati certi sulle loro proprietà fisico-meccaniche attraverso modelli 
matematici risulta possibile usufruire dei  vantaggi strutturali offerti dai nuovi materiali 
con un loro utilizzo sistematico nel processo di progettazione e costruzione. Ad oggi 
tuttavia le conoscenze nel settore non sono ancora completamente sviluppate. La 
ricerca pertanto è focalizzata sullo studio del comportamento dei materiali mediante 
prove sperimentali correlate da analisi teoriche.  
In particolare negli ultimi anni si è sviluppato un notevole interesse circa la 
resistenza a fatica di elementi strutturali costruiti in calcestruzzo, ed è tale che 
l’impiego dei materiali ad alta resistenza richieda che le strutture rispondano in modo 
adeguato se sottoposte ad alti livelli di sforzo da cui nasce lo studio sugli effetti di 
carichi ciclici nelle applicazioni più diffuse quali la realizzazione di pavimentazioni per
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P a g i n a | 5 
 
ponti, testate di scorrimento per gru, pavimentazioni industriali, gallerie, dighe e di 
elementi prefabbricati in cui è richiesta una elevata durabilità desta particolare 
attenzione. L’impiego, inoltre, di calcestruzzi precompressi con cui vengono realizzate 
traversine ferroviarie e pavimentazioni continue richiede prodotti con un’assicurata 
vita a fatica. Vi  sono, infine, nuovi studi che documentano che gli effetti dei carichi 
ripetuti sugli elementi strutturali, pur non provocandone una rottura per fatica, 
possono generare fratture in travi precompresse soggette anche a bassi livelli di carico, 
o più in generale variazioni della capacità portante dei materiali componenti le 
strutture stesse. 
In strutture armate convenzionali o in elementi soggetti a momenti flettenti, si 
può verificare la rottura per fatica, sia nell’acciaio teso, sia nella zona compressa di 
calcestruzzo. Tuttavia autostrade e pavimentazioni aeroportuali sono solitamente non 
armate, e in tali casi il calcestruzzo è chiamato a resistere anche a trazione per 
sollecitazioni flessionali. 
In questo studio si analizzano alcuni aspetti del comportamento dei calcestruzzi 
rinforzati con fibre d’acciaio. Tali materiali si sono sviluppati intorno agli anni sessanta 
per ottimizzare la risposta di un materiale fragile, quale il calcestruzzo al fine di 
aumentarne la tenacità per essere impiegato in modo particolare in strutture 
sollecitate fortemente a flessione, a taglio, agli urti ed all’usura beneficiando 
dell’inserimento nella matrice cementizia di un fibrorinforzo specie in fase post 
fessurativa dove le fibre grazie all’azione di cucitura delle fessure sono in grado di 
fornire una discreta resistenza residua a trazione al conglomerato fibrorinforzato. 
In letteratura è riconosciuto che l’aggiunta di fibre contribuisce anche al miglioramento 
della duttilità a fatica, della durabilità degli elementi strutturali e all'aumento di 
assorbimento di energia per ridurre i quantitativi di armature secondarie nelle opere 
civili, contestualmente alla progettazione in zona sismica dove i quantitativi di 
armatura richiesti sono piuttosto elevati.  
Nuove variabili entrano quindi in gioco nel modificare le diverse proprietà del 
materiale finale, infatti variando parametri come la forma, le dimensioni, la tipologia  e 
il contenuto percentuale di fibre, è possibile intervenire in modo radicale nel 
comportamento finale del conglomerato. Risulta cosi difficile descrivere in modo
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P a g i n a | 6 
 
sintetico le caratteristiche del materiale. A monte di tale processo di classificazione è 
necessaria una sperimentazione ad ampio spettro per interconnettere le prestazioni 
offerte dal conglomerato con le sollecitazioni cui è sottoposto, passando attraverso i 
parametri che definiscono la composizione dello stesso, in relazione al livello 
prestazionale che si deve mantenere nel tempo e in particolare in presenza di 
sollecitazioni ricorrenti. 
Il presente lavoro si colloca a capo di un programma sperimentale condotto presso 
l’Università degli Studi di Brescia, con l’intento di definire le prestazioni del 
calcestruzzo fibrorinforzato con fibre di acciaio (SFRC “Steel Fiber Reinforced 
concrete”) soggetto a carichi ciclici, avvalendosi di una campagna sperimentale basata 
sull’applicazione della  norma europea UNI EN 14651 che definisce le modalità delle 
prove “three point bending test” (3PBT) su travette intagliate. 
Il programma sperimentale è stato strutturato in 5 differenti fasi i cui obiettivi 
sono stati lo sviluppo di un “mix design” adeguato all’utilizzo di dosaggi di fibre pari a 
0,5% e 1% in volume (prima, seconda e terza fase) e la valutazione degli effetti di 
diverse storie di carico cicliche sul materiale utilizzato (terza, quarta e quinta fase). Le 
prime due fasi (denominate 1st e 2nd) sono state curate nella tesi del laureando 
Marco Pezzola (2010); la terza (3rd) è stata sviluppata nel lavoro di tesi di Mauro Arici 
(2010), la quarta fase (4th) condotta da Francesco Donarini (2010) si differenzia dalle 
precedenti per l’incremento del livello di carico. La quinta fase (5th) infine, è oggetto 
del presente lavoro e si caratterizza per il minor livello di carico agente sui provini di 
tutte le 5 fasi. In riferimento al materiale, è importante notare che ad ogni fase 
corrispondono prove su campioni rispettivamente di calcestruzzo bianco, 
fibrorinforzato allo 0,5% e 1% in percentuale di volume di fibre d’acciaio. In particolare, 
il presente studio si propone come proseguimento dei precedenti, al fine di valutare 
l’influenza che la variazione del livello di carico può avere sulle proprietà del materiale 
e in particolare sulla vita a fatica.  
Accanto ad una descrizione delle modalità di prova e dei principali risultati 
ottenuti nel presente lavoro, si è svolto un confronto con quando ottenuto nei 
precedenti studi e, data l’elevata dispersione dei risultati insita nelle prove cicliche si
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P a g i n a | 7 
 
sono tracciate le ben note curve di Wöhler (o S-N) avvalendosi anche dell’applicazione 
di concetti probabilistici.  
Come studio allo stadio iniziale, inoltre, si è applicata una tecnica fotografica 
(image analysis) per determinare il numero e l’orientamento delle fibre sulla sezione di 
frattura. 
La tesi è articolata in sette capitoli e due appendici, il cui contenuto è brevemente 
descritto nel seguito: 
 
nel Capitolo 2 viene descritto lo stato dell’arte relativo al calcestruzzo fibrorinforzato, 
al suo comportamento a fatica e viene presentata una rassegna delle prescrizioni e 
delle proprietà del materiale in funzione danneggiamento definite da alcune normative 
nazionali; 
nel Capitolo 3 vengono specificati i materiali impiegati nella ricerca sperimentale; 
nel Capitolo 4 vengono descritte le attrezzatura e le modalità di prova; 
nel Capitolo 5 si desumono i principali risultati sperimentali dalle prove statiche 
relative alla quinta fase, procedendo alla classificazione e all’analisi digitale delle 
sezioni di frattura; 
nel Capitolo 6 vengono confrontati i risultati sperimentali delle 5 fasi; 
nel Capitolo 7 vengono infine presentate le conclusioni del lavoro di tesi; 
in appendice A si illustrano i diagrammi relativi alle prove cicliche; 
in appendice B si riportano i risultati dell’image analysis.
___________________________________________________________CAP. 2 STATO DELL’ARTE 
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Capitolo 2 
STATO DELL’ ARTE 
2.1 INTRODUZIONE 
In questo capitolo si presentano le proprietà chimico fisiche dei materiali costituenti 
l’impasto cementizio con aggiunta fibrosa, chiarendo quale compito assolvono i 
diversi elementi presenti nel mix design e come interagiscono tra di loro nell’intento 
di migliorare le caratteristiche offerte dal materiale tradizionale.  A seguire sono 
presentate brevemente le principali prove svolte sul calcestruzzo in particolare per 
indagarne il comportamento a trazione. Viene infine svolta una rassegna di diverse 
normative nazioni, delle quali si analizzano le prescrizioni inerenti la variazione delle 
proprietà del calcestruzzo in funzione della vita del manufatto. 
 
2.2 CALCESTRUZZI FIBRORINFORZATI 
I calcestruzzi rinforzati con fibre di acciaio (SFRC; Steel Fiber Reinforced Concrete) sono 
costituiti da una matrice di cemento, aggregati e acqua nella quale vengono 
incorporate addizionalmente delle fibre di acciaio. 
L’aggiunta di fibre non condiziona la natura dei costituenti del calcestruzzo ma, 
diminuisce la lavorabilità dell’impasto. Questa può essere ristabilita attraverso l’utilizzo 
di additivi fluidificanti o superfluidificanti. Le proprietà dei SFRC dipendono in genere 
dalle proprietà dei singoli costituenti e dalle interazioni chimico-fisiche fra loro.
___________________________________________________________CAP. 2 STATO DELL’ARTE 
P a g i n a | 9  
 
Il comportamento meccanico del calcestruzzo fibrorinforzato (FRC) non dipende solo 
dalle fibre di rinforzo che vengono messe nel calcestruzzo, ma anche dall’ interazione 
tra fibre e calcestruzzo. Il fibrorinforzo si attiva solo dopo la formazione della fessura e 
le prestazioni del calcestruzzo fibrorinforzato dipendono dalle caratteristiche della 
fibra, dalla matrice cementizia e dalla loro interazione (Fig. 2.1). Il comportamento di 
questi materiali è caratterizzato dal diverso dosaggio di fibre. Bassi dosaggi di fibre non 
influenzano il carico di picco, ma hanno una certa influenza sulla duttilità. Alti dosaggi 
invece incrementano in modo significativo sia il carico di picco che la duttilità del 
calcestruzzo. 
 
Figura 2.1 -  Schema di un elemento in calcestruzzo rinforzato con fibre che attraversano i lembi 
della fessura (a) e interazione meccanica tra fibra e matrice durante l’estrazione (b). 
 
Nella composizione della miscela di un calcestruzzo fibrorinforzato si deve considerare, 
oltre al volume del cemento Vc, quello dell’acqua Vw, quello degli aggregati Vg e 
quello dei pori Vp, anche il volume delle fibre, il quale può essere calcolato, noto il 
peso e la densità del materiale che costituisce le fibre, con la seguente formula: 
f
p
f
F
V
 
Tutti assieme questi componenti formano il volume unitario.   
1     
f p g w c
V V V V V 
Ovvero la quantità di ciascun costituente da inserire nell’impasto è espressa in termini 
di frazione volumetrica percentuale (Vi), cioè rapporto tra il volume del singolo 
componente e quello totale del composto. 
La densità dei singoli costituenti permette di calcolare il contenuto in peso 
dell’impasto. 
Pi =ρi ∙Vol( i )
___________________________________________________________CAP. 2 STATO DELL’ARTE 
P a g i n a | 10  
 
2.2.1 IL CEMENTO 
Il cemento è un prodotto inorganico che mescolato con l’acqua, tramite il fenomeno 
dell’idratazione, diviene una massa di aspetto fluido che prima perde gradualmente la 
sua plasticità durante la presa ed infine diventa rigida durante l’indurimento. Il tipo di 
cemento da utilizzare è determinato sulla base della resistenza che si desidera 
ottenere, da aspetti di durabilità e dalla massima dissipazione di calore consentita. E’ 
raccomandabile nel caso di SFRC un aumento in peso di circa il 10% rispetto all’impasto 
senza fibre, per ricoprire una più ampia superficie introdotta sottoforma di fibre. In tal 
caso, il contenuto minimo di cemento non può essere inferiore a 300 kg/m
3
 e 
comunque deve soddisfare quanto prescritto dalla normativa ENV 206, in relazione alla 
classe di esposizione, come riportato nel paragrafo 6.2 della UNI 11039. 
 
2.2.2 L’ACQUA 
L’acqua utilizzata è la stessa utilizzata per calcestruzzi ordinari ed essa ha sia il compito 
di reagire con il cemento per assicurare una struttura legante capace di indurire e di 
“legare” tra loro gli inerti del calcestruzzo sia lo scopo di bagnare gli inerti, per 
assicurarne un buon legame con la pasta di cemento, e di consentire l’ottenimento di 
un conglomerato sufficientemente lavorabile. 
In presenza di rinforzo fibroso, rispetto ad un conglomerato senza fibre, è 
spesso necessario incrementare la quantità d’acqua, mantenendo costante il rapporto 
acqua-cemento (a/c), la quantità d’acqua così necessaria aumenta con l’aumentare del 
dosaggio di cemento. Per la completa idratazione si necessita di circa 23 litri ogni 100 
Kg di cemento (a/c = 0.23). In realtà, l’acqua va ad occupare lo spazio dei pori presenti 
quindi, affinché l’idratazione avvenga completamente, sono necessari circa 42 litri. 
Quantitativi superiori possono dare origine al fenomeno del bleeding (segregazione del 
calcestruzzo).E’ altresì importante la quantità d’acqua già presente del miscuglio di 
aggregati,è consigliabile che essi vengano impiegati in condizione satura e con 
superficie asciutta per non modificare il contenuto d’acqua del composto e quindi il 
rapporto acqua/cemento (a/c).
___________________________________________________________CAP. 2 STATO DELL’ARTE 
P a g i n a | 11  
 
2.2.3 GLI AGGREGATI 
L’introduzione delle fibre nel miscuglio cementizio comporta aggiustamenti nella 
distribuzione granulometrica degli aggregati. Innanzitutto per garantire una migliore 
miscelazione delle fibre è necessario limitare la dimensione massima dell’aggregato alla 
metà della lunghezza della fibra, 
ed aumentare la percentuale di 
aggregato fine (D
g
 < 2 mm.) in 
rapporto alla quantità totale di 
aggregati (Fig. 2.2). In questo 
modo si previene la formazione di 
zone deboli in cui vi è solo pasta di 
cemento, oppure altre in cui vi è 
accumulo di fibre (balling) e si 
favorisce la lavorabilità dell’impasto. 
L’introduzione di fibre inoltre, 
diminuisce la densità  di 
impaccamento e solo l’incremento di 
aggregato fine può permettere di 
ottenere una densità ottimale (Fig. 
2.3). A seconda del volume di fibre il 
rapporto tra l’aggregato fine e quello totale dovrebbe essere compreso tra il 40 e il 
60%. 
Pur essendo la resistenza meccanica la proprietà più importante del 
calcestruzzo, le caratteristiche meccaniche ed elastiche dell’aggregato, che costituisce 
circa i tre quarti in volume di conglomerato, sono molto raramente controllate per la 
difficoltà di ricavare un provino cubico o cilindrico nella roccia. D’altra parte, la 
resistenza meccanica del calcestruzzo, è molto più dipendente dal rapporto 
acqua/cemento della pasta che non dal tipo di roccia/minerale da cui l’aggregato viene 
ricavato.  
Figura 2.2 – Effetti delle dimensioni dell’aggregato 
max sulla randomizzazione della distribuzione e 
orientazione  delle fibre (Johnston, 1996). 
 
Figura 2.3 –  Effetti dell’aggiunta di fibre sulla 
densità di impiccamento (Bartos e Hoy, 1996).
___________________________________________________________CAP. 2 STATO DELL’ARTE 
P a g i n a | 12  
 
Per confezionare un calcestruzzo lavorabile con un dosaggio di cemento 
relativamente basso, è preferibile disporre di un aggregato ben assortito con i granuli 
di diverse dimensioni. E’ quindi consigliabile adottare una granulometria continua ed 
incrementare la frazione fine tenendo conto della quantità totale di aggregati. Volendo 
aumentare la lavorabilità si potrebbe ridurre il rapporto d’aspetto delle fibre (rapporto 
tra la lunghezza lf e il diametro equivalente df della fibra) e al tempo stesso aumentare 
il loro volume Vf, in modo da garantire la stessa duttilità ed evitare una diminuzione 
del carico ultimo che il conglomerato è in grado di sopportare. Nei calcestruzzi ordinari 
gli inerti di dimensione inferiore ai 5 mm occupano circa il 54% del volume totale del 
conglomerato (D.J. Hannant, 1978). Questa relazione deve determinarsi in maniera che 
il contenuto di acqua sia il minimo da permettere il raggiungimento della lavorabilità e 
resistenza desiderata (J.S.C.E. 1988). 
Non esiste una distribuzione granulometrica “ideale” che possa essere adottata 
per tutti i conglomerati in quanto le condizioni sperimentali nelle quali il miscuglio 
viene preparato possono variare entro limiti così ampi che di volta in volta è necessario 
scegliere la distribuzione granulometrica ottimale. Come si apprezza nella Figura 2.3, 
fissati il rapporto acqua-cemento, la dimensione massima degli aggregati, il tipo ed il 
volume delle fibre, esiste una relazione aggregati fini/aggregati grossi ottimale, ossia 
quella che proporziona la massima lavorabilità. 
Per una più precisa e completa caratterizzazione della granulometria di un 
aggregato, si ricorre solitamente alla rappresentazione grafica del passante cumulativo 
in funzione dell’apertura del setaccio, definendo così delle curve granulometriche. La 
rappresentazione grafica consente di rilevare, immediatamente, tutte le caratteristiche 
granulometriche dell’inerte: il diametro massimo (Dmax), quello più piccolo e 
soprattutto l’assortimento che è inversamente proporzionale alla pendenza della 
curva. 
Per determinare la migliore distribuzione granulometrica percentuale degli 
aggregati (p%), vale a dire in grado di ottenere la massima densità del conglomerato 
con il minimo dosaggio di cemento e la massima lavorabilità, si utilizza molto spesso la 
curva di Bolomey (Figura 2.4). Essa è funzione del diametro massimo dell’aggregato 
utilizzato (Dmax), della percentuale in peso di cemento rispetto a tutti i solidi presenti
___________________________________________________________CAP. 2 STATO DELL’ARTE 
P a g i n a | 13  
 
(C%), e di una costante “A” legata alla tipologia degli aggregati (tondeggianti o angolari) 
e alla consistenza del calcestruzzo fresco. 
 
Figura 2.4 - Influenza della relazione aggregati fini/aggregati grossi 
sulla lavorabilità di un SFRC (Kobayashi, 1983). 
 
 
Tabella 2.1 –Parametro A per determinare la curva granulometrica ottimale 
secondo Boolomey. 
Nota la quantità in peso degli aggregati per unità di volume d’impasto, la relazione di 
Bolomey è espressa dalla seguente equazione: 
 
dove: 
 p
%
 è la percentuale di aggregati passanti al setaccio di diametro nominale 
dnom 
 d
nom
 è il diametro nominale considerato per ciascuna pezzatura cioè per 
ogni intervallo di diametro dell’aggregato
___________________________________________________________CAP. 2 STATO DELL’ARTE 
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 D
max
 è il massimo diametro dell’aggregato utilizzato, che è bene non sia 
superiore al 20-25% dello spessore del calcestruzzo nella sezione minima 
 A è il parametro legato alla lavorabilità ed al tipo di aggregati 
 C
%
 è la percentuale del cemento rispetto al totale dei solidi presenti, e 
calcolabile secondo: 
 
 
 
Figura 2.5 - Esempio di curva granulometrica determinata utilizzando 
l’equazione di Bolomey. 
Con l’equazione di Bolomey è possibile, quindi, scegliere la distribuzione granulometrica 
ottimale in relazione al tipo di aggregato, al dosaggio di cemento, ed alla lavorabilità richiesta. 
 
2.2.4 GLI ADDITIVI 
Gli additivi sono prodotti che vengono aggiunti in piccole quantità per migliorare la 
lavorabilità ed altre proprietà del calcestruzzo. A seconda della loro funzione 
principale, gli additivi possono essere classificati in fluidificanti, superfluidificanti, 
aeranti, acceleranti, ritardanti, etc. 
Gli additivi non sono indispensabili per preparare un qualsiasi calcestruzzo, 
tuttavia, essi diventano un elemento essenziale per l’ottenimento del miglior 
calcestruzzo, dal punto di vista tecnologico, nelle condizioni economicamente più
___________________________________________________________CAP. 2 STATO DELL’ARTE 
P a g i n a | 15  
 
vantaggiose. Nel caso dei calcestruzzi fibrorinforzati, la presenza delle fibre - 
specialmente se il dosaggio è elevato - provoca una riduzione apprezzabile della 
lavorabilità, e pertanto, si rende necessario compensare questa riduzione con l’utilizzo 
di opportuni additivi chiamati fluidificanti. A parità di rapporto a/c essi permettono di 
ridurre l’acqua d’impasto a garantendo lavorabilità,e di natura tale da non ridurre né la 
durabilità del composto indurito, né la corrosione delle fibre. In linea di massima per 
distinguere tra le due categorie di additivo si può dire che, a parità di lavorabilità, 
l’additivo fluidificante consente una riduzione di circa il 5% nel rapporto a/c, mentre 
con il superfluidificante si arriva ad una riduzione che varia tra il 20% e il 40 %.In ogni 
caso, l’uso di superfluidificanti non permette di superare il volume massimo di fibre 
che può ammettere un determinato calcestruzzo. 
Oltre agli additivi suddetti, possono utilizzarsi additivi areanti che consentono la 
formazione di un sistema di microbolle d’aria omogeneamente disperse nel materiale 
al fine di migliorare il comportamento termico di questi calcestruzzi; additivi ritardanti 
per ridurre il calore di idratazione e consentire trasporti a lungo raggio; e additivi 
acceleranti quando si vuole raggiungere elevate resistenze iniziali come avviene, nelle 
applicazioni di calcestruzzo proiettato, in tunnel. 
L’utilizzo contemporaneo di due o più tipi di additivi implica la necessità di verificare 
sperimentalmente il suo comportamento. Tuttavia, l’utilizzo di forti dosaggi di additivo 
può causare un aumento della segregabilità del calcestruzzo, dal momento che solo la 
pasta si fluidifica e tende così a fuoriuscire dai grovigli di fibre e dai grossi aggregati, i 
quali rimangono molto rigidi. 
 
2.2.5 L’ARIA 
Nel confezionamento di un calcestruzzo è difficile ottenere una percentuale finale 
d’aria uguale a quella prevista nel mix design. Nel caso di SFRC è raccomandabile 
assumere un volume d’aria del 4÷5%. Tuttavia, anche in una composizione ben 
studiata, si ottengono valori del 1.5÷2%, in pratica vicini a quelli che si presentano nel 
calcestruzzo non fibrorinforzato.
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2.2.6 LE FIBRE 
L’aggiunta di fibre nel calcestruzzo ha molteplici scopi: 
- aumento della tenacità; 
- aumento della resistenza a fatica; 
- miglioramento della resistenza all’impatto ed all’abrasione; 
- riduzione della microfessurazione e degli effetti del ritiro; 
- miglioramento della resistenza al fuoco; 
 
Le fibre utilizzate per il rinforzo del 
calcestruzzo possono essere di varie 
forme e dimensioni (Fig. 2.6), 
prodotte per trafilatura o per 
fresatura. Possono avere una sezione 
circolare o rettangolare, mentre per 
quanto riguarda le fibre diritte si 
sono sviluppati diversi sistemi di ancoraggio, in modo da incrementarne la resistenza a 
estrazione. Il diametro delle fibre può variare da 0,15 a 1,5 mm, mentre la loro 
lunghezza può variare da 40 a 150 volte il loro diametro. Il rapporto tra lunghezza e 
diametro, chiamato rapporto d’aspetto, è un parametro molto importante per la 
progettazione del calcestruzzo fibrorinforzato. Per quanto riguarda la resistenza a 
trazione delle fibre, essa può variare da 400 a 1200 N/mm
2
. Anche se tali valori sono 
abbastanza elevati le fibre, nel calcestruzzo ad alta resistenza, a causa dell’alta 
aderenza tra fibra e matrice, si possono comunque rompere; per prevenirne la rottura 
si applicano fibre più corte in dosaggi maggiori. Il volume di fibre da aggiungere 
all’impasto può variare anche considerevolmente, in quanto esso dipende da vari 
fattori quali dimensione massima dell’aggregato, rapporto d’aspetto e tipo di fibra.
 
  
Per ottenere un materiale con buone prestazioni meccaniche l’ American 
Concrete Institute ha fornito dei valori massimi e minimi (in percentuale) dei vari 
componenti che costituiscono il calcestruzzo fibrorinforzato (tabella seguente). 
 
Figura 2.6 - Esempi di differenti tipi di fibre.
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P a g i n a | 17  
 
 
Tabella 2.2 – Linea direttiva ACI sui mix design del FRC (ACI Committee 544, 1993). 
Nella tabella non compaiono superfluidificanti, che però sono da ritenersi necessari 
nella composizione del calcestruzzo. 
Il primo elemento caratterizzante le fibre è il materiale che le costituisce, e 
sono raggruppabili in: 
- Fibre Metalliche (acciai al carbonio e legati); 
- Fibre Naturali (amianto, cellulosa, carbonio, cotone); 
- Fibre Sintetiche (nylon, polipropilene). 
Le fibre metalliche sono le uniche a poter essere sagomate a piacere, per 
ottimizzare le prestazioni meccaniche, in quanto questo è l’unico materiale tra quelli 
considerati che può essere modellato. Le fibre utilizzate in questo studio delle 
prestazioni del calcestruzzo fibrorinforzato sono in acciaio e per tale motivo, d’ora in 
poi, quando si parlerà di fibre, si farà riferimento a questa tipologia. 
La norma UNI 11037/03 definisce le fibre di acciaio come segue: 
“Prodotto di acciaio caratterizzato geometricamente da una dimensione prevalente 
rispetto alle altre, avente superficie liscia o lavorata e forma rettilinea o 
sagomata,impiegato come rinforzo nel conglomerato cementizio, in grado di essere 
disperso omogeneamente nell'impasto, mantenendo inalterate le caratteristiche 
geometriche”. 
La suddetta norma inoltre specifica che le fibre metalliche possono essere 
fornite con rivestimento superficiale di zinco. Di fatto la fibra standard di riferimento 
nel panorama italiano ed europeo delle fibre metalliche è quella a basso contenuto di 
carbonio.
___________________________________________________________CAP. 2 STATO DELL’ARTE 
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Le fibre di acciaio possono essere classificate in base al processo di produzione, alla 
forma ed al tipo di materiale: 
Processo produttivo: - Tipo A: da filo trafilato; 
- Tipo B: da lamiera tagliata; 
- Tipo C: da altre fabbricazioni. 
Materiale: - Tipo 1: di acciaio a basso contenuto di carbonio (C ≤ 0.20); 
- Tipo 2: di acciaio ad alto contenuto di carbonio (C > 0.20); 
- Tipo 3: di acciaio inox; 
Forma: - Rettilinee; 
- Sagomate (uncinate, ondulate, etc.). 
 
Tabella  2.3 - Classificazione fibre di acciaio 
Le fibre vengono caratterizzate, inoltre, da alcuni parametri, in particolare: 
-Lunghezza della fibra lf : La lunghezza della fibra, lf, è la distanza tra le estremità 
della fibra. Le fibre di acciaio hanno una lunghezza, lf, compresa generalmente tra 6 
mm e 70 mm. La lunghezza in sviluppo della fibra, ld, è la lunghezza della linea d’asse 
della fibra. 
- Diametro equivalente della fibra df: Il diametro equivalente, df è il diametro di 
un cerchio con area uguale all’area media della sezione trasversale della fibra.Per 
sezioni circolari, il diametro equivalente delle fibre deve essere misurato, in due 
direzioni approssimativamente tra loro ortogonali. Il diametro equivalente è fornito 
dalla media dei due diametri. 
- Rapporto d’aspetto = lf / df : definito come quoziente tra la lunghezza, lf e il 
diametro equivalente, df  della fibra. Tale parametro varia in funzione dell’applicazione 
cui è destinata la fibra, ma si può affermare che, in linea generale, più elevato risulta 
essere questo rapporto e migliore è la risposta alle sollecitazioni meccaniche cui è 
sottoposto il calcestruzzo fibrorinforzato. Tuttavia un aumento eccessivo del rapporto