3
Il secondo capitolo si concentra su un’altra caratteristica di Trainspotting, ovvero la 
presenza di vari narratori (uno esterno e gli altri interni alla narrazione), che si alternano 
nel corso del libro. Ho sottolineato come, il fatto che ci siano diverse voci, implichi 
anche la presenza di vari stili (uno per ogni narratore), riconoscibili grazie a delle 
peculiarità linguistiche ed extralinguistiche che li contraddistinguono. Ho quindi 
analizzato gli stili di quattro dei narratori interni, che sono anche i personaggi principali 
del romanzo, evidenziando quali siano le loro caratteristiche distintive, sia quelle più 
evidenti che quelle apparentemente poco significative. Ho inoltre messo in relazione 
queste particolarità dell’idioletto di ognuno dei personaggi con il loro modo di essere e 
di pensare, col loro carattere e comportamento. 
Il terzo e ultimo capitolo tratta due temi strettamente collegati tra loro: la presentazione 
di pensieri e parole e il punto di vista. Il primo elemento è infatti uno strumento 
fondamentale per manipolare il punto di vista, per mostrare le cose da una certa 
angolazione e passare ad esempio da una narrazione esterna ad una che riflette il modo 
di vedere di un certo personaggio. In un primo momento ho preso in considerazione le 
varie forme di speech and thought presentation, mostrando come siano utilizzate in 
Trainspotting e quale sia la loro funzione all’interno della narrazione. Ho poi analizzato 
un estratto del libro in cui il narratore esterno, usando varie categorie di presentazione, 
ci pone davanti ai pensieri di un personaggio, mostrandoci il suo punto di vista. Ho 
esaminato in seguito il modo in cui in alcune situazioni si susseguono i punti di vista di 
diversi personaggi su uno stesso fatto, dando vita ad una focalizzazione interna 
multipla. Infine, ho analizzato una particolare forma di presentazione dei pensieri del 
personaggio, il flusso di coscienza o monologo interiore; e ho seguito il passaggio da  
un’idea all’altra in questo flusso, cercando di ricostruire il filo conduttore di una 
concatenazione apparentemente casuale e incoerente.      
 
 4
 
 
Capitolo 1 
 
Lo scozzese in Trainspotting 
 
La caratteristica principale della lingua di Trainspotting è l’uso dello scozzese. Più 
precisamente, le parole sono scritte così come sarebbero pronunciate nella lingua 
parlata: spesso l’ortografia viene manipolata dall’autore in modo da richiamare 
l’accento di Edimburgo. Utilizzando uno spelling non standard, Irvine Welsh evoca 
quindi attraverso il sistema di scrittura un particolare modo di parlare. Ma poiché, come 
sostengono Leech e Short, non c’è una precisa corrispondenza tra grafologia e 
fonologia
1
, l’autore non rappresenta effettivamente lo "speech style" dei personaggi; le 
convenzioni grafologiche sono usate  in modo "impressionistico", suggerendo “che 
genere di pronuncia un lettore dovrebbe adottare nella lettura a voce alta”
2
. Per dare 
un’accurata rappresentazione della pronuncia dei personaggi, infatti, bisognerebbe usare 
un alfabeto fonetico; ma poiché lo scopo dello scrittore è che la sua opera possa essere 
letta e capita da non adepti, la soluzione adottata da Welsh è efficace e riesce a rendere 
l’idea dell’accento dei personaggi del libro. 
 Ma la presenza del dialetto nella lingua del libro non è limitata all’accento (termine che 
si riferisce “solo al sistema di pronuncia che un parlante usa”
3
): anche la grammatica e il 
vocabolario spesso deviano dall’inglese standard. 
                                                 
1
 Geoffrey N. Leech, Michael H. Short, Style in fiction, Longman, London, 1995, p. 132. 
2
 Ibid. (traduzione mia). 
3
 Dennis Freeborn, Peter French, David Langford, Varieties of English, Macmillan education Ltd, 
London, 1986, p. 64 (traduzione mia). 
 5
Il fatto che i personaggi di Trainspotting parlino in scozzese non è solo una scelta 
linguistica, ma ha anche una valenza socio-politica: è proprio la lingua che parlano a 
rappresentare il più chiaro segno di appartenenza a un gruppo, a farli sentire uniti tra 
loro e allo stesso tempo diversi da chi non usa il loro stesso codice. Così anche le 
differenze, all’interno dello stesso scozzese, tra l’accento di Edimburgo e quello di 
Glasgow, sono messe in evidenza e diventano il simbolo degli scontri tra le due città. Lo 
stesso vale per le diverse varietà di inglese con cui per vari motivi i protagonisti 
vengono a contatto. C’è il cockney dei londinesi, l’inglese parlato da due ragazze 
canadesi incontrate in treno, lo Standard English del giudice al processo di due dei 
personaggi etc. Ciò che caratterizza il rapporto di tutte queste varietà con lo scozzese, è 
che è sempre quest’ultimo ad essere presentato nel romanzo come lo "standard", la 
norma rispetto alla quale ogni altra varietà è "deviante". 
Questo "sovvertimento" dell’usuale relazione tra il dialetto e l’inglese standard mette in 
evidenza il fatto che in realtà anche quest’ultimo non è che un dialetto tra tanti. 
Come spiegano Freeborn, French e Langford, infatti, “la lingua inglese consiste 
nell’insieme di tutti i suoi dialetti, non di un’unica versione corretta e di un certo 
numero di varietà substandard” .
4
 Il fatto che lo Standard English, diffondendosi come 
la varietà "istruita" dell’inglese, abbia perso lo status di dialetto regionale, ha fatto sì che 
le altre varietà fossero viste come versioni imperfette dell’inglese. Lo stesso vale per gli 
accenti diversi dalla cosiddetta Received Pronunciation (RP), considerata superiore agli 
altri accenti, o addirittura ritenuta “l’inglese parlato senza accento”
5
. Ma anche in questo 
caso la verità è che l’RP è un accento come gli altri, e il fatto che esso, come lo 
Standard English, sia considerato superiore, non ha motivazioni linguistiche, ma 
esclusivamente  socio-politiche. I parlanti di RP (che costituiscono un’esigua minoranza 
della popolazione) sono infatti  “in cima alla scala sociale, e la loro parlata non dà indizi 
                                                 
4
 Freeborn, French, Langford, Varieties of English, p. 41 (traduzione mia). 
5
 Freeborn, French, Langford, Varieties of English, p. 19 (traduzione mia). 
 6
sulla loro origine regionale”
6
. Al contrario, chi parla con un marcato accento regionale, 
appartiene di solito alle classi sociali inferiori. Esiste quindi uno stretto rapporto tra 
classe sociale e accento, e questo rapporto è rispecchiato chiaramente in Trainspotting. 
Infatti, all’interno del libro, i personaggi che sono più in alto nella scala sociale  
(medici, giudici, manager…) sono gli unici a parlare correntemente in inglese standard. 
Ma poiché in questo caso la norma è lo scozzese, questi personaggi sono di solito 
guardati con sospetto e anche con ironia dai protagonisti del libro, ragazzi che vivono 
nei sobborghi di Edimburgo e appartengono alla working-class. 
 
1.1 Analisi dell’apertura di Trainspotting 
L’uso dello scozzese e dello slang rende la lettura di Trainspotting estremamente 
impegnativa, almeno inizialmente. Il libro comincia in medias res e l’impatto con il 
mondo e con il linguaggio dei suoi protagonisti è brusco. Un’analisi della prima pagina 
del testo metterà in evidenza quali sono le difficoltà che il testo presenta e quali  le sue 
principali caratteristiche linguistiche. Il libro si apre così: 
 
The sweat wis lashing oafay Sick Boy; he wis trembling. Ah wis jist sitting 
thair, focusing oan the telly, tryin no tae notice the cunt. He wis bringing me 
doon. Ah tried tae keep ma attention oan the Jean-Claude Van Damme 
video. 
As happens in such movies, they started oaf wi an obligatory dramatic 
opening. Then the next phase ay the picture involved building up the tension 
through introducing the dastardly villain and sticking the weak plot 
thegither. Any minute now though, auld Jean-Claude’s ready tae git doon 
tae some serious swedgin. 
                                                 
6
 Arthur Hughes, Peter Trudgill, English accents and dialects, Edward Arnold, London, 1979, p. 6 
(traduzione mia). 
 7
— Rents. Ah’ve goat tae see Mother Superior, Sick Boy gasped, shaking his 
heid. 
― Aw, ah sais. Ah wanted the radge tae jist fuck off ootay ma visage, tae go 
oan his ain, n jist leave us wi Jean-Claude. Oan the other hand, ah’d be 
gitting sick tae before long, and if that cunt went n scored, he’d haud oot oan 
us. They call um Sick Boy, no because he’s eywis sick wi junk withdrawal, 
but because he’s just one sick cunt.  
  ― Let’s fuckin go, he snapped desperately. 
 ― Haud oan a second. Ah wanted tae see Jean-Claude smash up this 
arrogant fucker. If we went now, ah wouldnae git tae watch it. Ah’d be too 
fucked by the time we goat back, and in any case it wid probably be a few 
days later. That meant ah’d git hit fir fuckin back charges fi the shoap oan a 
video ah hudnae even goat a deek at. 
                                                                                       [Trainspotting, pp.3-4] 
 
La prima cosa che si nota è lo spelling delle parole, che come ho già detto è manipolato 
per ricreare l’accento di Edimburgo. Questo è chiaro soprattutto per quanto riguarda le 
preposizioni, che sono gli elementi il cui spelling è alterato in modo  più consistente. 
Così troviamo oan al posto di "on", oaf  per "off" (che però in fuck off ha lo spelling 
normale), e ay che corrisponde a "of". Wi è invece la forma scozzese di "with" e fir 
quella di "for", mentre fi, col significato di "from", nel corso del libro si alterna con 
un’altra forma: fae. Quando si susseguono due preposizioni, queste si uniscono 
formando un’unica parola, come accade in oafay ("off of"); e lo stesso succede (anche 
se non in tutti i casi) quando è un avverbio ad essere seguito da una preposizione (come 
in ootay, ovvero "out of"). 
 8
Anche gli avverbi hanno spesso uno spelling modificato: doon ("down") e oot ("out") 
sono un esempio del fatto che spesso, laddove la Received Pronunciation  ha il suono 
/au/, lo scozzese ha invece /u/, reso nella letteratura dialettale con la doppia /o/.
7
Altri 
avverbi che presentano una grafia anomala sono thair per "there", thegither invece che 
"together" e eywis al posto di "always". 
Per quanto riguarda i pronomi personali, ah è la forma scozzese di "I" e l’accusativo um 
corrisponde a "him", ma "he", "us", "it" e "they" mantengono il normale spelling. 
Tra i verbi, "to get" (che è il verbo più usato in questo estratto), assume a seconda del 
tempo che esprime, le forme di git ("get"), gitting (per "getting"), e goat (che 
corrisponde all’inglese "got"). Wid è invece lo spelling usato per "would", che però 
troviamo nella sua forma standard nel negativo wouldnae (dove nae corrisponde a "no", 
e in cui si può notare ancora una volta la fusione di due parole, così come accade anche 
in hudnae, ovvero "hadn’t"). Sempre per ciò che concerne i verbi, wis corrisponde a 
"was" e sais a "says", mentre hauld equivale a "hold". Si può inoltre notare la grafia del 
gerundio tryin senza la g finale, forma tipica del parlato: insieme a fuckin questa è 
l’unica, tra le numerose forme in –ing presenti nel testo, ad avere questa particolarità. 
Le restanti parole con uno spelling particolare sono: jist al posto di "just", tae che 
corrisponde sia a "to" che a "too", l’aggettivo possessivo ma per "my", il sostantivo heid 
che sta per  "head", auld  che equivale a "old", ain per "own", shoap per "shop", e infine 
la congiunzione n, ovvero "and". 
Ma anche se la deviazione dal normale spelling delle parole è l’elemento più 
appariscente della "stranezza" della lingua in cui è scritto Trainspotting, ci sono altre 
norme che vengono violate dal narratore scozzese. 
A livello grammaticale, la prima deviazione che si nota è l’uso di no (che diventa nae 
quando è enclitico, come in wouldnae e hudnae) invece che di "not" come forma 
                                                 
7
 Hughes, Trudgill, English accents and dialects, p. 71. 
 9
negativa. Si tratta di una tipica costruzione dei dialetti scozzesi
8
, così com’è proprio 
dello scozzese l’uso della desinenza –s in tutte le persone e i numeri del verbo quando 
questo si riferisce ad una narrazione
9
. Questo spiega la forma ah sais, che compare 
regolarmente nel libro. Un’altra deviazione grammaticale è l’uso del pronome personale 
di seconda persona plurale us, qui utilizzato dal narratore per riferirsi a sé stesso, al 
posto di "me". Hughes e Trudgill spiegano che quest’impiego di "us" è uno dei casi in 
cui “è difficile distinguere tra le caratteristiche dello stile colloquiale e quelle dei dialetti 
non standard”
10
. 
A parte questi tre casi in cui è chiara la differenza con le norme dello Standard English, 
si può dire che l’uso dei verbi è comunque spesso non convenzionale. Innanzitutto, nelle 
prime tre frasi, si nota l’insistenza sull’aspetto progressivo dei fatti: il tempo verbale 
utilizzato è il past continuous, che sembra creare un ritmo lento, un tempo in cui non c’è 
azione, ma sta per succedere qualcosa da un momento all’altro. La costruzione di queste 
prime frasi è parallela: sono tutte formate da un soggetto seguito dal verbo al past 
continuous, con o senza un complemento o un avverbio. È significativo il fatto che il 
primo soggetto non sia uno dei personaggi, anzi che non si tratti affatto di un essere 
animato, ma di the sweat, il sudore che scorre sul corpo di Sick Boy senza che lui si 
possa opporre (il verbo transitivo "to lash" ha una connotazione di violenza e di forza), 
come se fosse proprio the sweat l’attore di un processo materiale (rappresentato dal 
verbo was lashing oafay) in cui Sick Boy non è altro che il fine
11
. Nella seconda parte 
della sentence, che consiste in una clause parallela alla prima, ma più breve in quanto 
composta solo da soggetto e verbo, Sick Boy (a cui il narratore si riferisce 
                                                 
8
 Hughes, Trudgill, English accents and dialects, p. 14. 
9
 Caroline Macafee, Characteristics of non-standard grammar in Scotland, in 
http://www.abdn.ac.uk/~enl038/grammar.htm.    
10
 Hughes, Trudgill, English accents and dialects, p. 20 (traduzione mia). 
11
 Ho adottato qui la terminologia del modello transitivo di Halliday, e più precisamente quella che si 
riferisce ai processi materiali. In questo tipo di processi  (processi del fare), il ruolo dell’attore 
corrisponde a chi compie il processo espresso dalla frase, il processo è l’azione e il fine “rappresenta la 
persona o l’entità su cui il processo agisce”. Paul Simpson, language,ideology and point of view, 
Routledge,London, 1993, p. 89 (traduzione mia).