iv
Nel terzo capitolo vengono messe a confronto le concezioni della 
Storia sostenute dai due autori, e il modo in cui questi diversi punti di vista 
si riflettono nelle opere prese in esame. In entrambi i casi l’analisi parte 
dalla lettura di due testi che fungono da complemento teorico ai romanzi in 
questione: l’articolo “O literature, revoljucii, entropii, i pr.” (1924) di 
Zamjatin, e il trattato Kratkij kurs ekonomičeskoj nauki (1897) di Bogdanov. 
Il primo non fa che confermare l’idea, già espost  in My, di una Storia 
ciclica, in cui il nuovo continua a sostituirsi al vecchio in una continua 
alternanza di rivoluzioni e fasi entropiche della quale non è possibile 
conoscere gli esiti poiché nullaè definitivo. Il secondo funge da modello per 
la società descritta da Bogdanov, e presenta una visione decisamente 
finalistica. Per Bogdanov la Storia è un percorso evolutivo lineare il cui 
sbocco inevitabile è la nascita del socialismo, l’ideale verso il quale tende 
ogni cosa, anche qualora i fatti sembrino muovere in direzione opposta. 
Nell’u timo capitolo abbiamo fatto un’analisi con rastiva dei due 
romanzi in base all’ide  di mito del progresso che caratterizza entrambi i 
testi (anche se in modo differente) e che trova la sua realizzazione nel 
taylorismo. L’atteggiamento dei due autori di fronte a questo fenomeno 
appare profondamente diverso, tanto da diventare un modello di armonia e 
unità nell’utopia di Bogdanov, e un meccanismo disumano e massificante 
nell’antiutopia di Zamjatin. 
Le conclusioni vogliono essere un tentativo di ripercorre il filo che 
collega le diverse parti dell’elabora o, a  quale si aggiungono riflessioni 
personali nate nel corso del lavoro di analisi e confronto. 
Le citazioni vengono riportate in lingua originale e, solo nel caso 
della lingua russa, viene fornita una nostra traduzione in nota; le eventuali 
edizioni italiane delle opere citate vengono riportate in bibliografia. 
 
v
Abstract 
 
 
This paper deals  with the comparison between A. I. Zamjatin’s 
antiutopia, My (1920-21), and A. A. Bogdanov-Malinovskij’s utopia, 
Krasnaja zvezda (1908). The two authors lived approximately at the same 
time, and shared several similar experiences, which, however, they faced 
separately. Nevertheless, their works differ in many ways: narrative 
structure, theoretical premises, historical context, aims.  
The paper is divided into four chapters plus a short concluding 
section. In the first chapter, the two authors and their literary production are 
introduced. In particular, one paragraph is devoted to the “odyssey” which 
preceded the late Soviet edition of Zamjatin’s novel, i  1988. 
The second chapter begins with an excursu running through the 
development of the utopian tradition both in Europe and in Russia, and 
trying to highlight the path which links Thomas Moore’s Utiop a to the 
antiutopias of Huxley and Orwell, passing through Krasnaja zvezd and My. 
As a second step, we have tried to point out which elements from the typical 
utopian paradigm appear in Bogdanov’s novel, and in what ways it differs 
from previous utopias. The same analysis was then carried out for 
Zamjatin’s novel in order to give an example of how antiutopias are built 
reversing utopian stereotypes. 
In the third chapter we compare the authors’ interpretation of 
History, and how these views influenced the works examined. In both cases, 
we started our analysis by reading two texts which complete the theoretical 
basis of the novels: Zamjatin’s paper “O literature, revoljucii, entropii i pr.” 
(1924) and Bogdanov’s Kratkij kurs ekonomičeskoj nauki (1897). The 
former contains the idea of a cyclical History, based on a continuous 
alternation of revolutions and entropy. The latter suggests a finalistic 
conception, according to which History is but an evolution towards 
socialism, the only possible end. 
Finally, in the fourth chapter we compared the two novels  according 
to the concept of “myth progress”, which pervades both texts (even if in 
 
vi
two different ways) and finds its main expression in taylorism. The authors’ 
attitude towards this phoenomenum is so different that, in Bogdanov’s 
utopia, taylorism became a model of harmony and unity, while in 
Zamjatin’s a tiutopia it is an inhuman mechanism.  
In the concluding section we try to go over again the thread linking 
the different parts of this thesis, and add some personal thoughts suggested 
by the type of analysis. 
Quotations are in the original language; footnotes contain my 
translation for quotations in Russian. Information concerning Italian editions 
of the works cited are to be found in the bibliography. 
 
 
 
 
vii
Rejùme 
 
 
V nastoyqew rabote sopostavlyùtsy roman-antiutopiy E. I. 
Jamytina, M\ (1920-21), i utopiy A. A. Bogdanova-Malinovskogo, 
Krasnay jvejda (1908). U avtorov sxodnay biografiy: oni oba stali 
literatorami vopreki svoemu naucnomu obrajovaniù, ix 
neodnokratno arestovivali ili ss\lali ij-ja ix politiceskix 
vjglydov. Tem ne menee, roman\, kotor\e m\ v\brali dly nahego 
analija, _ ocenì rajn\e, oni rajlicaùtsy ne tolìko strukturow, 
no i teoreticeskimi predpos\lkami i zelìù. 
Diplomnay rabota sostoit ij cet\rèx castew i kratkogo 
jaklùceniy. V pervow casti predlagaetsy kratkiw objor òijni i 
tvorcestva Jamytina i Bogdanova. Vtoray castì àtow glav\ 
posvyqena istorii publikazii romana M\, kotor\w poyvilsy v 
Sovetskom Soùje tolìko v 1988 g. 
Vtoray castì posvyqena istorii rajvitiy utopiceskow 
tradizii v Evrope i v Rossii. Takim obrajom, stanovytsy ysnee te 
xarakteristiki, kotor\e separiruùt i sbliòaùt utopiù T. Mora, 
Krasnay jvejda, i roman M\, kotor\w scitaetsy proobrajom 
sovremenn\x antiutopiw Xaksli i Oruella. 
V tretìew casti obsuòdaùtsy rajlicn\e interpretazii 
Istorii, kotor\e otraòaùtsy v analijirovann\x tvorcestvax. 
Okajalosì ocenì polejn\m ctenie statìi <O literature, revolùzii, 
àntropii i procem> (1924) Jamytina, i traktata Kratkiw kurs 
àkonomiceskow nauki (1897) Bogdanova. Statìy podtveròdaet takoe 
ponimanie Istorii, kotorow uòe ijlagalosì Jamytin\m v romane: 
Istoriy, _ àto postoynnoe ceredovanie revolùzii i àntropii, bej 
predelennow zeli. Bogdanov, naoborot, dumaet, cto Istoriy, _ àto 
àvolùziy k sozialijmu, kotor\w yvlyetsy edinstvennow neijbeònow 
zelìù. 
V poslednew glave rabot\ m\ sopostavlyem dva romana v 
svyji s mifom progressa, kotor\w pronij\vaet oba teksta, i 
kotor\w osuqestvlyetsy v tàwlorijme. Otnohenie avtorov k àtomu 
yvleniù nastolìko rajnoe, cto v utopii Bogdanova ono stalo 
 
viii
modelìù garmonii i edinstva, v to vremy kak v antiutopii 
Jamytina ono predstaèt bescelovecn\w i niveliruùqiw mexanijm. 
V jaklùcenii m\ postaralisì kratko soedinitì rajn\e casti 
rabot\, i predloòili nekotor\e licn\e rajm\hleniy vojnikhie v 
tecenie analija. 
Zitat\, kak pravilo, privodytsy na yj\ke originala; perevod 
zitat na italìynskom yj\ke daetsy v snoskax. 
 1
Capitolo 1 
 
NOTA BIOGRAFICA E BIBLIOGRAFIA 
 
 
1.1. E. I. Zamjatin: vita e opere 
 
Evegenij Ivanovič Zamjatin nacque il 20 gennaio (1 febbraio) 1884 a 
Lebedjan’, nel governorato di Tambov.
 
Benché avesse dimostrato grande 
talento per la scrittura già nel corso degli studi superiori, nel 1902 si iscrisse 
alla facoltà di ingegneria navale dell’Istituto Politecnico di San Pietroburgo, 
sfidando la sua scarsa inclinazione per le scienze matematiche. Nel 1905, 
rientrato a San Pietroburgo da uno dei suoi numerosi viaggi di praticantato, 
abbracciò con entusiasmo gli ideali rivoluzionari e divenne membro del 
partito bolscevico, poiché, come scrisse in un’autobiografia datata 1929, “v 
te god\ b\tì bolìhevikom _ jnacilo itti po linii naibolìhego 
soprotivleniy”
1
 (Zamjatin 1929: 12). Sempre nel 1905 fu arrestato e 
allontanato dalla città, dove tornò poco tempo dopo senza permesso di 
soggiorno; qui, eludendo i controlli dell’autorità zarista, non solo concluse 
gli studi di ingegneria navale nel 1908, ma ottenne addirittura una cattedra 
presso il Politecnico della capitale. Da allora Zamjatin, ancora in 
semiclandestinità, alternò le professioni di ingegnere e docente universitario 
all’attività letteraria. 
Nel novembre del 1908 la rivista «Obrazovanie» pubblicò Odin 
(Uno), il suo primo racconto ispirato al periodo trascorso in carcere, cui 
seguì, due anni dopo, un secondo racconto, Devuška (La fanciulla), simile al 
precedente per il tema trattato e il tono melodrammatico. Il successo arrivò 
nel 1913, quando la rivista «Zavety», nata in seno all’omonimo gruppo 
letterario capeggiato da A. M. Remizov
2
 e M. Privšin
3
, pubblicò il racconto 
                                                
1
«In quegli anni essere bolscevico significava seguire la linea della massima opposizione». 
Per le citazioni in lingua russa ho scelto di fornire traduzioni mie anche qualora fosse 
disponibile una versione italiana delle opere in questione; gli estremi delle eventuali 
edizioni italiane sono riportati in bibliografia.  
2
 Aleksej Michajlovič REMIZOV (1877-1957). Scrittore. Rinnovatore del romanzo, accolse 
l’esperienza del simbolismo e del decadentismo, applicandola alla tradizione narrativa 
 2
Uezdnoe (Provincia)
4
. Scritto durante il secondo esilio, iniziato nel 1911, 
quando la sua presenza clandestina nella capitale fu scoperta, il racconto 
presentava un’immagine tutt’altro che idealizzata della provincia russa, in 
cui il protagonista, un uomo privo di qualità, raggiunge comunque un certo 
prestigio sociale perpetrando violenze, tradimenti e altre efferatezze. In 
quelle pagine si stavano già delineando alcuni dei tratti tipici dello stile di 
Zamjatin, riguardanti soprattutto la costruzione dei personaggi, basata su 
pochi elementi essenziali, e la tecnica narrativa, vicina a quella delle opere 
degli stessi Remizov e Privšin, i quali a loro volta tramandavano la 
tradizione di Gogol’
5
 e Lesk v
6
.  
Nel 1913, rientrato per la seconda volta a San Pietroburgo in seguito 
ad un’amnistia generale concessa in occasione dei 300 anni della famiglia 
Romanov, Zamjatin fu presto costretto ad allontanarsi nuovamente dalla 
capitale per motivi di salute. Durante il soggiorno a Nikolaev continuò 
comunque ad alternare l’attività di ingegnere a quella letteraria e, nel 1914, 
fu pubblicato il racconto Tri dnja (I tre giorni). Il titolo alludeva 
all’ammutinamento della corazzata Potëmkin, avvenuto nell’estate del 1905 
e durato appunto tre giorni, di cui Zamjatin era stato testimone quando fece 
tappa a Odessa di ritorno da una delle sue trasferte, e del quale egli 
proponeva una cronaca soggettiva dallo stile frammentario. Sempre nel 
1914 la rivista «Zavety» pubblicò una nuova opera di Zamjatin. Nel 
racconto Na kuličkach (A cas  del diavolo)
7
, la cruda descrizione 
dell’abbruttimento, soprattutto morale, di una guarnigione dell’Estremo 
                                                                                                                        
realista. Nelle sue opere cerca di creare uno stile arcaico, incentrato sulla lingua parlata 
dell’epoca antecedente il regno di Pietro I. 
3
 Michail Michajlovič PRIVŠIN (1873-1954). Profondo amante ed osservatore della natura, 
spesso definito scrittore "etnografo" e "naturalista", è autore di V kraju epugannych ptic 
(Nel paese degli uccelli non spaventati) e Za volšebnym kolobkom (Sul e tracce del 
"kolobok" fatato). 
4
 Zavety, 5, 1913. 
5
 Nikolaj Vasil’evič GOGOL’ (1809-1852). Scrittore. Appassionato di etnografia e folklore, 
è considerato l’iniziatore del realismo russo, tra il 1831 e il 1835 pubblica tre raccolte di 
racconti. Nel 1936 è costretto a lasciare la Russia a causa delle reazioni suscitate dalla sua 
commedia Revizor. Nel 1842 pubblica il racconto Šinel’ il roma zo Mertvye duši, visto 
come una denuncia dei mali del paese. Travolto da una crisi religiosa dopo un viaggio in 
Palestina (1848), dà alle fiamme la seconda parte del romanzo. 
6
 Nikolaj Semenovič LESKOV (1831-1895). Scrittore. Ideatore dello skaz, un tipo di prosa 
caratterizzata dall’abbondanza di elementi dialettali e colloquiali. 
7
 Zavety, 3, 1914. 
 3
Oriente russo, scatenò la reazione della censura zarista che reagì 
sequestrando l’intera tiratura del numero incriminato della rivista e 
denunciando lo stesso Zamjatin per vilipendio dell’esercito russo e oltraggio 
al pudore. Tutto questo non bastò ad intimorire Zamjatin che continuò a 
descrivere i paradossi, le assurdità e le brutture della vita nella provincia 
russa e gli eventi che avevano scosso il paese tra il 1905 e il 1906, in 
racconti come Čevro (Ventre)
8
, Alatyr’
9
, Staršina (Il sottufficiale)
10
  Aprel’ 
(Aprile)
11
. Negli anni tra il 1916 e il 1918 Zamjatin scrisse altri racconti che 
comparvero nel 1922 con il titolo Bol’šim detjam skazki (Favole p r 
bambini grandi), una sorta di antologia che includeva anche racconti già 
apparsi sulle pagine della rivista curata da M. Gorkij
12
, «Letopis’» e su 
«Novaja žisn’». 
Nel 1916 la professione di ingegnere portò Zamjatin in Gran 
Bretagna dove, come rappresentante della marina russa, progettò e coordinò 
la costruzione di navi rompighiaccio nei cantieri di Glasgow, Newcastle e di 
altri importanti porti britannici. Qui Zamjatin ebbe modo di osservare un 
mondo molto diverso da quello russo, ma non per questo privo di difetti, che 
ispirò la descrizione della realtà e dei vizi del capitalismo e della borghesia 
inglese in Ostrovitjane (Gli isolani, 1917)
13
. Il libretto arrivò in patria poco 
dopo la Rivoluzione e, come è facile intuire, ottenne un enorme successo, 
poiché offriva un mordace attacco ai nemici del socialismo. Il “filone 
inglese” dell’opera di Zamjatin, dove il confronto con la realtà anglosassone 
offriva più che altro uno spunto per smascherare l’ipocrisia della morale 
borghese in generale, affiorò anche in Lovec čelovekov (Il ps atore di 
                                                
8
 Russkie zapiski, 4, 1913. 
9
 Russkaja mysl’, 9, 1915. 
10
 Ežemesjačnyj žurnal, 1, 1915. 
11
 Sovremennik, 4, 1915. 
12
 Maksim GOR’KIJ (pseud. di Aleksandr Maksimovič Peškov) (1868-1936). Scrittore e 
pubblicista. Imprigionato per aver preso parte alla Rivoluzione del 1905, viene liberato nel 
1906 e emigra in Italia. Dopo la Rivoluzione di Ottobre rientra in patria per dedicarsi ad 
attività di propaganda culturale, gettando le basi dottrinarie del “realismo socialista”. 
13
 Skify, 2, 1918. 
 4
uomini, 1918)
14
 dove l’apparenza ineccepibile del protagonista cela un 
riprovevole hobby: spiare giovani coppie appartate e ricattarle
15
. 
Nel 1917, mentre ancora si trovava in Gran Bretagna, Zamjatin 
ricevette notizie sugli eventi che agitavano il suo paese, e si apprestò a 
rientrare in patria immediatamente per contribuire alla realizzazione di 
quello che era stato a lungo anche il suo ideale, la nascita del socialismo. 
Subito dopo la rivoluzione, Zamjatin decise di abbandonare 
definitivamente la professione di ingegnere per dedicarsi interamente alla 
letteratura; nell’autobiografia del 1929 scrive infatti “tut uò b\lo ne do 
certeòew _ prakticeskay texnika jasoxla i otlomilasì ot meny 
kak òelt\w list”
16
 (Zamjatin, 1929: 18). Alla nuova “missione” 
Zamjatin dedicò un impegno febbrile: senza rinunciare alla cattedra presso il 
Politecnico di San Pietroburgo, si occupò non solo della produzione di 
narrativa, ma anche di critica e teoria letteraria, dell’organizzazione di 
seminari, di conferenze e del corso di tecnica della prosa presso la Casa 
delle Arti. In questi anni collaborò con numerose riviste letterarie: nel 1924 
entrò nella redazione del «Russkij sovremennik», per il quale scriveva pezzi 
satirici sotto lo pseudonimo di Onufrij Zuev; nel 1924, insieme a K. 
Čukovskij
17
, fondò il «Sovremennyj zapad», impegnato nella diffusione 
della letteratura occidentale; partecipò come membro attivo ai comitati 
redazionali delle riviste «Dom iskusstv» e «Vsemirnaja literatura» e ricoprì 
la carica di direttore dell’Unione panrussa degli scrittori.  
La delusione per la società post-rivoluzionaria, tuttavia, non tardò a 
manifestarsi. Già nel 1913 il racconto Neputëvyj (Un buono a nulla) aveva 
chiarito i motivi del suo abbandono del partito bolscevico, ribadendo il suo 
amore per la rivoluzione ma non per vuoti programmi politici. Le opere di 
questi anni, dunque, segnarono un ritorno alle tematiche del primo periodo 
della sua attività letteraria: il contrasto tra l’immediatezza della vita naturale 
                                                
14
 Dom iskusstv, 2, 1922. 
15
 Per la traduzione italiana di entrambi i racconti v. Zamjatin 1999a. 
16
 «Non era più il tempo dei disegni tecnici, la pratica si era prosciugata e staccata da me 
come una foglia gialla». 
17
 Kornej Ivanovič ČUKOVSKIJ (pseud. di Nikolaj Vasil’evič Kornejčukov) (1882-1969). 
Scrittore, studioso di letteratura e filologo. Autore d numerose opere per bambini in versi e 
in prosa. Lavora anche come critico letterario, traduttore e memorialista. 
 5
e l’artificiosità della vita cittadina, dove le durissime condizioni di vita 
sfociano nella disumanizzazione della popolazione. Lo scontro tra natura e 
civiltà e il primato che, nell’ottica di Zamjatin, la prima detiene, sono alla 
base di racconti come Znamenie (Il segno, 1918), Mamaj
18
, Peščera (La 
caverna)
19
, Sever (Nord, 1924), del testo teatrale Pravda istinnaja (L  pura 
verità, 1917) e di altri racconti scritti a cavallo della rivoluzione. Altre opere 
rivelano invece il ruolo centrale giocato dalla figura dell’eretico, come nel 
dramma Ogni Svjatogo Dominika (I fuochi di San Domenico)
20
, in Otom 
kak isčelen byl inok Erazm (Come venne curato il monaco Erasmo, 1922) o 
nella biografia Robert Mayer (Il destino di un eretico, 1919-20; 1988a), sul 
padre della termodinamica da cui Zamjatin mutuò il concetto di entropia 
come tendenza che porta l’energia dell’universo a cercare uno stato di riposo 
e stabilità e quindi di morte, e l’idea dell’esistenza di un rapporto dialettico 
tra energia ed entropia. L’idea di come certi valori ritenuti assoluti rivelino 
invece la loro relatività emerge, invece, in Rasskaz o samom gla nom (Il 
racconto su ciò che è più importante)
21
. 
È evidente come Zamjatin non abbia mai cercato di dissimulare le 
proprie perplessità nei confronti del nascente Stato sovietico; al contrario le 
espresse esplicitamente sia nel manifesto Ja boius’ (Ho paura, 1921)
22
, sia 
nel romanzo My (Noi, 1920-21)
23
, opere che in poco tempo gli fruttarono la 
qualifica di personaggio scomodo. I critici ufficiali lo bollarono con 
l’etichetta di “scrittore borghese” ed “emigrante interno”, e i primi arresti 
iniziarono già nel 1919. Dal 1925 l’attività di Zamjatin riguardò per lo più il 
teatro; è a questo periodo che risalgono, infatti, Bloca (La pulce), 
rappresentata al MCHAT
24
 nel 1925, e Obščestvo početnik zvonarej (La 
società degli onorevoli campanari), versione teatrale di Ostrovitjane,
presentata al teatro Michajlovskij di Leningrado nel novembre dello stesso 
                                                
18
 Dom iskusstv, 1921. 
19
 Zapiski mečtatel j, 4, 1922. 
20
 Literaturnaja mysl’, 1, 1922. 
21
 Russkij sovremennik, 1, 1924. 
22
 Dom iskusstv, 1, 1921. 
23
 Znamja, 4-5, 1988. 
24
 Moskovskij Chudožestvennyj Achademičeskij Teatr (Teatro artistico accademico di 
Mosca). 
 6
anno. Nel 1928 si vide rifiutare la pubblicazione e la messa in scena di un 
altro suo testo teatrale, Atilla (Attil),  nel 1929 l’ostracismo nei suoi 
confronti raggiunse l’apice con il divieto di stampa per tutte le sue opere, 
l’eliminazione dalle biblioteche di quelle già esistenti e con una campagna 
denigratoria condotta a livello nazionale, per cui in URSS Zamjatin cessò di 
esistere come scrittore. 
Nel giugno del 1931 i fatti lo indussero a scrivere una lettera a I. V. 
Stalin pregandolo di concedergli il permesso di lasciare un paese in cui, per 
la forzata inattività, lo si condannava comunque a morte (cfr. Zamjatin 
1989a: 623-27). Nell’ottobre dello stesso anno, probabilmente anche grazie 
all’intercessione di M. Gor’kij, lo scrittore lasciò l’Unione Sovietica e dal 
1932 visse a Parigi, dove conservò comunque un ruolo scomodo. In Francia, 
infatti, suscitò la diffidenza degli altri emigrati rifiutandosi di rinunciare al 
passaporto sovietico, ma questo non gli impedì di continuare a scrivere 
racconti, saggi, recensioni per la stampa letteraria locale e sceneggiature 
cinematografiche. Morì di malattia nel 1937.  
 
 7
 
1.1.1. My: storia del romanzo 
 
Il romanzo My c stituisce una sintesi dello stile e delle tecniche che 
caratterizzano l’intera opera di Zamjatin. Scritto intorno al 1921, in una 
Pietrogrado provata dal comunismo di guerra e in  perio o in cui la 
censura bolscevica pareva ancora relativamente tollerante, venne tuttavia 
immediatamente riconosciuto come “pamphlet antis vietico” (Heller, 1990: 
528) e ne fu vietata la stampa. Questa risoluzione non ne impedì comunque 
la diffusione sia in patria (attraverso letture pubbliche tenute dall’autore 
stesso, ma anche grazie alla circolazione clandestina di copie del 
manoscritto), sia all’estero. Nel 1924 Zamjatin voleva pubblicare il romanzo 
nel primo numero del «Russkij sovremennik», ma al suo posto fu stampato 
Rasskaz o samom glavnom. Nello stesso anno il testo comparve a New 
York, per la prima volta in versione integrale, ma nella traduzione inglese di 
Gregory Zilboorg, cui fece seguito una versione in ceco nel 1927. Sempre 
nel 1927 il romanzo comparve per la prima volta in russo sulle pagine della 
rivista praghese «Volja Rossij», ove fu presentato come una traduzione dal 
ceco eseguita, tra l’altro, senza l’autorizzazione dell’autore. Un’edizione 
integrale in lingua russa apparve a New York soltanto nel 1952. La versione 
inglese fu pubblicata con un certo ritardo anche in Gran Bretagna, dove 
arrivò nel 1969. Tuttavia, per avere un’idea della pericolosità attribuita al 
romanzo dalle autorità dell’URSS, basti sapere che la prima edizione 
sovietica di My risale solo al 1988, quando fu pubblicata sulle pagine della 
rivista «Znamja», sessantasette anni dopo la sua stesura e cinquantun anni 
dopo la morte di Zamjatin
25
.
 
                                                
25
 Per ulteriori informazioni sulla biografia e bibliografia dell’autore v. anche Brown 1988, 
Čudakova 1988, Heller 1990, Michajlov 1990, Skatova 1998; sulla storia del romanzo in 
particolare v. Zamjatin 1988b: 526-541. 
 8
 
1.2. A. A. Bogdanov: vita e opere 
 
Aleksandr Aleksandrovič Bogdanov (pseudonimo di Malinovskij), 
nacque il 10 (22) agosto del 1873 a Sokolka, nel governorato di Grodno. Nel 
1892 entrò alla facoltà di fisica e matematica dell’Università di Mosca, 
presso il dipartimento di scienze naturali. I suoi studi si intersecarono fin da 
subito con un’intensa attività politica, che gli costò un primo arresto nel 
1894 e, poco tempo dopo, l’esilio a Tula. 
Il 1896 lo vide impegnato in azioni di propaganda politica tra le fila 
degli operai. Nel 1897 pubblicò la sua prima opera, il Kratkij kurs
ekonomičeskoj nauki (Breve corso di scienza economi a), un trattato di 
chiara matrice marxista che fu molto apprezzato dagli ambienti socialisti 
russi e da V. I. Lenin in particolare.  
Nel 1899 concluse gli studi laureandosi in medicina presso 
l’Università di Char’kov, in Ucraina, ma fu nuovamente arrestato a causa 
delle sue attività propagandistiche e quindi mandato in esilio. Nel 1900 visse 
a Kaluga, nel 1901 a Vologda
26
, dove lav rò come medico presso l’ospedale 
psichiatrico locale, ed entrò in contatto con A. V. Lunačarskij
27
, mandato in 
esilio nella stessa città nel 1902. 
Nel 1903 Bogdanov divenne membro del RSDRP (Rossijskaja 
social-demokratičeskaja rabočaja p rtija), il Partito Socialdemocratico 
Russo. Nel 1904 entrò nella redazione delle riviste «Pravda» e «Rassvet». 
Quello stesso anno fu inviato a Genova, ove iniziò la sua stretta 
collaborazione con Lenin. Durante il terzo congresso del Partito 
Socialdemocratico Bogdanov fu eletto membro del Comitato Centrale e 
responsabile delle sezioni letterarie. In autunno Bogdanov fece quindi 
ritorno in Russia per organizzare la redazione della rivista «Vpered». Nel 
1905 Bogdanov collaborava contemporaneamente con il «Letučij listok CK 
                                                
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 Sul soggiorno di Bogdanov a Vologda v. Novoselov 1994. 
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 Anatolij Vasil’evič LUNAČARSKIJ (1857-1933). Scrittore, critico e uomo politico. 
Membro del Partito Socialdemocratico nel 1897, nel 1903 aderisce al Partito Bolscevico. 
Fonda con Bogdanov il gruppo Vpered, entrando così in polemica con Lenin e i 
bolscevichi, cui si ricongiungerà al suo ritorno in Russia. Detiene la carica di commissario 
del popolo per l’istruzione fino al 1929. 
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RSDRP», con il giornale «Echo» e con la redazione di «Novaja žizn’». 
Sempre nel 1905, divenne il rappresentante del Comitato Centrale nel Soviet 
dei deputati operai, e fu arrestato per l’ennesima volta in dicembre, quando 
il soviet fu eliminato.  
Nel maggio del 1906 ebbe inizio un nuovo esilio a Vežek; in agosto 
ottenne il permesso di espatriare e si recò prima a Kuokkala insieme a 
Lenin, poi a Capri, con Lenin e Gor’kij. Contemporaneamente collaborava 
con le riviste «Volna», «Vestnik žizni» e «Proletarij», e pubblicò 
Empiriom nizm (Empiriom nismo), un’opera in tre tomi che raccoglieva 
scritti composti tra il 1904 e il 1906.  
Nel novembre del 1907 espatriò con Lenin e I. F. Dubrovinskij
28
, e 
nell’aprile dell’anno successivo era a Capri, dove iniziarono ad emergere le 
prime profonde divergenze con Lenin. Nel 1908 pubblicò il romanzo-utopia 
Krasnaja zvezda (La stella rossa) che, insieme al suo seguito, InženerMenni 
(L’ingegner Menni, 1913), rispecchiava ampiamente la filosofia dell’autore 
in campo economico, politico e culturale. 
Il 1909 fu un anno complesso; Bogdanov fondò, con Lenin, Gor’kij e 
Lunačarskij, la scuola del Partito di Capri (e di Bologna, due anni dopo), ma 
lasciò la redazione di «Revoljucija» e venne espulso dal Partito Bolscevico, 
a causa delle sue opinioni separatiste circa questioni di cultura proletaria
29
, 
che si andarono ad aggiungere alle aspre critiche alla sua filosofia, che 
Lenin raccolse nel volume Mat rializm i empiriokriticizm (Materialismo ed 
empiriocriticismo, 1909). 
Bogdanov continuò comunque ad operare anche al di fuori del 
partito. Nel 1913, oltre al già citato Inžener Menni, pubblicò anche 
Tektologija. Vseobščaja organizacionnaja nauka (Tektologija. Scienz  
                                                
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 Iosef Fedorovič DUBROVINSKIJ (1873-1913). Bolscevico. Membro della redazione 
dell’edizione moscovita di «Rabočij sojuz», partecipa alla rivoluzione del 1905. Nei periodi 
1903-05, 1907-10 è membro del Comitato Centrale del Partito. 
29
 Nel discorso “Sovremennoe položenie i zadaci partii”, aveva espresso l’idea di una 
cultura proletaria, creata dai lavoratori e quindi alternativa a quella borghese. Bogdanov 
riprese e approfondì questo argomento nel trattato O proletarskj kul’ture (Sulla cultura 
proletaria, 1924). Egli riteneva che la rivoluzione culturale fosse la premessa 
indispensabile per la riuscita della rivoluzione economica e politica, giacché solo 
rieducando il proletariato, questo avrebbe saputo supportare adeguatamente ogni proposta 
di cambiamento materiale. 
 10
dell’organizzazione universale), in cui teorizzò la creazione della società del 
futuro ricorrendo a metodi basati sulle scienze esatte. Nella primavera dello 
stesso anno, l’autore ritornò in Russia e riprese la collaborazione con le 
riviste «Pravda», «Rabočaja gazeta» e «Sovremennik». 
Durante i primi due anni del conflitto mondiale, Bogdanov si dedicò 
prevalentemente all’attività di medico, al fronte e poi a Mosca. Questo non 
bastò a distoglierlo dall’attività politica che, nel 1916, lo portò a schierarsi 
contro i bolscevichi in veste di ideologo della cultura proletaria. L’anno 
successivo, infatti, fondò il Proletkul’t, del quale fu uno dei presidenti fino 
al 1921. Scopo di questa organizzazione era incentivare l’opera creativa 
della classe operaia perché si creassero le condizioni intellettuali necessarie 
allo sviluppo di una vera ideologia proletaria, l’unica garanzia di successo 
della rivolta sociale per il socialismo. Inoltre, pur non essendosi ricongiunto 
al Partito dopo la Rivoluzione di Ottobre, dal 1918 al 1926 Bogdanov fu 
membro della presidenza dell’Accademia Comunista. In quell’anno, 
organizzò e diresse l’Istituto Accademico Statale per le trasfusioni, 
concretizzando tutta una serie di ricerche che già lo occupavano all’epoca in 
cui scrisse il suo primo romanzo
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, e che gli costarono anche la vita. 
Bogdanov morì infatti nel 1928, vittima di un esperimento condotto su se 
stesso. 
 
 
 
 
                                                
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 In Krasnaja zveda, i marziani praticano normalmente la trasfusione di sangue come 
metodo per prolungare la giovinezza e l’efficienza dell’organismo. Inoltre, al di là della 
funzione pratica, lo scambio di sangue viene visto anche come un complemento del 
comunismo ideologico (cfr. Bogdanov 1929: 107-108).