6
sistemi elettronici che l’utente incontra durante il suo viaggio, cercheremo di capire se  
e in che misura anche i disabili possono usufruire di tale servizio. 
 Attraverso il confronto fra opinioni e intenzioni dei responsabili che rappresentano 
l’azienda, dei gestori che si occupano realmente di sicurezza e dell’atteggiamento degli 
utenti, vogliamo rilevare se c’e’ distanza fra volontà e realtà. 
Analizzando un contesto reale da diversi punti di vista si intende fare luce su come 
l’ambiente si adegua alla persona e in che misura invece sono le persone a doversi 
adattare. 
 
 
 
 7
CAPITOLO   PRIMO 
 
ERGONOMIA TECNICA DELLE  TECNICHE 
 
 
1  STORIA E PRINCIPI FONDAMENTALI 
 
1.1 NASCITA DELL’ERGONOMIA 
 
Negli Stati Uniti,all’inizio del XX secolo, gli impianti industriali si rivolgono alla 
produzione di massa, standardizzata e finalizzata al raggiungimento di economie di 
scala. Frederick Taylor inizia a porsi il problema di organizzare il lavoro umano in 
modo da massimizzarne l’efficienza produttiva: nasce l’organizzazione scientifica del 
lavoro, più nota come Taylor-Fordismo
70
. Si trattava di adattare “l’uomo alla macchina” 
con lo scopo di ottenere il massimo dai lavoratori non specializzati che si avevano a 
disposizione per una ragione molto semplice:il lavoro specializzato costava troppo. 
Questo metodo si basa sulla netta separazione tra lavoro puramente esecutivo e attività 
di programmazione e gestione della produzione con la conseguente parcellizzazione e 
rigida definizione dei compiti lavorativi. E’ da qui che ha origine la famigerata catena di 
montaggio le cui norme ferree sono spesso alienanti per i lavoratori. L’Ergonomia fin 
alle origini si contrappone in modo critico all’organizzazione scientifica del lavoro 
rovesciandone il postulato di base. 
Gli sviluppi tecnologici e il cambiamento sociale che hanno caratterizzato la seconda 
metà  del ventesimo secolo, hanno costituito un terreno fertile per l’ergonomia. La 
guerra e gli studi in campo militare sulle difficoltà fisiche e mentali dell’uomo hanno 
                                                 
70
 www.uninsubria.it,sez.convegni e conferenze, Piergiorgio Frasca,“Ergonomia e lavoro: evoluzione di 
un’idea rivoluzionaria dei nostri tempi”,Gennaio,2006. 
 
 
 8
aperto la strada verso una nuova sensibilità nei confronti dell’uomo e dei suoi bisogni. 
Ci si rende conto che alcune mansioni ad alta criticità, come pilotare un velivolo o 
controllare l’attività di un radar, impongono una notevole  quantità di lavoro mentale 
agli operatori. Si inizia a pensare che,almeno in questi ambiti, conviene progettare 
impianti modellati sulle caratteristiche umane, piuttosto che il contrario: è un 
rovesciamento del modello Taylorista, sia pur limitato a pochi settori. A testimonianza 
dell’emergere di nuove tematiche legate all’uomo,nasce nel 1949 a Oxford la 
Ergonomic Research Society,
71
 fondata dallo psicologo gallese K.F.H.Murrell che 
aggregava fisiologi, psicologi, igienisti, medici del lavoro, ingegneri e architetti. Il suo 
obiettivo era quello di adattare il lavoro all’uomo e assicurare i più elevati livelli di 
sicurezza e benessere. La Società appena fondata era caratterizzata da un lavoro di tipo 
applicativo e a tutte le discipline coinvolte veniva data pari importanza. Proprio per 
questo il termine che Murrell utilizzò per la prima volta fu “ergonomia” per riferirsi a 
un ambito di interessi così vasto e generale che coinvolgeva diverse discipline,con 
l’intento di non privilegiarne qualcuna a discapito di altre. Fu l’atto di nascita 
dell’Ergonomia come disciplina autonoma. Murrell spiega così la scelta del termine: 
“Era una parola semplice che poteva dare origine a una nuova fraseologia; poteva essere 
tradotta in altre lingue;e ancora più importante  ,non implicava che una disciplina fosse 
di importanza maggiore di un'altra”
72
. Per ciò che concerne l’Italia, sempre nel 1961, 
nacque la S.I.E. - Società Italiana di Ergonomia - con sede a Milano, presso la Clinica 
del Lavoro
73
. 
 Ci si rese conto che anche se i mezzi materiali potevano considerarsi potenzialmente in 
grado di funzionare perfettamente ,era l’interazione con l’uomo che spesso rendeva 
inefficiente l’insieme. Da questo momento l’idea che fosse opportuno partire dalle 
caratteristiche umane per progettare la macchina vide l’ergonomia conquistare nuovi 
ambienti di lavoro. L’idea che muoveva gli studi ergonomici era che la macchina si 
dovesse adattare all’uomo. In Italia alla fine degli anni 60,il movimento operaio  collocò 
                                                 
71
 E’ la prima società nazionale di Ergonomia. 
72
  Murrel K.F.H., Ergonomics. Man in His Working Environment, Chapman e Hall, London 1965 (trad. 
it. Ergonomia. L’uomo e il lavoro,ISPER edizioni,Torino,1967) 
73
 
La prima clinica del lavoro
 
al mondo nata nel 1906 ad opera di Luigi Devoto
. 
 9
al centro del proprio programma la salvaguardia della salute in fabbrica. Nel 1970 
venne promulgata in Italia la legge nota come lo Statuto dei Lavoratori
74
.Con essa 
vennero garantiti i diritti dei lavoratori in campo sindacale,previdenziale e della salute e 
si costituirono organismi rappresentativi operai nelle fabbriche;in oltre il controllo delle 
condizioni di lavoro venne allargato agli esperti. L’ingegnere in fase di progettazione 
inizia ad interessarsi più da vicino alla componente umana,ascolta il parere degli 
psicologi perché aveva  bisogno di conoscenze sul funzionamento cognitivo umano 
circa la detenzione del segnale e il carico di lavoro mentale tollerabile. Anche 
l’esperienza proveniente da altri ambiti e discipline contribuì a cambiare seppure con 
grosse difficoltà lo scenario dell’ uomo al lavoro. L’approccio ergonomico di questo 
periodo è correttivo, prende consapevolezza di problemi e dove è possibile cerca di 
applicare le soluzioni correttive per migliorare l’attività umana. 
 
1.2 ATTENZIONE VERSO I FATTORI COGNITIVI UMANI 
 
Nella prima metà degli anni 70 si ha una svolta decisiva. L’ergonomia infatti passa 
dall’essere centrata sulla prestazione isolata di individui isolati, quindi separati dal 
contesto, all’essere concentrata sulla relazione che intercorre fra le persone e l’ambiente 
circostante .L’interesse dell’ergonomia si applica,in questa fase, ai beni di consumo e ai 
servizi. Ad una concezione atomistica  si sostituisce una concezione relazionale del 
lavoro
75
 e dall’adattamento fra uomo e macchina si passa al concetto di interazione. 
Questo cambiamento è caratterizzato anche dall’abbandono della macchina 
“meccanica” e i dispositivi che compaiono negli ambienti di lavoro sono sempre meno 
macchine meccaniche e sempre più macchine intelligenti multifunzioni che dialogano 
con l’operatore inserito nell’ambiente lavorativo. Il lavoratore non è più una figura 
                                                 
74
 Statuto dei lavoratori: Legge 20 maggio 1970, n. 300 “Norme sulla tutela della libertà e dignità del 
lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nel luoghi di lavoro e norme sul 
collocamento”. 
75
 “Logica relazionale” Per approfondimenti su, cfr. Mantovani, Ergonomia:Lavoro sicurezza nuove 
tecnologie, Il Mulino, Bologna 2003, pp.17-19. 
 10
generica,non è più forza lavoro dequalificata e anonima;la questione della salvaguardia 
della salute e dell’integrità dei lavoratori diviene di centrale importanza. In questa 
nuova fase il compito dell’ergonomia è quello di comprendere l’interazione per 
progettare e costruire ambienti di lavoro che siano affidabili e sicuri. Questo nuovo  
periodo in cui si sviluppa l’ergonomia dei sistemi è caratterizzata da alcuni mutamenti a 
livello sociale e tecnologico. E’ scomparsa in parte la fatica muscolare come unica 
protagonista del lavoro e l’attenzione per  la mente e l’applicazione  di modelli cognitivi 
fanno dell’uomo non più l’anello debole del sistema produttivo ma il cardine per 
costruire un ambiente di lavoro favorevole all’interazione dove sicurezza e produzione 
vadano di pari passo. 
      La differenza fra l’ergonomia di correzione e l’ergonomia di prevenzione
76
 o dei 
sistemi è sintetizzabile nella maniera differente di vedere la sicurezza. Mentre 
l’ergonomia pre-sistemica analizzava gli infortuni, cioè le situazioni in cui il lavoratore 
riportava danni fisici, distinguendoli dagli incidenti tecnici ,guasti delle 
attrezzature,l’Ergonomia sistemica supera la separazione fra fattori umani e tecnici 
collegando entrambi all’affidabilità del sistema. La divisione rigida fra errori umani e 
errori tecnici faceva si che per gli infortuni si ipotizzassero cause umane mentre per i 
guasti cause tecniche con  la conseguenza che   la responsabilità ricadeva quasi sempre 
sull’uomo. Le cause degli infortuni erano attribuite a distrazioni qualora la macchina 
funzionasse correttamente e non riportasse guasti. Dopo l’infortunio l’unica 
preoccupazione dell’azienda era stabilire a chi si dovesse attribuire la colpa. Problemi 
legati ad errori nella progettazione della macchina o della mansione lavorativa non 
venivano presi in considerazione prima che l’ergonomia dei sistemi abbattesse la 
separazione fra fattori umani e tecnici collocando entrambi  nell’ambito dell’affidabilità 
del sistema. Grazie a questo nuovo modo di intendere il lavoro, si passa alla logica 
dell’affidabilità come requisito di progettazione. Gli oggetti devono essere progettati in 
base alle caratteristiche umane e in più devono essere in grado di prevedere l’utilizzo 
che l’uomo ne farà in relazione all’ambiente e al modo in cui elabora le informazioni 
                                                 
76
 Cfr.,Mantovani, op.cit. 
 
 11
ambientali. La prospettiva dell’affidabilità di sistema consente di prevedere le situazioni 
di impasse o pericolo che il sistema potrebbe imporre al lavoratore. Le azioni erronee 
non sono riconducibili solo all’uomo bensì  al cattivo funzionamento del sistema 
UOMO-MACCHINA come insieme, quindi l’errore diventa del sistema. Muovendosi 
sulla  necessità di progettare prevedendo gli errori, diventa importante adattare gli 
strumenti al modo in cui le persone elaborano le informazioni ambientali, prima ancora 
che alle loro azioni umani. 
 
A partire da questa nuova sensibilità è possibile tracciare una distinzione fra ergonomia 
classica e ergonomia cognitiva. La prima si occupa delle interazioni uomo-macchina-
ambiente soprattutto sotto il profilo meccanico e fisico ,studia il fattore umano 
nell’ambito delle esigenze fisiche come la postura e la possibilità fisica di fare le cose. 
La seconda studia le interazioni uomo-macchina-ambiente con attenzione rivolta ai 
fattori cognitivi ed emotivi, legati ai processi di percezione, apprendimento, 
memorizzazione, presa di decisione e soluzione di problemi. 
In termini molto generali, dunque, l’ergonomia cognitiva riguarda la progettazione di 
interfacce uomo-machina che tengano conto dei limiti cognitivi umani. 
Le aree fondamentali
 
 sulle quali essa si concentra sono: 
 I processi percettivi di input ambientali (detenzione del segnale, 
classificazione e individuazione di percorso); 
L’elaborazione cognitiva centrale (processi decisionali, soluzione di 
problemi, memoria); 
I processi percettivo -motori (es. scrittura a tastiera).Grazie a questo approccio, i 
modelli proposti dalla psicologia cognitiva ,sono applicati  a specifici progetti e loro 
problematiche. 
La psicologia cognitiva e la psicologia sociale aprono un panorama molto ampio di 
analisi; diventa possibile studiare il modo in cui usiamo la conoscenza nella vita 
quotidiana poiché il punto di partenza è che non vediamo e percepiamo gli oggetti cosi 
come sono ma li vediamo in un contesto e ne costruiamo il senso sulla base delle nostre 
percezioni. Non esiste una conoscenza data ma i processi ,gli oggetti e le azioni si 
 12
costruiscono reciprocamente; poiché l’informazione non è data ma costruita, gli 
individui non sono osservatori ma attori. Le situazioni sono sistemi aperti ,mai 
completamente strutturati  e cambiano a seconda degli attori .Questa è la teoria 
dell’azione situata che non parte da informazioni date ma dalla mutevole interazione che 
gli attori stabiliscono con gli loro ambienti saturi di occasioni. Le situazioni sono il 
luogo  in cui gli interessi degli attori e le opportunità dell’ambiente si incontrano e si 
costruiscono reciprocamente,cambiando a seconda degli attori. La teoria dell’ azione 
situata si basa sulle mutevoli interazioni che gli attori stabiliscono con i loro ambienti. 
La conoscenza dipende dal contesto risente della specificità della situazione ed è 
strettamente legata all’azione. L’attore sfrutta le opportunità della situazione e si muove 
reagendo all’ambiente e seguendo i suoi obiettivi
 77
. 
 
     1.3 ANNI ’80. LE INTERFACCE DESTINATE AGLI UTENTI 
 
     Gli interventi effettuati negli anno 70 nell‘industria avevano portato tangibili 
miglioramenti negli ambienti di lavoro. L’ergonomia sposta il suo interesse principale 
dal lavoratore dell’industria all’addetto al lavoro d’ufficio. Dalla ricerca del benessere 
fisico a quella del benessere mentale a cui peraltro quello fisico è strettamente legato. 
Con gli anni 80 infatti e la diffusione del computer sui luoghi di lavoro, emergono 
nuove problematiche. Proprio nel periodo di massima accelerazione 
dell’industria del software, si avverte l’inadeguatezza delle interfacce destinate 
all’utente;emergono quegli aspetti del lavoro d’ufficio ,prima inimmaginabili, dannosi 
per gli individui come le posture fisse,l’elevato impegno visivo e mentale spesso fonte 
di stress. 
Si comprende che per sfruttare le enormi potenzialità dei computer, è necessario 
apprendere specifici linguaggi-macchina che istruiscano sulle operazioni dello 
strumento. E’ un ritorno, sia pure in termini inediti, all’adattamento 
                                                 
77
 Cfr. Mantovani, op.cit., pp.29-.31. 
 13
dell’uomo alla macchina. E’ per questo che l’ergonomia si concentra sulla definizione 
delle informazioni necessarie comprensibili all’operatore nei vari momenti attraverso 
l’analisi delle caratteristiche e dei limiti dell’uomo per giungere alla progettazione di 
comandi che gli corrispondano. E’ proprio negli anni 80 che viene elaborato il concetto 
di progettazione centrata sull’utente, User-Centered Design e si assiste a un maggiore 
coinvolgimento dell’ergonomo non solo nell’analisi ma nella progettazione di macchine 
prodotti e sistemi informatici.In seno al paradigma dello User Centred Design, nascono 
le GUI, grafic user interfaces, che rendono possibile un’interazione decisamente più 
intuitiva con il sistema, attraverso la progettazione di interfacce che sfruttano  
le immagini.  In quegli anni gli studi di interazione Uomo-Computer prendono in 
considerazione in maniera molto approfondita il concetto di utente valutandogli 
elementi cognitivi,percettivi,motori ma anche aspetti culturali,generazionale. 
L’interfaccia grafica è il risultato di oltre 20 anni di studi e sperimentazioni condotti da 
diversi ricercatori. Windows intreccia un interfaccia amichevole di facile e veloce 
gestione con la possibilità di andare oltre e entrare nel vivo della macchina esplorando e 
interagendo con il sistema operativo,che usa un linguaggio non user friendly. Se prima 
trasparente significava chiarezza nel far vedere come funziona una tecnologia, ora 
voleva dire chiarezza nel far vedere come usarla. 
 
1.4 TECNOLOGIA E DESIGN 
  
Ma gli anni 80 e 90 sono anche gli anni  dell’immagine e del design. I prodotti gli 
oggetti e le tecnologie sono ancora abbastanza semplici tanto da essere dominati dai 
designer specializzati nell’immagine. Gli aspetti tecnologici del progetto sono 
subordinati all’obiettivo che è quello di fornire un prodotto originale. Sinonimo del 
nuovo stile di vita e di una nuova società che vive il boom economico gli acquirenti 
sempre più scelgono in funzione della qualità dell’immagine. 
 
 14
“Il rapporto  fra design e ergonomia è sempre stato conflittuale. Se per i designer gli 
ergonomi sembrano preferire ciò che è sedimentato rispetto all’innovazione e alla 
creatività l’ergonomia continuamente ammonisce che la ricerca di forme nuove e belle 
spesso ha condotto alla progettazione di macchine che impongono posture innaturali, 
strumenti difficili da usare, oggetti di cui è difficile capire l’utilità, ambienti che 
causano incidenti. Tuttavia,oggi la metafora del giovane design in perpetuo conflitto 
con la presunta saggezza dell’ergonomia descrive sempre meno la realtà. E’ ormai 
evidente e riconosciuta una sostanziale somiglianza strutturale fra ergonomia e design. 
Sono aree di ricerca che entrambe attingono da conoscenze qualitativamente diverse. 
L’ergonomia fa riferimento a tante e differenti conoscenze disciplinari specifiche, di cui 
fa uso di volta in volta con  combinazioni diverse. Questa descrizione vale  anche per il 
design che usa conoscenze sviluppate in molte discipline diverse. La somiglianza 
strutturale si é accompagnata, a partire dagli anni ottanta, ad una prima, lieve ma poi, 
sempre più importante coincidenza di obiettivi e metodi. La missione dell’ergonomia è 
divenuta quella di ridurre la pena del lavoro, per portarlo almeno dentro i parametri 
della salute.Le belle forme che i designer creavano si traducevano in movimenti 
ripetitivi, in posture rigide e spesso inadeguate per gli operai della produzione. la 
metodologia ergonomica si concentra sull’uomo  e sui suoi bisogni ed esigenze reali 
inserite nel contesto d’uso. Questa metodologia, originariamente solo ergonomica, è 
ormai patrimonio comune  del design, soprattutto di quell’area del design dove la 
progettazione è centrata sull’interazione fra la soluzione e l’uomo,in misura superiore 
quando la soluzione prevede un adattamento da parte dell’uomo. Ogni prodotto 
incorpora il comportamento umano, un prodotto di buon design mostra in modo 
immediato e preciso quale comportamento deve essere adottato dall’uomo per 
utilizzarlo. Quanto più è faticoso il passaggio fra percezione ed azione tanto meno un 
oggetto è ben progettato. In oltre se per gli oggetti si ha a che fare con comportamenti 
piuttosto semplici, che  riguardano azioni, al massimo, sequenze di azioni, la situazione 
si complica quando si progetta un servizio che permette di dare risposte diverse.Se poi 
ci riferiamo a grandi ambienti,nei quali si erogano servizi l’importanza delle norme 
 15
ergonomiche e del design “intelligente”, rivelano la loro importanza nel determinare la 
qualità del servizio per l’utente
78
”. 
 
 Oggi  lo sviluppo del prodotto industriale centrato sul design  lascia il posto alla      
soddisfazione di altre esigenze. Il progresso tecnologico ,i vincoli normativi di 
sicurezza, le qualità legate all’uso del prodotto sono gli elementi sui quali  si muove 
l’ergonomia. Gli utenti apprezzano sempre più la qualità d’uso e la semplicità ma anche 
l’efficienza e la sicurezza del prodotto. Si assiste in Italia ad un aumento dell’interesse 
da parte delle aziende per la qualità ergonomica. Sono state sviluppate tecniche di 
indagine specificamente adatte ai bisogni e ai tempi del mondo produttivo nel campo 
dell’usabilità e della qualità sensoriale. Le aspettative e le richieste degli utenti hanno 
spinto i produttori ad affrontare la progettazione di prodotti e sistemi che soddisfino 
l’affidabilità e il confort per gli utenti  e garantiscano la compatibilità con l’ambiente. 
Molti produttori riconoscono l’importanza del ricorso all’approccio ergonomico come 
metodo di progettazione capace di accogliere e prevedere le esigenze del complesso 
sistema uomo macchina ambiente.Per soddisfare le odierne esigenze devono scendere in 
campo metodologie rigorose in grado di gestire la complessità. L’ergonomia può gestire 
la complessità  poiché è in grado di finalizzare al benessere dell’uomo gli apporti delle 
altre discipline umane, biomediche e tecnologiche. Ciò che ci circonda non è facile da 
usare perché  non è facile adattare  interfacce semplici a tecnologie complesse.In oltre il 
progettista non considera che l’utente finale ha  dell’oggetto una conoscenza ben 
diversa dalla sua .  
La SIE, Società italiana di ergonomia, ha lo scopo di promuovere lo sviluppo 
dell'ergonomia e la diffusione e sistematizzazione delle conoscenze e delle esperienze 
connesse all'approccio ergonomico, in stretto rapporto con le realtà sociali produttive. 
Ha inoltre lo scopo di promuovere il corretto sviluppo degli aspetti professionali e di 
costituire un riferimento per gli organi istituzionali preposti alla regolamentazione in 
materia di professioni. Può inoltre erogare borse di studio per il sostegno di studenti in 
                                                 
78
 www.societàdiergonomia.it, sez. contributi scientifici, Sebastiano Bagnara,”Ergonomia e Design”, 
Giugno 2006.
  
 16
discipline ergonomiche o per favorire lo studio e l'approfondimento di temi inerenti 
l'oggetto sociale
79
. 
 
1.5  I PRINCIPI DELL’ERGONOMIA 
 
L'ergonomia è il campo dove diverse competenze si incontrano e collaborano per 
fornire una risposta a una domanda che la produzione industriale ha reso centrale cioè 
come fare a  progettare una macchina, un oggetto d'uso, un sistema che siano al servizio 
dell'utente e non viceversa. Odescalchi nel 70 la definisce come “una tecnica di 
procedure che avvalendosi di apporti interdisciplinari studia i rapporti farà l’uomo la 
macchina e l’ambiente al fine di intercorrelarli in termini umani”. L’ergonomia non 
nasce infatti come “disciplina” ma  come “corpus di conoscenze”, ossia ambito di studio 
e di intervento nel quale si integrano conoscenze e strumenti metodologici provenienti 
da differenti settori disciplinari
80
.  
Non potendola considerare una disciplina proprio per la sua natura interdisciplinare,ne 
parleremo come di un insieme di regole e tecniche  necessarie  per analizzare, valutare e 
progettare qualsiasi azione umana organizzata. 
 
INTERDISCIPLINARITA’  
 
La diversa provenienza culturale degli studiosi di ergonomia ne è una caratteristica fin 
dalle origini proprio a partire dalla convinzione che per lo studio del lavoro umano 
fossero necessarie competenze diverse. Come rammenta lo stesso Murrell: “Nella prima 
riunione del gruppo,si raggiunse la decisione di costituire una società che potesse riunire 
anatomici,fisiologi,psicologi,medici di fabbrica,ingegneri progettisti,ingegneri per lo 
studio del lavoro,architetti;in effetti chiunque,qualsiasi fosse il suo ambiente,il cui 
                                                 
79
  www.societadiergonomia.it 
80
 Cfr. Bandini Buti L., Ergonomia e prodotto : design, qualità, usabilità e gradevolezza ,Il Sole 24 ore, 
Milano, 2001. 
 
 17
lavoro fosse riferibile a qualche aspetto della prestazione umana”. L’ approccio 
interdisciplinare è una necessità in ergonomia per la natura complessa dell’oggetto di 
studio. L’ergonomia accetta questo tipo di approccio per ottenere un interazione 
positiva dai vari contributi e una comprensione specifica del problema,in tutte le sue 
parti analizzate da diverse prospettive specifiche. “Quando i progettisti hanno la 
necessità di valutare  
l’ambiente e la componente umana lo fanno attingendo il sapere dalle altre discipline. 
Di fronte a problemi complessi è bene non peccare di superficialità ma avvalersi del 
gruppo di lavoro interdisciplinare all’interno del quale ogni contributo deve essere 
accolto, compreso e messo in atto. Quando si mette in pratica questa metodologia tutte 
le discipline hanno un ruolo uguale e agiscono all’interno delle loro aree di competenza 
per raggiungere un risultato finale valido e completo. L’apporto di ogni disciplina deve 
essere specifico e nello stesso tempo comunicabile e comprensibile agli altri tenendo 
conto dell’ottica di chi riceve le informazioni. Durante l’iter progettuale ogni disciplina 
ha il suo spazio anche se gli apporti avranno un peso diverso a seconda della fase del 
progetto. Il concetto di interdisciplinarità ormai accettato per quanto concerne 
l’interazione di tecnici di natura diversa deve essere allargato per includere le 
conoscenze degli utenti del prodotto finale. Il protagonista della ricerca 
ergonomica,come si sa, è l’uomo e l’obiettivo il raggiungimento del suo benessere 
attraverso il superamento degli errori e delle difficoltà. Per questo motivo quando si 
devono suggerire e sperimentare  soluzioni riguardanti problemi reali, le competenze 
degli utenti e le loro esperienze  pratiche assumono una rilevanza altrettanto 
importante”.
81
 L’ergonomia per mantenere le sue qualità di scienza aperta deve 
continuare ad attirare competenze da ambiti di studio diversi con cui scambiare 
conoscenze e trasformarle così in qualcosa di più completo anche attraverso l’analisi 
dell’uomo nella globalità delle proprie interazioni. 
                                                 
81
 Ivi, pp.42-43. 
 18
 
GLOBALITA’   
        
L’ergonomia sa bene che non basta che ogni elemento sia funzionale o che singoli 
aspetti o prodotti siano ergonomici per rendere un sistema sicuro, funzionale e privo di 
errori. Un problema non deve essere visto nei confini ristretti di un singolo posto o 
ambiente di lavoro ma deve essere esteso a tutte le strutture e funzioni che sono 
interessate direttamente o indirettamente al fenomeno. In oltre si devono correlare i 
problemi interni all’organizzazione produttiva con quelli esterni ad essa per ottenere 
risultati veramente efficienti. Così il principio della globalità  si applica allo studio dei 
piccoli oggetti,dei posti di lavoro,dei grandi ambienti sempre considerando le relazioni 
che intercorrono fra le parti e le possibili interazioni. L’ergonomia si propone con un 
approccio sistemico allo studio della realtà e, capendo l’importanza delle relazioni, 
ritiene che sia inefficace risolvere un  problema  trascurando altre caratteristiche 
correlate al problema. 
“Al centro dell’interesse dell’ergonomia,infatti, vi è il sistema uomo-macchina-
ambiente (U-M-A), un’entità che contiene tutti gli aspetti che interessano i processi di 
interazione dell’uomo con gli strumenti e le tecnologie che esso impiega per eseguire il 
compito o l’attività lavorativa. Il sistema U-M-A racchiude al suo interno l’insieme di 
relazioni che si instaurano tra l’uomo e la macchina (U-M), tra l’uomo e l’ambiente in 
cui opera (U-A) e tra l’individuo e gli altri membri della struttura organizzativa (U-U) e 
nessuno di questi aspetti può essere trascurato ai fini della globalità”
 82
. Nello sviluppo 
di un prodotto di un ambiente di un sistema è necessario conoscere chi userà cosa e 
dove la userà. In questi elementi ci sono tutte le indicazioni per una buona  
progettazione che deve considerare tutte le relazioni complesse che intercorrono 
all’interno del sistema preso in esame. L’aspirazione alla globalità è l’approccio più 
completo e corretto per la progettazione di contesti ma ha dovuto superare numerosi 
ostacoli di applicazione. Quello che nei primi anni si richiedeva all’ergonomia era un 
                                                 
82
 Ivaldi I.,(a cura di), Ergonomia e lavoro,Liguori, Napoli, 2005 p.16. 
 19
intervento correttivo che avrebbe apportato un miglioramento al sistema ma non una 
risoluzione definitiva del problema. Infatti dover intervenire su singoli aspetti isolandoli 
dal contesto e dalle relazioni che lo caratterizzano significa lavorare solo a metà.   
 “ Il sistema UOMO-MACCHINA  è un’organizzazione le cui componenti sono uomini 
e  macchine tra loro legati da una rete di comunicazioni e che lavorano insieme per 
ottenere uno scopo comune. Esso concerne tutti gli aspetti che interessano i processi di 
interazione dell’uomo con gli strumenti e le tecnologie che esso impiega per eseguire la 
sua prestazione lavorativa. Tra l’operatore umano e la macchina si instaura una 
relazione causale di tipo circolare mediante la quale l’uomo e la macchina interagiscono 
scambiando informazioni e dando corso ad azioni. L’uomo attraverso i suoi organi di 
senso vista, udito, tatto, percepisce le informazioni che vengono trasmesse dalla 
macchina tramite i sistemi di indicazione display, spie, segnali acustici e pianifica gli 
interventi da eseguire mediante l’azionamento di organi di comando. In un’ottica 
ergonomica sia i sistemi di visualizzazione delle informazioni, sia gli organi di comando 
devono essere adattati alle caratteristiche dell’uomo: ai sistemi di segnalazione devono 
essere garantiti requisiti quali la leggibilità e l’interpretabilità delle informazioni 
trasmesse, mentre i comandi dovranno essere facilmente raggiungibili per rendere 
l’azione immediata. 
   Il sistema UOMO-AMBIENTE  (U-A) riguarda il contesto nel quale il lavoratore 
opera e concerne il complesso delle influenze che l’ambiente, inteso sia sotto l’aspetto 
fisico che sotto quello psicologico, esercita sull’attività umana. Esso racchiude una 
vasta gamma di fattori ed in particolare:  
- le variabili proprie dell’ambiente quali il microclima, l’illuminazione, il rumore, le 
vibrazioni;  
-  i fattori di rischio derivanti dalla tipologia dell’attività svolta, quali: gas, fumi, 
polveri, radiazioni;  
- le condizioni derivanti dall’organizzazione del lavoro e dalla strutturazione dei 
compiti, quali: fatica fisica, fatica mentale, monotonia, noia, ripetitività del lavoro, 
posture scorrette, sovraccarico biomeccanico, stress;  
-i vincoli socio culturali che condizionano le interazioni fra l’uomo e l’ambiente.