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Indagine conoscitiva: conoscenza del protocollo BLSD intraospedaliero tra gli operatori sanitari e i piani formativi aziendali del SSR

L'arresto cardiaco non è evenienza poco diffusa tra i pazienti durante il loro ricovero in ospedale, i tassi di incidenza, anche se valutabili con una certa difficoltà, poiché tanti sono i fattori che si vanno ad intersecare e la vanno ad influenzare, si aggirano intorno a 1-5 casi ogni 1000 ricoveri. La prognosi è un dato ancora più difficile da valutare poiché dipende da una molteplicità di fattori, quali: la sede dell'evento (se area monitorizzata o non monitorizzata), l'addestramento dei primi soccorritori, il numero dei primi soccorritori, le attrezzature disponibili e la presenza e attivazione di un team di emergenza intraospedaliera.
Le aree ospedaliere in cui si verificano più frequentemente gli arresti cardiaci, andando contro le aspettative, sono le aree non intensive, mediche con una maggiore frequenza, chirurgiche poi. Nei reparti di terapia intensiva, dove la criticità dei pazienti è nettamente maggiore, si verificano un numero minore di arresti cardiaci, questo è giustificato dal fatto che i pazienti sono costantemente monitorizzati e tutte le alterazioni dei parametri vitali vengono tempestivamente rintracciate e trattate.
La maggior parte degli arresti cardiaci intraospedalieri non è costituita da eventi improvvisi ed imprevedibili: nell'80% dei casi circa si verifica un deterioramento dei segni clinici nelle ore precedenti l'arresto cardiaco. Questi pazienti presentano molto spesso un deterioramento lento e progressivo, in particolare ipossia e ipotensione (quindi problemi di respiro e di circolo) che o passano inosservati al personale o vengono trattati con superficialità e non in modo adeguato. Nella maggior parte dei casi il ritmo di esordio dell'arresto cardiaco intraospedaliero è un ritmo non defibrillabile (PEA e asistolia), indice di una ridotta possibilità di sopravvivenza. Considerando che solo il 20% dei pazienti vittima di un arresto cardiaco durante la degenza ospedaliera sopravvive all'evento avverso diventa indispensabile il riconoscimento precoce di questi sintomi premonitori e il loro adeguato e tempestivo trattamento. Le ultime evidenze scientifiche ci dimostrano come la sostituzione in ospedale del team dell'arresto cardiaco con i sistemi di risposta rapida (RRS) attivati già nelle fasi di deterioramento delle condizioni cliniche del paziente, in base agli score dell' EWS, è correlata nell'adulto ad una significativa riduzione dell'incidenza di arresto cardiaco e ad una riduzione dei tassi di mortalità ospedaliera. L'esigenza di una riorganizzazione della risposta all'emergenza intraospedaliera nasce dalla valutazione della recente letteratura che stabilisce la debolezza del sistema organizzativo di risposta alle emergenze proprio negli ambienti di ricovero e cura. Anche l'Italia si è messa in campo per fronteggiare l'ingombrante problema della mancata organizzazione nelle emergenze ospedaliere a livello nazionale. Due società scientifiche di rilevanza nazionale che si occupano di rianimazione, la SIAARTI e IRC (Italian Resuscitation Council) hanno realizzato delle linee guida per indirizzare il personale sanitario nella pianificazione efficiente contro gli eventi critici.
In virtù della revisione della letteratura effettuata sulla base dell'ambito della rianimazione cardiopolmonare intraospedaliera si è voluto andare a puntare la lente di in gradimento sula realtà calabrese, ed in particolare della provincia di Cosenza, per vedere quanto le aziende sanitarie cosentine abbiano adeguato i propri protocolli alle Linee Guida di riferimento.

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1 INTRODUZIONE L’arresto cardiaco è una condizione clinica improvvisa ed inaspettata, provocata da varie patologie, nella quale si interrompe la funzione di pompa del cuore con conseguente anossia di tutti gli organi del corpo. L’arresto cardiaco viene definito e diagnosticato con l’assenza contemporanea di coscienza, di respiro normale e di segni di circolo. 4 milioni e mezzo di persone ogni anno muoio nel mondo a causa di un arresto cardiaco. In Europa l’arresto cardiaco è la terza causa di morte; l’arresto cardiaco colpisce circa 400.000 europei ogni anno. In Italia ogni anno i decessi per arresto cardiaco sono circa 60.000, vale a dire che una persona su mille ogni anno è colpita in maniera fatale da un arresto cardiaco; numero pari al 10,2% di tutti i decessi (557.584) che ogni anno si verificano nel nostro paese, nettamente superiore a quello delle morti per incidenti stradali o per morti violente (24.677) e di poco inferiore a quello delle morti causate dai principali tumori messi insieme (58.601). La percentuale media di sopravvivenza si attesta intorno all’8%. Le azioni che collegano le vittime di un arresto cardiaco con la sopravvivenza sono rappresentate dalla Catena della Sopravvivenza: riconoscimento precoce dell’arresto cardiaco, rianimazione cardiopolmonare (RCP) precoce, defibrillazione precoce, trattamento post-rianimazione precoce. Il fattore principale per la possibilità di sopravvivenza di una persona vittima di un arresto cardiaco è il tempo, visto che per ogni minuto che passa senza RCP la possibilità di sopravvivenza diminuisce del 10%.

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Informazioni tesi

  Autore: Maria Raffaella D'Elia
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Catanzaro Magna Grecia
  Facoltà: Scienze Infermieristiche
  Corso: Scienze infermieristiche ed ostetriche
  Relatore: Salvatore Fuina
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 168

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Parole chiave

blsd
arresto cardiaco
met
catena della sopravvivenza
arresto cardiaco intraospedaliero
massaggio cardiaco
apertura delle vie aeree
team di emergenza intraospedaliero

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