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Hydropeaking: un approccio sperimentale

La produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è un tassello significativo per un futuro sostenibile. In questo contesto si inserisce l’energia idroelettrica che, coprendo l’11% della produzione elettrica europea, risulta essere la principale fonte di energia rinnovabile del vecchio continente. Tuttavia a livello locale la filiera idroelettrica comporta gravi problemi ecologici, quali alterazioni della morfologia fluviale, modificazioni dei parametri fisico-chimici, ampie variazioni della portata con conseguenti modificazioni dei microhabitat e riduzione delle capacità di autodepurazione.
Le modificazioni del regime idrologico del fiume Adige dovute alla costruzione di impianti idroelettrici sono state studiate nel progetto REPORT (condotto dalla Sezione di Idrobiologia e Zoologia degli invertebrati del Museo Tridentino di Scienze Naturali) a tre diversi livelli di risoluzione temporale: macroscala, mesoscala e microscala. Questa tesi si inserisce in tale progetto a livello di microscala, puntando l’attenzione sul fenomeno dell’hydropeaking - rapide variazioni di portata giornaliere determinate da immissioni intermittenti di acque turbinate a valle delle centrali idroelettriche – e sulle conseguenze negative che ne derivano per gli ecosistemi fluviali. Le rapide variazioni di portata e di temperatura conseguenti all’hydropeaking sono le principali cause di riduzione della biodiversità nelle comunità di macroinvertebrati fluviali. La modificazione dell’andamento naturale delle temperature, con continui picchi durante le 24 ore, l’aumento delle medie invernali e la diminuzione delle medie estive, comporta una riduzione della fitness degli individui, incapaci ad adattarsi alle mutevoli condizioni. Le rapide variazioni di portata sono invece la principale causa dell’aumento del drift catastrofico: i macroinvertebrati vengono “strappati” dal substrato e trasportati a valle nella colonna d’acqua, con conseguente perdita di biodiversità a livello delle comunità zoobentoniche, e modificazione della loro distribuzione longitudinale.
E’ evidente la necessità di trovare un modello di gestione delle portate (environmental flow), capace di mantenere il dinamismo fluviale – fondamentale per preservare la biodiversità – nelle condizioni più naturali possibili, e che allo stesso tempo consenta un utilizzo antropico delle risorse idriche.
Questo lavoro di tesi è stato svolto utilizzando una struttura sperimentale situata lungo il torrente Fersina, costituita da cinque canalette in acciaio lunghe 25 metri e dotate di paratie in grado di modificare la portata di ogni singola canaletta. Lo scopo dello studio è il confronto tra gli effetti di un aumento della portata rapido e di uno graduale sulla comunità bentonica.
Delle cinque canalette ne sono state utilizzate due (A e B). Dopo 20 giorni di colonizzazione da parte dello zoobenthos, nella canaletta A è stato simulato un aumento graduale della portata, e sono stati raccolti 13 campioni di drift e di BPOM; nella canaletta B è stato simulato un aumento improvviso della portata, con la raccolta di 11 campioni di drift e BPOM. Dallo studio dei campioni di drift, è risultato un evidente aumento del drift catastrofico, con un picco massimo di individui raccolti nei primi 5 minuti, al primo aumento della portata e per entrambe le canalette. I gruppi maggiormente disloggiati dall’aumento della portata sono risultati essere i Chironomidi, seguiti da Betidi, Simulidi e Plecotteri. Nella canaletta A (innalzamento graduale della portata) è stato osservato un aumento nell’abbondanza media degli individui che driftano, di 5 volte rispetto ai valori di base; per la canaletta B (innalzamento improvviso della portata) l’aumento è stato di 7 volte. La durata del drift catastrofico nella canaletta A è stata di 20 minuti, nella B di 25 minuti. Il BPOM raccolto nei campioni è strettamente collegato all’aumento delle portate, seguendo un andamento simile a quello dei macroinvertebrati.
Dai risultati ottenuti è evidente come l’effetto sullo zoobenthos di un rapido aumento della portata sia amplificato rispetto ad un aumento graduale. E’ necessaria quindi una migliore gestione del fenomeno dell’hydropeaking, al fine di mantenere i corsi d’acqua impattati dalla filiera idroelettrica in “buono stato”, così come richiesto dalla direttiva europea 2000/60 sulla qualità delle acque.

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Introduzione 3 INTRODUZIONE Negli ultimi dieci anni il cambiamento climatico dovuto alle attività umane sembra essere diventato un argomento sensibile anche al grande pubblico. Con il protocollo di Kyoto del 1997 (sottoscritto da 160 stati ed entrato in vigore nel 2005 dopo la sua ratifica da parte della Russia) e il più recente Summit di Bali, si è alla ricerca di un accordo comune per ridurre le emissioni di CO 2 in atmosfera, al fine di contenere l’aumento di temperatura globale entro 2 °C. Questo infatti è il limite massimo giudicato come sostenibile dagli ecosistemi terrestri (fonte IPCC). Un ruolo importante nella futura riduzione delle emissioni di anidride carbonica lo avranno sicuramente le energie rinnovabili: solare, eolico, geotermico e idroelettrico. L’idroelettrico costituisce in Europa la più importante e tradizionale fonte di energia rinnovabile, e ad oggi copre l’11% della produzione complessiva di energia elettrica. In Italia costituisce la più significativa risorsa energetica interna, rappresentando il 24% della potenza efficiente lorda installata e fornendo il 14% della produzione elettrica lorda complessiva (fonte APER). Se si analizzano i dati riferiti al nostro paese, si riscontra una forte predominanza di impianti di piccola taglia (con potenza minore a 10 MW), sebbene il maggior contributo alla produzione di energia (87%) risulti fornito da centrali di potenza maggiore a 10 MW (fonte TERNA). L’idroelettrico può essere considerato ad emissioni zero, dato che le 3-4 tonnellate di anidride carbonica prodotte annualmente dalla decomposizione di sostanze organiche all’interno di bacini artificiali di zone temperate (Frischknecht et al., 1994; Kaltschmitt & Wiese, 1997), non sono minimamente confrontabili con le enormi quantità di CO 2 prodotte dalla combustione di petrolio, gas o carbone nelle centrali termoelettriche. Se a livello globale l’energia idroelettrica risulta sostenibile, a livello locale comporta invece rilevanti problemi ecologici, dovuti principalmente alla costruzione di grandi dighe che sono causa di interruzione della continuità longitudinale fluviale, con effetti sulla migrazione di specie animali e sul trasporto

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Informazioni tesi

  Autore: Giulio Kerschbaumer
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Scienze Biologiche
  Relatore: Bruna Gumiero
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 76

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Parole chiave

acque interne
canalette
deflusso minimo vitale
dighe
ecologia fluviale
energia idroelettrica
energie rinnovabili
environmental flow
fonti rinnovabili
hydropeaking
idrobiologia
idroelettrico
macroinvetebrati fluviali
produzione elettrica
regime idrologico
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