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''The Beautiful Country'' - Le inchieste di “Economist” sull’Italia 1964-2011

Questa non è una tesi su “The Economist” e Berlusconi, anche se avrebbe potuto esserlo, dal momento che questo accostamento ha suscitato per anni un gran fermento nella stampa italiana tutta; nel corso degli ultimi dieci anni, questa prestigiosa testata inglese che si occupa di economia ma non solo, ha decisamente puntato la sua attenzione sulla figura che ha dominato la scena politica italiana degli ultimi 17 anni. Da qui la curiosità di scoprire con che occhi questo giornale abbia guardato l’Italia prima che il Cavaliere arrivasse sulla scena, per cercare di capire se, nel tempo, l’atteggiamento dei suoi giornalisti nei confronti dell’Italia e della sua élite politica sia mutato, nelle due fasi pre-Berlusconi e post-Berlusconi o se, al contrario, la visione del nostro paese scaturisca da un discorso più articolato e coerente, che si dipana dal dopoguerra ai giorni nostri. Questo è il filo conduttore di questa ricerca condotta direttamente sul giornale, in un percorso a ritroso nel tempo.
La delimitazione spazio-temporale della nostra indagine va dal 1964, anno di uscita del primo Special Survey (inserto speciale) dedicato all’Italia, al giugno 2011, data di pubblicazione dello Speciale più recente. Queste inchieste sono in tutto 11, e compaiono su “Economist” ad intervalli variabili (dai 3 ai 7 anni), in quelli che potremmo definire momenti-chiave della vita italiana.
Prima di passare in rassegna gli articoli in questione, nel capitolo 1 si tratteggia il ritratto di “The Economist”, mentre nel capitolo 2 si parla di come gli storici prima, e i giornalisti stranieri poi, hanno raccontato l’Italia, paese che attrae e sconcerta. “The Economist”, per quanto sia un giornale di respiro e autorevolezza internazionali, affonda le sue radici nella cultura anglosassone; gli inglesi tra tutti i popoli europei sono forse quello che ha dedicato maggiore attenzione all’Italia, a testimonianza di un rapporto che vede la luce ai tempi del teatro elisabettiano, per non interrompersi mai. La parola chiave è “confronto” tra due culture, dal quale possono scaturire interessanti osservazioni sull’Italia e sugli italiani.
Nel capitolo 3 si evidenzia il tema centrale dell’anomalia italiana, per poi ripercorrere la storia e la politica italiana dal dopoguerra in avanti. Nella visione dei giornali stranieri, ed “Economist” non fa eccezione, Berlusconi appare come un sintomo, piuttosto che una causa della situazione attuale in cui versa l’Italia. Il problema vero rimane perciò l’anomalia di base, postulata da quasi tutti gli osservatori esterni, che permane, al di là dei cambiamenti di superficie.
Il capitolo 4 è incentrato sull’economia, condizionata dal divario fra nord e sud, e dalla questione meridionale.
Nel capitolo 5 sono tratteggiati i principali aspetti della società e dell’Italian way of life: si parla di giovani e sistema educativo, di mondo del lavoro e relative isole privilegiate, di flussi migratori, ma anche di stili di vita, mentalità, pregi e difetti degli italiani, burocrazia, corruzione… senza dimenticare saper vivere, bellezza, e cultura nel senso più ampio del termine.
Il giornale è impietoso nell’additare le manchevolezze e i difetti strutturali del nostro paese dal dopoguerra in avanti, d’altro canto non adotta mai un approccio disfattista, come spesso tendiamo a fare noi italiani, ma al contrario, partendo sempre da quanto di positivo esiste, e sempre pronto a proporre dei correttivi, non smette mai di credere con slancio nel potenziale italiano.
Non rileviamo un particolare accanimento verso il personaggio Berlusconi, al quale vengono semplicemente contestati, di volta in volta in modo puntuale, atteggiamenti o mancanze ben precisi che, nella visione del giornale, non sono andati a beneficio del paese.
Una leggera forma di pregiudizio, si riscontra piuttosto nei confronti degli italiani come popolo, ma non è un pregiudizio scaturito dalla testata “Economist”; è frutto semmai di una stratificazione secolare nella mentalità inglese, e del suo essere profondamente diversa dalla nostra.
In Appendice trova spazio una sezione dedicata all’espressione con valore aggettivale “italian style” che in italiano si traduce con la locuzione “all’italiana”: indaghiamo su come questa espressione contenga al suo interno una visione concettuale ben precisa degli italiani, di fatto non molto lusinghiera, e scopriremo con l’aiuto di due studiosi che hanno affrontato il tema da due prospettive diverse, la linguistica da un lato, e la storia del cinema inglese dall’altro, che questo punto di vista potrebbe essere influenzato da matrici culturali ben precise.

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Introduzione 5 Introduzione Questa non è una tesi su “The Economist” e Berlusconi, anche se avrebbe potuto esserlo, dal momento che questo accostamento ha suscitato per anni un gran fermento nella stampa italiana tutta: una parte era compiaciuta di fronte ai severi giudizi sul Cavaliere ciclicamente impartiti dal giornale inglese; un’altra parte rimarcava invece quanto essi fossero frutto di un malcelato senso di superiorità degli inglesi, che, tra le altre cose, mal sopporterebbero, a venticinque anni di distanza, il famoso “sorpasso” dell’economia tricolore su quella britannica. Quel che è certo è che, specialmente nel corso degli ultimi dieci anni, questa prestigiosa testata che si occupa di economia ma non solo, ha decisamente puntato la sua attenzione sulla figura che ha dominato la scena politica italiana degli ultimi 17 anni. Tanti gli articoli su Berlusconi, e numerose le copertine a lui dedicate, per l’esattezza sei; la prima, e senza dubbio la più famosa, è quella del 28 aprile 2001, dal titolo Why Silvio Berlusconi is unfit to lead Italy. Un titolo lapidario, asciutto, assertivo, scevro da qualsiasi traccia di ironia, che preannuncia un editoriale altrettanto severo e senza appello. Altre copertine seguirono, senza che il giudizio fosse alterato: dalla sfida di Dear Mr Berlusconi…our challenge to Italy’s prime minister del 2 agosto 2003, a Basta. Time for Italy to sack Berlusconi, in occasione delle elezioni politiche dell’aprile 2006; nel 2008, sempre ad aprile, è la volta di Mamma Mia. Here we go again, fino ad arrivare alle copertine del 2011, che sono addirittura due: la prima, del 9 giugno, si intitola The man who screwed an entire country, la seconda esce invece il 10 novembre, quando Berlusconi si dimette, e si intitola That’s all folks. Dunque “The Economist” si accanisce contro Berlusconi? O forse “The Economist” è prevenuto nei confronti dell’Italia? Da qui la curiosità di scoprire con che occhi questo giornale abbia guardato l’Italia prima che il Cavaliere arrivasse sulla scena, per cercare di capire se, nel tempo, l’atteggiamento dei suoi giornalisti nei confronti dell’Italia e della sua élite politica sia mutato, nelle due fasi pre-Berlusconi e post-Berlusconi o se, al contrario, la visione del nostro paese scaturisca da un discorso più articolato e coerente, che si

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Informazioni tesi

  Autore: Elisabetta Ferrando
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Informazione ed Editoria
  Relatore: Marina Milan
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 168

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Parole chiave

italia
storia
giornalismo
informazione
inglesi
inchieste
costume e società
stampa estera
economist
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