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La prima antilogia tra Nicia ed Alcibiade

Viene convocata un’assemblea, per chiarire i dettagli della spedizione, nella quale avviene la prima antilogia, tra Nicia ed Alcibiade. I 2 discorsi sono strutturati in modo simile: 

Discorso di Nicia - Introduzione
Nicia giustifica il suo intervento e tutto il suo passato politico (cap.9, sono salito a gradi d’eccellenza nella società; eppure mai in passato ho scelto di pronunciarmi contro coscienza) e ricorda che Atene sta per mettere in pericolo ciò che ha per qualche dubbia speranza di conquista futura: è tempo di mostrarvi quanto sia fuor di proposito la vostra furia, e quanto aspra la conquista che sveglia in voi così calda fiamma (cap.9). 

Discorso di Alcibiade - Introduzione
Giustifica sia il suo intervento sia il suo stile di vita. Egli ricorda che coloro che cercano di distinguersi sono di solito mal visti, proprio come lui (cap.16, io so che questi uomini eletti… riescono in vita anzitutto molesti ai propri contemporanei), ma che essi operano comunque per la gloria della loro città (cap.16, la terra che ha dato loro i natali ne trae gloria, fiera e commessa nel ricordarli come suoi propri figli, artefici di nobili gesta)

Discorso di Nicia - Argomento principale 
Nicia è contrario alla spedizione, perché preferisce una linea politica moderata = consolidare l’attuale impero, prima di avventurarsi in nuove imprese. Al contrario i rischi sarebbero molteplici: 
− doversi confrontare in uno scontro del tipo “tutti contro Atene” alla prima difficoltà: vi lasciate alle spalle in Grecia numerosi nemici e, per l’impazienza di attirarvene qui di nuovi, avete deciso lo sbarco in Sicilia; si può temere che queste potenze, se sorprendono smembrate le nostre forze (e noi proprio in questo senso ci stiamo adoperando) sarebbero liete di aggregarsi alle genti di Sicilia per sferrare contro Atene un attacco generale (cap.10); 
− è meglio consolidare ciò che si ha piuttosto di lanciarsi in nuove avventure: è un’assurda pretesa aspirare a una area di dominio più ampia, finché non conferiamo a quella già a noi soggetta un volto politico pacifico e solido (cap.10); 
− anche se l’operazione in Sicilia avesse successo, questo non significherebbe riuscire poi a mantenerla sotto controllo: è una incoerenza politica, badate, aggredire paesi su cui, pur dopo una vittoria militare non si potrebbe imporre la propria sovranità (cap.11); 
− la Sicilia non è affatto una minaccia per Atene: se i Siciliani stanno, come ora, al proprio posto, non costituiscono affatto un pensiero (cap.11); anzi, ci terrebbero meno in allarme se Siracusa li unificasse sotto il proprio potere, perché toccherebbe poi alla potenza siracusana d’essere annientata dall’ostilità del Peloponneso, il quale, secondo la concatenazione degli eventi, temerà la crescita di questa nuova potenza. 
Molti critici hanno fatto con queste avvertenze di Nicia un parallelismo a dir poco sconcertante con quanto accaduto e ancora sta accadendo agli Usa in Iraq: anche gli americani hanno cominciato la guerra in un paese di cui non si sapeva molto; inoltre, dopo una rapida vittoria militare, gli americani hanno dimostrato la loro incapacità a gestire il territorio conquistato (proprio come aveva premonito Nicia agli Ateniesi).

Discorso di Alcibiade - Argomento principale 
Alcibiade, favorevole alla spedizione, mostra le possibilità di successo: 
− la Sicilia è un bersaglio facile: in quelle città s’affollano genti miste di razza… per questo continuo mutarsi, il sentimento di patria s’estingue… né lo stato, nel suo complesso, dispone di ordinate installazioni difensive; non possiedono tanti opliti; potremo contare su una folla di barbari, che spinti dall’odio contro Siracusa combatterà sotto i nostri vessilli (cap.17); 
− non c’è nulla da temere dalla Grecia: dalla Grecia non nasceranno intralci, se sceglierete la politica adatta = seguire l’esempio degli antenati durante le guerre persiane: come alla fine delle guerre persiane, Atene ha costruito il suo impero, così ora può espanderlo, basandosi sulla sua potenza navale: la loro flotta non ci infliggerebbe perdite comunque; poiché a coprire Atene lasceremmo una parte della nostra marina, di forza pari a quella di cui essi dispongono (cap.17); 
− la politica imperialistica è necessaria per la sopravvivenza dell’impero; al contrario, la tranquillità è pericolosa ⇒ disturbare in Sicilia i nemici è necessario perché non disturbino Atene in Grecia (cap.18, disturbare laggiù i nostri nemici e legar loro le mani perché non ci assalgano in patria).

Discorso di Nicia - Considerazioni generali sul comportamento imperialistico 
Nicia collega questo atteggiamento così ambizioso ateniese all’euforia che segue un successo inatteso (Pilo): gli infortuni del nemico non devono stimolarvi all’orgoglio: coltivate piuttosto la coscienza della vostra superiorità quando avrete ridotto ai giusti limiti i suoi disegni ambiziosi (cap.11). 

Discorso di Alcibiade - Considerazioni generali sul comportamento imperialistico 
Alcibiade ribadisce la necessità della conquista: non è possibile stabilire in anticipo la grandezza dell’impero (cap.18, non ci è concesso di misurare un anticipato bilancio dei confini entro cui intendiamo stringere il nostro dominio). 
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Atene deve necessariamente tramare minacce contro quello stato, non alleviare la pressione su quest’altro… poiché è sempre vivo il pericolo di cader noi sotto il potere di altri, se non li precorriamo piegandoli ⇒ le alternative esposte da Alcibiade sono facilmente riassumibili nella classica dicotomia: dominare o essere dominati. 
Similmente non v’è permesso concepire… una politica di non-ingerenza, altrimenti dovrete anche orientare i vostri principi d’azione in modo che s’inquadrino nella loro mentalità ordinaria: con queste parole, Alcibiade ricorda le posizioni già espresse in precedenza da Pericle e Cleone = se non si è disposti a correre certi rischi, allora tanto vale rinunciare all’impero. 
L’espansionismo è quasi una condizione vitale, secondo Alcibiade: se la città si ripiega su se stessa, consuma al suo interno… la propria energia… Attraverso la lotta, invece, affinerebbe con più perfezionati progressi le proprie tecniche (cap.18). 
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azione = progresso 
guerra = sicurezza 
pace = declino

Discorso di Nicia - Attacco reciproco alla controparte 
Nicia attacca Alcibiade e il suo modo di vivere: v’è uno che, purtroppo acerbo per tanto ufficio, esulta per la sua nomina a comandante e pungola voi ad imbarcarvi, teso con tutta l’anima sul proprio esclusivo egoismo… per puntellare con le rendite del comando le voragini aperte dal lusso nel suo patrimonio (cap.12). 
Nicia se la prende in generale con i giovani (cap.13, vedo, raccolta davanti a me, questa gioventù spavalda e l’eccitazione che brilla su quei volti, accesa da quello stesso uomo: e ne tremo), invitando gli anziani a farsi valere per la loro esperienza (cap.13, anziani, opponetevi con il vostro voto, per la salvezza della patria). 

Discorso di Alcibiade - Attacco reciproco alla controparte  
Alcibiade attacca Nicia, invocando la collaborazione tra generazioni: vige tra noi una tradizione d’armonia tra le classi: modellandoci sui padri, quando una decisione era unanime coro di voci anziane e più giovani e la città guadagnava in benessere, fino ai traguardi di oggi, studiatevi anche in quest’occasione di migliorare con identico metodo le risorse dello stato (cap.18). 

Al cap.15, Tucidide fa un ritratto della figura di Alcibiade: dal punto di vista della leadership, Alcibiade ha sicuramente la stoffa del grande capo (nella sfera pubblica aveva fornito le indicazioni più efficaci per regolare il corso della guerra), ma al tempo stesso non lo è (a differenza di Pericle), perché vulnerabile dal punto di vista personale, tanto che un vasto strato d’Atene gli giurava aperto odio, nel sospetto che ambisse a farsi tiranno. Questo priverà la città di un personaggio che, in circostanze difficili come quelle in cui si troverà Atene, sarebbe stato probabilmente l’unico in grado di salvare la città dalla rovina (costoro trasmisero ad altri il compito di reggere lo stato: ed in breve sopravvenne la rovina). 

Dopo Alcibiade, Nicia decide di intervenire nuovamente, per cercare di mettere in luce tutte le difficoltà pratiche che gli Ateniesi sono destinati a incontrare nella spedizione (capp. 21-22): 
− occorre imbarcare un’armata ingente 
− una cavalleria agguerrita 
− è indispensabile che già alla partenza gli effettivi siano completi e in ordine 
− ci servono arcieri in gran folla e frombolieri 
− sul mare ci occorre subito una superiorità indiscussa 
− tutti i preparativi dovranno riuscire il più possibile perfetti, per garantirci una totale autonomia. 

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Nicia avanza tutta una serie di richieste, volte a scoraggiare il più possibile gli Ateniesi. MA, al contrario, gli Ateniesi più sentono dire quanto sia difficile l’operazione, più ambiscono ad intraprenderla: l’impegno faticoso dell’armamento suscitò ben altro in Atene che la rinuncia a quella campagna desiderata: anzi era tutto un accendersi d’entusiasmi, di ora in ora. Sicché Nicia ottenne un effetto opposto: si commentava che i suoi erano consigli d’oro, e da quel momento non c’era proprio nulla da star preoccupati ⇒ l’eccessivo rapimento della folla dissuase chiunque, anche se in taluni la volontà di dissentire non mancava, dall’opporsi, nel dubbio timoroso che un voto contrario lo potesse mettere nella luce sinistra di perfido cittadino (cap.24). 
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Nessuno è più in grado di fermare la spedizione. 
È in questo contesto che si verifica l’episodio delle Erme sfigurate, il quale indica come, da un lato, la religione sia presa molto seriamente, ma, dall’altro lato, proprio per questo è strumentalizzata. Le accuse non risparmiavano Alcibiade: e furono lesti a raccoglierle quelli cui la personalità di Alcibiade incuteva più geloso fastidio… Ne adducevano a prova il suo modo personalissimo di vita che calpestava la tradizione: un autentico schiaffo alla democrazia (cap.28). 
Intanto, la spedizione ateniese parte comunque per la Sicilia, una spedizione che non ha eguali nella storia greca, poiché fu questo il primo armamento varato con le proprie forze da un’unica città con equipaggi interamente greci, il più largo di mezzi e il più magnifico tra quanti, fino a quei tempi, s’erano mai allestiti (cap.31). Inoltre, questa spedizione rimase celebre non meno per lo spettacoloso ardimento…, che per la supremazia strategica sul nemico che si andava ad attaccare; perché inoltre, era l’offensiva transmarina inferta agli obiettivi più remoti che mai in passato dalle proprie basi, e l’impresa scortata dalle speranze più liete per l’avvenire, nate ammirando le disponibilità presenti (cap.31). 
Frattanto continuavano ad affluire a Siracusa dispacci sull’attacco ateniese (cap.32) ⇒ si discute su cosa fare. 

Tratto da TEORIA DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI di Elisa Bertacin
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