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Le sopravvenienze attive


Vi sono due tipi di sopravvenienze, che possiamo indicare come sopravvenienze in senso stretto (o proprio) e in senso lato (o improprio).
I componenti reddituali sono imputati temporalmente secondo il principio di competenza: può però accadere che, in un periodo successivo a quello di competenza, si verifichino eventi che danno, ad un fatto già contabilizzato, esito diverso da quello contabilizzato.
Ad esempio, in un dato esercizio viene contabilizzato e tassato un ricavo ma, in un successivo esercizio, si constata che il relativo credito non è esigibile (perché il debitore è fallito).
Le sopravvenienze in senso proprio sono dunque eventi che modificano componenti positivi o negativi di reddito che hanno già concorso alla formazione del reddito in precedenti esercizi.
L’evento sopravvenuto può comportare una modificazione di segno positivo o di segno negativo: e quindi abbiamo sopravvenienze attive e sopravvenienze passive.
In particolare, le sopravvenienze attive in senso proprio possono derivare:
a. dal conseguimento di ricavi o altri proventi a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi;
b. dal conseguimento di ricavi in misura superiore a quella che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi;
c. dalla sopravvenuta insussistenza di componenti negative dedotte in precedenti esercizi.
Vi sono, in secondo luogo, sopravvenienze attive in senso improprio, che derivano da un evento estraneo alla normale gestione dell’impresa.
Rientrano in tale categoria:
a. le indennità conseguite a titolo di risarcimento per danni non connessi alla perdita di beni che generano ricavi (beni-merce) o plusvalenze (beni strumentali o patrimoniali), come, per esempio, l’indennizzo per la perdita di avviamento commerciale, o per violazione del patto di esclusiva, o per concorrenza sleale;
b. i proventi conseguiti a titolo di contributo o di liberalità.
Ricordiamo infine che, per espressa disposizione, non costituiscono sopravvenienze attive i versamenti a fondo perduto o in conto capitale effettuate dai soci in società, né le riduzioni dei debiti derivanti da concordati fallimentari o preventivi.

Tratto da CONCETTI SUL DIRITTO TRIBUTARIO E SULL'IVA di Stefano Civitelli
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