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Vizi della volontà nella conclusione del contratto. Attitudine professionale del lavoratore

La disciplina dei contratti di lavoro, per quel che concerne i vizi della volontà che comportano l’annullamento del contratto a norma dell’art.1427 c.c., è identica alla disciplina generale dei contratti. Possiamo facilmente intuire che le varie compressioni dell’autonomia contrattuale imposte dal legislatore, nonché l’esecuzione di un periodo di prova, riducono di molto le possibilità che il contratto di lavoro sia viziato: se vi è stato un errore-vizio (anche detto errore motivo) che ha fatto in modo che la volontà negoziale non si formasse liberamente, entrambe le parti potranno rendersene conto da subito; se vi è stato dolo, ossia un artificio o raggiro che abbia viziato la volontà contrattuale, il soggetto leso potrà subito rimediare, accorgendosi dell’inganno subito nello stesso periodo di prova. 
L’unico vizio della volontà meritevole di attenzione è probabilmente rappresentato dall’errore sulle qualità personali dell’altra parte contrattuale, quando queste siano determinanti per la conclusione del contratto ed essenziali per la sua esecuzione: se per esempio ad un prestatore sono richieste determinate capacità professionali, ovviamente l’assenza delle stesse ha un peso specifico notevole ed incide notevolmente sulla volontà di proseguire nell’esecuzione del contratto. Ovviamente per tutti quei contratti lavorativi c.d. di serie, dove le abilità personali e professionali del prestatore non contano, questo tipo di vizio non avrà ragione di esistere.

Tratto da DIRITTO DEL LAVORO di Alessandra Infante
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