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Il rapporto parola /immagine nel cinema


Gli apostoli del realismo, le nuove vie della teoria.

Luigi Chiarini in Arte e Tecnica del film si interroga sulla differenza tra parola e immagine, vale a dire sulla differenza tra l’astrazione del concetto e la concretezza dell’immagine riprodotta. La parola ha capacità sintetica superiore all’immagine perché esprime direttamente il concetto, ma se vuole dare della realtà una rappresentazione quanto più analitica possibile e oggettiva, non potrà mai competere con l’immagine, né per completezza né per forza sintetica. Di contro, ancora, l’immagine non può esprimere direttamente un oggetto perché ognuno se lo figura in un modo diverso. Ancora, l’immagine non sempre offre completezza o rappresentazioni analitiche dell’oggetto; la parola, allo stesso modo, non sempre è legata ad una significazione immodificabile. Tutto ciò per spiegare come sia assolutamente inutile, ai fini del confronto tra due fenomeni linguistici come cinema e teatro, analizzare le loro singole componenti (parole, immagini) in senso discrezionale. È invece necessario analizzare le circostanze diacroniche, contestuali, situazionali e tematiche in cui esse si realizzano.
Una distinzione così netta, tipicamente idealistica, tra immagine e parola, snatura l’idea stessa di cinema. L’immagine – ha invece ragione Galvano della Volpe – non è solo immagine, ma (parlando di cinema almeno) simbolo dinamico – visivo e montato. Se percepissimo l’immagine solo come tale, un film ci comunicherebbe solo impressioni informi, non certo comunicative.
Chiarini però introduce un concetto importante: il film è un’arte, il cinema un’industria. Quasi fosse una rivalsa sulle teorie marxiste, l’idealismo qui segnala a buon diritto una idea sbagliata della critica avversa. Le teorie marxiste riducevano, infatti, il problema ad un semplice sillogismo: il film è una merce, l’industria cinematografica, in quanto industria, produce merci, il film è un prodotto industriale, dunque è una merce. Fermo restando che la merce può anche avere valore positivo, non si può ridurre il problema ad una semplice formuletta sorda alla voce della realtà.
È invece la successiva distinzione chiariniana, paradossalmente, a dare un contributo nuovo al problema. Secondo Chiarini il film può essere di due tipi: film come spettacolo e film come film puro. Lo spettacolo è una forma d’arte spuria che il film fa propria, sfruttando le qualità seduttive che la tecnica drammaturgica e la messa in scena offrono; il film puro trae la propria materia unicamente dalla realtà, che viene elaborata in maniera creativa secondo le teorie di Grierson, e non è merce di mercato.

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