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Psicologia Generale:
In questi appunti di psicologia verranno trattati nello specifico i temi dell'attenzione (attenzione selettiva e le sue caratteristiche), della percezione (descrivendo la catena psicofisica, il ciclo percezione-azione, i metodi per misurare la percezione e i modelli contemporanei della percezione) ragionare per risolvere i problemi (dove verranno trattate le componenti del problem solving, spazi del problema, procedura di ricerca e ragionamento per analogia ed infine risolvere problemi deduttivi), sistema concettuale ed esplorazione (induzioni e deduzioni, il sistema concettuale e la categorizzazione, le esplorazioni e il controllo delle ipotesi), la memoria (definizione, memoria di lavoro, memoria prospettica, memoria nella vita quotidiana).
Dettagli appunto:
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Autore:
Giada Calvaruso
[Visita la sua tesi: "La violenza come espressione delle relazioni infantili. Un’analisi sistematica dal punto di vista dell’antropologia psicologica"]
- Università: Università Telematica Internazionale Uninettuno
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Psicologia Generale
- Docente: Tancredi Pascucci
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P S I C O L O G I A
G E N E R A L E
Appunti di Giada Calvaruso
Università Telematica Internazionale Uninettuno
Facoltà: Psicologia
Corso di Laurea: Discipline psicosociali
Esame: Psicologia Generale
Docente: Tancredi Pascucci
A.A. 2021/2022ATTENZIONE
5.1cosa è l'attenzione.
c'è accordo nel definire l'attenzione come: un processo mentale che ci permette di
elaborare consapevolmente tot informazioni, selezionandole dalla quantità enorme di
stimoli che acquisiamo tramite sensi(1 funzione); in più, può essere rivolta
internamente,su ricordi, pensieri. Il termine si riferisce anche alle risorse
mentali/cognitive del soggetto per l'elaborazione e l'esecuzione di azioni. La 2 funzione
è quella di controllo ed integrazione tra più tipi di informazione, permettendoci cosi di
agire adeguatamente nel nostro ambiente. La si può distinguere in varie componenti, le
cui funzioni sono distinte ma in interazione. Vediamo le componenti.
5.2 l'attenzione selettiva.
I nostri sensi registrano la presenza contemporanea di molti stimoli ed il nostro cervello
non riesce ad elaborare tutte, difatti selezioniamo gli stimoli a cui prestare attenzione,
ignorando quelli irrilevanti o che interferiscono con i nostri scopi. L'attenzione selettiva
è: l'insieme di meccanismi che consentono di concentrare le proprie risorse mentali su
alcune informazioni piuttosto che su altre, determinando ciò di cui siamo coscienti in
ogni istante.
5.2.1 l'attenzione selettiva uditiva.
L'attenzione selettiva si manifesta quando, es, conversiamo con un amico in un
ambiente rumoroso. Cerchiamo di udire e comprendere la sua voce ignorando allo
stesso tempo i rumori di fondo(fenomeno detto “problema del cocktail party”): quanto
più aumenta la differenza percettiva tra due messaggi, tanto più facile è distinguerli(es:
posizione spaziale della sorgente del suono, differenze di tono). Cherry, utilizzò nei suoi
esperimenti un compito noto come shadowing(ombreggiamento- nel senso di seguire
come un ombra): i soggetti dovevano ascoltare due messaggi e ripetere ogni parola di
uno solo che era presentato nell'orecchio, ad es, destro, ignorando l'altro presentato al
sinistro; condizione 1: c'era difficoltà se entrambi i messaggi erano presentati
contemporaneamente ad entrambe le orecchie; Condizione 2: se i messaggi erano
presentati contemporaneamente ma uno all'orecchio destro e l'altro al sinistro,
riuscivano bene nel compito; il messaggio cui non si presta attenzione, non è
totalmente ignorato, infatti i soggetti discriminano tra voci maschili o femminili,
cambiamenti di tono, ecc senza però afferrare il significato del messaggio. Quindi le
informazioni a cui non si presta attenzione, non vengono elaborate. I risultati misero in
1luce la capacità limitata di elaborazione, portando allo sviluppo dei 1 modelli
dell'attenzione: ipotizzavano la presenza di un filtro, che selezionava parte
dell'informazione, interposto tra l'input sensoriale(stimolo) e l'output
comportamentale(risposta). Il filtro costituisce il collo di bottiglia e determina la
quantità e qualità dell'informazione che passa agli stadi successivi di analisi. Per
spiegare questi dati, broadbent propose la sua teoria del filtro/selezione precoce(fa
riferimento al paradigma dell'ascolto dicotico scritto sopra):
propone un filtro posizionato dopo i registri sensoriali che seleziona l'informazione in
entrata sulla base di un analisi sensoriale e o percettiva; le info irrilevanti, non vengono
elaborate e quindi decadono dopo pochi secondi. Il filtro permette solo
all'informazione rilevante di venire analizzata fino alla costruzione del percetto e
all'attivazione dell'informazione semantica ad esso associata. Si è dimostrato però che
una parte dell'informazione relativa agli stimoli a cui non si presta attenzione, viene
analizzata semanticamente(ci si rende conto di udire il proprio nome anche se
presentato senza altri cambiamenti sensoriali, es cambiamenti di tono, nel messaggio
disatteso). Alcune manipolazioni sperimentali, possono portare a riportare parole
presentate nell'orecchio disatteso;
in un esperimento di shadowing, i soggetti dovevano riportare il messaggio presentato
all'orecchio destro. I messaggi erano presentati da 2 parti “marco ha fatto canestro e il
suo punto è stato decisivo” e “ giovanna canta benissimo e suona bene il piano”. Ad un
1 gruppo: a metà della frase, i messaggi venivano invertiti di posizione “orecchio
destro: marco ha fatto e suona bene il piano” -”orecchio sinistro: giovanna canta bene
e il suo punto è stato decisivo”; i soggetti ripetevano erroneamente la parola
nell'orecchio disatteso(affioramento o intrusione-breakthrough) subito dopo
l'inversione, prima di tornare a ripetere il messaggio dell'orecchio atteso: john ha fatto
canestro ed il suo punto(affioramento) in modo incredibile. L'elaborazione a livello
semantico, cosi come l'affioramento, non erano previsti nel modello di Broadbent, e
questo ha portato treisman a proporre una modifica alla sua teoria, nota ora come
teoria dell'attenuazione o del filtro attenuato: per treisman, i risultati si spiegano
modificando la natura del filtro e ipotizzando un filtro che attenua, ma non blocca
completamente, l'accesso all'informazione non selezionata. La teoria di treisman
mantiene la selezione precoce di broadbent, ma cambia le proprietà selettive del filtro;
le parole hanno un livello di soglia che, se superato, viene riportata anche se
presentata nel canale disatteso. in alternativa è stata proposta la teoria del filtro a
selezione tardiva dove si ipotizza un altro posizionamento del filtro, ossia dopo i
processi percettivi e prima della risposta, nella fase decisionale o di programmazione
della risposta. Questo approccio prevede che il sistema analizzi completamente tutta
l'informazione(tutti vengono elaborati), quella inviata all'orecchio cui si presta
2attenzione e quella inviata all'altro orecchio e ne valuti la salienza; se è
saliente(rilevante x soggetto)viene lasciata passare dal filtro. solo alcuni quindi
raggiungono il livello della risposta.
Sia la teoria dell'attenuazione, che quella della selezione tardiva predicono il solito
risultato: l'informazione disattesa può essere elaborata fino al livello semantico. La
differenza: nella teoria dell'attenuazione, si propone che l'identificazione
dell'informazione disattesa sia l'eccezione e non la regola; la teoria della selezione
tardiva, sostiene l'opposto, cioè che l'estrazione del significato sia la regola e non
l'eccezione. Non si è oggi arrivati ad una prova a favore di uno dei due modelli;
Secondo alcuni, il soggetto ha un grado di controllo sulla posizione del filtro e può
spostarla a seconda delle caratteristiche del compito; altri sostengono che è possibile
un modello ibrido con entrambi gli stadi.
5.2.2 l'attenzione visiva spaziale
quando la funzione che ci permette di selezionare le informazioni riguarda la modalità
visiva(info presenti nel campo visivo), si parla di attenzione spaziale(es. Al cinema pieno
che cerchiamo un posto-o guardando il pc vediamo sulla sinistra il cell illuminarsi).
risponderemo a come l'attenzione spaziale è coinvolta in queste situazioni, a come si
orienta l'attenzione visiva nel campo visivo, ecc.
5.2.2.1 l'orientamento manifesto e l'orientamento implicito.(si parla di Attenzione
visiva spaziale)
Per capire come si orienta la nostra attenzione visiva, bisogna considerare le modalità
di esplorazione dello spazio intorno a noi(del nostro campo visivo). due modalità di
esplorazione:
1) è lo spostamento degli occhi cosi da indirizzare la fovea verso gli oggetti-posizioni
spaziali(consente un efficace elaborazione, e il riconoscimento accurato degli oggetti).
Qui si parla di orientamento manifesto(overt) perchè coinvolge il movimento degli
occhi.
2) lo spostamento dell'attenzione sulla posizione-oggetto di interesse. Qui si parla di
orientamento implicito(covert) perchè ci si focalizza su determinate parti del campo
visivo e si elaborano tot parti rispetto ad altre, senza però muovere gli occhi o lo
sguardo.
In genere i due sistemi operano insieme: dove si porta lo sguardo, viene portata anche
l'attenzione. È possibile separarle le 2 modalità: come quando teniamo fermo lo
sguardo su qualcosa e guardiamo allo stesso tempo con la coda dell'occhio
altro(attenzione rivolta ad altro).
Le informazioni provenienti dalle zone su cui prestiamo attenzione, vengono elaborate
meglio.
3
5.2.2.2 l'orientamento volontario e automatico.(si parla di Attenzione visiva spaziale)
Possiamo quindi dirigere l'attenzione nel campo visivo anche senza muovere gli occhi
ed i fattori che guidano e controllano l'orientamento dell'attenzione sono i nostri
scopi, intenzioni e aspettative(decidiamo noi dove/cosa rivolgere attenzione).
L'attenzione può però orientarsi automaticamente, indipendentemente dalla nostra
volontà: ciò capita quando compaiono stimoli improvvisi-inattesi(es. forte rumore)
perchè attraggono l'attenzione grazie alla loro salienza.
Ci sono due tipi di stimoli che innescano due tipi di orientamento dell'attenzione
diversi:
1)stimoli endogeni/centrali: che guidano l'orientamento volontario. 2)stimoli
esogeni/periferici: stimoli che guidano l'orientamento automatico.
La ricerca sull'attenzione spaziale si è occupata di stabilire le caratteristiche
dell'orientamento volontario e automatico e di definire i meccanismi su cui si basa
l'orientamento attentivo.
Per studiare l'orientamento volontario dell'attenzione, Posner ha proposto il paradigma
dello spatial cueing (suggerimento spaziale-paradigma di Posner): il soggetto è seduto
davanti ad uno schermo dove c'è un punto (detto di fissazione) e deve mantenere gli
occhi fermi sul punto, cosi da poterne studiare l'orientamento implicito. Ai lati del
punto sono presentate delle cornici quadrate ed il compito è quello di rispondere
velocemente alla comparsa del target(+) che compare entro le cornici premendo un
tasto. Sono registrati i tempi di reazione/risposta (TR) per il rilevamento del target.
Prima della comparsa del target, uno stimolo(freccia) suggerisce in quale cornice
comparirà il target. La freccia è un cue centrale(indizio) sulla comparsa futura del
target, facendo cosi dirigere volontariamente l'attenzione(quindi stimolo endogeno)
sulla cornice segnalata dal cue.
Il soggetto viene informato che la maggior parte delle volte il target compare nella
posizione indicata dal cue(prove valide), mentre in altre compare in posizioni
diverse(invalide). Risultati: il soggetto risponde più velocemente al target nelle prove
valide e ciò è interpretato come prova del fatto che è stato in grado di spostare in
anticipo l'attenzione nella posizione indicata dal cue, grazie alle aspettative suscitate
dal fatto che la maggior parte delle volte il cue suggerisce la comparsa del target. Il
rivolgere l'attenzione sulla posizione di possibile comparsa del target, ha l'effetto di una
migliore elaborazione del target che si traduce in riduzione del tempo di risposta. La
differenza del TR tra prove invalide e valide, si chiama effetto di validità. Questo
paradigma è usato anche per illustrare che 'attenzione può essere orientata in modo
automatico indipendentemente dal fatto che il cue possa fornire informazioni sulla
posizione del target: viene presentato un cue periferico(stimolo esogeno), come ad
4esempio la comparsa di un flash entro le cornici, non fornendo nessuna informazione
sulla possibile comparsa del target cosi che l'attenzione non si sposta volontariamente
sulla rispettiva cornice, in quanto è irrilevante. Se è in grado di ignorare il cue, la sua
presentazione non ne è influenzata; invece il TR nelle prove valide, è meglio rispetto
alle invalide: questo perchè lo stimolo esogeno ha attratto su di sé l'attenzione
automaticamente.
Differenza dei due orientamenti, oltre che per l'intenzionalità del 1 ma non del 2 : ci
sono differenze qualitative e quantitative; l'effetto di validità del cue varia in funzione
del SOA(asincronia inizio stimolo) che intercorre tra la presentazione del cue e del
target. L'orientamento volontario è più lento e i benefici risultanti dall'attenzione
emergono più lentamente rispetto a quello automatico che è più rapido; in più l'effetto
di validità dura più a lungo in quello volontario; in quello automatico quando il SOA è
superiore a tot secondi, c'è un inversione dell'effetto validità: le prove invalide hanno
TR più rapida rispetto alle valide(fenomeno di inibizione di ritorno-IOR) e cioè ha la
funzione di evitare che l'attenzione ritorni su posizioni del campo visivo già esplorate,
facilitando quelle non ancora visitate. Oltre all'inibizione di ritorno, quello automatico
si differenzia per: si presenta anche se si è impegnati in altro; non dipende dalle
aspettative; non può essere interrotto(quello volontario si); agisce come riflesso,
permettendo di rilevare eventi imprevisti/utili per adattamento. Quello volontario fa si
che si selezioni intenzionalmente, per elaborarli meglio, gli stimoli rilevanti per
raggiungere scopi. Le differenze riscontrate tra i due tipi, hanno fatto supporre che si
tratti di due meccanismi distinti, ma in interazione tra loro. E possibile che competano
per il controllo dell'attenzione(ovvero evitare di farsi distrarre da uno stimolo che
improvvisamente entra nel campo visivo quando siamo volontariamente impegnati ad
altro?). NO. Ma secondo una teoria è possibile, in quanto non esisterebbe un
orientamento puramente automatico dell'attenzione: è il contesto(mental set) in cui ci
si trova, gli obiettivi, a controllare l'orientamento dell'attenzione. Quindi non tutti gli
stimoli inaspettati, anche salienti, sono in grado di attrarla automaticamente, solo
quelli rilevanti per gli scopi(cattura contingente dell'attenzione: presterò attenzione
automaticamente a stimoli inerenti al compito/scopo). lo spostamento dell'attenzione,
migliora l'elaborazione dell'informazione proveniente dalle zone del campo visivo su
cui è stata portata l'attenzione.
5.2.2.3 la ricerca visiva
si è usato finora stimoli visivi semplici(puntino) ma nel quotidiano, non è subito
evidente ciò a cui siamo interessati. Prima di analizzarlo va trovato e identificato tra più
oggetti. Si usa quindi l'attenzione selettiva per fare una scansione dell'ambiente cosi da
identificare le caratteristiche dell'oggetto che cerchiamo(cercare marca caffè). È stato
5sviluppato un paradigma della ricerca visiva(Treisman-gelade: visual search) per vedere
cosa determina lo spostarsi dell'attenzione e per sapere cosa distingue una ricerca
facile da una difficile. Viene presentato su un pc uno stimolo composto da alcuni
elementi e se ne deve cercare uno particolare(target/bersaglio: es cerchio rosso); ci
sono due tasti per rix, uno se il bersaglio è presente e l'altro se è assente. Sono anche
presentati dei distrattori(elementi con diverse caratteristiche); il tempo per eseguire il
compito dipende dalle caratteristiche che distinguono il bersaglio dai distrattori.
Quando una caratteristica(es colore) è presente nel bersaglio e non nei distrattori la
nostra ricerca è efficiente(ricerca parallela e di conseguenza di ricerca preattentiva
perchè l'elaborazione in parallelo è indice di un meccanismo che opera senza
attenzione). Quando il bersaglio ha due caratteristiche è ciascuna c'è nei distrattori, il
compito diventa complesso in quanto non si distinguono i due(cercare pallino
rosso(target) in mezzo a distrattori che sono pallini verdi(condividono forma) e
quadrati rossi(colore)). Si fa una ricerca cosi , di congiunzione di caratteristiche, perchè
solo entrambe le caratteristiche insieme discriminano bersaglio e distrattori.
Il sistema quindi analizzi lo stimolo elemento per elemento parlando cosi di ricerca
seriale e questa ricerca è autoterminante(quando si trova lo stimolo, la ricerca si ferma
dando una rix; quando non c'è si analizzano tutti gli stimoli prima di rix). Per spiegare i
risultati, Treisman ha proposto la teoria dell'integrazione delle caratteristiche: il
processo di identificazione del bersaglio avviene in 2 stadi:
1) le caratteristiche elementari che diversificano gli oggetti di una scena sono codificate
in una mappa mentale, senza l'attenzione.(c'è mappa per colore,forma,ecc.)
2) per costruire il percetto degli oggetti, si devono unire le informazioni delle varie
caratteristiche di ogni oggetto; per eseguire questo processo è necessaria l'attenzione,
che viene spostata da posizione a posizione e quindi da oggetto ad oggetto.
solo con l’intervento dell’attenzione percepiamo un oggetto; prima dell’attenzione
l’oggetto è un insieme di caratteristiche elementari elaborate in aree separate del
cervello. Per treisman quindi se è possibile utilizzare una singola mappa per
identificare il bersaglio, la ricerca è effettuata in parallelo e il bersaglio salta subito
all'occhio(effetto pop-out). In caso contrario, bisogna caratterizzare l'oggetto da
ricercare a livello percettivo, combinando le informazioni di più mappe.
A favore della teoria, un es: invertendo la forma del target e dei distrattori, si passa da
una ricerca preattentiva e parallela(si cerca la Q tra le O: target identificabile usando 1
caratteristica, trattino q) ad una seriale ed attentiva(si cerca la O tra le Q: target
identificabile per la combinazione di 2 caratteristiche, presenza del cerchietto e assenza
del trattino). Quindi sono state passate in rassegna le posizioni degli oggetti e sono
state combinate le informazioni nelle due mappe(che rappresenta cerchi e che
rappresenta trattini; fenomeno detto feature positive effect: effetto della presenza di
6una caratteristica: a indicare che uno stimolo viene facilmente identificato quando può
essere individuato dalla presenza di una caratteristica discriminante, rispetto a quando
deve essere individuato in base all'assenza di quella caratteristica; nell'es, il trattino
della q). a favore del modello l'autore ha descritto il fenomeno della congiunzioni
illusorie, dove viene erroneamente percepita la presenza di uno stimolo inesistente,
dato dalla congiunzione di due caratteristiche appartenenti a due stimoli diversi; se si
mostrano con tempi di esposizione brevi, delle A rosse con H verdi e numeri neri e
viene chiesto di riportare prima i numeri e poi le lettere indicandone il colore, viene
riportato di aver visto A verdi ed H rosse, combinandone quindi le caratteristiche.
2 A H A 4
Questo errore secondo l'autore, è dovuto al fatto che ,mentre le caratteristiche
elementari degli stimoli sono elaborate correttamente(i soggetti non riportano un
colore non presente nello stimolo) l'attenzione, in presenza di condizioni non
ottimali(qui limite temporale) combina per sbaglio caratteristiche non coincidenti
spazialmente. La teoria dell'integrazione di caratteristiche è una teoria della selezione
precoce, perchè prevede che possa essere selezionato un solo oggetto alla volta e ciò
che determina la selezione è la posizione spaziale.
5.2.2.4 l'attenzione basata sugli oggetti
si è parlato fino ad ora di attenzione basata sullo spazio. C'è un'altra teoria che spiega i
dati appena visti: l'attenzione seleziona gli oggetti presenti nel nostro campo visivo e
non porzioni di spazio per sé. Fino ad ora gli esperimenti non hanno distinto tra le due,
dato che gli oggetti occupano porzioni di spazio. la perdita di precisione nel rispondere
a domande riguardanti due oggetti diversi, è dovuta al fatto che spostiamo l'attenzione
dal 1 al 2 oggetto e quindi questa opererebbe sugli oggetti e non sulle posizioni spaziali.
Una prova in ciò è stata dimostrata con il paradigma di Flanker(fiancheggiare): sono
presentate delle lettere e viene chiesto di rispondere velocemente in base all'identità
della lettera in centro ( F F X F F) trascurando le fiancheggianti.
Se la centrale è X o F, rix con tasto dx; se è Y o H col sinistro; il tempo per rispondere
alla X aumenta quando è affiancata da lettere che richiedono la rix col sinistro (H),
rispetto a quando la lettera richiede lo stesso tasto(F). l'effetto flankers, è un dato a
favore dell'idea che l'attenzione selezioni porzioni di spazio. Quindi l'attenzione può
mettere a fuoco una porzione di spazio e analizzare l'info in essa contenuta e se nello
spazio c'è solo la lettera centrale e non c'è interferenza (H- X -H) se ci sono più lettere,
possono interferire tra loro (H-X-H ). se le lettere lontane vengono unite
percettivamente, i risultati non sono spiegabili dall'idea che l'attenzione selezioni
porzioni di spazio e ciò è stato dimostrato(Driver-baylis): usarono stringhe di 5 lettere
creando un unità percettiva spazialmente separata (o colorando la lettera centrale e le
due esterne allo stesso modo o facendole muovere insieme); l'effetto di interferenza
7maggiore si ottiene quando i distrattori sono più lontani dalla lettera centrale ma
raggruppati percettivamente con questa(H F X F H).
La risposta allo stimolo HFXFH è rallentata dalle H che sono spazialmente distanti;
mentre la rix ad uno stimolo F H X H F non è influenzata dalle due H anche se vicine.
questo risultato non si spiega con il concetto di attenzione basata sullo spazio. La
questione se l'attenzione sia basata sullo spazio o sugli oggetti non è facile; ci sono dati
a favore di entrambe; si ritiene che i due meccanismi siano presenti insieme: prima
l'attenzione seleziona un area dello spazio; e se necessario all'interno di questa effettua
una selezione in base agli oggetti.
RAGIONARE PER RISOLVERE I PROBLEMI
problem solving: usare il proprio impegno e capacità di ragionamento,motorie,
attentive,di memoria ecc, per cercare di modificare situazioni che ci danneggiano o per
rimuovere ostacoli che impediscono di raggiungere un qualche obiettivo.
le tre componenti del problem solving sono
- Rilevazione del problema, cioè il confronto tra l’ambiente attuale ed i propri obiettivi.
Un problema sussiste se un obiettivo non è conseguibile attraverso azioni.
-l'impianto logico: è di tipo ipotetico-deduttivo; lo sviluppo dell’impianto logico si
intreccia con le operazioni concrete in interazione con l’ambiente( telefonare, cercare
in camera,ecc). La parte deduttiva dell'impianto logico di questo problema, è una serie
di sillogismi di tipo DS: la conclusione è valida-vera quando le premesse sono tutte
vere. È la parte ipotetica che le ha generate, chiedersi “come” permette di circoscrivere
le altre due componenti del problem solving
- Rappresentazione del problema: lo stupore che mi coglie nel non trovare il
libro(rilevazione problema) mi induce a chiedermi la ragione, cioè cerco
spiegazioni(abduzione). Le mie conoscenze passate suggeriscono vari spiegazioni, e al
contempo recupero anche strutture causali apprese induttivamente e relative alle
proprietà del mondo fisico: uno stesso oggetto non può essere contemporaneamente
in più posti, quindi deve essere in uno dei luoghi dove l'ho portato. Sondo la mia
memoria per ricordare in quali luoghi possa aver portato il libro(camera,ristorante). Le
spiegazioni che ipotizzo generano tre previsioni tra loro disgiunte. Ho costruito una
rappresentazione del problema o spazio del problema, composta di diverse possibilità;
trattandosi di premesse generate da ipotesi induttive, possono essere false(es. Il libro
può essere stato rubato, o la mia memoria ha lavorato male). quanto più povere ed
inadeguate saranno le conoscenze causali a disposizione, tanto più i tentativi di
soluzione si configureranno come una ricerca per prove ed errori. Al contrario, se gli
schemi causali a disposizione sono ricchi di conoscenze accurate, la soluzione potrà
8essere raggiunta in modo rapido.
- Ricerca della soluzione: controlla una possibilità, occorre procedere a controllare le
altre . Nel secondo step, il controllo si costituisce come una ricerca positiva di
informazioni(telefono il ristorante) e mi consente di escludere un'altra possibilità e il
suo esito è un altra premessa, ovvero il libro non è al ristorante. se lo trovo ho risolto il
problema senza dover tornare indietro(backtracking) a ripensare cosa sia andato male.
Se non ho più tempo, risorse o motivazione, abbandono il problema, se invece cel'ho
intraprendo la fase di revisione di ipotesi: ricomincio da capo, cercando di stabilire
come generare un'altra rappresentazione del problema(ristrutturazione del compito).
9.2.1 – L’APPROCCIO GESTALTICO, IL PENSIERO RIPRODUTTIVO E IL PENSIERO
PRODUTTIVO
Nella prospettiva gestaltistica la percezione e il pensiero non erano considerate entità
separate, ma entrambi fenomeni della vita mentale. I termini “pensiero con immagini”
o “senza immagini” furono sostituiti dalla distinzione tra Il pensiero riproduttivo: sta
nella capacità di replicare schemi appresi in passato. es: è il pensiero riprodotto dal
gatto di thornidike quando, dopo aver appreso per prove ed errori come si apre la
gabbia, sa aprila quasi subito. E’ guidato all’esperienza.
Il pensiero produttivo: senza coinvolgere procedimenti esperienziali per prove ed
errori, permette di ricombinare concetti e nozioni in forme nuove. consente di
generare una soluzione creativa a un problema e mai esperita prima.
9.2.2 – LE SCIMMIE DI KOHLER
Kohler studiò il comportamento degli scimpanzè posti di fronte a problemi che
consistevano nel presentare a loro il cibo in posizioni non direttamente raggiungibili.
in una prima fase gli scimpanzè erano capaci di comportamenti di detouring(seguire
una via indiretta per raggiungere un obiettivo): se tirava una banana fuori dalla finestra
e la si chiudeva, l'animale usciva dalla porta per prenderla. Per andare in direzione della
porta però, l'animale doveva avere a disposizione una mappa mentale dell'ambiente ,
dove si rappresentava possibili percorsi alternativi rispetto a quello diretto( finestra
chiusa). Per Kohler questa forma di problem solving costituiva il pensiero produttivo: il
problema è risolto per prove ed errori ma le prove e gli errori sono simulati nella mente
invece che agiti nell’ambiente. descrisse una sequenza di fenomeni osservabili durante
vari tentativi:
1)di fronte ad un problema nuovo, tendevano a produrre fenomeni diretti e non
efficaci: saltare, protendere il braccio fuori dalla gabbia,ecc. 2)talvolta si fissavano su un
certo tipo di soluzione ripetendola più volte anche dopo aver constatato che non era
efficace(fissazione)
3)innervositi, si ritiravano in un pausa di inattività, dove guardavano le banane, e gli
oggetti da usare: revisiona/ristruttura la rappresentazione del compito avvalendosi di
9conoscenze causali.
9.2.3 – FENOMENOLOGIA DEL PROBLEM SOLVING.
Kohler, Duncker e Wertheimer descrissero una fenomenologia del problem solving,
cioè manifestazioni comportamentali frequenti osservate durante la risoluzione di
alcuni tipi di problemi, detti problemi per insight:
1)Impasse: il partecipante ha esplorato tutte le possibilità a disposizione producendo
dei tentativi senza raggiungere un buon esito. Si blocca, può abbandonare il compito.
2)Fissità o fissazione: tenta e ritenta una strategia già provata e rivelatasi inefficace;
non riesce a disancorarsi da vecchie ipotesi per svilupparne di nuove.
3)Incubazione: una pausa temporale interposta tra diversi tentativi di soluzione e
durante la quale non ci si dedica al problema; può aiutare a trovare una nuova
soluzione.
4)Esperienza-aha erlebnis: è il momento in cui si accende la lampadina in testa e uno
esclama “ ho trovato”. Dopo stati di impasse, fissazione ed eventuali incubazioni, la
soluzione misteriosa può rivelarsi.
9.2.3.1– EFFETTI DI FISSITA’
Conoscenze precedenti, apprendimenti passati verso la struttura del problema,
impongono vincoli che possono impedire il raggiungimento della soluzione. Duncker,
illustrò la fissità funzionale, cioè un blocco mentale che impedisce di usare un oggetto
in modo nuovo. Presentava ai soggetti, una candela, delle puntine e dei fiammiferi.
Dovevano appendere la candela al muro. Molti scioglievano la candela a mo di colla,
cercando di attaccarla con le puntine e non riuscendovi entravano in una fase di
impasse e rinunciava. Alcuni però usarono la scatola come porta candele, e con un po'
di cera attaccavano la candela alla scatola, che veniva appesa al muro con le puntine.
Questo tipo di sblocchi improvvisi, sono detti soluzioni per insight(riuscire a vedere
mentalmente una possibilità che prima ci era nascosta). Duncker spiegò la fissità
funzionale, dicendo che la scatola è associata, nel nostro patrimonio di conoscenze, alla
funzione di contenitore e non alla funzione di supporto; per concepirla come tale,
servirebbe una nuova associazione, ecco spiegato il risultato dei soggetti. Se però la
scatola viene presentata dissociata dalla sua funzione aiuta a indebolire il vincolo
funzionale, e a vederle in modo nuovo.
9.2.3.3 – RISTRUTTURAZIONE E INSIGHT
un'intuizione improvvisa, concependo il problema in modo diverso, il “ahhh”. Il termine
insight si riferisce al tipo di ristrutturazione o ricentramento improvviso del campo
percettivo: è quella di una scoperta o illuminazione improvvisa(la aha-erlebnis). le
soluzioni per insight(insight detto attualmente soluzioni pop-out) scaturiscono da
processi fuori dal controllo consapevole del soggetto.
109.3– SPAZI DEL PROBLEMA E PROCEDURA DI RICERCA
Nel 1955 Newell,Simon e Cliff Shaw, svilupparono la LT (Logical Theorist), un
programma per dimostrare alcuni dei teoremi logici in modo automatico. Per Simon le
memorie non sono infinite così come il tempo di esecuzione. Ogni formalismo volto a
descriver la soluzione dei problemi e il corrispondente programma, deve tener conto di
questi limiti. Chi risolve i problemi, secondo Simon, non cerca soluzioni ottimali(le più
efficaci) cerca soluzioni buone abbastanza rispetto agli obiettivi e alle risorse a
disposizione.
9.3.1.1 la mappa: lo spazio degli stati
Per Newell e Simon (1972), lo spazio del problema è la comprensione iniziale del
problema, che consente di generare lo spazio degli stati ( di conoscienza ) che
connettono la condizione iniziale a quella terminale. Esistono molti modi per
rappresentarsi un problema e ciascuno genera diversi tipi di spazi degli stati(mappa di
azioni da percorrere per arrivare alla soluzione). Per molti lo spazio degli stati è finito ,
ma molto vasto. Lo semplifichiamo con: la torre di hanoi; l'obiettivo è spostare tutti i
dischi sul terzo piolo, nell'ordine in cui sono sul primo(il più grande in fondo e gli altri
sopra, in ordine di decrescente grandezza). Si può muovere un disco alla volta, e mai
collocare un disco più grande sopra uno piccolo. Per newell e simon, lo spazio del
problema è la comprensione iniziale del problema che consente di generare lo spazio
degli stati/stati di coscienza che connettono la condizione iniziale a quella terminale.
Esistono molti modi per rappresentarsi un problema e ciascuno genera diversi tipi di
spazi degli stati. Uno spazio del problema consiste nelle mosse da fare per arrivare
dallo stato iniziale di un problema allo stato finale. Per semplificare il problema
vengono individuati dei sotto problemi. La torre di Hanoi è un gioco che simula questo
processo e il suo obiettivo è quello di arrivare dallo stato iniziale a quello finale nel
minor numero di mosse. Ad ogni sotto obiettivo c'è una decisione da prendere per
arrivare al passaggio successivo (euristica dei mezzi-fini). Da un punto di vista logico il
sotto problema corrisponde a un nodo da sviluppare attraverso gli operatori logici (and,
or).
l' HILL CLIMBING (ARRAMPICAMENTO SULLA COLLINA)
l’hill climbing, una strategia di ricerca euristica che non richiede memoria ma solo di
sapere quale sia l’obiettivo e quale lo stato attuale. è come uno scalatore cieco che per
raggiungere la vetta di una collina fa solo passi in salita. Il ragionamento è: se salgo
sempre e non scendo, forte prima o poi arriverò alla vetta ma può essere poco
efficace(può non incrementare molto la possibilità di raggiungere la vetta: basta che un
passo in salita ci porti su un dosso e ci fermeremo li, convinti di essere sulla cima, in
quanto da li in poi i passi possibili sono solo in discesa). Per quanto rozza, la
applichiamo spesso: es, molte persone, si buttano all'assalto dei loro
11obiettivi(economici,ecc) per le vie che sembrano le più dirette, con il piano “ avvicinarsi
il più possibile il più in fretta possibile” per rendersi conto poi che l'obiettivo non
l'avevano raggiungo causa del tentativo rapido di avvicinamento, mentre se li avessero
raggiunti con più cautela, avrebbero avuto più chance.
9.4.1 – RAGIONAMENTO PER ANALOGIA
ragionamento per analogia: consiste nel far coincidere alcune caratteristiche di un
problema già risolto in passato con alcune caratteristiche di uno nuovo. In base a
quelle somiglianze ipotizziamo che la vecchia soluzione possa applicarsi anche al nuovo
caso(si ipotizza che la vecchia soluzione possa essere data al nuovo problema). se una
volta tentata, la soluzione è giusta, impareremo che questo schema di conoscenza
causale, potrà essere applicato a problemi analoghi.
9.4.1.1 – A COSA SERVE L’INDIVIDUAZIONE DI ANALOGIE?
Ogni volta che non abbiamo sufficienti informazioni specifiche per stabile come
comportarci in una situazione nuova, o per risolvere un problema nuovo, cerchiamo
analogie: ossia cerchiamo di reclutare conoscenze da un altro dominio per applicarle
alla nuova situazione. Per aumentare le probabilità che le conoscenze reclutate siano
adeguate, è necessario che i due domini(problema vecchio e nuovo) siano
strutturalmente simili. L'individuazione di analogie è un processo frequente: se
entriamo in una macchina nuova, stabiliamo un analogia con la nostra vecchia, per
cercare di capire dove sono i comandi, ecc. L'individuazione di analogie, come tutti i
processi induttivi, genera ipotesi e non certezze: quindi, può condurre a conclusioni
errate. Solo se si dimostrano adeguate le analogie possono essere ricordate ed apprese
in forma di schema.
9.4.1.2– SOMIGLIANZE TRA STRUTTURE
La somiglianza può essere intesa come un confronto tra le caratteristiche superficiali di
due oggetti. L’analogia consiste anch’essa in un allineamento che però privilegia le
relazioni, al posto delle caratteristiche superficiali.
9.4.1.4 l'uso di analogie come strumenti di persuasione.
L'analogia è usata frequentemente nel discorso politico, per portare sostegno alle
scelte e argomentazione di un qualche partito; per esempio, nella 1 guerra del golfo, il
presidente bush senior propose un analogia a sostegno dell'intervento nel golfo,
dichiarando che saddam hussein è come hitler. Se i due sono allineati, allora l'iraq deve
essere come la germania nazista; se l'analogia è considerata plausibile, si rafforza.
L'analogia può esse manipolata fornendo informazioni false: bush senior, prosegui
l'analogia del padre “saddam è come hitler” ma per renderla più convincete, inventò
una falsa informazione che, come fece hitler, saddam sviluppava armi di distruzione di
massa. L'analogia quindi si può trasformare in uno strumento di manipolazione di
convinzioni e idee dell'opinione pubblica. la somiglianza superficiale, non è l'unico
12fattore che rende facilmente visibile un'analogia; importante è anche la somiglianza
degli obiettivi: nel cercare analogie per risolvere problemi nuovi, si esplorano le
conoscenze precedenti relative a problemi con obiettivi simili e con contenuti
superficiali simili.
9.5– RISOLVERE PROBLEMI DEDUTTIVI
Se l’induzione nelle sue forme(dalla creazione di ipotesi per associazione, fino alle
analogie agli insight creativi) gioca un ruolo importante nell’impianto logico del
problem solving, è la deduzione che ne definisce la struttura. Nei problemi a struttura
deduttiva, per risolvere basta raggiungere una conclusione che segua logicamente dalle
premesse; es: la parte deduttiva del problema, si completa quando raggiungo la
conclusione che il libro deve essere per forza nella stanza; non comprende ciò il
mettersi a cercalo ed è indipendente dal trovarlo o meno. quindi la deduzione ha un
ruolo fondamentale nella pianificazione del comportamento. Le nostre risorse
cognitive a nostra disposizione sono mediamente troppo limitate per consentirci di
essere corretti e coerenti, da un punto di vista deduttivo, in tutti i nostri ragionamenti
spontanei.
9.5.2 alcuni esempi sulla difficoltà di rappresentarsi possibilità
esemplifichiamo questi limiti Un esempio è il problema di thog: vengono presentate
delle figure geometriche(un quadrato nero- un cerchio bianco- un cerchio nero e un
cerchio bianco). Lo sperimentatore scrive su un foglio uno dei colori e una delle forme,
e dice “è un thog se e solo se, ha il colore scritto sul foglio o la forma scritta sul foglio,
ma non entrambe. Alla luce di ciò il cerchio nero non è un thog, ce ne sono altre ? Se si
quali?”. l problema risulta risolto solo da una percentuale bassa dei soggetti, circa il
30%, e anche in questo caso una delle difficoltà sembra essere creata dai limiti della
memoria a breve termine. Qualunque siano i valori scelti, poiché il cerchio bianco e il
quadrato nero ne hanno uno in comune e una no con il cerchio nero essi non possono
essere THOG: o ne hanno due oppure nessuno. Il quadrato bianco, invece, avrà
esattamente il valore opposto a quello scelto per il cerchio nero, quindi è un THOG. È il
bianco.
il compito è facilitato quando l'esplicitazione di quelle due possibilità è resa più
semplice, cambiando in vari modi il formato di presentazione del problema.
Un altro esempio: Le "inferenze illusorie" sono una classe di problemi deduttivi che la
quasi totalità degli individui risolve fornendo una risposta apparentemente ovvia
("illusoria") ma assolutamente erronea dal punto di vista logico. Un esempio di
"inferenza illusoria" è il seguente
Solo una delle due seguenti frasi, riferite ad una mano di carte, è vera (che non puoi
13vedere):
2)Se nella mano c’è un Re, allora c’è anche un Asso.
3)Se nella mano c’è una Regina, allora c’è anche un Asso.
4)nella mano c'è un jack o c'è un 10 o entrambi.
Domande: è possibile che nella mano ci sia un jack? È possibile ci sia un asso ?
È probabile la risposta si a tutte le domande. La risposta si alla domanda “il jack può
esserci” è corretta , e rende vera la premessa 4, dato che esistono possibilità dove la 2 -
3 sono false rispettando la premessa 1. lo stesso discorso vale per la risposta si alla
domanda 4(basta immaginarsi una mano con un asso, senza re né regine né jack né 10:
la seconda premessa sarebbe vera e le altre due false). Ma la risposta si alle domande 2
e 3: per la 2, se l'asso ci fosse, sarebbero vere almeno due premesse(2-3) in aperta
contraddizione con la premessa 1. la stessa cosa vale per la risposta si alla 3 domanda:
se ammettiamo il jack, ammettiamo la possibilità che sia vera la premessa 4. ma dato
che, insieme al jack, l'asso o c'è o non c'è, sarebbe vera anche o la 3 o la 2, in aperta
contraddizione con la premessa 1. La spiegazione di questi errori, non consiste nel fatto
che abbiamo dimenticato la premessa 1 o che non l'abbiamo capita bene; il
ragionamento più frequente nel rispondere alla domanda due è : solo una delle frasi è
vera: se è la 2 a esserlo, allora l'asso è possibile; se è la 3 ad essere vera, l'asso è
possibile; se la 4 è vera l'asso è possibile. Quindi qualsiasi sia la frase vera, l'asso è
possibile. Ragionando cosi però , non ci si chiede quali possibilità rendono false due
premesse: in nessuna di esse vi è l'asso. Nel ragionare, non le abbiamo considerate e
questo porta ad una rappresentazione incompleta del problema che induce alla
risposta scorretta. Come nel problema thog, la risposta più frequente è quella guidata
da una rappresentazione iniziale e parziale del problema, a prescindere dal fatto che sia
sufficiente a rispondere correttamente(domanda 1-4) o insufficiente(domande 2-3).
Questo tipo di effetti, sono chiamati inferenze illusorie e sono spesso usate.
9.5.4 I SILLOGISMI CATEGORICI O ARISTOTELICI.
Abbiamo già visto il classico dei sillogismi aristotelici a definire la deduzione stessa. Da
una premessa che esprime una regola generale, attraverso una seconda premessa che
esprime un caso specifico, si arriva ad una conclusione specifica(tutti gli uomini sono
mortali- socrate è un uomo- quindi socrate è mortale). I sillogismi categorici: si
compone di 2 premesse e di una conclusione. È valido se la conclusione è
necessariamente vera alla luce delle premesse.
La conclusione deve essere valida e ciò dipende dalla forma e non dal contenuto. Es:
tutti i bovini sono animali-alcuni bovini sono mucche. Suggerisce la conclusione dettata
da conoscenze precedenti “ tutte le mucche sono animali”, ma applicando la forma ad
altri contenuti: tutti i bovini sono animali-alcuni bovini sono neri, ci accorgiamo che la
conclusione non è vera; non è vero che tutte le cose nere sono animali e che tutti gli
14animali sono neri. i sillogismi categorici usati per indagare i processi deduttivi utilizzano
termini inventati, cosi da evitare che le conoscenze precedenti relative alle premesse e
conclusioni, influenzino la scelta della conclusione.
9.5.4.2 le regole euristiche nei sillogismi categorici: l'effetto atmosfera e il principio
del matching
quando vogliamo rispondere rapidamente, ci avvaliamo di semplici regole euristiche,
parsimoniose dal punto di vista cognitivo. Woodworth e sells, ne individuarono una e
proposero la teoria dell'effetto atmosfera: nel risolvere un sillogismo aristotelico e
adotta questa euristica risponde affidandosi a caratteristiche superficiali delle
premesse. Il modo delle due premesse produce un atmosfera generale del sillogismo,
che suggerisce il modo della conclusione.
Le euristiche dell'atmosfera hanno poco a che fare con la logica del sillogismo:
affrontando i sillogismo con queste euristiche, si può produrre un buon numero di
conclusione corrette. Es:
sillogismo 1: tutti gli A sono B – Tutti i B sono C. ( A è C)
sillogismo 2: tutti i B sono A- tutti i B sono C (ci viene da dare la 1 rix, ma in realtà è “
alcuni A sono C”. wetherick e gilhooly, ipotizzano un meccanismo euristico simile
all'effetto atmosfera: le persone preferiscono produrre una conclusione che contenga
uno dei quantificatori presenti nelle premesse; se le premesse hanno lo stesso modo, il
quantificatore della conclusione sarà identico a quello nelle premesse. Questa euristica
del matching(corrispondenza) emula la predizioni dell'effetto atmosfera, con maggiore
precisione rispetto ai dati empirici.
9.5.7.1 il belief bias.
una conclusione sillogistica è più facilmente accettata se l’individuo la ritiene vera,
mentre è accettata con difficoltà se la ritiene falsa. Es: 1) tutti gli atleti sono in buona
salute. Alcune persone in buona salute sono ricche. Quindi alcuni atleti sono ricchi. non
è possibile che i sillogismi 1 sia valido; La risposta è influenzata dalla credibilità delle
conclusioni; quando le conclusioni sono in accordo con le conoscenze passate, mentre
negli ultimi due contrastano con esse. E’ stato osservato che conclusioni incompatibili
con le premesse, per quanto credibili, non sono né prodotte, né accettate. Il soggetto
cerca di costruire il modello di una sola possibilità, dove siano vere la conclusione
suggerita dalle sue conoscenze passate e le premesse. Se ci riesce accetta(quindi solo
quando la soluzione suggerita dalle conoscenze è almeno possibile alla luce delle
premesse) la conclusione senza chiedersi se esistano rappresentazioni alternative. Se
non riesce, la conclusione è incompatibile con le premesse, non accetta la conclusione
suggerita e si dedica alla costruzione di modelli alternativi. Come conseguenza,
15