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La tesi del giorno

Richard Meier. Architetti in lotta con passato e presente

Richard Meier. Architetti in lotta con passato e presenteNon sempre un architetto di fama mondiale riesce a creare un progetto che soddisfa cittadini e colleghi.
Come Santiago Calatrava e il suo ponte a Venezia, che con i suoi difetti strutturali e un costo quasi quadruplicato rispetto al preventivo, non ha convinto il procuratore regionale della Corte dei Conti.
Oppure la chiesa-cubo di Massimiliano Fuksas, poligono di cemento armato di 26 metri di altezza, che pare non essersi integrata al meglio con la campagna umbra di Foligno.
O ancora la ristrutturazione dell'Ara Pacis a Roma ad opera di Richard Meier, che ha generato un'accesa diatriba politico-artistica.

Secondo la dott.ssa Francesca Ruggieri l’architettura "è l’espressione visibile dei cambiamenti sociali: da sempre l’uomo è intervenuto sul territorio per modificarlo in base alle proprie esigenze […], da sempre si discute sulla difficoltà di far convivere sullo stesso territorio una testimonianza passata con la rappresentazione del contemporaneo.[…]
La soluzione ideale sta nella capacità del “nuovo” di creare una giusta integrazione tra valori e funzioni, che dia vita a un intervento urbano di sicura qualità, che rispetti le relazioni tra il territorio e la società e non alteri la storia del luogo".

Ruggieri si è dedicata ad uno studio approfondito dell'opera di Meier a Roma come simbolo di questa dicotomia tra passato e presente: l'Ara Pacis è infatti un vero e proprio manifesto della politica augustea, una celebrazione della stirpe romana agli inizi dell'età aurea per l'Impero.
Non a caso le critiche avanzate attaccano in primis la scelta di affidare un progetto di tale portata a Richard Meier, un americano che deve intervenire nel cuore di una città come Roma, legata a un passato e a una tradizione. "In molti ritengono che il prestigio di Meier sia stato solo un mezzo attraverso il quale un progetto debole e poco interessante ha acquistato valore e visibilità, così da consentire al primo cittadino [all'epoca Rutelli] di lasciare un segno ben visibile e riconoscibile del suo "passaggio" a Roma".
E l’assenza di un concorso pubblico, con l'assegnazione immediata dell'opera a Meier, non ha fatto che esacerbare la polemica politica, alzando un coro di dissenso che tacciava l'amministrazione di mancanza di democrazia e trasparenza.

Ovviamente, il bagaglio di tradizione che Roma si porta dietro amplifica le esigenze e gli utilizzi del museo, che deve essere concepito non solo come luogo destinato alla conservazione, ma anche come parte integrante di un più vasto ambito storico ricco di ineguagliabili stratificazioni.
"Polemiche, poi polemiche, e ancora polemiche: è stato questo il clima che ha accompagnato l’intera realizzazione del nuovo museo dell’Ara Pacis. Un’esecuzione durata ben dieci anni: un arco di tempo piuttosto esteso", con uno stop di circa un anno voluto dalla soprintendenza archeologica allo scopo di verificare la presenza o meno di dati importanti, in particolare riguardo al vecchio porto di Ripetta.

Proprio tale reperto archeologico, sottolinea Ruggieri, non è stato recuperato nell'opera di Meier così come era auspicato da molti voci di politici e architetti, i quali sostenevano che la piazza avrebbe giovato da un suo ritrovato dialogo con il Tevere.
"In realtà la decisione di rioccupare di nuovo la zona del vecchio edificio è stata quasi obbligata poiché era impossibile spostare l’altare a causa delle pessime condizioni conservative in cui versava nel momento dell’abbattimento della teca, dunque trasferendola si rischiava di danneggiarla definitivamente".
(Simbolicamente la fontana esterna all'Ara Pacis vuole oggi richiamare alla memoria proprio il perduto porto di Ripetta)

"Un’inutile grande architettura tale e quale a una pompa di benzina nel Texas, un intervento da rimuovere, un ecomostro, un’opera indecente", queste sono solo alcune delle dichiarazioni dell’opposizione, a cui fanno seguito le repliche della giunta comunale "che definiscono il museo un’opera bellissima, un’architettura di pregio".
Analizzando queste dichiarazioni si può notare come la polemica sia sempre legata a un fattore estetico (sia nei pro, sia nei contro), che spesso perde di vista l'effettiva qualità dell'opera anche dal punto di vista funzionale: l'Ara Pacis è tornata ad essere infatti uno dei musei capitolini più visitati.

"È invece la critica ufficiale, con i grandi architetti e storici dell’arte, a offrire maggiori e più interessanti spunti di riflessione", continua Ruggieri. "Si nota subito che l’analisi non si limita a formulare giudizi di valore esclusivamente estetici, che risultano in parte anche soggettivi, ma intende indicare il giusto approccio critico attraverso un’indagine che individui le connessioni con il passato e con il futuro, in un’ottica di continuità architettonica e urbanistica".

La vicenda della costruzione del museo dell’Ara Pacis e la pianificazione di Piazza Augusto Imperatore sono infatti per Ruggieri lo spunto per una riflessione essenziale in materia architettonica e urbanistica, soprattutto per l'eccezionalità di Roma, città caratterizzata proprio dalla sovrapposizione di epoche ed espressioni differenti.

"Essere eterna non significa solo conservare l’antichità, come un grande museo a cielo aperto: bisogna dar vita a un’architettura contemporanea, la migliore possibile, che occupi gli spazi giusti nel centro storico, che sia testimonianza del nostro tempo e che un giorno diventerà un passato con cui doversi confrontare, ma che perpetuerà il ruolo di Roma città eterna. […]
Certo è che una nuova architettura desta sorpresa e turbamento, tanto oggi quanto allora, e di conseguenza nascono le due fazioni dei pro e dei contro: polemiche su polemiche hanno da sempre accompagnato la nascita di nuovi “segni” in una città, in particolar modo se si tratta di segni architettonici. Questo perché all’architettura viene da sempre attribuito un ruolo di propaganda, soprattutto politica, grazie alla sua visibilità e al suo perdurare nel tempo."

"La modernità non è un’espressione capace di vivere solo se in netto contrasto con il trascorso, ma rappresenta la continuità, la comprensione e la tutela del patrimonio storico ereditato".
Una lezione che le archistar farebbero bene a tenere sempre presente.

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