La tesi del giorno
Porrajmos: l’olocausto di rom e sinti
A 67 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale è stato inaugurato nel centro di Berlino un monumento alla memoria delle vittime dell'olocausto rom e sinti. Si tratta di una fontana, a poche centinaia di metri dal Bundestag, circondata da pietre su cui sono incisi i nomi dei campi di concentramento dove sono stati uccisi uomini, donne e bambini delle comunità sinti e rom. Ai margini del monumento sono incisi i versi del componimento Auschwitz, del poeta italiano di etnia rom Santino Spinelli.
Come ci ricorda la dott.ssa Oriana Davini nella sua tesi Porrajmos: la memoria dell'Olocausto tra i rom italiani, l'Olocausto rappresenta “l'avvenimento storico più grave e, insieme, più recente, che gli zingari possono ricordare. Si stima che durante la seconda guerra mondiale siano stati uccisi da 500.000 a un milione di zingari, su una popolazione di non si sa quante persone. In alcuni paesi conquistati dal Reich, come l'Olanda, al termine della seconda guerra mondiale non era sopravvissuto nemmeno uno zingaro.”
“Shoah e Porrajmos sono due termini diversi che identificano lo stesso evento: l'Olocausto. Tuttavia, se il primo è universalmente conosciuto e, spesso, utilizzato al posto di olocausto, il secondo è pressoché ignoto a tutti. I due termini riflettono il grado di conoscenza dell'avvenimento cui fanno riferimento: il popolo ebreo ha saputo ricostruire il proprio passato, rielaborarlo, renderlo patrimonio comune e storicamente accettato dall'intera umanità. Il popolo rom, al contrario, ha dovuto faticare, e tuttora lo sta facendo, per essere riconosciuto come vittima razziale del partito nazista. E, in quanto cultura orale, non ha potuto fornire che esigue testimonianze scritte, spesso raccolte da non zingari. Al giorno d'oggi è storicamente accertato che gli zingari, al pari degli ebrei, furono perseguitati non come asociali, ma in quanto appartenenti a una razza geneticamente considerata inferiore.”
“L'Olocausto degli zingari, il Porrajmos, è spesso associato a un aggettivo: dimenticato. Quando si affronta l'argomento dell'Olocausto, di per sé difficile e delicato, raramente si fa riferimento a ciò che accadde al popolo rom. Sembra quasi che gli oltre mezzo milione di zingari uccisi dai nazisti non abbiano lasciato alcuna traccia, nei documenti, nei libri, nei processi, nelle memorie. Sicuramente, un avvenimento come l'Olocausto richiede tempo per essere metabolizzato e storicizzato da una società e dalla coscienza collettiva. E per molto tempo dopo la fine della seconda guerra mondiale è stato il silenzio a regnare sul periodo oscuro e tragico della dominazione nazista e fascista. [...] Nel caso degli zingari, questo silenzio si è poi trasformato in una dimenticanza storica: nessun riconoscimento alle famiglie zingare che avevano subito perdite nei campi nazisti, nessuno zingaro invitato a partecipare al processo di Norimberga, nessun monumento se non dopo decenni, in memoria delle vittime zingare che morirono durante gli anni del regime nazista. E, soprattutto, nessuna traccia nei libri di scuola, nella coscienza sociale, nella memoria storica italiana.”
“Il nazismo, con le sue persecuzioni e le politiche vessatorie, ha avuto gravi conseguenze sul popolo zingaro. Innanzitutto, con il mezzo milione di vittime zingare stimate, ha lasciato un forte vuoto demografico in una popolazione che costituiva una minoranza etnica non solo in Germania, ma in tutta l'Europa. Inoltre, l'eliminazione non è stata solo fisica, ma anche sociale e culturale: i nuclei familiari, che costituiscono il centro di tutta la vita culturale e sociale degli zingari, sono stati dispersi, molti distrutti. Gli zingari, abituati a vivere in famiglie estese, si sono ritrovati soli, senza sapere nulla del destino dei propri parenti o con la consapevolezza di essere gli unici sopravvissuti. [...] Infine, la generazione più anziana, depositaria della cultura orale, delle tradizioni, della storia del popolo zingaro e garante dell'ordine sociale, è stata sterminata, lasciando i più giovani non solo senza una guida, ma anche senza nessuno che potesse raccontare cosa era accaduto agli zingari durante il nazismo.”
Faccia incavata
occhi oscurati
labbra fredde;
silenzio.
Cuore strappato
senza fiato,
senza parole,
nessun pianto
Auschwitz di Santino Spinelli
Poesia tratta dal sito del museo virtuale delle intolleranze e degli stermini
Fonte dell'immagine:http://archivioromanolil.blog.tiscali.it