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La tesi del giorno

Il conflitto nella Striscia di Gaza

Il conflitto nella Striscia di Gaza"Ciò che l'esperienza e la storia insegnano è questo: che uomini e governi non hanno mai imparato nulla dalla storia, né mai agito in base a principi da essa edotti". Di fronte alle vicende del conflitto israelo-palestinese lungo la striscia di Gaza, questa constatazione che Hegel fece nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia nel 1837, è quanto mai attuale.
I nodi politici, economici e culturali che storicamente contrappongono Hamas ed Israele non trovano soluzione e ogni provocazione è ottima per l'inasprirsi del conflitto: ad ogni razzo o missile lanciato nei territori del sud, Israele risponde tempestivamente con forze massicce; ad ogni attacco o interferenza degli israeliani, Hamas non resta a guardare.

Ulteriore elemento di complicanza è la situazione sui generis del territorio di Gaza che rende difficile per l'opinione pubblica, ma soprattutto per gli organismi internazionali dare una risposta definitiva e risolutiva sulla questione.
Basta approfondire cosa successe nel più recente scontro nella Striscia all'interno dell'operazione Cast Lead (Piombo fuso), che si svolse a cavallo tra il 2008 e il 2009, per capire quanti e quali elementi entrano in gioco per un'interpretazione del conflitto.
Il dott. Eugenio Carli prova a fare chiarezza nella sua tesi Il conflitto di Gaza nel diritto internazionale facendo il punto su alcuni nodi fondamentali.

In primo luogo le parti belligeranti, oltre ad essere per loro natura due entità distinte secondo il diritto internazionale, sono anche dotate di capacità militari nettamente diverse tra loro sia per numero, sia per organizzazione, sia infine per preparazione.
In secondo luogo vi è l'aspetto particolare relativo alla natura urbana del conflitto: ciò crea una maggiore difficoltà nell'applicazione delle norme del Diritto Internazionale Umanitario.
In particolare sono messi in gioco il principio di proporzionalità dell'attacco/difesa, inteso come il salvaguardare il più possibile le vite umane e perseguire, allo stesso tempo, i propri obiettivi militari, e il principio di distinzione fra la popolazione civile e i combattenti, nonché fra i beni di carattere civile e gli obiettivi militari.

Il terzo aspetto, forse fondamentale, riguarda lo status giuridico della Striscia di Gaza, ovvero se si possa parlare o meno di territorio occupato.
"È ovvio che non è assolutamente facile stabilire con certezza quale delle due tesi sia effettivamente più fondata, tanto più che l'attuale condizione de facto sulla Striscia di Gaza appare particolarmente fluida. In ogni caso, se il 'controllo effettivo' (ammesso e non concesso che lo standard valutativo dell'occupazione bellica si limiti a questo) equivale ad un controllo pervasivo sull'area, in particolare sul suo territorio e sul suo spazio aereo, anche in assenza delle proprie truppe (ricordiamo l'importanza, in questo senso, della discriminante rappresentata dal Disengagement Plan israeliano del 2005), ossia un controllo che renda il territorio dipendente dal supporto della Potenza occupante, allora ci sembra che Israele possa ritenersi effettivamente uno Stato occupante.
Se invece per 'controllo effettivo' s'intende un controllo a tutti i livelli, da quello economico-sociale a quello politico-governativo, ovvero un controllo totale sulla vita del territorio, e in particolare se lo Stato occupante deve risultare il solo a essere in grado di imporre autorità di governo, allora più probabilmente si dovrà propendere per ritenere la Striscia di Gaza un territorio non occupato sottoposto all'autorità di diverse entità non statali, Hamas in primis".

La risposta a quest'ultimo quesito non risolverebbe certo magicamente il conflitto, ma potrebbe gettare le basi per un'interpretazione se non univoca, almeno più chiara dei fatti.
In particolare sarebbe possibile, come spiega approfonditamente il dott. Carli, applicare con maggiore efficienza le norme del DIU (o ius in bello), che cercano di mitigare i conflitti, e lo ius ad bellum, ovvero le norme giuridiche che disciplinano la condotta degli Stati rispetto all'inizio di un conflitto armato, in particolare nella forma del divieto di minaccia e nel diritto di difesa.

Nel 2008, al termine dell'operazione Piombo fuso, la Commissione ONU aveva incaricato una commissione internazionale e indipendente, la così detta Commissione Goldstone, tra l'altro anche "di fare chiarezza su molti punti 'oscuri' riguardanti il diritto internazionale e l'importanza dei valori in gioco in situazioni particolari come quella di Gaza, ma le conclusioni cui questa è giunta ed il modo in cui lo ha fatto sembrano aver deluso in pieno tali aspettative".
Allo stesso tempo sia il Governo di Israele, sia Hamas giocano proprio sull'ambiguità dello status della Striscia per trarne, di volta in volta, il vantaggio possibile.

Fonte immagine: www.rainews24.it

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