5
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fig.1 – Il crocevia dello sviluppo economico locale 
 
 La promozione di nuova imprenditorialità è un problema che si sta cercando di 
superare attraverso l’attivazione di molteplici strumenti: l’individuazione o la 
creazione di soggetti dotati di potenzialità, tramite la formazione, il sostegno, il 
coofinanziamento di iniziative e la dotazione di nuove infrastrutture. 
 Il terzo elemento cruciale è la capacità degli Enti locali di comprendere al 
meglio le opportunità della finanza innovativa. 
 Lo Stato in particolare deve essere in grado di attrarre capitale privato, 
promovendo iniziative in grado di apportare adeguati rendimenti. 
“la prospettiva del project financing non è solo quella delle grandi infrastrutture di 
rilevanza nazionale, ma costituisce uno strumento indispensabile per rimuovere 
vincoli e strozzature infrastrutturali al proprio sviluppo economico e civile”.
2 
 
 Ultima nell’ordine, ma non certo per importanza, è l’improrogabile necessità di 
adottare sane riforme istituzionali e amministrative. 
 Tutte le linee di intervento in precedenza citate rivelano, infatti, un requisito-
base di fattibilità comune, la cui assenza ne pregiudicherebbe l’efficace soluzione: 
una pubblica amministrazione centrale e locale riformata e innovata, sulla base 
della realtà temporale. 
                                                          
2
 Rebora G., “Finanziare lo sviluppo locale” , Il Mulino,  Bologna  1998,  pag.49. 
SVILUPPO 
ECONOMICO 
LOCALE 
Riforme 
istituzionali e 
amministrative 
Finanza 
innovativa 
Promozione 
dell’imprenditorialità 
Regolazione del 
mercato del lavoro 
 6
Nella prima parte del lavoro è stato affrontato tenendo presente i cambiamenti 
avvenuti, con il passare degli anni, sulle normative che reggono il sistema 
dell’economia locale, le quali si sono evolute di pari passo con i bisogni crescenti 
della realtà imprenditoriale, sempre più complessa ed esigente. 
Successivamente, si è ritenuto opportuno focalizzare l’attenzione sui rapporti che 
intercorrono tra Ente locale e piccole medie impresa, tenendo sempre in 
considerazione le molteplici difficoltà che esse incontrano nel loro percorso di 
sviluppo e affermazione. 
La seconda parte del lavoro ha avuto come obiettivo principale quello di descrivere 
e analizzare in maniera approfondita i settori di intervento che l’Ente locale 
dovrebbe prendere in considerazione ai fini dello sviluppo dell’impresa. 
Si è ritenuto necessario mettere in luce gli aspetti innovativi, quali ad esempio, il 
grande apporto dato dal progresso tecnologico e le innovazioni normative nonché 
l’aspetto dell’informazione creatrice inequivocabilmente di opportunità e 
competitività alle imprese , della formazione indispensabile per l’inserimento nel 
mondo imprenditoriale di figure professionali aggiornate e qualificate e delle 
infrastrutture che rappresentano l’elemento di congiunzione degli aspetti 
precedentemente descritti. 
Nella terza parte del lavoro sono stati analizzati tutti gli strumenti reputati capaci di 
fornire all’Ente Locale, sistemi in grado di avviare processi di sviluppo 
imprenditoriale. 
Per ciò che riguarda la programmazione strategica e la programmazione operativa si 
è accennato brevemente a quegli strumenti che coinvolgono se pur indirettamente 
l’Ente locale, concentrando l’attenzione su quelli che invece sono stati ideati 
appositamente per esso. 
Nell’ultima parte del lavoro, si è ritenuto opportuno inserire una indagine empirica 
del nord della Sardegna capace di riassumere nella maniera più completa possibile il 
lavoro svolto. 
 7
Capitolo I: Lo Sviluppo economico locale. 
 
1.1 L’evoluzione normativa degli Enti Locali a favore dello sviluppo 
economico. 
 
Il ruolo dello Stato subisce –nell’epoca moderna- una progressiva evoluzione 
che va maturando parallelamente alle mutate “condizioni economiche ,sociali e 
politiche della comunità”.
3
 
Dal concetto “unitario” e centralista della pubblica amministrazione dello 
“Stato di diritto”,, in cui funzione primaria è il prelievo coattivo della ricchezza e la 
sua destinazione al soddisfacimento dei bisogni collettivi con la realizzazione della 
funzione legislativa, si passa alla concezione dello “Stato sociale del benessere”, 
sulla spinta dell’avvio della ripresa economica italiana degli anni cinquanta. 
Le funzioni pubbliche subiscono profonde trasformazioni e si evolvono verso lo 
“Stato dei servizi” in cui la concezione unitaria della pubblica amministrazione da 
progressivamente spazio e ruolo alle amministrazioni pubbliche locali, chiamate a 
dare concrete risposte alle attese dei cittadini delle famiglie e delle imprese. 
Si tende cosi a dare equilibrio tra risorse acquisibili dai soggetti contribuenti e 
servizi pubblici resi, con una “logica aziendale” in cui lo Stato tende a ridurre il 
proprio ambito di azione fungendo da arbitro che garantisce l’ordinato sviluppo 
delle attività sociali e dell’economia nel loro contesto. 
Il nuovo modello istituzionale che si afferma negli anni novanta vede 
un’amministrazione centrale sempre più snella, con delega di molte delle proprie 
funzioni alle unità pubbliche locali e con la privatizzazione dei settori non strategici. 
Il ruolo dello Stato è ormai fondato sui nuovi principi di cui si tratterà nel 
prosieguo, fra cui particolare rilievo assume la “sussidiarietà”, ma la “costruzione 
del nuovo assetto implica una profonda modifica delle regole di funzionamento, sia 
politiche, sia istituzionali , sia organizzative. 
                                                          
3
 Giovanelli L., “Modelli contabili e di bilancio in uno Stato che cambia”, Milano, Giuffrè, 2000, pag.3. 
 8
E’ questo il percorso normativo interno che interessa il processo di 
trasformazione che le amministrazioni pubbliche italiane vivono ormai da oltre 10 
anni, e che ha inizio con una legge quadro sull’ordinamento dei Comuni e delle 
Province, la cosiddetta legge Zanardelli, che ha creato un modello utilizzato nei 
suoi caratteri principali, fino all’ingresso del nuovo ordinamento delle autonomie 
locali introdotto dalla legge n°142 del 1990.
.4
 
Fino a quel momento gli enti locali avevano sempre seguito un modello 
uniforme che lasciava poco spazio all’autonomia regolamentare, finanziaria, 
tributaria e statutaria. 
Negli anni successivi al 1990 il nuovo ordinamento è stato riformato con 
l’introduzione di elementi legislativi diretti ad affermare principi quali la 
sussidiarietà, l’economicità, l’esternalizzazione delle funzioni e dei servizi, ma 
soprattutto a far emergere e a far consolidare una nuova soggettività territoriale, che 
renda le Province, i Comuni, le Comunità Montane, artefici della promozione, della 
valorizzazione e dello sviluppo economico aziendale delle proprie comunità. 
Per meglio focalizzare il ruolo che la normativa in argomento intende assegnare 
all’ente locale, in tema di sviluppo imprenditoriale del territorio di competenza, non 
si può prescindere da un esame delle principali riforme amministrative che hanno 
interessato il sistema pubblico italiano. 
In particolare, è opportuno soffermarsi sui provvedimenti normativi che hanno 
introdotto, due principi base che caratterizzano le tendenze del periodo: la 
semplificazione e Il decentramento amministrativo. 
Quando si parla di semplificazione e decentramento non si può non far 
riferimento alle leggi Bassanini, che si può dire rappresentino le linee guida, gli 
obiettivi e le azioni con cui il governo ha cercato di ridefinire, modernizzare e 
proiettare verso nuove esperienze (necessarie per rimanere competitivi in ambito sia 
europeo sia mondiale) il sistema amministrativo nazionale.
5
 
                                                          
4
 Fadda M. e Montemurro F., “Fondi UE e sviluppo locale. Ruolo dell’ente locale e guida alle opportunità offerte da agenda 2000, 
programmazione negoziata, sostegno all’imprenditoria, politiche attive del lavoro e strumenti di riqualificazione urbana”, Il sole 24 
ore, Milano 2001,  pag.3. 
5
 Mochi Sismondi C., “Semplificazione, decentramento e federalismo: una panoramica sugli uffici che cambiano”, articolo ,tratto da 
“Giuda agli Enti locali”,  del 12.05.2001,  n°18, Il sole 24 ore. 
 9
Le priorità che sono sorte in fase di progettazione delle riforme sopraccitate, 
sono scaturite da una serie di problematiche quali: il funzionamento delle 
amministrazioni periferiche, l’incertezza nell’attribuzione di compiti e funzioni ed il 
conflitto tra l’accentramento delle risorse ed il decentramento dei compiti. 
Il Governo, come primo passo ha ritenuto opportuno rivedere la distribuzione 
dei compiti, delle responsabilità e delle risorse tra centro ed enti locali, 
interessandosi successivamente alla creazione di un sistema amministrativo, basato 
su una migliore semplicità procedurale, con l’intento di garantire una maggiore 
autonomia di gestione delle risorse umane, utilizzando procedimenti decisionali e di 
controllo più rapidi.
6
 
Le difficoltà incontrate dal Governo nell’attuazione di queste riforme sono 
confermate dal fatto che le amministrazioni territoriali mostrano tutt’oggi forte 
riluttanza nell’abbandonare metodi e modelli tradizionali; ed è per questo che si è 
cercato di superare l’eccessiva rigidità che caratterizza le amministrazioni locali, 
attraverso interventi annuali, che stimolino una costante e più matura ricezione delle 
innovazioni introdotte nell’ordinamento italiano, con lo scopo di eliminare 
definitivamente, la distanza che separa le amministrazioni dalle imprese e dai 
cittadini. 
La semplificazione è riferita alla rimozione di procedure macchinose e strettoie 
degli apparati amministrativi, capaci solo di limitare nel tempo e nello spazio 
iniziative e sviluppo aziendale, a favore di procedure agevolative maggiormente 
standardizzate, indirizzate principalmente a supportare la nascita o lo sviluppo di 
nuovi insediamenti produttivi.
7
 
La legge 127/97 (Bassanini-bis) è elaborata con l’intento di inserire nel nostro 
ordinamento, misure capaci di snellire l’attività amministrativa e i procedimenti di 
decisione e di controllo, e anche se considerata da esperti, di non facile lettura per il 
cittadino, le è riconosciuto il merito di essere uno strumento valido per ridurre 
notevolmente la burocrazia strutturale delle amministrazioni. 
                                                          
6
 Botta F., “Sviluppo, territorio e Patti” , Caucci  Editori,  Bari 1998,  pag.15. 
7
 Masciocchi P., “Lo sportello unico per le attività produttive”, Il sole 24 ore,  Milano 2000,  pag.9. 
 10
Altro scopo di questa legge è di completare la già avviata revisione della 
struttura e dell’organizzazione amministrativa della più anziana legge 54/97 
(Bassanini), suggerendo al legislatore quattro linee guida: 
• semplificazione dei rapporti tra PA e imprese e cittadini; 
• revisione controlli amministrativi per dare una nuova definizione al rapporto tra 
Stato, Regioni ed Enti locali; 
• riorganizzazione delle strutture dell’ente; 
• semplificazione dei procedimenti amministrativi.
8
 
Quanto al decentramento - principio fondamentale poiché rappresenta il 
passaggio decisivo agli Enti Locali della titolarità delle funzioni di indirizzo e 
gestione della politica di sostegno alle imprese - il 1999 si è rivelato un anno 
decisivo per la riforma della pubblica amministrazione precedentemente iniziata con 
le leggi Bassanini. 
Infatti, con l’approvazione del Decreto legislativo 31 marzo 1998, n°112 
relativo al “conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello stato alle 
regioni ed agli enti locali, in attuazione alla legge 59/97”, il governo ha definito le 
linee di attuazione della riforma, impegnando ciascuna regione a determinare le 
funzioni amministrative, che richiedono l’unitario esercizio a livello regionale, 
provvedendo inoltre a conferire le altre funzioni agli enti locali. 
Questo trasferimento di funzioni, ha prodotto un ampio conferimento di compiti 
e funzioni amministrative a regioni, province, comuni e altri enti locali, in 
applicazione del principio di sussidiarietà.“Tale principio presuppone 
un’allocazione di competenze a livello più basso possibile, in considerazione della 
natura della funzione, e l’intervento sostitutivo del livello superiore, solo in caso di 
inadeguatezza dell’ente naturalmente destinatario della stessa”.
9
 
La sussidiarietà è un principio che ha dato vita a due fattispecie: da una parte la 
sussidiarietà verticale legata alla ripartizione e al decentramento delle competenze 
tra le istituzioni; dall’altra la sussidiarietà di tipo orizzontale, finalizzata invece a 
                                                          
8 Zerboni N., “PMI gli strumenti a sostegno dello sviluppo locale”, Il sole 24 ore, Milano 2000,  pag.22. 
 11
regolare il buon funzionamento dei rapporti tra Stato e società civile; aspetti diversi 
ma tutti e due tendenti al consolidamento di una nuova soggettività territoriale. 
Il Decreto legislativo 31 marzo 1998, n°112, oltre ad introdurre nuovi concetti 
sui quali basare il passaggio di maggiori funzioni e compiti a capo degli enti locali, 
in attuazione dell’art. 4 della legge 59/97, ha identificato il ruolo centrale degli enti 
locali per sostenere le attività produttive e favorire lo sviluppo locale. Ciò sarà 
possibile nella misura in cui gli enti stessi riusciranno a metter in campo una forte 
progettualità, rivedendo le proprie regole di funzionamento, strategiche ed 
operative. 
Come si può notare dai contenuti normativi richiamati, appare evidente che il 
legislatore cerca di assolvere due obiettivi principali: 
• provvedere al trasferimento di titolarità dell’indirizzo della gestione e di sostegno 
alle imprese alle amministrazioni pubbliche a queste più vicine (principio di 
esternalizzazione); 
• razionalizzare i sistemi di sostegno alle attività economiche, puntando su una 
standardizzazione delle procedure amministrative e razionalizzando gli interventi 
a sostegno di imprese già attive o di nuovi insediamenti produttivi; 
Il motivo del perseguimento di tali obiettivi va ricercato nel fatto che il sistema 
del regime di aiuti, che caratterizzava il periodo precedente l’entrata in vigore delle 
leggi Bassanini, comprendeva più di 1500 modalità di organizzazione delle forme di 
sostegno previste, una pluralità di soggetti coinvolti nella gestione e attuazione e, 
inoltre, numerose sovrapposizioni di competenze di questi ultimi.
10
 
Si giunge così ad un’altra fondamentale novità introdotta dalla legge 59/97 in 
materia di misure di sostegno delle imprese, che riguarda il tentativo di separare 
nettamente la figura dei soggetti cui assegnare compiti di regolamentazione della 
materia, da quelli cui spetta invece la gestione del sistema degli aiuti.  
                                                                                                                                                                                                
9
 Fadda M. e Montemurro F., “Fondi UE e sviluppo locale. Ruolo dell’ente locale e guida alle opportunità offerte da agenda 2000, 
programmazione negoziata, sostegno all’imprenditoria, politiche attive del lavoro e strumenti di riqualificazione urbana”, Il sole 24 
ore,  Milano 2001,  pag.12. 
10
 Caprioli E., “ In periferia gli arbitri dello sviluppo”,  articolo tratto da “Giuda agli Enti locali”, del 12.05.98, Dossier n°1, Il sole 24 
ore,  pag.123. 
 12
E’, infatti, con questa logica che le amministrazioni centrali continuano ad 
avere pieni poteri, su scelte riguardanti forme agevolative non frazionabili 
territorialmente o settorialmente, e che quindi leggi e regolamenti legati a questi 
aspetti, ancora oggi continuano ad essere parte integrante del nostro ordinamento. 
Quest’ultima novità introdotta porta poi inevitabilmente all’affermazione di un 
altro principio, senza il quale il sistema delle amministrazioni pubbliche poco 
potrebbe offrire al mondo imprenditoriale. Il principio della cooperazione
 
fra 
amministrazioni, che mira a migliorare i rapporti tra Stato, Regioni, Enti e imprese, 
e ad assicurare la partecipazione attiva delle amministrazioni alle iniziative 
dell’Unione Europea, aspetto questo (in cui l’Italia fino ad oggi è mancata), molto 
interessante per creare opportunità di crescita aziendale nel territorio. 
Emerge spontaneo il pensiero che, l’intento del legislatore è guidato dalla 
consapevolezza che la necessità dell’Italia è di “uno Stato che faccia meno, ma che 
faccia meglio, che crei opportunità, che favorisca le attività economiche piuttosto 
che imporre restrizioni”
11 
e che per raggiungere tale obiettivo il ruolo degli Enti 
locali per lo sviluppo delle imprese e del territorio è fondamentale. 
La ridefinizione del quadro normativo, sulla base dei predetti indirizzi, ha il 
compito di conferire maggiore certezza agli imprenditori su tempi e modalità di 
realizzazione delle attività economiche. 
La relativa evoluzione normativa, ispirata ai sopra elencati principi, può essere 
idealmente schematizzata secondo le seguenti quattro linee di intervento che hanno 
tutte, in qualche misura, contribuito ad accrescere le condizioni e gli strumenti 
finalizzati all’agevolazione di un equilibrato sviluppo economico complessivo. 
Nella prima fase, un’importante risorsa passa attraverso lo strumento improprio 
della legge finanziaria, infatti, con la legge 662/96 viene costituito il quadro degli 
interventi della programmazione negoziata: 
• intesa istituzionale di programma; 
• contratto d’area; 
• accordi di programma; 
                                                          
11
 F. Bassanini, “Il quadro della riforma amministrativa in Italia: personale, procedimenti, ed erogazione dei servizi pubblici” 
 13
• patto territoriale di programma. 
Due anni dopo, la legge 208/98 istituisce il fondo rotativo per il finanziamento 
dei programmi di promozione imprenditoriale nelle aree depresse e il collegato 
ordinamentale alla finanziaria ’99 (legge 144/99) che non solo rafforza l’azione di 
coordinamento e di indirizzo del CIPE, ma potenzia la capacità di programmazione 
e progettazione degli investimenti dei singoli enti; 
Nella seconda fase la riforma più consistente e importante avviene con 
l’emanazione della legge 59/97, la cosiddetta Bassanini uno, con la quale assumono 
importanza prioritaria la promozione dello sviluppo economico e la valorizzazione 
dei sistemi produttivi. 
Tale legge, oltre a rendere i punti sopra indicati “interessi pubblici primari”, ha 
il merito di innescare un processo di riforma finalizzato al consolidamento di una 
nuova soggettualità territoriale. Tipici esempi di provvedimenti atti a rafforzare le 
amministrazioni locali per consentire lo sviluppo, sono il Decreto legislativo 
112/98, riguardante le funzioni collegate alle attività produttive, all’artigianato, 
all’ambiente e al territorio, ai servizi alle persone e all’istituzione dello sportello 
unico per le attività produttive; il decreto legislativo 469/97 in materia di mercato 
del lavoro; il decreto legislativo 142/97, che ha provveduto al conferimento di 
funzioni in materia di agricoltura e pesca. 
Il passo successivo è il patto sociale siglato nel ’98 tra governo e parti sociali 
che ha visto come impegno prioritario l’ammodernamento e la riforma della 
pubblica amministrazione allo scopo di rilanciare lo sviluppo economico del paese e 
l’occupazione. 
Ultima fase riguarda gli “orientamenti per il programma di sviluppo del 
mezzogiorno”, adottati nel maggio del ’99 dal CIPE e la conseguente attuazione del 
programma di sviluppo del mezzogiorno con l’utilizzo dei fondi strutturali del 
prossimo ciclo di programmazione 2000-2006, approvato il 6 agosto 1999, che ha 
come linee prioritarie di intervento azioni volte ad accelerare l’attuazione delle 
riforme dell’amministrazione pubblica e al miglioramento della sua efficienza. 
 
 14
1.2 L’evoluzione dei bisogni d’impresa. 
 
Negli ultimi decenni l’Italia è stata oggetto di numerosi cambiamenti dovuti a 
eventi di diversa natura, che hanno determinato un’evoluzione dei bisogni 
d’impresa.  
“La globalizzazione dei mercati, l’Unione monetaria, la caduta delle barriere 
doganali, i bisogni crescenti espressi e non soddisfatti dagli operatori economici, 
l’evoluzione dei processi produttivi e i nuovi fabbisogni formativi”
12 
sono tutte 
problematiche che hanno rappresentato e rappresentano per le amministrazioni 
centrali e locali, i punti cardine sui quali concentrarsi, per cercare di innescare un 
processo evolutivo, capace di rendere competitiva l’imprenditorialità nazionale di 
piccole, medie e grandi aziende. 
L’ingresso dell’Italia in Europa ha fatto sì che le aziende nazionali fossero 
chiamate a misurarsi e a confrontarsi con altre realtà aziendali. 
Per tale ragione è risultato necessario che l’imprenditoria nazionale, formata in 
gran parte da piccole e medie imprese, avesse l’opportunità di attivare processi di 
riorganizzazione ed innovazione tecnologica, raggiungibili solo tramite un 
miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi pubblici, un ponderato impiego 
delle risorse finanziarie, il recupero dell’efficienza e la conseguente eliminazione 
degli sprechi; tutti obbiettivi che devono essere raggiunti in tempi brevi (per 
mantenere competitive le imprese) e che modificano radicalmente le esigenze 
aziendali vantate nei confronti delle amministrazioni pubbliche. 
In questo quadro, risulta evidente, che il destino delle imprese è strettamente 
legato, sia alla capacità delle amministrazioni pubbliche centrali e locali di 
rimuovere diseconomie esistenti, sia verso l’acquisizione di concetti di efficienza ed 
efficacia delle strutture sociali, all’interno delle quali interagiscono. 
Il sistema della Pubblica Amministrazione è di conseguenza il perno centrale 
sul quale fondare la futura crescita economica del paese, sempre che venga 
                                                          
12
 Zerboni N., “PMI gli strumenti a sostegno dello sviluppo locale”, Il sole 24 ore,  Milano 2000,  pag.3. 
 15
supportata da un maggiore coinvolgimento dei privati, nella realizzazione e gestione 
degli interventi proposti. 
Alla luce di queste affermazioni, appare necessario l’abbandono di logiche 
tradizionali di finanziamento delle imprese, verso logiche che permettano la 
creazione di nuove sinergie, tramite un maggior coinvolgimento e una maggiore 
cooperazione tra pubblico e privato, capaci di esprimere un valido supporto alla 
competitività complessiva. 
La certezza di programmi da parte degli enti locali, un sistema di regole chiaro, 
coincidenza temporale tra esigenze imprenditoriali e dell’amministrazione ed un 
sistema adeguato di incentivi, sono i punti sui quali concentrarsi per ottenere gli 
obiettivi prefissati di sviluppo delle imprese. 
Ultimo aspetto da non sottovalutare è la capacità dell’Ente locale di riuscire ad 
individuare i bisogni reali delle imprese, elemento questo indispensabile per 
tramutare le esigenze in interventi concreti, utilizzando tutte le risorse di cui si 
dispone. 
 
1.3 Le relazione tra Ente locale e Impresa. 
 
L’Ente locale ha sempre contribuito allo sviluppo delle imprese sostenendole 
con finanziamenti pubblici. 
Da tempo ormai, si discute se la via dell’incentivazione, per i risultati ottenuti, 
sia l’unica effettivamente capace di ottenere risultati. 
L’unica certezza su questo delicato problema è che in alcuni casi, sviluppi 
dimensionali e operativi delle aziende, possono essere raggiunti solo attraverso 
un’adeguata leva finanziaria, garantita da idonee agevolazioni, e che lo sviluppo del 
territorio si può perseguire attraverso il project financing e gli strumenti di 
programmazione negoziata.
13
 
                                                          
13
 Caprio G. e Pavese G., “Una fabbrica di idee per lo sviluppo locale”, articolo tratto da “Giuda agli Enti locali”, del 16.02.2002,  n°6,  
il Sole 24 Ore. 
 16
Il finanziamento delle infrastrutture sul territorio è fondamentale per mantenere 
alto il grado di competitività del sistema imprenditoriale italiano. 
Tuttavia, il modo di finanziare il territorio e il suo sviluppo, non si può più 
adagiare su logiche tradizionali. Esso si deve indirizzare verso logiche che 
consentano la partecipazione attiva di energie (pubbliche, private, locali e centrali), 
in grado di supportare ed incrementare la competitività complessiva. 
Un sistema che può raggiungere tali obiettivi, ogni volta che si verifica un gap 
tra redditività attesa da un progetto e rendimenti del mercato, è quello di predisporre 
facilitazioni fiscali, contributi finanziari, ed ogni altro mezzo capace di minimizzare 
la spesa pubblica e massimizzare i benefici per gli utenti. 
In quest’ottica deve sempre essere chiaro all’Ente che un progetto può essere 
un’opportunità economica per le imprese, anche se non vantaggioso. Da qui emerge 
la necessità, anche per la pubblica amministrazione, di iniziare a conoscere il 
mercato e di adottare una logica basata sulla contrattazione. 
Si giunge così all’utilizzo di strumenti come la programmazione negoziata e la 
concertazione, che permettono di progettare iniziative o strumenti finanziari 
innovativi idonei a soddisfare i bisogni degli operatori economici, esaltando 
contemporaneamente il ruolo politico-amministrativo degli Enti locali. 
“Gli interventi e gli strumenti agevolati finanziari, se supportati da adeguate 
motivazioni politiche e conseguenti discipline e regolamenti concreti ed operativi, 
possono concorrere all’innovazione tecnologica dell’impresa, alla dotazione di 
adeguate capacità tecniche e manageriali, ad un maggiore sviluppo delle azioni di 
promozione pubblicitaria e di marketing, e alla formazione professionale ed alla 
creazione di servizi ad alto contenuto tecnologico”.
14
  
Per raggiungere quindi i presupposti per un corretto sviluppo delle imprese e del 
territorio in generale, si ritiene indispensabile un intervento mirato dello Stato, 
capace di introdurre nel nostro ordinamento, una nuova normativa in grado di 
agevolare l’intraprendenza imprenditoriale, e di creare un sistema in cui l’impresa 
possa nascere e progredire, con un sistema giudiziario in grado di garantirla.  
                                                          
14
 Zerboni N., “PMI gli strumenti a sostegno dello sviluppo locale”,  Il sole 24 ore,  Milano 2000,  pag.6.