4
alcuni media elettronici che pochi anni fa non esistevano), che si ritrova a 
svolgere i propri acquisti in un mercato popolato da un’infinità di prodotti e 
produttori, i quali, grazie anche al mutamento socio-economico che sta avvenendo 
nel mondo (si pensi ad esempio all’Unione Europea, con il relativo abbattimento 
dei confini nazionali), estendono la propria rete commerciale al di là dei confini 
dei propri Stati.  
Pochi anni fa la strategia dell’impresa era una strategia prevalentemente 
orientata alle vendite. L’impresa si preoccupava essenzialmente di creare un buon 
prodotto al minor costo possibile, cercando successivamente di venderlo, senza 
studiare, quindi sapere e conoscere, le esigenze del consumatore. Oggi, invece, 
l’impresa deve essere guidata dal consumatore, dalle sue esigenze e dai suoi gusti; 
ecco allora che si parla sempre più di mercati “customer driver”. Ma oltre alla 
creazione di prodotti che soddisfino le esigenze e i gusti del consumatore, 
l’azienda deve dedicarsi anche ad un’opera di comunicazione globale, a 360°, 
utilizzando appunto tutti i mezzi a sua disposizione, che permettano all’azienda 
stessa di farsi conoscere e al consumatore di conoscere il prodotto e soprattutto i 
benefici che se ne possano trarre dal suo acquisto e dal suo utilizzo. Quindi la 
figura chiave rimane il consumatore con i suoi benefici ricercati. 
Ma come può riuscire l’impresa a costruire un’esperienza che per il 
consumatore valga la pena vivere? Creando “La Marca”, marca intesa come 
valore distintivo e difficilmente imitabile perché composta da una serie di valori 
intangibili costruiti nel tempo tramite un attento lavoro di comunicazione. 
In tale contesto, la capacità di gestire la nascita e lo sviluppo della marca 
con un’adeguata strategia di branding diviene una competenza chiave. 
Partendo da tali considerazioni, lo scopo di questo lavoro mira proprio a 
determinare quali siano gli elementi di base di una corretta Corporate image, 
come questa possa essere sviluppata efficacemente lungo tutti gli assi 
comunicativi che interessano l’azienda in modo da determinare il successo della 
stessa e dei suoi prodotti presso il pubblico. 
La tesi si articola pertanto in tre capitoli, che trattano in maniera 
progressiva, dal generale al particolare, le motivazioni, le tecniche e le 
applicazioni delle strategie di immagine di un’azienda. 
 5
In particolare nel capitolo primo vedremo come le linee guida della 
corporate aziendale si sviluppano a partire dalla filosofia aziendale che dipende 
dalle scelte di gestione del management dalla tipologia gestionale dell’azienda e 
dagli obiettivi e gli intenti propri dell’azienda. Si individuano poi i livelli 
dell’immagine aziendale specificando per ognuno di essi le caratteristiche, le 
strategie e le funzioni che ne regolano la gestione. Saranno pertanto analizzate le 
tecniche di immagine che riguardano azienda, marca e prodotto definendone 
aspetti e caratteristiche fondamentali. Uno sguardo a parte sarà poi dedicato alle 
strategie di comunicazione per le piccole e medie imprese che rappresentano in 
Italia gran parte del tessuto economico ponendo l’attenzione sul fatto che 
un’attenta gestione dell’immagine, anche nel caso di aziende di piccole 
successioni, può decretarne un vantaggio competitivo di rilievo all’interno del 
mercato di riferimento. Infine l’accento verrà posto sull’impresa etica che facendo 
propri valori e comportamenti positivi riesce a creare intorno alla sua immagine 
un consenso particolarmente rilevante. 
Nel secondo capitolo vengono affrontati con uno sguardo il più possibile 
tecnico gli elementi fondanti l’identità aziendale, che risultano essere 
essenzialmente artifici grafici che abilmente composti creano quella Corporate 
image che è fulcro della tesi. Si partirà dall’analisi del marchio che risulta essere 
nei suoi tratti distintivi e peculiari l’elemento identificativo per eccellenza 
dell’azienda, si porrà l’accento sulle scelte grafiche e cromatiche e sulle regole 
percettive che ne stanno alla base. Inoltre si analizzeranno gli altri elementi della 
comunicazione e il packaging che per sua natura svolge un ruolo fondamentale di 
“punto di incontro” tra l’azienda e il consumatore. 
Il terzo e ultimo capitolo presenterà infine un caso concreto di Corporate 
Image, quello del pastificio Rummo di Benevento che attraverso scelte valide e 
investimenti cospicui nel settore immagine è riuscito a trasformarsi da realtà 
aziendale familiare e territoriale a leader del mercato su scala internazionale. 
 
 
 
 
 
 
 6
CAPITOLO I 
 
LA CORPORATE IDENTITY 
 
 
 
1.1. valori profondi e cultura aziendale 
 
Nonostante sia un termine di uso comune e fortemente radicato nel 
vocabolario di tutti noi per via dei retaggi culturali propri del mondo occidentale, 
si rimane sorpresi considerando i diversi significati che possono essere attribuiti 
alla parola "valore" anche quando venga coniugata al plurale. In economia, 
"Valore" propone immediatamente il significato di prezzo o di costo e ricorda la 
più classica delle definizioni, quella di Adam Smith, (1776): Si può osservare che 
la parola valore ha due differenti significati: talvolta esprime l'utilità di qualche 
particolare oggetto e talaltra il potere di acquistare altri beni che il possesso di 
questo oggetto conferisce. L'uno può essere detto valore d'uso, l’altro valore di 
scambio
1
. 
Sulla base di questa definizione economica del termine valore, la prassi di 
creazione del valore aziendale, non può che assumere, almeno in prima analisi, il 
significato di un processo razionale di incremento dimensionale ed economico. 
Tuttavia nel corso del tempo il concetto di valore aziendale è uscito dai 
canoni prettamente economici delle teorizzazioni smithiane, anzi sempre più si è 
andata creando la consapevolezza che il valore di un’impresa dipendesse in 
maniera molto profonda da elementi intangibili che avevano a che fare con risorse 
di diverso tipo e che, erano proprio queste, a caratterizzare l’impresa in termini di 
immagine. 
Il valore economico può infatti avere un certo peso sul mercato o negli 
aspetti più propriamente finanziari ma sono gli elementi della cultura e 
dell’immagine d’impresa che poi decretano il successo di un’iniziativa 
imprenditoriale anche presso il pubblico. 
                                                 
1
 Smith, A., La ricchezza della nazioni, Grandi Tascabili Economici Newton, Roma, 1995;  
 7
Un’altra accezione del termine, è quella che designa i valori come linee 
guida dell’agire e si basa soprattutto su studi filosofici e psicologici. In particolare 
intende con essi il complesso dei principi che sovrintendono ai vari sistemi di 
scopi individuali e fanno da bussola agli ordinamenti di una comunità in materia 
di diritti e doveri
2
. 
Appare quindi evidente che nel tempo la riflessione sul valore è andata 
coinvolgendo sempre più discipline diverse. Da essa non possono prescindere la 
politica e l’economia, la psicologia, la sociologia, il management e 
l’organizzazione aziendale.  
I valori oggi svolgono una parte fondamentale nelle diverse forme di 
governo, riflettono e condizionano le differenti organizzazioni sociali, improntano 
le diverse traiettorie dello sviluppo individuale e sociale. Diversamente da ieri i 
questi non si configurano più come principi statici ed assiomatici, ma come punti 
di approdo che rendono conto del grado di sviluppo dei diversi ordinamenti ed 
equilibri sociali.  
Questo rinnovato e multidisciplinare interesse si fonda sul fatto che, i 
valori preponderanti in un determinato contesto socio-culturale, determinano i 
rapporti che si instaurano tra gli individui, gli atteggiamenti e le aspettative 
reciproche, i comportamenti, l’attrattiva delle mete e quindi l’impegno nel loro 
raggiungimento. Ed è proprio questo il motivo perché sempre più spesso l’azienda 
moderna si dota di un sistema di valori condivisi e condivisibili. Essi creano 
unione interna e visibilità all’esterno coinvolgendo i vari pubblici in un clima di 
comunanza reciproca.  
Il riaffermarsi dell’imprenditorialità, negli ultimi anni del novecento, ha 
sempre più posto l’accento sull’importanza dell’intreccio tra valori economici e 
valori sociali e culturali, tra benefici tangibili e benefici intangibili. Tutto l’agire 
dell’impresa non si può rafforzare nel tempo se non relazionandosi 
responsabilmente non solo con i valori della propria cultura di riferimento e delle 
identità che la compongono, ma soprattutto con i valori interni dell’azienda i quali 
possono essere intesi come un’organizzazione durevole di credenze e 
                                                 
2
 Caprara G.V., Le ragioni del successo, 1996, Milano, Il mulino 
 8
atteggiamenti su cosa bisognerebbe perseguire, ne consegue che, in quanto tali, 
essi orientano il comportamento e le dinamiche  decisionali
3
. 
Se inseriamo il discorso sui valori all’interno dell’ottica della gestione 
aziendale risulta evidente come questi ne diventino un cardine fondamentale. 
Può sembrare infatti paradossale ma spesso le aziende prosperano o 
falliscono più per ragioni umane e sociali, che per cause di natura strettamente 
economica. Questo accade perché l’azienda è una entità vivente, e non una 
struttura meramente economica.  
Analogamente, quando si parla di gestione aziendale si ritiene spesso, a 
torto, che questa consista solo o soprattutto nel management, ossia nel controllo di 
cose concrete: produrre, ottenere risultati, gestire risorse, decidere per decidere. 
Tuttavia una gestione che possa definirsi strategica, e che quindi lavori per il 
futuro, implica anche l’attenzione ad aspetti che solitamente vengono considerati 
astratti o teorici. Ci riferiamo appunto a valori, principi, scopi e finalità non solo 
economiche. 
L’importanza delle risorse immateriali nell’ambito del processo di 
creazione e diffusione di valore e la necessità della loro considerazione nel quadro 
degli strumenti di comunicazione finanziaria sono ormai ampiamente affermate, 
tanto a livello accademico, quanto a livello professionale ed aziendale. 
Il valore di un’impresa, infatti, dipende sempre più dai suoi asset 
intangibili tanto che un’impresa, oggi, può definirsi competitiva solo quando 
dispone di un elevato patrimonio intellettuale, culturale e valoriale. 
Nelle organizzazioni agiscono pertanto fattori del tutto invisibili che 
possono avere un’influenza formidabile sui risultati e quindi avere di fatto un 
“peso”, che si traduce anche in fattori tangibili, come i risultati economici, la 
capacità di produzione, gli investimenti. 
Le persone, ad esempio, costituiscono il capitale umano 
dell’organizzazione nella misura in cui utilizzano in modo efficiente ed efficace la 
propria intelligenza. L’organizzazione, infatti, nasce con una sua missione e per 
realizzarla si dota di strutture più o meno formalizzate, strumenti, procedure, 
organigrammi, che si animano con i comportamenti delle persone:  per capitale 
                                                 
3
 Bellotto M., Valori e lavoro. Dimensioni psicosociali dello sviluppo personale, Franco Angeli, 
1997, Milano 
 9
umano non intendo qui la somma degli individui, dato dal numero dei dipendenti 
e dal monte orario del lavoro, ma un sistema organico che si caratterizza per i 
modi con cui questi individui si connettono tra loro e con l’ambiente circostante. 
La quantità non determina necessariamente la qualità 
Una parte del patrimonio umano è costituito dall’expertise, ovvero dalla 
competenza tecnica e dall’esperienza. I comportamenti attraverso cui anche 
l’expertise viene effettivamente messa a frutto sono direttamente collegati a 
diversi tipi di intelligenza. La competenza tecnica è infatti un patrimonio legato ai 
contenuti specialistici, le intelligenze sono invece il modo (processi) in cui 
organizziamo ed esprimiamo questi contenuti. 
L’intelligenza cognitiva era considerata fino a qualche anno fa 
l’Intelligenza per definizione, l’unica quindi su cui investire. Essa ha a che fare 
con le capacità di analisi e sintesi, con le abilità logico-matematiche, con la 
capacità di individuare una sequenza in una serie o di definire un metodo ed una 
struttura, si esprime pertanto nella risoluzione dei problemi, nella organizzazione 
e strutturazione delle attività, nella pianificazione e gestione del tempo. 
Recentemente la convinzione che l’intelligenza cognitiva fosse garanzia di 
risultati professionali eccellenti è stata messa in discussione. Analizzando le 
capacità decisive necessarie per ottenere apprezzamento e successo si sono 
individuate altre forme di atteggiamento riconducibili alla cosiddetta intelligenza 
emotiva
4
. Tali capacità possono essere distinte in due grandi aree:  
 ξ  Competenze personali, ovvero capacità di riconoscere le proprie spinte 
emozionali, di disinnescare risposte automatiche inefficaci, di controllare i 
priopri comportamenti, di automotivarsi e reagire alle frustrazioni; 
 ξ  Competenze sociali, ovvero il modo con cui ci mettiamo in relazione con gli 
altri, la capacità di ascoltare e riconoscere gli stati d’animo degli altri, la 
capacità di comunicare, influenzare, cooperare e  negoziare: 
Per molto tempo imprenditori e manager hanno considerato le emozioni 
alla stregua di un rumore di fondo che disturbava il normale esercizio 
dell’impresa, ma l’epoca in cui le emozioni erano ignorate, perché considerate 
                                                 
4
Goleman D., Intelligenza emotiva, Bur Saggi, Milano 2002 
 
 10
irrilevanti ai fini aziendali, è ormai tramontata. Oggi, in qualunque settore 
operino, le aziende hanno bisogno di raccogliere i vantaggi offerti da leader in 
grado di generare nell’impresa quella "risonanza emozionale" che consenta a 
ciascuno di realizzare le proprie aspirazioni e di rendere concrete le proprie 
potenzialità, traducendo le potenzialità emotive in vantaggi tangibili. 
Se si accetta l’ipotesi che ogni impresa, per garantirsi sussistenza e spazio 
nel mercato, deve essere guidata verso una continua creazione di valore, si 
determina al tempo stesso l’esistenza di processi che, in precisi contesti, 
permettono all’azienda di raggiungere questa finalità. 
Partendo da questo presupposto e allargandolo a tutta l’attività aziendale, è 
facile capire e dimostrare che la competizione mondiale delle aziende nel terzo 
millennio si giochi prevalentemente attraverso i fattori intangibili dell’offerta: il 
marchio, i servizi aggiuntivi, l’assistenza post-vendita, la garanzia, ma soprattutto, 
appunto, l’immagine, intesa come “percezione di un valore”: un’entità 
assolutamente astratta che prescinde dal prodotto materiale e dai servizi ad essa 
connessi. Quindi, chi compra non si appropria di una “cosa”, ma del “valore” (o 
dell’idea di esso) che qualcuno è riuscito a trasmettergli e fargli percepire. 
Oggi, il vero ruolo chiave all’interno dell’impresa non è tanto quello di 
produrre secondo determinati standard qualitativi (ciò, infatti, può essere 
facilmente esternalizzato)
5
, quanto piuttosto quello di riuscire a trasmettere al 
consumatore il valore della propria offerta. 
Nello svolgimento della sua attività l’impresa genera infatti valore in 
circostanze differenti: rapportandosi con l’ambiente esterno (valore relazionale), 
accumulando capacità e competenze proprie (valore potenziale) in grado di 
tradursi in innovazioni di prodotto o di processo decisive nella negoziazione 
d’affari e nella creazione del vantaggio competitivo per il cliente (valore 
trasferito). 
Più nel dettaglio, il valore relazionale nasce dal continuo confronto tra 
l’azienda e l’ambiente esterno (clienti, istituzioni, fornitori, partner). In questo 
contesto, nato dalle diverse esigenze dell’attività d’impresa, si possono 
                                                 
5
 Per una sintesi del percorso evolutivo verso l’esternalizzazione si vedano, tra gli altri Filippi - 
Zanetti, 2001. 
 
 11
manifestare interessanti novità che possono concretizzarsi in utili innovazioni atte 
a rinforzare le capacità competitive dell’impresa. E’ bene allora che l’azienda 
pianifichi sistematicamente le sue relazioni, individuando anzitutto i potenziali 
interlocutori che siano in grado di contribuire attivamente al processo di creazione 
del valore. 
Prescindendo da come l’impresa interagisce con gli interlocutori esterni, è 
utile sottolineare che, per la sua stessa esistenza, l’azienda deve possedere già 
delle potenzialità interne di creazione di valore.  
Il valore potenziale di un’azienda include il suo patrimonio, solo in parte 
tangibile, le conoscenze coinvolte nel processo produttivo, le capacità 
organizzative ed imprenditoriali e tutte le risorse interne che permettono 
all’impresa di distinguersi dalla concorrenza e di proporre un’offerta innovativa. 
Dal momento in cui l’azienda pone sul mercato un prodotto/servizio, il valore che 
l’impresa incorpora in esso viene trasferito al cliente sia in senso fisico, attraverso 
la distribuzione, sia con le attività di comunicazione. Da questo momento in 
avanti, il processo di creazione del valore esce in parte dalle responsabilità 
dell’impresa e viene gestito in prima persona dal cliente. Spetta a lui decidere se 
prendere in considerazione il prodotto/servizio offerto, se accettarne l’immagine 
ed i servizi aggiuntivi e, soprattutto, se reputare adeguato il prezzo definito dal 
produttore
6
. 
La nuova complessità del contesto e della relazione fornitore-cliente 
impone, quindi, di attribuire un significato più ampio al termine qualità che, 
appunto, si esprime al meglio nel concetto di valore.  Ogni occasione di rapporto 
fornitore-cliente, in tale logica, diventa un’esperienza di fondamentale importanza 
per la prossima occasione di business insieme o di riacquisto di un prodotto, o di 
ri-fruizione di un servizio. L’esperienza di un rapporto rappresenta quel 
“momento della verità” in cui il cliente si fa una precisa opinione di quanto 
sperimentato, fattore che sarà determinante per il suo prossimo acquisto.  La 
capacità di monitorare e interpretare l’esperienza di un cliente, predisporne di 
                                                 
6
 Fiocca R., Marketing impresa e mercato, McGraw-Hill, Milano, 2004, 
 
 12
migliori per il futuro, è dunque oggi una delle più importanti leve da gestire per il 
successo del proprio business. 
All’impresa non resta quindi che considerare i giudizi ed i comportamenti 
dei clienti e valutare l’entità del valore generato dall’offerta in termini di 
performance di mercato, performance relazionale e di reputazione, effetti generati 
sulla cultura e sull’identità dell’azienda stessa. 
Da quanto detto fin qui, appare evidente che il valore dell’impresa così 
come lo si intende in questo lavoro, ha poco a che fare con il risultato economico 
in sé per sé, ma segue, piuttosto, un filone di matrice filosofica e motivazionale 
che tende alla individuazione dei criteri cardine dell’impresa eccellente. 
Questa si configura attraverso la messa in atto di valori che sottendono una 
forte identità, una cultura aziendale radicata, coesiva, alimentata da un continuo 
apprendimento, fatta di un insieme di valori che risponde nel contempo ai bisogni 
di sicurezza e realizzazione delle persone che vi lavorano, alle necessità del 
mercato, alle esigenze di economicità duratura dell’impresa, alla qualità, al 
servizio al cliente, alla flessibilità, fluidità e informalità organizzativa, alla 
capacità di innovare, all’attenzione per le persone che operano in azienda.  
Essi devono pertanto essere vissuti con un’intensa partecipazione emotiva, 
che si manifesta nell’amore per il prodotto, nella dedizione al cliente, nella 
soddisfazione e nell’orgoglio di far parte di un’impresa vincente nelle arene 
competitive. Il management avrà il compito di occuparsi di questi aspetti, con una 
continuità di impegno che si traduce in politiche e fatti gestionali coerenti e in una 
varietà di espedienti organizzativi che ne testimoniano il profondo radicamento 
nella vita e nella struttura aziendale. 
Questo processo di creazione di valore, inteso nelle sue varie accezioni, è 
quindi uno degli aspetti che più fortemente influisce sulla determinazione di 
un’identità d’impresa e sulla sua immagine, aspetti immateriali che, come già 
detto, vanno assumendo sempre più importanza nelle strategie dell’impresa 
moderna.  
Detto ciò è innegabile che non esiste un sistema di valori universalmente 
valido, questo infatti risulta strettamente legato alla storia dell’azienda, ai suoi 
mercati e ai suoi concorrenti: saranno i leader a deciderne il giusto mix che, una 
 13
volta identificato, diverrà parte di quella cultura aziendale condivisa che è motore 
del successo e cardine dell’immagine di un’impresa. 
Essi andranno a integrarsi e a fondare la mission e la vision dell’azienda 
intese come linee guida di pianificazione strategiche dell’attività e dello sviluppo 
d’impresa.  
In particolare la definizione della vision mette in evidenza “cosa” 
un’azienda vuole essere. Si concentra sul domani, fornisce dei chiari criteri di 
decision making ed è immutabile. La vision aziendale stabilisce lo scopo 
dell’organizzazione, la rotta che essa intende seguire ed i benefici che ne potranno 
derivare. Dopo la definizione, la comunicazione e il rinforzo della vision 
condivisa diventano un obiettivo continuo da conseguire con un’attenta e precisa 
pianificazione degli obiettivi da perseguire e di volta in volta individuati.  
La definizione di una mission, invece,  mette in luce cosa sia l’azienda ora. 
Si concentra sull’oggi; identifica il cliente; identifica il processo o i processi 
critici; e stabilisce il livello di performance. 
La mission aziendale è un punto fondamentale del discorso sui valori 
poiché rappresenta la ragione di esistere dell’azienda, descrive quello che 
l’azienda vuole significare per il mercato in cui opera, chiarisce in che cosa essa si 
distingue rispetto ai concorrenti. 
Come abbiano già accennato, nella definizione della mission aziendale 
vanno considerati i seguenti aspetti: 
 ξ  la definizione della mission è una prerogativa del top management; 
 ξ  essa deve essere costruita sulla base della cultura presente in azienda e 
risultare di facile comprensione da parte degli addetti; 
 ξ  una mission ben definita esprime chiaramente il modo in cui un’azienda vuole 
identificarsi e competere sul mercato; 
 ξ  la mission deve essere chiara e inequivocabile e deve orientare gli obiettivi 
aziendali; 
 ξ  il personale deve operare coerentemente con la mission aziendale che diventa 
così uno strumento che promuove l’unione d’intenti ed il senso di 
appartenenza all’azienda. 
 14
La mission può pertanto scaturire solo da un’attenta analisi della storia 
dell’azienda, valutandone con precisione e cura le principali caratteristiche, le 
motivazioni interne, le differenze rispetto ai concorrenti e il mercato di 
riferimento. Solo basandosi su una cultura comune e su una scala di valori 
condivisi la mission può assolvere pienamente ed efficacemente al suo compito di 
guida strategica dell’agire aziendale. Divenire l’espressione visibile di quella 
cultura che esprime, con le sue caratteristiche peculiari, l’identità di ogni impresa. 
L’orientamento strategico di un’azienda è influenzato da diversi fattori che 
sono poi alla base di una specifica cultura aziendale, che ne determina lo sviluppo 
stesso. Mi riferisco in primis, senza dubbio, alle capacità del management, alle 
loro abilità nel formare in itinere i futuri dirigenti, per garantire continuità 
dell’azienda, alle loro lungimiranze nell’investimento a lungo termine, alla 
solidità finanziaria del gruppo, alla qualità dei prodotti e dei servizi, alla capacità 
innovativa, alla qualità del marketing, al rispetto che viene dato all’ambiente a alla 
comunità nella quale opera e per ultima, ma non meno importante, alla 
valorizzazione delle risorse umane. 
La cultura aziendale può, quindi, essere definita come il complesso di 
specifici valori, significati, rappresentazioni, modi di pensare condivisi dai 
membri di una organizzazione che determina il modo di comportarsi dei membri 
stessi, sia all’interno che al di fuori dell’organizzazione. Questa può essere vista 
come un iceberg costituito da una parte visibile che raccoglie elementi secondari, 
derivati da quelli di base, primari, che invece si trovano nella parte “sommersa”. 
La parte visibile comprende tutti quegli elementi che concorrono a formare 
l’identità e l’immagine dell’azienda: 
 ξ  simboli e slogan, che tendono ad esprimere, con l’uso di semplici immagini e 
parole, i valori fondamentali e la “personalità” dell’organizzazione. L’impatto 
di uno slogan e di un simbolo è in genere alto, in molti casi determinante 
nell’influenzare l’opinione ad esempio di un cliente o di un partner; 
 ξ  rituali e cerimonie, che sono elementi visibili che esprimono e rinforzano i 
valori promossi da una organizzazione. Sono un esempio le cerimonie di 
consegna di premi per la fedeltà, l’impegno, la professionalità; 
 15
 ξ  miti ed eroi, può infatti essere interessante analizzare quali eventi vengono 
narrati ai neoassunti, quali sono le principali caratteristiche di questi racconti, 
il modo con cui vengono raccontati (positivo, negativo). Si potrebbero così 
individuare atteggiamenti culturali quali, ad esempio, lo spirito di innovazione 
o il conservatorismo, il rispetto o l’indifferenza verso il cliente, la centralità o 
meno della risorsa umana; 
 ξ  modelli di comportamento, come ad esempio il modo di salutare il capo, con 
un sorriso ed in modo informale come se si salutasse un collega, piuttosto che 
con un formale “Buon giorno signore”, può indicare lo stile di gestione 
partecipativo piuttosto che autoritario;  
 ξ  il gergo che viene utilizzato da un’organizzazione può essere un indicatore del 
livello di qualificazione del personale. 
La parte sommersa è costituita dai seguenti elementi fondamentali che poi 
trovano espressione in quelli precedentemente descritti: 
 ξ  norme che rappresentano il modo con cui un gruppo od una organizzazione 
definisce ciò che è “giusto o sbagliato”; possono essere formalizzate o meno; 
 ξ  valori che definiscono ciò che è “buono e ciò che è cattivo”. I valori giocano 
un ruolo chiave nelle scelte tra alternative diverse. 
 ξ  rappresentazioni, cioè il modo con cui i membri di un’organizzazione 
immaginano e raffigurano i concetti, i ruoli, i modelli visti come esempi. Si 
può pensare al “manager ideale” (formale, distinto, serio oppure 
cordiale,allegro) o al “buon impiegato” (conformista, diligente, obbediente 
oppure creativo, curioso, intraprendente). 
Sulla base di questi elementi e del modo i cui si configurano e si integrano 
all’interno della vita aziendale, possono essere individuate diverse tipologie di 
cultura organizzativa che si esplicano in una diversa gestione dei rapporti 
lavorativi e gerarchici, interni ed esterni dell’azienda.  
Charles Handy, guru inglese di management, ha elaborato una interessante 
riclassificazione degli stili di management e della cultura organizzativa con 
riferimenti alla mitologia greca. Partendo infatti dai quattro stili classici ai quali 
può essere ricondotta la cultura organizzativa (club, di ruolo, dei compiti e delle 
 16
persone), egli riconduce a quattro dei (Giove, Apollo, Atena e Dioniso) gli stili 
manageriali ed i fondamenti delle differenti culture organizzative
7
.  
In particolare, secondo l’autore: 
 ξ  La cultura di Giove (club) identifica l´imprenditorialità innovativa e dinamica 
capace di creare e lanciare nuove iniziative attraverso la rapida presa di 
decisioni ed una comunicazione efficace. Gli stili manageriali sono 
marcatamente power-oriented, rifuggono la burocrazia e creano 
un’organizzazione con un basso livello di formalità.  
 ξ  La cultura di Apollo (di ruolo) rappresenta un´organizzazione ordinata e 
strutturata che opera con ruoli chiari ed una gerarchia definita razionalmente. 
 ξ  La cultura di Atena (dei compiti) caratterizza un approccio molto differente 
dai precedenti in quanto l´enfasi è posta sul raggiungimento degli obiettivi 
attraverso la cultura del problem-solving ed in parte grazie alle esperienze 
maturate nel corso degli anni. Senza particolare entusiasmo nei confronti delle 
strutture organizzative e dei ruoli correlati, questo modello di cultura 
organizzativa fonda la sua convinzione sul fatto che il potere e l’influenza 
dipendono dalle expertise, dal raggiungimento degli obiettivi, dalla capacità di 
lavorare in team e dall´efficace partecipazione agli obiettivi 
dell´organizzazione.  
 ξ  La cultura di Dioniso (delle persone) enfatizza la soggettività adombrando 
quindi l’importanza dell’organizzazione. Dioniso, il dio preferito dagli artisti e 
dai professionisti, rappresenta la valorizzazione delle competenze individuali 
piuttosto che la messa a punto di una macchina aziendale che, seppure 
efficace, è sicuramente anonima. In questo tipo di cultura organizzativa non vi 
è spazio per il capo in senso tradizionale ma le funzioni di guida vengono 
assegnate quasi spontaneamente dai membri dei gruppi di lavoro a quelle 
figure che si distinguono naturalmente per eccellenza professionale e spiccate 
doti umane.  
                                                 
7
 Handy C., Gods of Management: the Changing World of Organizations, New York, Oxford 
University Press, 1995 
 
 17
A seconda della cultura di base prevalente in azienda, si verranno a creare 
configurazioni diverse di valori e differenti forme nell’identità che da essi 
scaturisce. 
Appare quindi innegabile che la cultura, oggi, diventa una risorsa 
strategica importantissima anzi necessaria per lo sviluppo, una chiave di 
investimento indispensabile per l’accrescimento della propria competitività. È 
necessario, quindi, discutere e promuovere la cultura d’impresa come stimolo per 
l’innovazione e lo sviluppo economico e sociale. L’impresa, in tale prospettiva, è 
infatti, un’organizzazione che elabora una specifica cultura orientata a soddisfare 
domande e a intercettare bisogni. Un’adeguata cultura d’impresa implica la 
capacità di cogliere i processi organizzativi in un’ottica dinamica, imparare a 
osservare i mercati e il mondo sociale nella loro realtà effettuale, usare il 
marketing in modo rigoroso e creativo padroneggiando tutte le tecniche di ricerca 
e di analisi, affrontare problemi di comunicazione pubblica e politica.