7
razionale delle stesse, un ulteriore affinamento delle metodologie di valutazione del 
merito del credito. 
Sicuramente Basilea 2 si presenta come una rivoluzione annunciata, poiché 
rilevante sarà l’impatto sul sistema bancario, il quale si troverà ad affrontare 
problematiche complesse, quali la valutazione del rischio operativo, l’onere di 
introdurre un sistema di rating efficiente, la necessità di programmare interventi sui 
sistemi informatici, l’esigenza di dover attuare cambiamenti organizzativi nel 
processo di erogazione del credito.  
Occorre rilevare, però, come la situazione italiana presenti ancora aspetti di 
scarsa trasparenza ed efficienza nel rapporto tra banca e impresa che potrebbero 
risultare penalizzanti nell’ambito delle nuove regole. Ecco, quindi, che Basilea 2 
diventa l’occasione per reimpostare il rapporto banca-impresa e, al tempo stesso, 
per sviluppare, all’interno dell’impresa stessa, una vera e propria cultura finanziaria, 
con una particolare attenzione al tema della trasparenza. 
Il nuovo sistema di valutazione del merito creditizio delle aziende da parte 
delle banche rappresenta quindi l’opportunità per una svolta nella cultura degli 
imprenditori italiani, i quali, alle loro tradizionali competenze in campo tecnico, 
commerciale e gestionale, dovranno affiancare un’altrettanta approfondita 
competenza in campo finanziario e comunicativo che li permetta di gestire un 
nuovo tipo di rapporto con le istituzioni finanziarie e di strategia e di sviluppo della 
propria azienda.  
Per le banche questo nuovo quadro normativo ha l’obiettivo di definire regole 
di “adeguatezza patrimoniale”.  
I motivi che spingono a regolamentare il livello minimo di capitalizzazione
1
 
delle banche derivano dall’esistenza della “vigilanza prudenziale” che a sua volta 
trae origine dalla più ampia “vigilanza sulle istituzioni bancarie e finanziarie”. 
Questo perché, mentre il fallimento di un’impresa non finanziaria, nonostante 
i notevoli danni che può arrecare a numerosi soggetti (dipendenti, creditori, clienti, 
                                                 
1
 Il livello di capitalizzazione di un’impresa è il rapporto tra il capitale proprio ed un 
aggregato indicativo del volume dei debiti contratti, oppure della dimensione aziendale (come ad es. 
il totale dell’attivo).  
 8
fornitori…), in genere non propaga i propri effetti negativi sui risparmiatori o sulle 
altre imprese (le quali addirittura ne traggono un vantaggio ampliando la propria 
quota di mercato), viceversa, il fallimento di un’impresa finanziaria produce 
immediati effetti negativi sia sulle altre banche, a causa degli ampi rapporti esistenti 
sul piano dei finanziamenti interbancari così come dall’esistenza di possibili crediti 
derivanti dalla gestione del sistema dei pagamenti, sia può intaccare la fiducia dei 
risparmiatori e degli utilizzatori di mezzi di pagamento bancario.  
Basilea 2 rappresenta principalmente, anche se non esclusivamente, la 
revisione delle modalità di calcolo del “coefficiente di solvibilità” che è uno 
strumento della vigilanza prudenziale. 
Le nuove regole di Basilea 2 prevedono la classificazione delle aziende in 
base ad un sistema di rating. Esso focalizza l’attenzione sul rischio di credito, 
considerato da sempre l’elemento critico nella gestione delle banche, l’oggetto 
principale dell’azione della vigilanza e il fattore originario tipico delle crisi 
bancarie. 
Il 2007 è stato l'anno della definitiva attuazione dell'accordo di Basilea 2, ma i 
suoi effetti sul sistema banca-impresa, sono cominciati già da prima. Le banche, 
infatti devono dimostrare 3 anni di conformità operativa per poter accedere agli 
approcci più avanzati (e meno onerosi) previsti dall'accordo, pertanto per esse 
Basilea 2 è entrato in vigore già da almeno due anni.  
Il 24 febbraio 2007 Basilea 2 è diventata legge, il che significa che il lungo 
iter di adozione di Basilea 2 è formalmente terminato. Nel nostro ordinamento, 
pertanto, dal 1° gennaio 2007 è entrata in vigore la nuova normativa 
sull'adeguatezza patrimoniale degli enti creditizi.  
 
 9
CAPITOLO I 
EVOLUZIONE DELLA VIGILANZA BANCARIA 
DAGLI ANNI ’80 AD OGGI 
 
1.1 L’Accordo di Basilea I: il primo sistema di adeguatezza 
patrimoniale 
La vigilanza internazionale, negli ultimi decenni, si è sempre più consolidata 
come una funzione fondamentale da assolvere per garantire stabilità e, al contempo, 
concorrenza ad un sistema imperniato sul concetto di fiducia
2
. 
Nel corso degli anni ’80 è cambiato il peso relativo alle varie forme di 
vigilanza bancaria: si è passati dal privilegiare la “vigilanza strutturale” (che 
definisce le scelte aziendali consentite tanto da influenzare la struttura competitiva 
del sistema di intermediazione finanziaria) ad una “vigilanza prudenziale” (che, 
invece, lascia liberi gli intermediari di articolare le proprie strategie nel rispetto di 
alcuni vincoli, tra cui quello della patrimonializzazione). 
La ragione fondamentale di questo passaggio sta nell’esigenza di aumentare la 
competitività tra le banche al fine di migliorarne l’efficienza e, al tempo stesso, di 
offrire ai risparmiatori ed alle imprese servizi finanziari migliori ed 
economicamente più convenienti. 
Con l’emanazione del Nuovo Accordo di Basilea in materia di 
regolamentazione internazionale del sistema bancario giunge quindi a compimento 
il profondo, laborioso e tormentato processo di revisione dell’originario Accordo 
del 1988 sull’adeguatezza patrimoniale delle istituzioni finanziarie. 
Autore di entrambi gli accordi di Basilea è il Basel Committee on Banking 
Supervision (Comitato di Basilea per la Vigilanza Bancaria), organismo 
internazionale fondato nel 1974 dai Governatori delle Banche Centrali del 
                                                 
2
 Uno degli obiettivi primari della vigilanza, infatti, è stato proprio quello di limitare la 
propagazione di crisi finanziarie dal Paese nel quale si manifesta a tutti gli altri a quest’ultimo legati. 
 10
cosiddetto “Gruppo dei Dieci” (G10)
3
 che include Belgio, Canada, Francia, 
Germania, Italia, Giappone, Lussemburgo, Olanda, Spagna, Svezia, Svizzera, 
Regno Unito, e Stati Uniti d’America (ossia i Paesi del G10 integrati da 
Lussemburgo e Spagna). 
Esso si riunisce presso la Bank for International Settlements, BIS (Banca dei 
Regolamenti Internazionali) a Basilea, organizzazione internazionale per la 
promozione e cooperazione monetaria e finanziaria, nonché banca di ultima istanza 
per la Banche Centrali Nazionali, la quale predispone “accordi” che, tuttavia, non 
hanno valore nei singoli paesi se non dopo il loro recepimento dalle rispettive 
Autorità nazionali.  
Il Comitato esercita le sue funzioni in tre settori: 
9 vigilanza bancaria; 
9 coordinamento tra autorità nazionali di vigilanza; 
9 rafforzamento degli standard di sorveglianza. 
Forte della reputazione e dei consensi acquisiti, il Comitato ha ampliato la sua 
sfera di influenza ben oltre la ristretta cerchia dei Paesi del G10, instaurando una 
stretta collaborazione con le Autorità di vigilanza di numerosi Paesi esterni, con il 
Fondo Monetario Internazionale, con la Banca Mondiale, tanto che l’Accordo di 
Basilea, in realtà, è stato adottato da oltre cento Paesi, anche nei confronti delle 
banche operanti a livello domestico. 
L’obiettivo era quello di prevenire l’insorgere di situazioni critiche nei 
mercati finanziari internazionali e la propagazione all’intero sistema economico 
attraverso uno strumento per la valutazione dell’adeguatezza patrimoniale degli 
istituti creditizi, la cui previsione fondamentale consisteva nel richiedere che il 
patrimonio bancario venisse adeguato ai rischi assunti. 
                                                 
3
 Quest’ultimo fece la sua prima comparsa nel 1962, quando le nazioni costituenti – Belgio, 
Canada, Francia, Giappone, Italia, Lussemburgo, Olanda, Gran Bretagna, USA, Svezia e Svizzera – 
sottoscrissero gli Accordi relativi all’istituzione del FMI, il Fondo Monetario Internazionale, 
divenuto presto il punto di riferimento per la regolamentazione delle attività finanziarie 
transnazionali in quasi tutto il mondo. 
 11
Con l’Accordo di Basilea del 1988, infatti, si indicava un requisito 
patrimoniale minimo obbligatorio dell’8% rispetto alle attività della banca 
ponderate per fattori di rischio standard definiti dalla stessa normativa. 
Questo “coefficiente si solvibilità” rappresentava un’evoluzione dei 
“coefficienti dimensionali” che imponevano un requisito minimo di patrimonio 
rispetto al totale delle attività (non ponderate per il rischio) e che avevano mostrato 
grossi limiti in quanto inducevano le banche ad aumentare le componenti più 
rischiose dell’attivo (per aumentare i ricavi a parità di intermediazione), finendo 
perciò per incrementare i rischi assunti anziché limitarli. 
Il coefficiente di solvibilità era chiamato a salvaguardare la stabilità delle 
singole banche e del sistema bancario; la stabilità era ovviamente messa sotto 
minaccia dall’aumento della concorrenza che si ricercava ai fini del miglioramento 
dell’efficienza del sistema bancario. 
Nell’Accordo del 1988  erano previste quattro categorie di ponderazioni, 
come è possibile vedere dalla tabella sottostante, in cui le attività della banca erano 
collocate sulla base di tre criteri (liquidità dell’attività, natura dei debitori e paesi di 
residenza di questi); per le attività fuori bilancio venivano utilizzati alcuni fattori di 
conversione. 
 
0 % 20 % 50 % 100 % 
Cassa Crediti verso
banche 
multilaterali di 
sviluppo  
Mutui con garanzia 
reale su abitazioni 
utilizzate dal 
debitore 
Crediti verso 
imprese 
private  
Crediti verso 
Banche 
Centrali di 
Paesi OCSE 
Crediti verso 
Banche di 
Paesi OCSE 
Facility per 
emissione di titoli 
Crediti verso 
Banche e 
Governi di 
Paesi non 
OCSE 
Titoli di 
governi dei 
Paesi OCSE 
Crediti verso 
enti del settore 
pubblico 
Impegni a erogare 
con scadenza > 1 
anno 
Partecipazioni 
in imprese 
private 
 12
Impegni a 
erogare con 
scadenza < 1 
anno 
Impegni di 
firma connessi 
a operazioni 
commerciali 
 Fideiussioni, 
accettazioni, 
cessioni pro-
solvendo 
 
Tabella 1: Le ponderazioni di Basilea 1988 per alcune principali classi di attività della banca
4
 
 
 
L’assunto fondamentale dell’Accordo di Basilea è che il rischio assunto da un 
istituto di credito deve trovare un adeguato sostegno nel capitale di vigilanza (o 
patrimonio di vigilanza). Quest’ultimo è costituito dalla somma algebrica di una 
serie di elementi positivi e negativi che, in relazione alla qualità patrimoniale 
riconosciuta a ciascuno di essi, possono entrare nel calcolo con alcune limitazioni:  
Patrimonio di vigilanza = Patrimonio Base + Patrimonio Supplementare – Deduzioni. 
Il Patrimonio Base è costituito: 
- capitale versato; 
- riserve; 
- fondo per rischi bancari generali; 
- strumenti innovativi di capitale; 
- l’utile del periodo. 
Il totale di questi elementi, previa deduzione delle azioni proprie, 
dell’avviamento, delle immobilizzazioni immateriali, delle perdite registrate in 
esercizi precedenti e in quello in corso, costituisce il patrimonio base. 
Il Patrimonio Supplementare è costituito, invece, dai seguenti elementi: 
- riserve di rivalutazione; 
- strumenti ibridi di patrimonializzazione e le passività subordinate; 
- fondo rischi su crediti, al netto delle minusvalenze nette sui titoli e degli altri 
elementi negativi; 
- plusvalenze o minusvalenze nette sulle partecipazioni. 
                                                 
4
 DE LAURENTIS G., CASELLI S., Miti e verità di Basilea 2. Guida alle decisioni, EGEA, 
2004, pag. 8. 
 
 13
Dalla somma del patrimonio base e del patrimonio supplementare sono 
dedotti le partecipazioni, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e i prestiti 
subordinati detenuti nei confronti di banche e società finanziarie, determinando così 
il patrimonio di vigilanza
5
.  
Connesso ai significati di patrimonio di vigilanza e di coefficienti di 
ponderazione per il rischio, è il concetto di “attivo ponderato per il rischio”, 
definibile come la grandezza risultante dall’applicazione al valore nominale delle 
attività rischiose dei coefficienti di ponderazione prima descritti. 
La conoscenza dell’attivo ponderato per il rischio consente, poi, di 
quantificare il rischio cui è soggetta una banca che, come già detto, è fissato in 
misura pari all’8% dell’attivo ponderato. 
Quindi, in base all’Accordo di Basilea 1, le banche dovevano costantemente 
mantenere un ammontare minimo di patrimonio di vigilanza pari all’8 per cento del 
complesso delle attività ponderate in relazione ai rischi di perdita per 
inadempimento dei debitori (rischio di credito). 
Per le banche appartenenti a gruppi bancari, l’ammontare minimo di 
patrimonio era pari al 7 per cento. 
 
 
 
1.2 Da Basilea I a Basilea II: esigenze di revisione dell’Accordo del 
1988 
Le previsioni contenute nell’Accordo di Basilea I producono, nei confronti 
delle banche, effetti meritevoli di essere evidenziati. 
In particolare, il vincolo “patrimonio di vigilanza / attivo ponderato ≥ 8%” si 
traduce nella necessità di incrementare il patrimonio nel momento in cui la banca 
assume attività contraddistinte da maggiore rischio. 
Tuttavia, essendo il patrimonio una risorsa limitata, nonché onerosa, non è 
raro che ad una maggiore patrimonializzazione si sostituisca: 
                                                 
5
 Istruzioni di Vigilanza prudenziale per gli Intermediari Finanziari iscritti nell’elenco speciale 
di cui all’art. 107 TUB. Circolare n. 216 del 5 agosto 1996 – 7° aggiornamento del 9 luglio 2007 – 
CAP. V. 
 14
 ξ  una riduzione dell’attivo; 
 ξ  una diversa allocazione a favore di attività caratterizzate da minor rischio. 
In questi casi, si manifesta in modo evidente l’esigenza di rivedere la 
complessiva strategia operativa dell’intermediario finanziario, ricordando come una 
diminuzione dell’attivo, in quanto fruttifero, genera una minore redditività. 
Inoltre, poiché il capitale di vigilanza è impiegato a copertura delle attività 
rischiose, quest’ultime devono produrre una redditività commisurata al rischio. Al 
riguardo, occorre tenere in considerazione il rapporto rischio/rendimento, secondo 
cui, ad un maggior rischio (impiego di capitale) corrisponde un più elevato 
rendimento atteso. 
Il sistema di adeguatezza patrimoniale avviato dall’Accordo di Basilea del 
1988 ha retto con sufficiente solidità le sorti dei sistemi finanziari dei paesi 
sviluppati per oltre un ventennio. Alle soglie del nuovo millennio, tuttavia, 
apparivano sempre più evidenti i limiti del sistema che, in sintesi, erano 
riconducibili ai seguenti aspetti: 
- eccessiva ampiezza delle classi di controparte: in particolare, difficoltà di 
finanziamento della grande industria e dei debitori più affidabili (che possono 
beneficiare di bassi tassi di interesse) in conseguenza dell’esigenza di 
remunerare il “capitale regolamentare” (cioè richiesto dalla capital regulation) 
in eccesso rispetto al “capitale economico” (cioè quello necessario a 
fronteggiare le perdite inattese secondo i sistemi gestionali della banca), poiché 
per ogni impiego verso privati di qualunque dimensione e rischiosità era 
richiesto l’8%, rientrando tutti questi finanziamenti nell’amplissima classe dei 
crediti sottoposti alla ponderazione del 100%
6
; 
- sottostima del requisito patrimoniale se l’attività creditizia si concentra nei 
comparti più rischiosi dell’intermediazione; 
- staticità del requisito nelle diverse fasi congiunturali, mentre è evidente che i 
rischi per le banche aumentano nelle fasi congiunturali negative; 
                                                 
6
 Si crea quindi un “arbitraggio regolamentare” tramite differenza fra assorbimento di capitale 
economico e di capitale regolamentare (regulatory capital arbitrage – RCA), consistente in una 
ricomposizione dei portafogli bancari orientata verso attività con maggiore rischio sottostante, a 
parità di capitale regolamentare.  
 15
- scarso peso della durata dell’operazione e del valore delle garanzie accessorie 
nel definire le ponderazioni di rischio, mentre è evidente che i crediti di più 
lunga durata e meno assistiti da garanzie comportano rischi maggiori per i 
creditori;  
- il fatto che i benefici della diversificazione di portafoglio degli impieghi della 
banca risultano ignorati, mentre la capacità di diversificare adeguatamente gli 
investimenti è un elemento fondamentale della corretta gestione dei rischi
7
. 
Inoltre, la scarsa sensibilità alla rischiosità delle diverse operazioni, 
incoraggia il management bancario a porre in essere transazioni che minimizzano il 
capitale obbligatorio, come i prestiti con durata residua inferiore ad un anno, a 
fronte dei quali, addirittura, non è richiesta alcuna dotazione di capitale 
regolamentare. 
Le conseguenze di questi limiti sono apparse sempre meno accettabili.  
Ecco quindi che si è reso necessario una revisione dell’Accordo originario del 
1988 che porterà alla nascita, dopo un lungo iter legislativo, del Nuovo Accordo di 
Basilea, il quale rappresenta principalmente una revisione delle modalità di calcolo 
del “coefficiente di solvibilità” che, come indicato nella tabella sottostante, è uno 
degli strumenti della vigilanza prudenziale, vigilanza quest’ultima contenuta nella 
più ampia classe della vigilanza regolamentare la quale, insieme alla vigilanza 
informativa e a quella ispettiva, rappresentano le tre principali forme di vigilanza 
sulle banche. 
 
Vigilanza informativa 
Le banche inviano alla Banca d’Italia, con le modalità e nei termini da essa stabiliti, le segnalazioni 
periodiche, nonché ogni altro dato e documento richiesto, compresi i bilanci. 
                                                 
7
 DE LAURENTIS G., CASELLI S., Miti e verità di Basilea 2. Guida alle decisioni, EGEA, 
2004, pag. 9. 
 16
Vigilanza ispettiva 
La Banca d’Italia può effettuare ispezioni presso la varie banche e richiedere ed esse l’esibizione di 
documenti e di atti ritenuti necessari. 
Vigilanza regolamentare 
La Banca d’Italia, in conformità con le deliberazioni del CICR, emana disposizioni di carattere 
generale avanti ad oggetto: l’adeguamento patrimoniale, il contenimento del rischio nelle sue diverse 
configurazioni, le partecipazioni detenibili, l’organizzazione amministrativa e contabile e i controlli 
interni.  
La vigilanza regolamentare si articola in: 
¾ Fair play regulation (es. regole di trasparenza di prezzi e rischi) 
¾ Vigilanza protettiva (modalità operative del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositanti 
¾ Vigilanza prudenziale: 
 ξ  Coefficiente di solvibilità 
 ξ  Regole sulla concentrazione dei rischi di credito (grandi fidi) 
 ξ  Regole sulle partecipazioni detenibili 
 ξ  Regole sulla trasformazione delle scadenze 
 ξ  Operatività in diversi comparti 
¾ Vigilanza strutturale 
 ξ  Attività esercitabili 
 ξ  Controlli all’entrata (requisiti per l’esercizio dell’attività) 
 ξ  Assetti proprietari (forma giuridica) 
 
Tabella 2: Le diverse forme di vigilanza sulle banche
8
 
 
 
 
1.2.1   Le varie tappe di avvicinamento al Nuovo Accordo di Basilea 
Lo sviluppo del financial risk management e dei relativi modelli di analisi nel 
corso degli anni ’90 aveva indotto il Comitato di Basilea a definire nel gennaio del 
1996 un emendamento inerente i rischi di mercato che, innovando radicalmente 
l’Accordo del 1988 per quanto riguarda la copertura patrimoniale dei titoli detenuti 
dalle banche per scopi di negoziazione, accettava le risultanze dei “modelli interni” 
sviluppati dalle banche a fini gestionali, una volta validati dall’Autorità di vigilanza. 
                                                 
8
 DE LAURENTIS G., CASELLI S., Miti e verità di Basilea 2. Guida alle decisioni, EGEA, 
2004, pag. 2. 
 
 17
A fronte dei limiti sopra sintetizzati, ed in particolare dell’impossibilità per i 
modelli di vigilanza basati su regole fisse di tipo quantitativo (coefficienti 
patrimoniali) di differenziare a sufficienza le varie tipologie di clientela ai fini di 
una corretta valutazione del rischio, una serie di organismi internazionali ha 
sviluppato proposte più o meno organiche per un revisione dell’Accordo del 1988. 
Per queste ragioni nel giugno del 1999 il Committee ha pubblicato il 
documento “A New Capital Adequacy Framework” che per la prima volta 
tratteggiava la struttura del Nuovo Accordo ed era finalizzato alla creazione di una 
nuova regolamentazione sui requisiti patrimoniali delle banche, fondato su una più 
approfondita analisi di solvibilità della clientela. 
Questo processo si è ripetuto più volte: nel gennaio del 2001 il Comitato di 
Basilea ha pubblicato una seconda proposta intitolata “The New Basel Capital 
Accord”, poi raffinata nell’aprile del 2003 e infine definitivamente articolata nel 
giugno 2004 nel quale è proposta una differente regolamentazione per il calcolo del 
coefficiente prudenziale. 
Ad ogni proposta è seguita una estesa fase di raccolta di osservazioni (da parte 
di banche, associazioni di categoria, centri di ricerca, agenzie di rating, singoli 
studiosi) e di analisi di impatto quantitativo sui requisiti patrimoniali a cui le banche 
avrebbero dovuto soggiacere se la proposta in esame fosse stata operativa. 
Il 28 settembre 2005 il Parlamento Europeo approva la nuova direttiva 
sull'adeguatezza patrimoniale degli istituti di credito, recependo sostanzialmente i 
termini dell'accordo di Basilea 2, mentre il 29 settembre dello stesso anno il 
Parlamento Europeo approva la direttiva che recepisce Basilea 2. È un passo 
importante del lungo iter di recepimento del Nuovo Accordo che vedrà il suo atto 
conclusivo nell'Ecofin di novembre 2005. Nulla di inaspettato per un 
provvedimento che non può essere posticipato pena la perdita di competitività delle 
banche europee (che già hanno investito miliardi di euro) nei confronti delle altre. 
Il Nuovo Accordo sul Capitale, fu recepito a livello comunitario il 14 giugno 
2006 dal Parlamento Europeo e dal Consiglio che hanno adottato la direttiva