2
structure des fiches et leurs destinataires. Le glossaire comprend les termes qui, 
selon l’étude du corpus, représentent la langue de spécialité de la filiation à 
l’intérieur du langage du droit.  
 
Le conclusions envisagent brièvement les possibles destinataires et 
emplois de ce mémoire aussi bien que ses résultats. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 3
SUMMARY 
 
The subject of this dissertation is the study of specialised translation 
techniques and more specifically of juridical translation. Its aim is therefore to 
translate a corpus of sentences from French into Italian in order to reflect on 
the difficulties encountered during the translation work. 
 
The translated corpus is constituted of 71 texts drawn by the “Journal 
des Tribunaux”, a Belgian collection  of judgements. 
 
All the judgements concern filiation and they examine its specific 
aspects such as its forms, its investigation, its challenge, and the rights and 
duties which result from it, etc. 
 
The first part of this dissertation (Chapter 1) offers a global view on 
specialised translation techniques, on specialist language and above all on 
juridical translation and its language. 
 
Before translating the selected judgements, it was necessary to study 
both Belgian and Italian Family Law, paying close attention to maternal 
filiation, paternal filiation and legitimate and illegitimate filiation and, finally, 
adoption to map similarities and differences between them. Chapter 2 presents 
the results of this analysis and the importance of the study of filiation, mainly 
in Italy and in Belgium. 
 
The following chapter (Chapter 3) contains all the judgements of the 
French corpus, each one is followed by its translation into Italian. 
 
Chapter 4 is devoted to a commentary focusing on the analysis of the 
instruments employed to translate the corpus, the translation difficulties and 
their solutions. 
 
The last chapter (Chapter 5) explains why it was decided to create a 
glossary, it describes the glossary, the instruments used, for example the 
Trados Multiterm software, the structure of the glossary and its possible users. 
 4
The glossary includes  all those terms which, according to the corpus analysis, 
represent the specialist language of filiation as a sub-section of juridical 
language. 
 
The conclusions briefly  present the possible addressees and uses of this 
dissertation as well as its results. 
 
 
 
 
 9
 
CAPITOLO 1 
 
TEORIA DELLA TRADUZIONE 
 
 
1.1 La traduzione tecnica. 
 
Nell’era di Internet e del villaggio globale, nel periodo di maggior 
sviluppo della tecnologia e del commercio mondiale, con il contemporaneo 
abbattimento delle frontiere fisiche, ideologiche e burocratiche, la traduzione 
assume sempre maggior rilievo. Il costante progresso di settori quali ad 
esempio la medicina, la meccanica, l’informatica provoca un aumento della 
richiesta di traduzioni tecniche e, nonostante Mounin
1
 affermi che “la 
traduzione tecnica […] è la più vecchia del mondo”, essa è stata e continua ad 
essere trascurata per quanto riguarda la teoria della traduzione. Se da un lato, la 
traduzione tecnica costituisce la parte più considerevole del mercato di questo 
settore, dall’altro essa finisce per vedersi attribuire un apparente carattere di 
semplicità, soprattutto se paragonata alla traduzione letteraria. In fondo, come 
sostiene Balboni
2
, ci troviamo di fronte alla “dicotomia traduttore 
tecnico/traduttore letterario” che tende alla semplificazione di tutta una 
problematica concernente la traduzione tecnica che Mounin
3
 invece sottolinea 
opportunamente nella seguente contrapposizione: “se il traduttore letterario 
cade in un errore grossolano, in un qui-pro-quo o addirittura in un assurdo, si 
copre di ridicolo come traduttore, nuoce un poco all’autore di cui traduce 
l’opera, ostacola poco o molto la diffusione del libro ed è tutto qui. Il traduttore 
tecnico, invece, è ossessionato dagli errori di significato che provocano 
conseguenze materiali drammatiche o rovinose, si tratti di tradurre un brevetto 
d’invenzione, o una nota esplicativa che accompagna gli schemi di montaggio 
                                                          
1
 Mounin G. (1965), Teoria e storia della traduzione, Torino, Einaudi, p. 166. Nonostante le 
ricerche eseguite, non è stato possibile reperire l’edizione originale in francese del testo di 
Mounin, quindi è stata adottata la traduzione italiana dell’opera. 
2
 Balboni, P.E. (1983), La traduzione delle microlingue, Brescia, La Scuola, p.161. 
3
 Mounin, G, op. cit., pp. 171-172. 
10
 
di un trattore.” Inoltre, come afferma Albir
4
, “les compétences d’un traducteur 
poétique et d’un traducteur technique ne sont pas les mêmes, car dans un cas il 
faut avoir la sensibilité d’un poète et dans l’autre il faut posséder le savoir 
pertinent nécessaire pour saisir l’information du texte et la réexprimer selon la 
langue de spécialité concernée”. È ovvio che nel caso della traduzione tecnica è 
la società stessa a richiedere un vertiginoso scambio di informazioni altamente 
specialistiche, di brevetti, di fogli illustrativi, recensioni, manuali, da qui la 
crescente difficoltà per il traduttore tecnico che si trova a dover anche costruire 
o rinnovare i suoi strumenti di lavoro, talvolta nemmeno adeguati, dai dizionari 
alle schede terminologiche, dai vari tipi di software, ad Internet. Infatti, in un 
saggio di Bertsche
5
 si può rilevare che ad esempio il settore dei brevetti è 
estremamente vasto e diversificato, quindi in questo ambito il traduttore 
tecnico deve tradurre correttamente la descrizione di procedimenti, dispositivi 
o prodotti che non gli sono noti, inoltre è tenuto a conoscere anche la 
terminologia della documentazione che accompagna la richiesta di un brevetto, 
senza calcolare il fatto che  tali documenti sono spesso redatti volontariamente 
in un linguaggio perlomeno vago. Nekrasoff
6
 porta invece l’esempio del settore 
medico, nel quale la principale difficoltà è ancora una volta di tipo 
terminologico in quanto il lessico della medicina è in costante espansione: in 
cinquanta anni si è passati da alcune migliaia di sindromi note a diverse decine 
di migliaia, con un’ulteriore complicazione, spesso i medici non si trovano 
d’accordo su quale definizione attribuire ad un determinato termine. 
Una difficoltà non indifferente viene riscontrata nel tentativo di 
individuare una classificazione dei testi tecnici poiché non è possibile prendere 
in considerazione “une typologie des textes fondée sur l’organisation interne du 
discours, et plus particulièrement sur l’intention du discours.”
7
 Tale distinzione 
permette di individuare quattro tipi di testi, vale a dire “les textes descriptifs, 
les textes explicatifs, les textes prescriptifs et les textes argumentatifs”
8
. Questa 
classificazione risulta appunto insoddisfacente in materia di traduzione tecnica 
                                                          
4
 Albir, A. H. (1990), La notion de fidélité en traduction, Collection “Traductologie” n° 5, 
Paris, Didier Erudition, p. 36. 
5
 Bertsche, W. L. (1977), Patent translation- The technical translator as general practitioner, 
in “La traduction, une profession”, Actes du VIIIe Congrès Mondial de la Fédération 
Internationale des Traducteurs, Montréal, Linguatech Editeur inc. 
6
 Nekrasoff, V. N. (1977), Translation, the lifeblood of medical progress, in “La traduction, 
une profession”, Actes du VIIIe Congrès Mondial de la Fédération Internationale des 
Traducteurs, Montréal, Linguatech Editeur inc. 
7
 Vigner G. (1980), Didactique fonctionnelle du français, Paris, Hachette, pp.59/60. 
8
 Vigner, G., op. cit., p.59 
 11
perché di difficile utilizzo, ed il motivo è fondamentalmente la scarsa 
omogeneità dei testi tecnici che si rivelano “à différents degrés, mélange de 
description, d’explication, de prescription e d’argumentation”
9
. 
Ma esattamente cosa significa ed implica tradurre un testo 
specialistico? Un importante teorico della traduzione, Berman
10
, afferma che 
“traduire un texte spécialisé, c’est traduire un message possédant à la fois des 
contenus déterminés, une forme discursive déterminée, une ou des 
terminologies déterminées et une finalité déterminée”, quindi la lingua diventa 
uno strumento di comunicazione e il testo ha uno scopo ben preciso e cioè 
trasmettere un messaggio tramite formule e termini ben specifici. Di 
conseguenza, tradurre un testo di tipo tecnico significa seguire delle regole ben 
definite: occorrono soprattutto chiarezza, precisione e fedeltà, e per questo 
motivo chi traduce è anche tenuto a documentarsi sull’argomento che sta 
trattando e prestare molta attenzione all’aspetto terminologico.  
Steiner
11
, però, ci fa notare che in fondo la comprensione di un testo 
non può mai dirsi né assoluta né definitiva, quindi il traduttore incontrerà 
sempre delle difficoltà nello svolgimento del suo compito ed esse lo 
condurranno ad avvalersi di parafrasi che comunque non risolveranno ogni suo 
problema, e ciò conduce ad un’unica conclusione: la traduzione perfetta non 
esiste, ogni traduzione è un tentativo, per raggiungere i limiti di quanto è 
concretamente fattibile. 
 
 
1.2 Le microlingue. 
 
Le microlingue sono denominate anche micro-codici, linguaggi di 
specialità, sottocodici, lingue tecniche, lingue speciali, linguaggi settoriali, 
ecc., ed in base alla definizione di Balboni
12
 , “la nozione che può consentire 
l’individuazione di una microlingua è quella di scopo correlata a quella del 
                                                          
9
 Cormier, M. C. (1986), Traduction technique et pédagogie, Paris, Université de la Sorbonne 
III (thèse de doctorat non publiée). 
10
 Berman, A. (1991),  Traduction spécialisée et traduction littéraire, in “La traduction 
littéraire, scientifique et technique”, Collection Paroles et Actes. Actes du colloque 
international organisé par l’Association Européenne des Linguistes et des Professeurs de 
Langue (AELPL) les 21 et 22 mars 1991 à l’Ecole Nationale Supérieure des Arts et des 
Métiers, Paris, La Tilu éditeur, p. 67. 
11
 Steiner, G. (1978), Après Babel. Une poétique du dire et de la traduction, Paris, Edition 
Albin Michel, p.281. 
12
 
‘ruolo’ dei partecipanti. Lo scopo per cui, fra specialisti di una determinata 
materia, si usa la microlingua di dominio comune è quello ‘della massima 
chiarezza, della comunicazione non-ambigua o, comunque, con un grado di 
ambiguità tendente a zero.’” 
È inoltre possibile suddividere le lingue speciali in base all’argomento. 
Sempre Balboni
13
 indica una possibile divisione tra sei settori principali di 
microlingue: microlingua delle scienze economico-giuridiche; microlingua 
della filosofia e delle scienze sociali; microlingua delle scienze naturali; 
microlingua della scienza e della tecnologia; microlingua delle comunicazioni; 
microlingua delle forze armate. Ovviamente ogni settore è suscettibile di 
un’ulteriore ramificazione in settori ai quali i vari testi possono appartenere in 
base alla terminologia particolare che presentano e soprattutto all’uso di unità 
lessicali che rinviano a determinate aree semantiche pur tenendo sempre 
presente che le divisioni non possono essere nette e definitive lasciando così 
spazio a delle sovrapposizioni. 
I vari settori e sottosettori contengono anche diversi livelli di 
specializzazione che Freddi
14
 individua in base alla varietà di pubblico alla 
quale il testo considerato si rivolge ed in particolare si può rilevare: 
-la descrizione generica: produzioni linguistiche a scopo divulgativo; 
-la descrizione specifica: riviste specializzate, dibattiti, conferenze, 
manuali scolastici, ecc.; 
-la formulazione: trattati, progetti di ricerca; 
-la formalizzazione: ricerca teorica, formule matematiche che 
condensano la lingua di specializzazione. 
Tutto questo viene ovviamente sempre rapportato al contesto, 
all’emittente ed al destinatario del messaggio ed ai mezzi a disposizione, ecc. 
È inoltre fondamentale considerare il fatto che le lingue di specialità si 
basano su scopi informativi o pragmatici con una conseguente prevalenza della 
denotazione e della referenzialità dei testi proprio perché la necessità maggiore 
è quella di un’estrema chiarezza e precisione dal momento che il lessico 
specialistico è fondamentalmente monoreferenziale. 
Le microlingue presentano tra l’altro alcune peculiarità anche dal punto 
di vista fonologico, sintattico e lessicale. Quest’ultimo aspetto è il più rilevante 
                                                                                                                                                         
12
 Balboni, P. E. (1989), Microlingue e letterature nella scuola superiore, Brescia, La Scuola. 
13
 Balboni, P. E. ,op. cit. 
 13
in quanto ogni microlignua utilizza come si è detto un lessico specifico 
caratterizzato da termini microlinguistici la cui particolarità sta proprio 
nell’avere un’univocità e trasparenza di significato assolute, con conseguente 
eliminazione della sinonimia, il referente diventa unico ed al termine 
corrisponde un significato unico. Da non trascurare è comunque la sintassi che 
presenta caratteristiche ben precise, tra le quali soprattutto proposizioni 
subordinate e la nominalizzazione. 
 
 
 
1.3 La lingua del diritto. 
 
“La distanza che pur esiste tra ogni linguaggio settoriale e lingua 
comune non pare essere sempre ben sopportata quando si considera l’uso della 
lingua nell’ambito del diritto.”
15
 
Infatti, tra tutte le microlingue del linguaggio tecnico, la lingua del 
diritto è probabilmente quella che emerge con maggiore personalità, in 
nessun’altra è possibile rilevare nello stesso modo il fatto che “la certezza e la 
precisione del linguaggio hanno valore fondamentale in ogni aspetto […] e in 
ogni comunità” perché “nei testi giuridici la lingua deve essere usata infatti con 
la massima chiarezza e senza ambiguità […] e la precisione dell’espressione 
giuridica non dovrebbe mai essere compromessa dalla ricerca dell’eleganza 
dell’espressione linguistica.”
16
. Inoltre la materia stessa che la microlingua del 
diritto esprime non è nemmeno facilmente assimilabile all’ambito scientifico 
né a quello propriamente tecnico dal momento che le sue caratteristiche ci 
pongono davanti ad una sorta di ibrido, con delle sfumature probabilmente 
umanistiche. Tra l’altro non tutti i testi di tipo giuridico presentano le stesse 
caratteristiche e offrono soprattutto diversi livelli di specializzazione del 
linguaggio, a seconda che ci si occupi di leggi, trattati, sentenze, manuali e 
simili. È opportuno anche sottolineare anche che ad esempio durante un 
processo la lingua del diritto può avere due forme: una orale ed una scritta, la 
prima impiegata durante le indagini, gli interrogatori, i dibattiti, e di 
                                                                                                                                                         
14
 Freddi, G. (1979), Didattica delle lingue moderne, Bergamo, Minerva Italica. 
15 Snel Trampus, R. (1989),  La traduzione e i linguaggi giuridici olandese e italiano. Aspetti 
e problemi, Trieste, Edizioni Italo Svevo, p.7. 
16
 Snel Trampus, R., op. cit., p.8. 
14
 
conseguenza più vicina alla lingua comune, la seconda più distante perché 
impiegata per la redazione di sentenze, verbali e documenti analoghi. 
Le peculiarità della lingua del diritto sono perciò inconfondibili ed in 
particolare occorre rilevare che essa possiede quello che si potrebbe definire un 
carattere nazionale legato alla tradizione culturale e soprattutto sociale del 
paese dal quale trae origine. 
Ovviamente non tutti i pareri sono concordi sulla caratterizzazione del 
linguaggio giuridico ma le principali tendenze individuabili sono due: 
- da una parte i sostenitori di una lingua del diritto non tecnicizzata e 
perciò non elitaria e riservata ai soli specialisti; 
- dall’altra i fautori di un linguaggio artificiale con una struttura a 
parte. 
Per qualsiasi alternativa si propenda, rimane di fondamentale 
importanza non trascurare che per il traduttore di un testo giuridico i problemi 
maggiori non sono dati ad esempio da specifiche ideologie, bensì dal bisogno 
di focalizzare la propria attenzione sia sul potenziale semantico della lingua, 
che su quello giuridico ed infine sulla loro applicazione nel contesto sociale 
nella lingua di partenza ed in quella di arrivo. 
Alla luce di quanto esposto appare appropriata l’affermazione della 
Snel Trampus
17
: “il lessico giuridico […] si distingue da quello in uso in altri 
ambiti specialistici per una opposizione meno distinta con il lessico della 
lingua comune. L’influenza reciproca tra società e mondo dei giuristi è molto 
più intensa di quella esistente tra società e qualsiasi altro gruppo 
professionale.” Tutto implica uno scambio continuo tra lingua comune e 
microlingua del diritto il che determina diversificazioni lessicali per quanto 
riguarda la prima e cambiamento dei referenti nella seconda. Infatti è 
soprattutto la lingua comune ad accogliere termini cosiddetti giuridici 
attribuendo loro significati più sfumati e quindi meno tecnici. Inoltre, come 
sostiene Sacco
18
, “si può essere sorpresi nel constatare che taluni termini 
giuridici si arricchiscono di connotazioni ulteriori, favorevoli o sfavorevoli, 
implicanti simpatia o fobia, o che la scelta del vocabolo si differenzia secondo 
l’origine storica della regola giuridica, o che l’apparentamento dei termini 
ingenera l’apparentamento delle istituzioni” tanto più che “anche le scelte 
                                                          
17
 Snel Trampus, R., op. cit., p. 50. 
 15
terminologiche operate direttamente dal legislatore possono essere dominate 
dalle emozioni, nel quadro di un bisogno di differenziazione dello stile, dovuta 
a speciali mode, fobie, all’amor di teatro.” 
 
Il tipo di testo giuridico oggetto della presente tesi è la sentenza, vale a 
dire l’atto conclusivo di un processo tramite il quale il giudice manifesta il 
proprio potere discrezionale emettendo delle precise norme di comportamento. 
In questo senso la sentenza è un testo che viene redatto in forma scritta ma esso 
viene poi anche pronunciato in forma orale nella fase finale di giudizio, quindi 
le precitate combinazioni di lingua scritta e orale sono compresenti in modo 
particolare. 
La sentenza, forse più di altri testi giuridici, offre la possibilità di 
elencare e soprattutto di esemplificare in modo più tangibile le caratteristiche 
principali del linguaggio giuridico. 
Innanzitutto la Snel Trampus
19
 sottolinea come sia possibile dividere il 
lessico giuridico tra “quelle unità lessicali che non fanno parte della lingua 
comune e che appartengono quindi al linguaggio giuridico in via esclusiva” e 
“quelle unità lessicali che, pur appartenendo alla lingua comune, assumono 
particolare valore semantico giuridico all’interno del testo o del discorso 
giuridico”. A questo proposito le posizioni degli esperti sono discordanti, da un 
lato, i giuristi tendono a ritenere che “il discorso giuridico sarebbe composto in 
linea di massima da termini non-giuridici […] tranne una limitata area di 
termini che sarebbero appunto giuridici”
20
 nonostante il fatto che considerando 
il testo in una prospettiva di traduzione, il traduttore non giurista non possa 
basarsi esclusivamente sulla propria padronanza della lingua, dovendosi bensì 
chiedersi il significato di quasi ogni singola espressione del testo che sta 
prendendo in esame, per operare ogni volta una distinzione tra lingua comune e 
lingua del diritto. Si viene così a creare una distinzione tra “termini giuridici 
tecnici, cioè specifici del linguaggio legislativo in genere e principalmente 
usati nelle fonti normative del diritto” ed i “termini giuridici non tecnici, che 
sono dotati però di giuridicità in quanto vengono ad appartenere al discorso 
                                                                                                                                                         
18
 Sacco, R. (1994), La traduzione giuridica, in “Il linguaggio del diritto”, Milano, LED, p. 
483. 
19
 Snel Trampus, R., op. cit., p. 66. 
20
 Lantella, L. (1979), Pratiche definitorie e proiezioni ideologiche nel discorso giuridico, in 
Belvedere A., Jori M., Lantella L.,  “Definizioni giuridiche e ideologie”, Giuffré, Milano, p. 
141. 
16
 
giuridico; termini quindi che appartengono anche alla lingua comune o che 
trovano uso in altre discipline”
21
. 
 
Il corpus di testi selezionati per la presente tesi offre esempi di entrambi 
i casi. Da una parte si possono notare termini tecnici come ad esempio saisine, 
référé, chose jugée, ecc. e termini non tecnici quali vider, diligence,  action, 
recevoir, moyen, branche, ecc che però assumono connotazioni diverse da 
quelle che abitualmente li caratterizzano nel linguaggio comune. 
 
Un altro aspetto importante è la presenza di forme arcaiche ed 
espressioni in latino. Si possono rilevare nel primo caso termini quali céans, 
mentre nel secondo si può avere loco, a quo, ibid., a fortiori, sic., resic, ecc. In 
particolare l’utilizzo delle forme latine risponde ad un’esigenza di estrema 
chiarezza e precisione, poiché  non diventano semplicemente dei termini 
giuridici, bensì delle formule fisse, e “le latin a le statut de code auxiliaire 
parfaitement univoque, dont le caractère de langue morte” qui “évite les risques 
de polysémie”
22
. 
 
Le formule standardizzate non sono certamente presenti solo in lingua 
latina, al contrario numerose espressioni in lingua francese si ripetono nel 
corpus analizzato. 
Ad esempio: 
-Attendu que 
introduce la quasi totalità delle proposizioni che compongono la sentenza. Tale 
espressione è spesso seguita dalle forme impersonali: 
            -il y a lieu de 
oppure 
            -il convient de.      
Inoltre i testi considerati  vengono sempre conclusi dalla formula: 
           -Par ces motifs 
seguita da: 
-La Cour 
oppure  
                                                          
21
 Snel Trampus, R. D., op. cit., p. 68. 
22
 Sourioux, J.-L., Lerat, P., Le language du droit, Paris, P.U.F., p.77. 
 17
-Le Tribunal  
e da verbi quali: 
-rejeter, casser o confirmer 
all’indicativo presente in riferimento ai vari: 
-arrêt, jugement, pourvoi, demande. 
 
Per quanto riguarda il registro, si può notare come esso sia formale e 
come ciò sia esemplificato da un lessico e delle scelte sintattiche 
prevalentemente aulici ed anche arcaici. Del lessico e delle forme arcaiche si è 
già accennato sopra, ma occorre notare che tali usi grammaticali e stilistici 
emergono realmente da testi giuridici di ogni genere, dagli atti ufficiali agli 
articoli degli specialisti del settore pubblicati dalle riviste. Questo aspetto del 
linguaggio giuridico non può che colpire il lettore poiché permangono usi 
assenti anche da lungo tempo dai testi redatti in lingua comune. Il linguaggio 
giuridico è quindi pervaso da una notevole rarità e ricercatezza. 
Un esempio da non trascurare è l’impiego di avverbi e connettori molto 
formali quali postérieurement, antérieurement, inconsidérément, en ce que, 
conformément, ecc.  
 
Per quanto riguarda la sintassi, si deve evidenziare il fatto che la 
principale caratteristica delle sentenze è “il costituirsi dell’intero testo, 
indipendentemente dalla sua lunghezza, come frase unica, ricca di proposizioni 
subordinate ed incidentali, spesso di modo non finito”
23
. Si veda che la sintassi 
è quindi caratterizzata da frasi subordinate introdotte generalmente dal 
participio “attendu que”. Inoltre all’interno di ogni paragrafo della sentenza si 
notano strutture ipotattiche, soprattutto l’uso di forme implicite e participiali 
con l’alternanza del gerundio e del participio presente, senza dimenticare gli 
ordini frasali sintatticamente marcati per pure ragioni linguistiche. Tutte queste 
caratteristiche vengono a creare dei problemi al momento della traduzione in 
italiano ed occorre fornire una buona resa nella lingua di arrivo per avere una 
                                                          
23
 Cortelazzo, M. A. (1997), Lingua e diritto in Italia: il punto di vista dei linguisti, in “La 
lingua del diritto. Difficoltà traduttive. Applicazioni didattiche.”, Milano, CISU. 
18
 
traduzione “che sia non solo corretta linguisticamente, non solo testualmente 
coerente, ma anche non contraddittoria giuridicamente”
24
.  
 
Non è certamente da trascurare l’uso della forma passiva e delle forme 
impersonali, a questo proposito gli esempi sono innumerevoli: il y a lieu de, il 
est indiqué, il est équitable de, il est incontestable, il résulte de/que, il est de 
l’intérêt de, il est rendu applicable par, il faut préciser que, il faut bien 
constater/relever que, il se déduit que, il ne peut se déduire que, il n’est pas 
contesté, c’est à tort que, il n’apparaît pas, il n’est pas déraisonnable de, on 
peut ajouter,on peut en déduire, ecc. Queste ultime due forme indicano la 
necessità di sottolineare la valenza universale e non soggettiva di quanto 
esposto nel testo giuridico mettendo nettamente in disparte l’autore. 
 
In riferimento alla sintassi, si deve ancora notare che spesso si ha il 
ricorso alla ripresa anaforica, volta ad evitare contemporaneamente ogni 
possibile fraintendimento oltre ad ulteriori ripetizioni che sempre per lo stesso 
scopo nel testo giuridico di certo non mancano. Tra le tante espressioni si 
vedano: celle-ci, celui-ci, ci-joint, cité ci-dessus, susnommé, ladite, ceci, à cet 
égard, ecc. 
 
Dal punto di vista stilistico si noti anche il frequente ricorso allo stile 
nominale, ad esempio l’impiego di sostantivi astratti con desinenza in “ion”: 
possession, fonction, application, ecc. 
 
 
1.4. La traduzione giuridica. 
 
Il prossimo passo nell’analisi del corpus oggetto della presente tesi 
consiste nel prendere in considerazione la traduzione giuridica, con i problemi 
che essa può porre al traduttore e con i possibili approcci traduttivi che 
quest’ultimo può scegliere. 
                                                          
24
 Ansalone, M. R. (1997), Il francese giuridico: riflessioni su di un’esperienza didattica (e 
traduttiva), in “La lingua del diritto. Difficoltà traduttive. Applicazioni didattiche.”, Milano, 
CISU, p. 259. 
 
 19
Innanzitutto occorre individuare una tipologia di testi giuridici ed il 
testo giuridico può essere definito in base al contenuto, una volta definito 
quest’ultimo viene automaticamente catalogato ogni testo utilizzato nello 
stesso ambito. Volendo però ottenere una definizione più precisa ed attendibile 
è possibile ricorrere alla classica  tipologia dei tre testi: argomentativo, 
descrittivo e narrativo. Il testo giuridico nei fatti però non argomenta, non 
descrive e non narra, oppure in questo tipo di testo si argomenta, si descrive e 
si narra. A questo proposito in un suo intervento Cortelazzo
25
 indica come si 
sia deciso di integrare “lo schema con l’inserimento del ‘modo’ regolativo e, 
[…] quello espositivo. La categoria del regolativo […] si attaglia perfettamente 
al testo normativo […] e a testi come sentenze […], ma certamente non a testi 
dibattimentali orali, né a testi codificati come i ricorsi né ai metatesti delle 
scienze giuridiche”. Per ovviare anche alle problematiche poste da questa 
ripartizione è possibile definire dei testi con discorso molto vincolante, come 
ad esempio i testi normativi, testi con discorso mediamente vincolante, come i 
testi espositivi, ed infine i testi con discorso poco vincolante. 
 
 
Riguardo alla traduzione giuridica, Sacco
26
 indica alcune soluzioni che 
si offrono al traduttore, il quale può: 
- decidere di non tradurre, soprattutto nel caso di termini molto 
vincolati alla cultura del testo di partenza (si veda ad esempio “Cour 
d’arbitrage”, organo  complesso della burocrazia belga che è 
rimasto invariato nella traduzione italiana ed è stato accompagnato 
da una nota esplicativa); 
- analizzare le differenze tra il termine utilizzato nella lingua di 
partenza ed il termine più simile tra tutti quelli disponibili nella 
lingua d’arrivo, verificando opportunamente che tali differenze 
siano irrilevanti per il processo traduttivo e quindi tradurre (è il caso 
di un sostantivo come “Constitution” che è stato tradotto con 
l’italiano “Costituzione” perché le definizioni dei due termini non 
divergono); 
                                                          
25
 Cortelazzo, M. A. (1997), Lingua e diritto in Italia. Il punto di vista dei linguisti, in “La 
lingua del diritto. Difficoltà traduttive. Applicazioni didattiche.”, Roma, CISU,  p. 38. 
26
 Sacco R., op. cit., pp.489-490.