4 
Il processo storico che port  la religione cristian a ad uscire vincitrice dallo 
scontro con il paganesimo ha certamente avuto ragioni molteplici e complesse. 
Tuttavia mi pare che il fondamento teorico di questa lotta possa essere agevolmente 
individuato nell unilateralit  del cristianesimo e nel rifiuto del sincretismo, che 
animati da un intolleranza di principio verso le altre forme religiose derivante dalla 
pretesa di essere l unica religione vera, nel momento in cui si presentarono le 
condizioni storiche sfociarono inevitabilmente in un intolleranza di fatto che pose 
fine al pluralismo religioso fino ad allora presente nell impero. Causa estrinseca e piø 
direttamente legata a fattori concreti fu invece certamente l influsso che la Chiesa 
ebbe sulle strutture politiche, sociali ed economiche dell impero, soprattutto grazie 
alla sua capacit , affinata proprio nel periodo suc cessivo alle persecuzioni, di darsi 
una struttura capillare esemplificata sul rigido organismo burocratico messo in piedi 
dagli imperatori a partire da Costantino. Di conseguenza, focalizzare la mia 
attenzione sull intolleranza dei vescovi, rappresentanti del gradino piø alto della 
piramide ecclesiale  e garanti dell ortodossia in quanto eredi diretti della tradizione 
apostolica, nei confronti dei pagani offre la possibilit  di chiarire su un duplice piano, 
dottrinario e concreto, alcune delle dinamiche fondamentali che agirono nella 
persecuzione del culto pagano.  
Partendo da questa premessa il mio lavoro si propone dunque di evidenziare il 
ruolo svolto dalle alte gerarchie ecclesiastiche nella repressione del paganesimo, a 
vari livelli, sia in veste di ispiratori di provvedimenti antipagani sia di concreti 
esecutori di queste stesse leggi attraverso la creazione di un  atmosfera  di 
intolleranza nelle citt  dell impero , nel periodo che va dal regno dei figli di 
Costantino, primi fautori di una legislazione repressiva del paganesimo, al vescovado 
di sant Agostino. In primo luogo ho ritenuto necessario riflettere sulle nozioni di 
                                                                                                                                          
non ancorati all interpretazione spirituale, hanno il risultato di aumentare il divario tra il Gesø della 
storia e il Cristo della fede. 
 5 
tolleranza ed intolleranza in relazione alla loro applicabilit  al mondo antico, sulla 
visione di religione e stato e sulla concezione del pluralismo religioso nei due sistemi 
di pensiero, nel tentativo di fornire un quadro delle giustificazioni ideologiche che i 
pensatori cristiani offrirono alle persecuzioni. In seguito ho illustrato la nuova 
posizione assunta dal vescovo nella societ  tardoan tica, al fine di evidenziare come 
l autorevolezza progressivamente acquistata dai vescovi come depositari e garanti 
della dottrina e l assunzione di funzioni extrareligiose all interno della vita cittadina, 
furono i principali fattori che permisero ad essi di giocare un ruolo fondamentale, a 
livello locale e non solo, negli episodi concreti che segnarono il passaggio 
dell impero a stato cristiano. Ho poi proceduto ad una disamina dei piø clamorosi 
episodi di violenza contro persone o simboli del paganesimo che videro protagonisti 
o istigatori i presuli in varie zone dell impero per mettere in luce le motivazioni e le 
differenti modalit  attraverso le quali essi agivan o contro la religione pagana. Non 
poteva mancare infine, un analisi dell azione e del  pensiero in funzione antipagana 
dei due maggiori Padri della Chiesa Occidentale: Ambrogio e Agostino. Il primo in 
quanto esponente per antonomasia della nuova categoria di  vescovi politici , capace 
di influenzare piø di ogni altro il potere statale infliggendo il colpo di grazia al 
paganesimo; il secondo in quanto teorizzatore della coercizione religiosa e quindi, 
conseguentemente, delle persecuzioni cristiane. 
 6 
Capitolo I 
 
Cristianesimo unica via: riflessioni sulla tolleranza e l intolleranza.  
  Io sono la via, la verit  e la vita.  
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me   
(Giovanni, 14, 6) 
 
 
 
Nel corso del IV secolo il Cristianesimo, da religione minoritaria e perseguitata, 
riesce ad imporsi come credo prevalente e a sostituirsi al paganesimo come religione 
di Stato passando rapidamente, dopo essersi procurata l aiuto del governo, dalla 
difesa all attacco nei confronti degli antichi persecutori.1  Sorprende la rapidit  e 
l efficacia con cui i cristiani siano passati da vittime ad oppressori, capaci di 
cancellare nel corso dei secoli ogni traccia della religione tradizionale, sua diretta 
antagonista nell ambito ruolo di religione ufficiale.2 
                                                 
1
 H. BLOCH, The Pagan Revival in the West at the End of the Fourth Century, in. A. MOMIGLIANO, a 
cura, The conflict between Paganism and Christianity in the Fourth century, Oxford 1963 (tr. It. 
Torino 1968), p.201 
 
2
 Numerossisimi sono gli studi dedicati a questo argomento. Fondamentale resta tuttora la serie di 
conferenze su vari aspetti di questo tema tenute al Warburg Institute di Londra nel 1959, e raccolte da 
Arnaldo Momigliano nØ The conflict between Paganism and Christianity in the Fourth century, 
Oxford 1963, (tr. It. Torino 1968). Sul rapporto tra paganesimo e cristianesimo vd. F. TH LAMON , 
Paiens et ChrØtien en IV siecle, Paris 1981; F. E. CONSOLINO, a cura, Pagani e cristiani da Giuliano 
l Apostata al sacco di Roma , Messina1995; R. MAC MULLEN, Christianisme et paganisme du IVe au 
VIIIe siecle, Paris 1998. Sulla cristianizzazione vd. S. CALDERONE, Costantino e il cattolicesimo, 
Firenze 1962; C. LEPELLEY, L Empire Romain et le christianisme , Paris 1969; P. SINISCALCO, Il 
cammino di Cristo nell impero romano , Roma-Bari 1983; R. MAC MULLEN, La diffusione del 
cristianesimo nell’impero romano, Roma - Bari 1989; M. SORDI, I cristiani e l impero romano , 
Milano 1990. Sulla persistenza del paganesimo vd. P. DE LABRIOLLE, La reaction pa enne, Paris 
1934; R. LANE FOX, Pagani e Cristiani, Roma - Bari 1991, P. CHUVIN, Chronicle of the Last Pagans, 
Cambridge MA 1990. 
 
 7 
Molteplici ragioni sono state addotte dagli studiosi per spiegare i motivi di 
questo repentino successo3 e da tempo l attenzione si Ł concentrata su una tra le piø 
importanti di queste cause, l intolleranza da subito dispiegata dal cristianesimo nei 
confronti delle religioni concorrenti (siano esse paganesimo, ebraismo e soprattutto 
interpretazioni non ortodosse della dottrina cristiana) e derivante dalla convinzione di 
essere depositario dell unica Verit  rivelata una v olta e per sempre.4  Richard Hanson 
ad esempio, nel suo saggio dedicato all attitudine cristiana nei confronti delle 
religioni pagane, affermava in maniera incisiva che:   
 
« it must not be denied that one of the great reaso ns for Christianity prevailing over its 
rivals was its intolerance Christianity, in short, displayed a tougher, more enduring, 
character, based on a deeper conviction of possessing truth, than the other religions.».5  
 
E gi  Edward Gibbon nel XVIII secolo indicava come prima tra le sue famose 
cinque cause alla base dell espansione della religione cristiana, proprio  lo zelo 
                                                 
3
 ¨ interessante notare come la riflessione sui motiv i alla base dello sviluppo della Chiesa cristiana 
abbia preso le mosse da una questione sollevata in occidente dagli studiosi dei tempi della Riforma 
protestante, e che port  tra il XVI ed il XVII seco lo a due risposte possibili. La prima, sostenuta tra gli 
altri da Erasmo, sottolineava la capacit  autonoma d i sviluppo della Chiesa primitiva e minimizzava 
l intervento degli imperatori, mentre la seconda, espressione della fiducia nei  principi devoti  del 
tempo come unica garanzia di unit  religiosa, consi derava l intervento secolare decisivo per lo 
sviluppo della Chiesa cristiana (Vd. P. BROWN, La coercizione religiosa nel basso impero romano: il 
caso dell Africa Settentrionale , in Religione e societ  nell et  di Sant Agostino , trad. it. Torino 1975, 
p. 287-8). Gli studi piø recenti invece hanno ritenuto opportuno concentrarsi sull impatto avuto dal 
cristianesimo sulle strutture politiche e sociali dell impero, in particolare l affermarsi della Chies a a 
livello locale come organismo in concorrenza con lo stato ( ad es. A. MOMIGLIANO, Il cristianesimo e 
la decadenza dell Impero , in A. MOMIGLIANO, cit.) ed il potere assunto dai vescovi a partire dalla 
conversione di Costantino ( tra gli altri G. W. BOWERSOCK, From Emperor to Bishop: The Sel-
Conscious Transformation of Political Power in the Fourth Century A.D., in «Classical Philology», 
LXXXI (1986), pp. 298-307). 
 
4
 Vd. P. BEATRICE, L intolleranza cristiana nei confronti dei pagani: un problema storiografico,in P. 
BEATRICE, a cura, L intolleranza cristiana nei confronti dei pagani , Bologna 1990. Si vedano a titolo 
di esempio A. H. ARMSTRONG, The Way and the Ways: Religious Tolerance and Intolerance in the 
Fourth Century A.D., in «Vigiliae  Christianae», Vol. 38, No. 1. (Mar., 1984), pp. 1-17 e A. 
MOMIGLIANO, The Disadvantages of Monotheism for a Universal State, in « Classical Philology », 
Vol. 81, No. 4. (Oct., 1986), pp. 285-297, sull  intolleranza del monoteismo. 
 
5
 R. P. C. HANSON, The Christian Attitude to Pagan Religions up to the Time of Costantine the Great, 
in W. HAASE, a cura, Aufstieg und Niedergang der R mischen Welt , 2. Principat, XXIII72, Berlin-
New York 1980, 910-973; 959s. Ripubblicato in ID. , Studies in Christian Antiquity, Edinburgh 1985, 
144-229, p.211 (citato da P. BEATRICE, cit. , p.8) 
 8 
intollerante dei cristiani , che imped  a questi ul timi di unirsi all universale 
tolleranza caratterizzante il multiculturale e pluralista impero Tardo Antico. 6 Ma il 
suo Decline and Fall, probabilmente in reazione ad una radicata tradizione che ai 
suoi tempi era condizionata da inflessibili stereotipi che contrapponevano i feroci 
persecutori pagani agli innocenti martiri cristiani, era tutto costruito su una rigida 
dicotomia tra pagani  tolleranti  e cristiani  into lleranti . Antitesi che, nella 
descrizione dei magistrati romani come governanti illuminati sbigottiti di fronte 
all ostinazione dei cristiani, finiva paradossalmente per far ricadere la colpa delle 
persecuzioni all inflessibile unilateralit  del cri stianesimo.  
Lo schema inaugurato da Gibbon non ha mancato di fare proseliti tra gli studiosi 
successivi, inducendo a stabilire un improbabile graduatoria tra le persecuzioni dei 
cristiani, non cos  gravi in quanto fondate su una ragione puramente politica (ovvero 
il timore che il cristianesimo potesse sradicare quell insieme di culti considerati 
fondamentali per il mantenimento della societ  7) e le persecuzioni attuate dai 
cristiani nei confronti dei pagani, molto peggiori perchØ di natura  teologica  e 
quindi foriere di terribili conseguenze nei secoli successivi. In questa visione 
paganesimo equivale virtualmente a tolleranza. 8 
                                                 
6
 Gibbon, secondo una tendenza affermatasi nella seconda met  del XVIII secolo, considerava 
l avvento del cristianesimo come il principale fattore di cambiamento e di decadenza nella struttura 
dell impero romano, come forza puramente distruttrice (vd. E. GIBBON, Decline and Fall of the 
Roman Empire, Chicago 1952, Cap. XV, pp.194-206). 
 
7
 A. H. ARMSTRONG, cit., p.4. Nel suggerire questa ipotesi Armostrong sembra quasi minimizzare la 
portata delle persecuzioni anticristiane, in quanto afferma immediatamente dopo che questo timore 
non dovette essere cos  grande, essendo documentata in abbondanza (vd. A. H. M. JONES, The Later 
Roman Empire, Oxford 1964, Cap. XI) la presenza di pagani che anche durante le persecuzioni si 
premuravano di assicurare ai cristiani una certa tolleranza.  
 
8
 A questo orientamento della maggior parte degli studi si oppone Drake, ritenendo che attribuire un 
comportamento intollerante ai soli cristiani sia una risposta un po  troppo semplicistica, che non tiene 
conto delle voci moderate presenti all interno delle comunit  cristiane dei primi anni e di altri fatt ori, 
in particolare del carattere del cristianesimo come  movimento di massa , al cui interno determinate 
dinamiche   condivise da altri movimenti e quindi n on peculiari al solo cristianesimo - permisero alla 
componente integralista di prendere il sopravvento.  Vd. H. A. DRAKE  , Lambs into Lions: Explaining 
Early Christian Intolerance, in «Past and Present»,  No. 153. (Nov., 1996), pp. 3-36., passim 
 9 
Ora Ł chiaro che una concezione di questo genere appare fuorviante per tre 
motivi. In primo luogo bisogna fare attenzione, se non a patto di qualche inevitabile 
anacronismo, nell applicare al contesto antico due nozioni di difficile definizione 
come appunto quelle di tolleranza e intolleranza. In secondo luogo, raffigurando i 
pagani come dei  liberali  ante litteram, si trascura il presupposto fondamentale 
senza il quale Ł impossibile la piena attuazione della libert  religiosa e intellettuale, 
che noi moderni identifichiamo in uno stato laico, impossibile da concepire nel 
mondo antico, dove religione e stato sono sempre stati due concetti intimamente 
connessi. In terzo luogo, l intolleranza non pu  es sere considerata una caratteristica 
solo del cristianesimo ed estranea al mondo pagano, perchØ «nel senso di ostilit  a 
qualsiasi cosa nuova o straniera, ogni gruppo Ł almeno potenzialmente intollerante».9  
Innata al cristianesimo e sua peculiare Ł piuttosto l esclusivit , la convinzione 
che solo attraverso la via segnata da Cristo si possa giungere alla Verit 10, e che, 
negando esplicitamente la validit  delle altre cred enze, si sovrappone all intolleranza 
e pu  facilmente trasformarsi, qualora si presentin o le condizioni favorevoli, in 
coercizione, intendendo con questo termine l utilizzo della forza nel promuovere la 
conformit  al credo prevalente.  
Solo in questa chiave potremmo allora considerare  intollerante  il cristianesimo 
e  tollerante  il paganesimo, il cui carattere poli teista portava ad accettare l esistenza 
di divinit  differenti e altrettanto valide. E pur tenendo conto di questa fondamentale 
differenza, vedremo come la religione cristiana riuscir  ad imporre la sua esclusivit  
proprio facendo suo quel carattere di religione di stato tipico del paganesimo romano. 
                                                 
9
 H. A. DRAKE , cit., p.9 
 
10
 ¨ lo stesso Gesø ad affermarlo in G IOVANNI, 14, 6:  Io sono la via, la verit  e la vita. Nessuno 
viene al Padre se non per mezzo di me  e la Chiesa Cattolica ha sentito recentemente la necessit  di 
ribadirlo come dimostra la dichiarazione  Dominus Iesus   circa l unicit  e l universalit  sa lvifica 
della Chiesa  rilasciata il 6 agosto del 2000 dalla Congregazio ne per la Dottrina della Fede, 
probabilmente in opposizione ad una tendenza molto in voga ai giorni nostri, che riconoscendo 
elementi di verit  in tutte le religioni finisce pe r renderle tutte uguali ed appiattire la forza spirituale di 
ciascuna (vd. Infra). 
 10 
 
I 
 
Le premesse per un dibattito sulla tolleranza religiosa non possono essere fatte 
risalire a prima del XVI secolo, nel clima della Riforma protestante, in cui questa 
esigenza si form  in relazione alla libert  di cult o concessa dal principe ai sudditi di 
religione differente.11 Dobbiamo quindi chiederci in che senso le nozioni di 
tolleranza e intolleranza, esclusivamente moderne, possano essere applicate all et  
imperiale, durante la quale il  problema dell intolleranza religiosa non fu mai posto a 
livello di dibattito teorico bens  politico. Questo perchØ la religione occupava nella 
societ  imperiale lo stesso posto che aveva sempre avuto in Grecia e in et  
repubblicana, cos  come in ogni altra societ  tradi zionale. Religione e stato non erano 
concepiti separatamente e i culti religiosi avevano un ruolo centrale all interno della 
vita comunitaria, scandendone i ritmi e i riti di passaggio.  
Garante del mantenimento e dell adeguata regolamentazione della pratica 
religiosa tradizionale era l autorit  statale, nell a convinzione che il malcontento 
divino potesse portare a concrete conseguenze negative per lo stato, quali ad esempio 
pestilenze, carestie, invasioni di popoli stranieri, sconfitte in battaglia. E  interessante 
notare come questo timore per gli effetti temporali della collera divina fosse comune 
a pagani e cristiani e sia divenuto nell et  che va  da Costantino al sacco di Roma uno 
dei leit-motiv principali del dibattito fra i due contendenti, i quali si accusavano 
vicendevolmente di essere i responsabili delle disgrazie dell Impero (conseguenti 
all abbandono dei vecchi culti secondo i pagani, provocati invece dalla persistenza 
                                                 
11
 Nel 1555 con la pace di Augusta venne riconosciuto ai principi tedeschi il diritto di aderire alla 
confessione cattolica o al luteranesimo. I sudditi avevano invece l obbligo di seguire la religione del 
principe ( secondo il principio del cuius regio, eius religio) o in alternativa emigrare in un principato 
in cui la religione di stato coincidesse con la propria. 
 11 
degli stessi, secondo i cristiani).12 In sostanza dunque, l azione delle autorit  romane  
in ambito religioso partiva dallo stesso presupposto che muoveva i magistrati e le 
assemblee delle citt -stato greche o i re dell et  arcaica: ci  che era contrario alla 
religione era automaticamente contrario anche allo Stato.  
E se una societ  secolarizzata era impossibile da c oncepire nel mondo antico in 
generale, Armstrong fa notare come lo era ancora meno nella tarda antichit , quando 
il sorgere di una forma di monarchia assoluta sacralizzata, che identificava 
l imperatore come una divinit  sulla terra, contrib u  sicuramente ad accentuare il 
senso di responsabilit  religiosa del monarca. Ques to cambiamento nella concezione 
del potere monarchico trova evidenti connessioni con le vicende che seguirono 
l avvento al potere degli imperatori cristiani: 
 
«In considering the effects on Christianity of what happened in the fourth century we need 
always to remember that the Church of the Fathers was the Church of the Empire and that its 
thought and institutions developed in a world in which absolute sacred monarchy claiming 
universal jurisdiction was the only conceivable form of government.»13  
 
Quanto detto rende evidente come la stretta connessione tra religione e stato sia 
al centro del conflitto tra paganesimo e cristianesimo, capace di chiarire ad un tempo 
                                                 
12
 Dalla testimonianza dell Adversus Nationes di Arnobio ( risalente al primo decennio del IV secolo) 
e della replica di Ambrogio alla Relatio di Simmaco, che ci tramandano una grande quantit  di 
affermazioni anticristiane, emerge che i pagani riversavano le loro accuse contro i cristiani piø che sul 
dio che essi veneravano. Insistevano infatti sulla debolezza e l ottusit  della loro intelligenza, 
sull inconsistenza della loro dottrina e sulla loro empiet  dal momento che avevano l audacia di 
venerare un uomo. In ogni caso   dicevano   anche s e Cristo era un dio, questo non costituiva una 
ragione sufficiente per trascurare gli altri culti. Secondo il De Courcelle, nel ribattere a queste accuse 
sia Arnobio che Ambrogio utilizzano nelle loro argomentazioni ragionamenti che si rifanno 
paradossalmente alle teorie del plotiniano Porfirio, autore dell opera Contro i cristiani, probabilmente 
nel tentativo di ritorcere contro gli avversari le loro stesse armi. Vd. P. DE COURCELLE, Antichristian 
Arguments and Christian Platonism from Arnobius to St. Ambrose, in A. MOMIGLIANO, a cura, The 
conflict between Paganism and Christianity in the Fourth century, Oxford 1963, tr. it. Torino 1968 e, 
su platonismo e cristianesimo, C. J. DE VOGEL, Platonism and Christianity: A Mere Antagonism or a 
Profound Common Ground?, «Vigiliae Christianae», Vol. 39, No. 1 (Mar., 1985), pp. 1-62. 
 
13
 A. H. ARMSTRONG, cit., p.3  
 12 
la natura delle persecuzioni anticristiane ed in seguito gli sviluppi successivi che 
permisero alla religione cristiana di sbaragliare gli avversari dopo essersi sostituita 
alla religione tradizionale.  
In relazione alle prime, Ł noto che i cristiani vennero perseguitati non perchØ 
aderenti ad una religione differente ma per il loro atteggiamento verso i culti 
considerati fondamentali per la sopravvivenza dello stato. Se infatti il paganesimo 
era incline per la sua natura pluralista ad annettere al suo interno divinit  e culti 
stranieri (quale era appunto, agli occhi dei pagani, il Cristianesimo), non poteva in 
alcun modo accettare che i culti tradizionali necessari al benessere dell Impero 
venissero trascurati. I pagani  consideravano queste pratiche parte dei doveri religiosi 
del cittadino, inseparabili dai doveri civili e militari,  e mentre per i cristiani 
sacrificare agli dŁi costituiva la peggiore delle apostasie perchØ li costringeva a 
cedere all idolatria, non sacrificare agli dŁi era per i pagani addirittura un atto di 
ribellione civile punibile con la  morte. Essi non riuscivano a concepire perchØ i 
cristiani «rifiutassero un atto di lealt  civica co me il sacrificio agli dŁi tradizionali 
che, ai loro occhi, non implicava un adesione profonda della coscienza intima».14 
Cos  alla stessa maniera, al sorgere dell Impero cr istiano, apparve ai loro occhi 
inaccettabile che gli antichi culti venissero spogliati del loro carattere ufficiale. Che il 
punto centrale della controversia fosse questo, che i pagani fossero rimasti sgomenti 
dal venir meno del profondo legame tra stato e religione tradizionale, Ł rappresentato 
efficacemente, come vedremo, dalla questione dell altare della vittoria. Con la 
soppressione attuata da Graziano del finanziamento statale al culto pagano e la 
revocazione delle immunit  fiscali ai collegi sacer dotali, la rottura raggiunge un 
punto di non ritorno spianando la strada ad una nuova configurazione dei rapporti tra 
                                                 
14
 F. PASCHOUD, L intolleranza cristiana vista e giudicata dai pagani, in P. BEATRICE, a cura, 
L intolleranza cristiana nei confronti dei pagani , Bologna 1990, p.161.  
 13 
religione e stato in vista del cristianesimo trionfante.15  
¨ poi l Historia Nuova di Zosimo a fornire esplicita formulazione del fatto che i 
riti tradizionali non hanno senso di esistere e perdono di efficacia se non sono 
compiuti dal sovrano e dalle autorit  civili in un quadro ufficiale.16 Formulazione che 
si inserisce all interno dell interpretazione provv idenzialistica data da lui (e da altri 
storici pagani come Eunapio ed Olimpiodoro), agli eventi tragici degli ultimi anni 
dell impero, visti come conseguenza dell abbandono degli antichi riti.17 Nel 410 
d.C., quando Alarico incombeva su Roma assediata, i romani «si ricordarono degli 
aiuti che un tempo la citt  aveva ricevuto in situa zioni critiche e dei quali erano stati 
privati dopo aver trascurato i riti tradizionali». Il prefetto della citt  Pompeiano, pur 
essendo esponente della religione cristiana, si convinse dell opportunit  di tentare 
questa ultima carta, ottenendo dal vescovo di Roma Innocenzo l autorizzazione 
affinchØ venissero celebrate di nascosto le antiche cerimonie. Ma «la citt  non ne 
avrebbe tratto giovamento se i riti non si fossero svolti pubblicamente».18 
I pagani dunque, come precedentemente chiedevano agli aderenti a confessioni 
diverse di contribuire alla salvaguardia dello stato non sottraendosi ai culti 
tradizionali, avrebbero forse smorzato i toni della polemica se a quelli stessi riti fosse 
stato restituito il loro carattere ufficiale. Ma in fondo le autorit  cristiane basavano la 
loro condotta sugli stessi principi in materia di religione su cui si basavano i 
                                                 
15
 Vd. Capitolo IV  
 
16
 ZOSIMO, Historia Nuova, IV, 59, 3 e V, 41, 3 ( curato e tradotto in italiano da F. CONCA, Zosimo 
Storia Nuova, Milano 1977) 
 
17
 Le opere di questi tre storici sono quelle che meglio ci fanno conoscere le opinioni e i sentimenti 
degli ultimi pagani, consapevoli ormai che dagli ultimi anni del regno di Teodosio tutte le forme di 
culto pagano sono vietate e che l  opinione prevalente nell impero Ł ostile nei loro confronti. Si 
limitano quindi alla contastazione di un fallimento, cercando di mostrare le conseguenze secondo loro 
disastrose del trionfo del cristianesimo, rinunciando a qualsiasi polemica con l avversario ormai 
vittorioso. Vd. F. PASCHOUD, cit., pp. 182 s. e A. MOMIGLIANO, Storiografia pagana e cristiana nel 
secolo IV d. C., in A. MOMIGLIANO, a cura, The conflict between Paganism and Christianity in the 
Fourth century, Oxford 1963, tr. it. Torino 1968 
 
18
 ZOSIMO, Historia Nuova ,V, 40-42 
 14 
governanti delle et  precedenti: ci  che era contra rio alla religione era contrario allo 
stato, e la religione cristiana considerava le altre credenze come forme di idolatria da 
estirpare ad ogni costo. 
In un contesto simile dunque come possiamo applicare il concetto moderno di 
tolleranza? L atteggiamento  nicodemico  proposto d ai pagani ai cristiani  appare 
alle nostre coscienze  inaccettabile al pari della conversione forzata facendoci capire 
che la mentalit  antica esulava completamente da ci   che il dibattito avviato dal 
liberalismo moderno indica come libert  (di cui la tolleranza Ł inevitabile corollario), 
la quale presuppone che intorno a ciascun individuo vi sia una sfera che a nessun 
governo Ł lecito oltrepassare, una sfera di assoluta autonomia su cui nØ altri individui 
nØ la collettivit  possono esercitare un controllo.19 E ancor meno Ł presente nel 
mondo antico uno dei principi cardine del moderno stato liberale che, ponendo 
garanzie alla tirannide della maggioranza, si configura come tutore delle 
minoranze.20 
 
II 
Questo spiega l analogia tra la situazione esistente prima e dopo Costantino: 
dapprima i pagani, in una posizione di superiorit ,  disattendono la richiesta dei 
cristiani di professare liberamente la loro fede, cos  come questi ultimi faranno 
qualche anno dopo, quando saranno invece i rappresentati dell antica religione a 
chiedere la tolleranza in nome della comune mens divina che con denominazioni 
diverse presiede e sovrintende ai diversi culti professati dalle nazioni. 
                                                 
19
 Vd. J.STUART MILL, Principles of political economy, London-Edinburgh 1848 
 
20
 Vd. J. STUART MILL, On Liberty, London-Edinburgh 1859