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In Calabria la produzione olivicola contribuisce alla formazione della P.L.V. in 
misura del 30%. La regione Calabria risulta la regione, nell’ambito nazionale, in cui 
l’olivicoltura incide maggiormente sull’economia agricola regionale (Fardella, 1995). 
L’olivicoltura è diffusa in tutta la Calabria, dalla fascia ionica a quella tirrenica, dalle 
zone a ridosso dell’Aspromonte, all’areale prepollinico ed alle zone presilane, in 
situazioni ambientali ed orografiche diversissime, come indicato nell’immagine di 
seguito riportata. 
 
In genere l’olivicoltura calabrese è fortemente caratterizzata dall’alternanza di 
produzione, dalla grande scalarità di maturazione, dalla frammentazione fondiaria e 
dall’età avanzata di molti impianti. Tutto ciò si materializza  nella mancata 
espressione delle potenzialità produttive degli impianti in termini di costanza della 
produzione, quantità, qualità del prodotto e reddito adeguato per gli operatori del 
settore (Fontanazza, 1993). 
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Nel complesso l’olivicoltura italiana, e calabrese in particolare, ha buone prospettive 
legate però ad una razionale riconversione degli impianti (vedi modello spagnolo ed 
altri), nonché ad una migliore organizzazione di tutta la filiera. 
L’olivo è coltivato in Calabria, su una superficie di 186.342ha, pari al 26,6% della 
S.A.U. ed al 15,4% della superficie totale regionale, di cui circa 132.000ha in coltura 
specializzata ed il rimanente in coltura promiscua, consociazione con seminativi, 
orticoli, vigneti o agrumi. 
Il confronto con i dati nazionali indica che la Calabria occupa, in una graduatoria 
ideale, un posto prioritario (seconda solo alla Puglia) per questa coltura. Infatti, 
l’olivicoltura calabrese rappresenta il 14,9% della superficie olivicola nazionale. 
(Valli, 1999). 
 
 
 
Fonte ISMEA (2006). Graduatoria nazionale per produzioni in olio di oliva. 
 
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Il livello di produzione di olive regionale è ancora più rilevante, pari a poco più del 
20% della produzione nazionale (1.178.651t su 3.550.330t). 
Dati ISTAT. Produzioni regionali di olive 2006. 
 
L’elevata incidenza della produzione Calabrese su quella nazionale, documenta la 
buona vocazionalità pedoclimatica della regione alla coltivazione dell’olivo. Dati di 
rilevante interesse riguardano anche le produzioni medie per ettaro rispetto alla media 
unitaria nazionale ed anche rispetto alle altre regioni ad elevata attitudine olivicola. 
Tutto ciò a conferma delle notevoli potenzialità del comparto olivicolo calabrese. 
Un altro aspetto molto importante riguarda l’assetto fondiario che risulta distribuito 
su circa 140.000 aziende che praticano l’olivicoltura, con superficie media aziendale 
di 1,15ha, di poco superiore alla media nazionale (0.91ha).  
Dando un’occhiata al mercato mondiale dell’olio di oliva ci si accorge che 
l’olivicoltura italiana presenta luci ed ombre nello scenario mondiale ed europeo. 
Infatti, si discute di valorizzazione della olivicoltura italiana e degli elevati standard 
Provincia di 
produzione 
Superficie in 
produzione 
(ha) 
Produzione/ha 
(q) 
Produzione 
totale 
(q) 
Produzione 
raccolta 
(q) 
Calabria 184.101 64,0 11.786.514 11.520.168 
Cosenza 51.925 46,4 2.408.186 2.408.186 
Crotone 17.821 86,0 1.531.928 1.526.925 
Catanzaro 42.796 39,2 1.679.140 1.679.140 
Reggio Calabria 57.705 86,6 4.998.252 4.748.340 
Vibo Valencia 13.768 50,2 691.133 691.133 
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qualitàtivi dell’olio d’oliva made in Italy, spesso senza considerare che anche 
l’aspetto quantitativo deve essere adeguato all’andamento del mercato mondiale. 
Il mercato mondiale dell’olio d’oliva è in espansione, ed in particolare quello 
dell’olio di qualità. (Filo della Torre, 2006). A differenza di quanto accade in molti 
Paesi olivicoli in cui la politica della grande distribuzione ha preso il sopravvento, 
l’Italia si propone come leader mondiale nella produzione di olio d’oliva di qualità. 
Questa condizione risulta essere in linea, inoltre, con l’elevato standard qualitativo 
del consumo di olio d’oliva in Italia, infatti dall’immagine riportata si evince il forte 
consumo di oli pregiati (extra-vergine; DOP/IGP e biologico), rispetto ad oli 
considerati di basso profilo.  
SANSA
0,84%
DOP/IGP
2,10%
BIOLOGICO
0,42%
EXTRA VERGINE
75,63%
NO RMALE
21,01%
 
Paesi, che di recente si sono affacciati sul mercato mondiale dell’olio di oliva 
(Tunisia, Algeria, Marocco, Turchia, Cipro, California ecc.), ed altri più tradizionali 
come Spagna e Grecia, hanno scelto l’abbattimento dei costi di produzione (grazie 
alla messa a dimora di vaste aree agricole; realizzazione di impianti intensivi che in 
Spagna raggiungono le 1600/2000 piante/ha ed alla forte meccanizzazione), per 
ricoprire grosse fette di mercato. Leciti dubbi sono concessi per ciò che riguarda la 
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qualità degli oli prodotti con queste tecniche, non basta infatti rispettare i parametri 
merceologici per fare di un olio un buon olio (Perri et al., 2006). 
 Il settore oleicolo cresce con buone prospettive anche per il futuro e i marchi italiani, 
comunque hanno successo in tutto il mondo. Purtroppo i benefici vanno spesso a 
gruppi che italiani non sono. Questa risulta essere un’altra conseguenza di uno 
scenario economico che vede e, probabilmente vedrà ancora, il passaggio dei grandi 
marchi dell’olio d’oliva italiani nei bilanci degli operatori internazionali, che ne 
riconoscono il grande valore e sono disposti ad investire per assorbirli (Scalise, 
2006). Le immagini riportate indicano i rapporti di scambio in olio di oliva, che 
l’Italia attualmente effettua con i principali paesi produttori e consumatori. (Fonte 
dati, ISMEA 2006). 
 
 
 
IMPORT PRINCIPALI PAESI
Spagna Tunisia
Grecia Turchia
Siria Marocco
EXPORT PRINCIPALI PAESI
Usa Germania
Francia Giappone
Regno Unito Canada
Australia Spagna
Altri
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1.2.  Cenni sulla biologia vegetativa e riproduttiva dell’olivo 
L’olivo coltivato (Olea europaea) appartiene alla famiglia delle Oleaceae. Il prodotto 
ottenuto dalla spremitura dei suoi frutti rappresenta indubbiamente uno tra i più 
importanti ingredienti della nostra dieta. Noi consumiamo molto spesso anche olive 
da tavola.  
La pianta dell’olivo rappresenta, anche da un punto di vista agronomico, una specie 
molto particolare data la sua capacità di adattamento ad ambienti pedoclimatici 
diversificati e difficilmente idonei per molte piante da frutto. Un’altra peculiarità è 
l’elevata longevità di questa specie visto che può raggiungere facilmente l’età di 
alcune centinaia di anni. La lunghezza del ciclo biologico dell’olivo, è legata alla sua 
capacità di rigenerare completamente ed abbastanza facilmente sia la chioma che 
l’apparato radicale, quando queste parti della pianta subiscono danni distruttivi. 
(Valli, 1999). 
L’olivo è una pianta sempreverde, la sua attività vegetativa presenta dei rallentamenti 
solo nel periodo invernale, una foglia di olivo può permanere sulla pianta per lungo 
tempo (anche 3 anni). (Fiorino, 2003).  
L’olivo rappresenta, l’albero da frutto con alternanza di produzione per eccellenza, 
questo aspetto del suo ciclo produttivo è legato essenzialmente a fattori nutrizionali 
e/o a fattori ormonali. Infatti ad annate con eccessiva produzione si alternano e si 
contrappongono annate cosiddette di scarica, con produzioni basse o assenti. 
Durante il ciclo annuale l’olivo produce apicalmente gemme a legno o vegetative, 
destinate ad assicurare il prolungamento stagionale dell’asse vegetativo, in posizione 
laterale, disposte a coppie all’inserzione delle foglie, troviamo generalmente gemme 
indotte a fiorire o che possono rimanere vegetative. Dallo sviluppo di quest’ultime si 
originano infiorescenze a grappolo chiamate “mignole”, portanti in media da 10 a 40 
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fiori di norma ermafroditi. La mignola si presenta dapprima di colore verdastro, poi 
sempre più biancastra, man mano che si avvicina la schiusura del fiore. I fiori di olivo 
producono in questo periodo, una gran quantità di polline, che può essere portato dal 
vento (impollinazione prevalentemente anemofila) anche a distanza di parecchi 
chilometri. (Fiorino, 2003). 
L’allegagione dei frutti nell’olivo interessa generalmente il 2-10% del numero di fiori 
totali presenti sulla pianta, sicuramente una quantità molto limitata, soprattutto se si 
considera che una buona parte dei fiori viene persa durante la colatura dei fiori 
(l’olivo presenta i valori più elevati tra le piante da frutto). Ma allo stesso tempo, 
l’olivo produce così tanti fiori da garantire comunque una produzione normalmente 
accettabile.    
Alla scarsa allegagione ed all’elevata colatura dei fiori, si aggiunge anche una 
percentuale di cascola dei frutti non inferiore quasi mai al 15-20%, quando poi le 
condizioni climatiche sono particolarmente avverse questa percentuale può essere di 
portata maggiore. (Valli, 1999). 
L’accrescimento della drupa che si svolge essenzialmente durante l’estate, è 
influenzato dalle risorse idriche e nutrizionali a disposizione della pianta. Il processo 
di sviluppo di tutte le componenti del frutto (endocarpo o nocciolo; mesocarpo o 
polpa e esocarpo o buccia) avviene in maniera sfalsata. Infatti l’endocarpo termina il 
suo accrescimento entro due mesi dalla fecondazione, le sue dimensioni finali 
possono variare grandemente tra le cultivar oscillando tra 1 e 2cm di lunghezza e tra 
0,5 e 1,5cm di larghezza ed un peso variabile tra 0,20 e 0,60g. il mesocarpo o polpa 
rappresenta il 70-85% del peso dell’intero frutto e costituisce la parte commestibile 
della drupa, infatti è qui che si svolge l’accumulo di olio in ragione del 12-25% del 
peso fresco del frutto.