5 
Introduzione 
 
 
 
La mia tesi nasce con lo scopo di scoprire un aspetto del giornalismo 
che è ancora poco conosciuto e forse un po’ ignorato: il giornalismo 
sociale. 
Il giornalismo sociale è la parte del mondo giornalistico che si occupa 
esclusivamente di tematiche sociali, quali l’immigrazione, la droga, la 
disabilità, la tutela dei minori, il rispetto verso le donne, la vita 
carceraria, la protezione degli animali. 
Il giornalismo viene considerato oggi, come dimostrano le ricerche 
condotte da AstraRicerche, riportate nelle conclusioni della tesi, 
inadeguato alle nuove esigenze della società e insoddisfacente per la 
maggior parte degli italiani. 
C’è bisogno di un giornalismo “nuovo”, fresco, serio e competente, che 
sappia essere una missione, per i professionisti del mestiere, e un faro 
acceso sulla verità, per i lettori. 
La necessità di un giornalismo valido e attento alle molteplici voci della 
nostra società digitalizzata è così tanto acuta da spingere i cittadini a 
fare giornalismo in prima persona. Questo è concretizzabile grazie a 
Internet e alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, 
che consentono la partecipazione diretta e l’interattività. 
Visto che off line il sociale viene emarginato, nell’on line invece trova 
uno spazio molto ampio. Nella Rete si annidano siti e testate 
giornalistiche che si dedicano al sociale, come è possibile vedere nel 
monitoraggio che ho fatto, che offre un assaggio della vastità del mondo 
sociale on line. 
La mia tesi è come un mosaico ragionato che ospita contenuti e 
suggerisce spunti per l’universo del sociale. Non solo cartaceo ma 
anche, e soprattutto, digitale. 
Il primo capitolo parla della comunicazione sociale. Spiega cos’è e 
quando nasce, chi sono i fautori e quali sono le leggi che la regolano, 
ma prima di fare questo mostra il percorso che ha compiuto la 
comunicazione pubblica all’interno della Pubblica Amministrazione 
italiana.  
Il capitolo si chiude con l’osservazione della pubblicità come modalità 
privilegiata per comunicare il sociale, prendendo come esempio l’attività 
di Pubblicità Progresso e alcune sue campagne radiofoniche, televisive e 
on line. 
Il secondo capitolo si sofferma sul giornalismo sociale, prendendo in 
considerazione gli sviluppi di tale materia e le forme principali nelle 
quali si manifesta. Vi è poi un paragrafo sulle agenzie del sociale, le 
cosiddette antenne del mondo del sociale e un’ interessante descrizione 
di Ryszard Kapuscinski, il giornalista sociale per antonomasia, il 
reporter di guerra guidato da una vera e propria missione.
6 
Il giornalismo on line è il tema del terzo capitolo, dagli albori fino al 
presente, considerando anche i modelli di business, le sue 
caratteristiche e gli argomenti che interessano maggiormente i lettori. Il 
capitolo continua con uno sguardo sui lettori e termina con alcune 
problematiche legali relative all’on line. 
Il quarto capitolo consiste in un monitoraggio dei giornali sociali on line 
e dei siti di Organizzazioni impegnate nel sociale.  
Il monitoraggio ha voluto essere uno sguardo, più o meno attento, 
all’universo del sociale sul web. Visto il numero considerevole di testate, 
di siti e di organizzazioni, nonché di temi, ne ho osservati quattro, che 
sono stati scelti per motivi puramente personali.  
Le tematiche trattate, ovvero immigrazione, volontariato e non profit, 
protezione degli animali, diritti dell’uomo, sono una prova della varietà 
del mondo del sociale. 
Per concludere, il quinto capitolo è del tutto dedicato a un aspetto 
particolare del giornalismo sociale: il giornalismo partecipativo, 
attuabile on line grazie alle nuove tecnologie. In questo capitolo ho 
parlato delle sue caratteristiche e del patto di fiducia tra i giornalisti e i 
lettori, ma anche di alcune sue modalità di espressione, in Italia e 
all’estero. Ho infine parlato dei blog e ho aggiunto delle riflessioni 
personali su questi diari on line, tratte dalla mia esperienza di aprire un 
blog. 
Mi auguro che il giornalismo sociale possa diventare sempre più la voce 
di chi non può parlare e possa far riflettere sui disagi presenti nella 
società, molto spesso nascosti dai media oppure esageratamente 
esposti, senza un minimo di delicatezza. 
Mi auguro che il giornalismo possa tornare ad essere una vocazione e 
uno stimolo per le trasformazioni sociali.  
Come sostiene Kapuscinscki: 
 
“Il vero giornalismo è intenzionale, vale a dire che si prefigge uno scopo 
e cerca di produrre un qualche cambiamento. Il buon giornalismo non 
può essere che così”
1
. 
 
 
 
                                                 
1
 R. Kapuscinski, Autoritratto di un reporter, Universale Economica Feltrinelli, 2003
7 
Capitolo Primo 
COMUNICAZIONE PUBBLICA E COMUNICAZIONE SOCIALE 
 
 
1. Breve storia della comunicazione pubblica  
 
Che cos’è la comunicazione pubblica? Possiamo definirla per ora come il 
processo di trasferimento di informazioni da un ente pubblico ai 
cittadini. 
Per poter parlare della comunicazione pubblica, per poter dire cosa sia 
“comunicazione pubblica”, è necessario raccontare brevemente la storia 
della Pubblica Amministrazione Italiana. 
La Pubblica Amministrazione Italiana è stata al centro di un processo di 
modernizzazione, europeizzazione e semplificazione, cominciato negli 
anni ’90 e maturato con la legge 150 del 2000. Questa importante legge 
si può considerare l’inizio del miglioramento qualitativo della Pubblica 
Amministrazione e del consolidamento del rapporto fra lo Stato e i 
cittadini. 
La storia dell’amministrazione pubblica italiana ha un’origine ben 
precisa. Il 23 marzo 1853, infatti, la legge n. 1483 dava un’impostazione 
unitaria all’amministrazione nazionale, secondo le linee di riforma 
volute dal primo ministro Camillo Benso conte di Cavour. 
Per tutto il corso dell’Ottocento, l’amministrazione pubblica sarà 
gerarchizzata, fatta di regole e protocolli, decisamente burocratica e 
legata al segreto d’ufficio. Le pratiche non si dovevano conoscere, i 
cittadini non dovevano né potevano sapere, la comunicazione insomma 
era inesistente. 
Durante il Novecento si muovono i primi passi verso il cambiamento, 
fino ad arrivare agli anni ’90 che segnano la fase più importante di 
riforma legislativa. Le leggi principali sono: 
 
 Legge n. 142 del 1990 
 Legge n. 241 del 1990 
 Dlgs n. 29 del 1993. 
 
La legge n. 142 dell’8 giugno 1990 - legge sulle autonomie locali, di 
riforma e riorganizzazione dei Comuni e delle Province italiani - afferma 
il dovere delle istituzioni a comunicare. 
La legge n. 241 del 7 agosto 1990, che ha come oggetto “Nuove norme in 
materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai 
documenti amministrativi”, è nota come legge sulla trasparenza e pone 
la comunicazione al servizio della trasparenza, che deve promuovere 
l’amministrazione. 
Il decreto legislativo n. 29 del 3 febbraio 1993 stabilisce nuovi criteri per 
la selezione e la gestione del personale e per l’organizzazione degli uffici
8 
della Pubblica Amministrazione. Questo decreto introduce gli Uffici per 
le Relazioni con il Pubblico (URP), strutture portanti del sistema 
comunicativo degli enti, insieme agli Uffici Stampa. 
La legge n. 150 del 2000 segna uno spartiacque fra un prima e un dopo, 
fra una situazione stagnante, dove il segreto d’ufficio o la propaganda 
regnano sovrani, a una situazione in via di sviluppo, caratterizzata da 
responsabilità da parte degli enti, trasparenza e comunicazione.  
Grazie a questa legge, la comunicazione pubblica non solo viene 
legittimata ma anche diviene “obbligo istituzionale”, quindi non più 
qualcosa di accessorio ed occasionale, ma l’elemento fondamentale del 
rinnovato rapporto fra le istituzioni e i cittadini. 
Prima di vedere più da vicino le caratteristiche della legge n.150/2000, 
consideriamo le tappe del percorso che dal segreto d’ufficio è giunto fino 
alla comunicazione. L’evoluzione del concetto di comunicazione 
pubblica può essere inteso come un moto di avvicinamento da parte 
delle amministrazioni verso il cittadino: 
 
 Silenzio/Segreto d’ufficio: le amministrazioni tengono lontano il 
cittadino attraverso la complessità del linguaggio e delle pratiche; 
 Propaganda: le amministrazioni gestiscono la relazione con il 
cittadino tramite la modalità propagandistica; 
 Immagine: le amministrazioni sostituiscono la propaganda con 
l’immagine, imitando il sistema commerciale; 
 Informazione: le amministrazioni passano dal governare 
all’amministrare. Inizia il cambiamento del rapporto con il 
cittadino; 
 Comunicazione: le amministrazioni cercano di creare un rapporto 
paritario con il cittadino. “Comunicare come processo in cui 
parlare e ascoltare assumono un identico valore”
2
. 
 
 
                                                 
2
 Alessandro Rovinetti, Comunicazione pubblica. Sapere e fare, Il Sole 24ORE, 2006
9 
2. Le innovazioni introdotte dalla legge n.150 del 2000 
 
La legge n. 150 del 2000 introduce molteplici cambiamenti nella 
Pubblica Amministrazione e nel ruolo che deve avere la comunicazione.  
Vediamo le principali novità inserite dalla legge. 
 
 
2.1 La comunicazione come strategia, risorsa, servizio 
 
Con la legge n. 150 del 2000, la comunicazione pubblica diventa 
obbligatoria presso le istituzioni. 
I principali settori di intervento di questa legge si possono riassumere 
nei seguenti punti: 
 
 Legittimazione dell’informazione e della comunicazione nelle 
Pubbliche Amministrazioni; 
 Riconoscimento degli uffici stampa e degli Uffici per le Relazioni 
con il Pubblico; 
 Valorizzazione delle diverse professioni; 
 Ruolo centrale della formazione; 
 Indicazione dei requisiti e delle modalità per ricoprire i posti 
vacanti in questi settori; 
 Possibilità di creare, nei piccoli Comuni, uffici stampa e/o Urp 
consorziati; 
 Riconoscimento del valore preferenziale delle Lauree in Scienze 
della Comunicazione. 
 
Il valore di questa legge è quello sia di aver legittimato attività e funzioni 
lasciate troppo a lungo alla discrezionalità, sia di rappresentare un 
tratto essenziale della nuova idea di Stato. La legge n. 150 tra l’altro 
non può essere ricondotta a un preciso partito politico, in quanto porta 
le firme di Franco Frattini, esponente della Casa delle Libertà, e di 
Antonio di Bisceglie, esponente dell’Ulivo. E’ stata approvata, da 
entrambe le Camere del Parlamento, con una larga maggioranza di voti. 
Eppure, dopo otto anni di vita di questa legge, non tutte le 
amministrazioni la applicano. Fatta eccezione per Roma, Perugia, 
Milano e poche altre, che hanno provveduto ad adeguarsi alla norma, 
molte amministrazioni italiane continuano a preferire la “vecchia via”, 
accantonando la legge perché ritenuta insoddisfacente o contenente 
parti, a loro avviso, superate. 
Nel 2004, una ricerca realizzata da Unicom (Unione Nazionale Imprese 
di Comunicazione) e da Confcommercio su di un campione di 130 
rappresentanti di Regioni, Enti locali e Aziende Sanitarie, confermava 
una situazione di evidente difficoltà. Solo nel 53% dei casi la legge era
10 
stata recepita più a livello teorico che pratico e ben nel 23,4% dei casi 
non era stata considerata
3
. 
Certo è che la legge n. 150 del 2000 considera la comunicazione come 
una risorsa necessaria per garantire trasparenza ed efficienza nelle 
amministrazioni. La comunicazione è vista come un elemento strategico 
per un reale processo di trasformazione degli apparati pubblici. La 
comunicazione pubblica diventa strategia – per costruire relazioni 
migliori con i cittadini e i dipendenti - risorsa –per trasferire al proprio 
interno più informazioni e più conoscenze della comunità - servizio – 
per soddisfare i cittadini nel loro rapporto con i servizi pubblici. 
Alla luce della legge, comunicare nella Pubblica Amministrazione 
significa: 
 
o Illustrare le norme e le disposizioni per favorirne l’applicazione; 
o Illustrare le attività delle Istituzioni; 
o Favorire l’accesso ai servizi; 
o Approfondire temi di interesse sociale e/o pubblico; 
o Semplificare e modernizzare procedimenti amministrativi; 
o Promuovere l’immagine delle Amministrazioni e del Paese, 
dando visibilità ad eventi locali, regionali, nazionali ed 
internazionali
4
. 
 
Le principali novità introdotte dalla legge n.150 sono: 
 
 Un maggior riconoscimento e una migliore definizione degli Uffici 
Stampa e degli Uffici per le relazioni con il Pubblico;  
 La distinzione fra attività di informazione e di comunicazione;  
 La suddivisione di professionalità quali il capo ufficio stampa e 
l’addetto stampa, il comunicatore pubblico e l’addetto alle 
relazioni con il pubblico, il portavoce. 
 
“Informazione” significa “attuazione di un diritto” mentre 
“comunicazione” vuol dire “erogazione di un servizio”.  
 
 
2.2 Gli uffici che gestiscono l’informazione e la comunicazione 
 
L’ufficio stampa si occupa di informazione, soprattutto verso i mass 
media. I ruoli riconosciuti all’interno dell’Ufficio Stampa sono il capo 
ufficio stampa e l’addetto stampa, che sono giornalisti iscritti all’Ordine, 
tanto pubblicisti quanto professionisti, appartenenti all’ente o reclutati 
dall’esterno. Tali giornalisti gestiscono i rapporti tra l’amministrazione e 
                                                 
3
 Alessandro Rovinetti, Comunicazione pubblica. Sapere e fare, Il Sole 24ORE, 2006 
4
 Alessandro Rovinetti, Comunicazione pubblica. Sapere e fare, Il Sole 24ORE, 2006
11 
gli organi d’informazione e, durante il loro incarico, non possono 
esercitare attività giornalistica per soggetti terzi. 
Anche il portavoce si occupa di informazione, ma non deve essere 
confuso con il capo ufficio stampa, in quanto si occupa esclusivamente 
di informazione politica.  
Il portavoce è una persona di fiducia del vertice dell’amministrazione 
con compiti di carattere politico-istituzionale, anche verso i mass media. 
Potremmo dire che il portavoce è la voce del sindaco, mentre il capo 
ufficio stampa trasforma i fatti in notizie e li diffonde al sistema dei 
media. 
I nuovi ruoli riconosciuti dalla legge n. 150 sono anche quelli di 
comunicatore pubblico e addetto alle relazioni con il pubblico.  
Il comunicatore pubblico è un libero professionista che opera sia negli 
Urp sia in qualsiasi altra struttura di comunicazione. E’ uno dei nuovi 
profili introdotti dalla legge, è il responsabile dell’organizzazione e colui 
che dirige le strutture di comunicazione. Nel gennaio 2003 è stato 
anche firmato il “Codice deontologico e di buona condotta dei 
comunicatori pubblici”. 
Gli Urp (Uffici per le Relazioni con il Pubblico) si occupano di 
comunicazione. A loro è affidato l’insieme delle attività di comunicazione 
verso i cittadini, gli Enti e le imprese (comunicazione esterna) e verso i 
dipendenti (comunicazione interna). 
Gli obiettivi affidati agli Urp sono:  
 
 Promuovere l’adozione di sistemi di connessione telematica;  
 Coordinare le reti civiche;  
 Attivare processi di verifica della qualità e del gradimento 
dei servizi da parte dei cittadini.  
 
Urp degli Urp è uno sportello informativo che ha sede a Bologna e 
costituisce un ponte fra l’Amministrazione e i cittadini. Nel sito Internet 
troviamo la presentazione di Urp degli Urp, iniziativa promossa nel 1998 
dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dalla Regione Emilia-
Romagna.  
Il suo obiettivo è quello di: 
 
“sostenere e valorizzare la funzione di comunicazione nell’ambito delle 
istituzioni pubbliche italiane, come strumento di miglioramento delle 
relazioni con i cittadini e di innovazione amministrativa. (…). Attraverso 
i programmi e le iniziative di comunicazione istituzionale, le 
amministrazioni pubbliche promuovono i diritti di cittadinanza, quali il 
diritto all’informazione, alla trasparenza e alla partecipazione, e 
sostengono l’innovazione delle organizzazioni, l’efficienza dei servizi, 
l’efficacia delle politiche pubbliche.  
Alla realizzazione di queste attività e al raggiungimento di questi 
obiettivi, lavorano ogni giorno all’interno degli uffici pubblici migliaia di
12 
operatori della comunicazione istituzionale: è a tutti costoro che si 
rivolge Urp degli Urp”
5
. 
È inoltre possibile iscriversi alla mailing list Urpnews, per ricevere 
notizie aggiornate sul mondo della comunicazione istituzionale e sui 
molteplici eventi in programma. 
Uno degli obiettivi di un Urp è quello, abbiamo detto, di coordinare le 
reti civiche. Che cos’è una “rete civica”? 
Beamish ne identifica i caratteri principali: 
 
 Essere una rete volta a far circolare informazioni di 
rilevanza locale e comunitaria; 
 Essere un “media” digitale di comunicazione reciproco 
all’interno di una comunità; 
 Essere condivisa da utenti che abbiano in comune la stessa 
località geografica. 
 
I compiti di una rete civica sono i seguenti: 
 
 Quello di informare; 
 Quello di partecipazione democratica; 
 Quello di potenziare la qualità dei servizi pubblici; 
 Quello di migliorare l’immagine del territorio e delle città; 
 Quello di contribuire a riorganizzare la struttura della 
pubblica amministrazione
6
. 
 
 
2.3 La rete civica “iperbole” 
 
Un esempio di rete civica famoso, con il quale molti utenti 
interagiscono, è quello di Iperbole. 
Iperbole è la rete civica on line del Comune di Bologna. Mette in 
relazione i cittadini con il Comune, offrendo a quelli informazioni e 
consentendo loro di accedere a numerosi servizi. 
Nasce nel 1995 con l’obiettivo di: 
 “condurre attraverso la rete civica Iperbole, una campagna di 
alfabetizzazione all’uso della telematica, delle nuove tecnologie e delle 
opportunità: informazioni, servizi, interattività offerte da Iperbole e da 
Internet. Un’azione pensata per diversi tipi di target, bisogni e 
aspettative. Creare allo stesso tempo nuove professionalità e nuove 
opportunità d’impiego, dando impulso allo sviluppo del telelavoro e del 
teleapprendimento”
7
. 
 
                                                 
5
 http://www.urp.it 
6
 R. Razzante, Giornalismo e comunicazione pubblica, FrancoAngeli, 2000 
7
 http://www.iperbole.it
13 
I servizi offerti dalla Rete Civica sono: 
 
 Spazio web gratuito per le organizzazioni non profit; 
 News, 
 Motore di ricerca; 
 Servizi securizzati con firma digitale; 
 Sistema informativo territoriale; 
 Accesso al protocollo gare e appalti; 
 Modulistica. 
 
 
2.4 La rete unitaria per la pubblica amministrazione 
 
Per concludere, vorrei parlare in maniera sintetica della Rete Unitaria 
per la Pubblica Amministrazione, o Rupa.  
Il progetto, voluto dall’Autorità per l’Informatica nella Pubblica 
Amministrazione (AIPA), che ora è diventata Centro Nazionale per 
l’Informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA,) consente ad un 
utente che opera su di un sistema ad esso connesso, di accedere ai dati 
di un altro sistema connesso.  
Sul sito del CNIPA, www.cnipagov.it, si legge che: 
 
“la rete unitaria è una tecnologia abilitante all’interoperabilità e alla 
cooperazione tra sistemi informativi e costituisce un fattore decisivo per 
l’innovazione della pubblica amministrazione”.  
 
Rupa è, quindi, uno strumento che consente l’interazione e lo scambio 
di conoscenze fra le amministrazioni, secondo una logica di tipo 
reticolare, che è orizzontale, paritaria e trasparente, piuttosto che 
verticistica e autoritaria. 
La comunicazione diventa, allora, un elemento strategico e funzionale 
alla nuova Pubblica Amministrazione, uno dei mezzi per creare le 
condizioni per la partecipazione, una comunicazione di spessore, di 
relazioni, di dialogo e di coinvolgimento, dove “parlare e ascoltare 
assumono lo stesso valore”. 
 
 
3. Che cos’e’ la comunicazione pubblica  
 
Dopo aver parlato della storia della Pubblica Amministrazione e della 
comunicazione pubblica che, come abbiamo visto, sono strettamente 
collegate, possiamo definire la comunicazione pubblica: 
 
“il contesto e lo strumento che permette ai diversi attori che 
intervengono nella sfera pubblica di entrare in relazione tra loro, di
14 
confrontare punti di vista e valori per concorrere al comune obiettivo di 
realizzare l’interesse della collettività. 
Essa è costituita da quell’insieme di processi che contribuiscono a 
valorizzare la sfera pubblica, facendo interagire attori diversi per 
competenze e responsabilità, attivando relazioni e scambi e creando 
giochi di ruolo.  
 
In particolare essa si occupa di attivare la relazione tra lo Stato e i 
cittadini attraverso la realizzazione di un processo di interazione e di 
scambio, prevedendo la creazione di spazi che organizzino l’ascolto dei 
cittadini e sollecitino la loro partecipazione alle scelte che orientano le 
politiche pubbliche”
8
. 
 
Questa definizione di comunicazione pubblica deve essere diversificata 
in tre tipi, sulla base degli scopi e delle caratteristiche che li 
distinguono. Le tipologie sono: comunicazione istituzionale, politica e 
sociale. 
La comunicazione istituzionale stabilisce la relazione fra le 
amministrazioni e i cittadini.  
Si occupa di informare sulla realtà organizzativa, di far conoscere le 
norme, di garantire l’accesso ai documenti e ai servizi, di promuovere 
una certa immagine dell’istituzione. Secondo Rovinetti, la 
comunicazione istituzionale è “la spina dorsale dell’intero sistema della 
comunicazione pubblica”. 
La comunicazione politica riguarda l’attività dei partiti e la 
rappresentanza politica.  
Consiste nel confronto di idee, nella gestione delle campagne elettorali e 
nel dibattito politico generale. 
La comunicazione sociale consiste nel promuovere argomenti e attività 
di pubblico interesse.  
Vuole stimolare nei cittadini comportamenti socialmente utili, che 
tendano al raggiungimento del benessere collettivo. 
Vediamo più da vicino la comunicazione sociale. 
 
 
4. Che cos’e’ la comunicazione sociale 
 
La comunicazione sociale è un ramo della comunicazione pubblica.  
Come questa, si tiene lontana dalle logiche del mercato e dalle finalità 
commerciali, ma in più si arricchisce di un contenuto valoriale, che 
riguarda l’espressione e la manifestazione dei diritti e dei doveri umani. 
La comunicazione sociale consiste nel portare in superficie problemi, 
questioni, disagi di cittadini del mondo che vengono emarginati o che 
                                                 
8
 F. Faccioli, Comunicazione pubblica e cultura del servizio, Carocci Editore, 2000
15 
soffrono, di animali maltrattati, di anziani abbandonati, di ambiente 
inquinato, di povertà.  
Questo tipo di comunicazione non sostiene un punto di vista parziale 
ma generale, della collettività nel suo insieme. Il messaggio deve essere 
costruito e comunicato nel modo più realistico e d’impatto possibile, per 
sollecitare le coscienze e stimolare la responsabilità del “target”.  
Anche in questo tipo di comunicazione si parla di target, di un target, 
però, che non deve essere “colpito” e stimolato ad acquistare, quanto a 
cambiare i propri atteggiamenti societari. 
La mission della comunicazione sociale è proprio quella di far crescere 
cittadini attivi e responsabili, capaci di auto organizzarsi, attenti ai loro 
simili e al mondo circostante. 
 
 
4.1 I protagonisti della comunicazione sociale 
 
Chi sono i soggetti che promuovono la comunicazione sociale? 
Possiamo trovare Enti pubblici, semi pubblici, organizzazioni non profit 
e imprese. 
Gli enti pubblici e semi pubblici offrono dei servizi che possono essere 
definiti “universali”, in quanto sono fruibili da tutta la cittadinanza, 
indipendentemente dal partito politico preferito. 
Con la legge n.150 del 2000, i caratteri della Pubblica Amministrazione 
sono cambiati, così come è mutato il rapporto fra questa e i cittadini, 
ora più consapevoli ed esigenti, divenuti “stakeholders” ai quali rendere 
conto. Ciò vuol dire che anche la sfera dei diritti riconosciuti si amplia: 
la salute, i diritti dei minori e degli anziani, i diritto dei disabili a 
partecipare alla vita sociale, il diritto dell’identità sessuale e personale
9
. 
E’ opportuno considerare che la comunicazione sociale promossa dalle 
Istituzioni, contribuisce a creare una percezione positiva nel cittadino, 
con un indubbio ritorno d’immagine, che potrebbe tradursi anche in 
consenso elettorale. 
Le organizzazioni non profit sono strutture che si caratterizzano per il 
loro carattere privatistico, per l’assenza di scopo di lucro, per 
l’erogazione a favore della collettività di attività e servizi. 
Secondo Kotler, queste organizzazioni producono servizi e non beni di 
consumo: “servizi intangibili, la loro qualità dipende più dalla capacità e 
professionalità di chi li fornisce”
10
. 
Per questo, sono sottoposte al giudizio del pubblico, sia perché 
forniscono servizi, sia perché sono proprio i cittadini i maggiori 
contribuenti, attraverso le donazioni. 
Anche le imprese sperimentano il mondo del sociale.  
                                                 
9
 F. Pira, Come comunicare il sociale .Strumenti,buone pratiche e nuove professioni, Franco Angeli, 2005 
10
 P. Kotler, A. R. Andreasen, Marketing per le organizzazioni non profit, Il Sole 24ORE, 1998, 
affermazioni contenute in: F. Pira, Come comunicare il sociale .Strumenti,buone pratiche e nuove 
professioni
16 
Emerge il concetto di “Responsabilità sociale d’impresa”. Prendendo la 
definizione contenuta nel Libro Verde della Commissione Europea, 
possiamo dire che: 
  
“Sono socialmente responsabili le aziende che decidono di propria 
iniziativa di contribuire a migliorare la società e a proteggere 
l’ambiente”
11
.  
 
La Responsabilità Sociale diventa parte della mission aziendale, nonché 
uno degli strumenti per il raggiungimento dello “Sviluppo Sostenibile”.  
Questo concetto viene spiegato dalla Commissione Brundtland come:  
 
“Uno sviluppo in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali 
senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i 
propri bisogni; un processo nel quale lo sfruttamento delle risorse, la 
direzione degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e 
il cambiamento istituzionale sono tutti in armonia, ed accrescono le 
potenzialità presenti e future per il soddisfacimento delle aspirazioni e 
dei bisogni umani”
12
. 
 
Gli elementi che meglio chiarificano il concetto di Sviluppo Sostenibile 
sono i seguenti: 
 
 Interrelazione fra sviluppo economico, sociale e ambientale; 
 Ottica di lungo periodo; 
 Equità infra e inter generazionale; 
 Uso efficiente delle risorse e sostenibilità ambientale; 
 Partecipazione. 
 
Un’impresa che si definisce responsabile dovrebbe manifestare 
comportamenti virtuosi e curare intensamente i rapporti con gli 
stakeholders, coi quali stringe patti di collaborazione.  
I rapporti dovrebbero essere improntati all’onestà, dovrebbe essere 
garantita la tutela del benessere dei dipendenti e dei consumatori, così 
come le risorse e l’ambiente dovrebbero essere rispettati
13
.  
Questi comportamenti vengono messi in atto attraverso vari 
strumenti
14
, che sono: 
 
 Codice di comportamento; 
                                                 
11
 Commissione dell’Unione Europea 2003, Libro Verde sulla Responsabilità Sociale d’Impresa, 
contenuto in: F. Pira, Come comunicare il sociale .Strumenti,buone pratiche e nuove professioni 
12
 Commissione Mondiale per lo Sviluppo e per l’Ambiente 1987, Rapporto Burtland, contenuto in: F. 
Pira, Come comunicare il sociale .Strumenti,buone pratiche e nuove professioni 
13
 F. Pira, Come comunicare il sociale. Strumenti, buone pratiche e nuove professioni, Franco Angeli, 
2005 
14
 Primo rapporto sulla Responsabilità d’Impresa in Italia (ISVI, DOXA 2003), contenuto in: F. Pira, 
Come comunicare il sociale. Strumenti, buone pratiche e nuove professioni, Franco Angeli, 2005
17 
 Carta dei valori; 
 Modello organizzativo e gestionale (dlgs 213/01); 
 Bilancio ambientale; 
 Bilancio sociale; 
 Bilancio di sostenibilità; 
 Certificazione sociale SA 8000; 
 Cause related marketing; 
 Adesione a standard globali. 
 
Un altro concetto legato all’incontro fra un’impresa e il sociale consiste 
nel “Marketing Sociale”. Parliamo di strategie di marketing applicate al 
sociale, non per vendere un prodotto ma per influenzare i 
comportamenti dei cittadini. Il fine ultimo è quello di indurre un 
comportamento nel cambiamento sociale.  
Kotler definisce questa modalità di marketing così:  
 
“La caratteristica peculiare del marketing sociale consiste unicamente 
negli obiettivi del soggetto o dell’organizzazione che lo attua, che si 
propone di influenzare i comportamenti dei membri di una certa 
società, non per generare profitti per sé, ma per creare benefici 
all’interno del gruppo obiettivo e per la società in generale”
15
. 
 
I cambiamenti ricercati dal Marketing Sociale possono essere a basso 
oppure elevato grado di coinvolgimento, definiti nel tempo o durevoli, in 
grado di stimolare singole persone o gruppi di persone.  
Il marketing sociale viene spesso correlato al cosiddetto “Cause Related 
Marketing”, in cui il cittadino consumatore è stimolato all’acquisto di un 
certo prodotto dalla certezza che l’impresa contribuirà a realizzare 
programmi di politiche sociali. 
 
 
5. Le leggi esistenti in materia di comunicazione sociale 
 
Le leggi che regolano la comunicazione sociale sono tre, ovvero: 
 
 La legge n.150 del 2000, “Disciplina delle attività di informazione 
e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”; 
 Le leggi n. 223/1990 e n. 112/2004, in materia di sistema 
radiotelevisivo misto pubblico – privato. In particolare, la legge n. 
112 stabilisce l’obbligo di fare informazione sociale sia alla Rai sia 
alle concessionarie private nazionali o locali. Precisa inoltre 
                                                 
15
 P. Kotler, A. R. Andreasen, Marketing per le organizzazioni non profit, Il Sole 24ORE, 1998; 
affermazione tratta da: F. Pira, Come comunicare il sociale. Strumenti, buone pratiche e nuove 
professioni, Franco Angeli, 2005
18 
qualità, quantità e modalità di trasmissione dei messaggi 
pubblicitari a scopo sociale. 
 
La comunicazione sociale si esplica anche attraverso messaggi 
pubblicitari a rilievo sociale. I contenuti e le forme di tale pubblicità 
sono regolati dal Codice di Autodisciplina Pubblicitaria.  
Il Codice, al Titolo VI, considera “socialmente utile” tutta la pubblicità, 
compresa quella commerciale, in quanto “servizio per il pubblico” e nei 
casi in cui è reputata idonea a svolgere un “ruolo particolarmente utile 
nel processo economico”. Il Codice, non essendo valido erga omnes 
come quello statuale, è applicabile solo nei confronti di chi l’ha 
accettato
16
. 
 
 
6. La pubblicità come modalità per comunicare il sociale 
 
Le istituzioni impegnate a diffondere il rispetto dei diritti e dei doveri per 
tutti, le organizzazioni non profit, attive in vari settori e nelle zone più 
disparate, le imprese “responsabili”, tutti i soggetti interessati alle 
tematiche sociali, devono far conoscere all’esterno le proprie convinzioni 
e attività. 
Vi sono vari strumenti, come relazioni pubbliche, sponsorizzazioni, 
eventi, seminari e convegni, ma la forma più usata è senz’altro la 
pubblicità. Attraverso l’integrazione fra la pubblicità e le altre forme 
prima elencate, i soggetti mostrano sé stessi all’esterno e soprattutto 
propongono comportamenti sociali corretti, mettendoli in 
contrapposizione agli atteggiamenti dannosi e individualistici. 
La pubblicità sociale è diversa da quella commerciale: se la pubblicità 
commerciale vuole far conoscere il prodotto per stimolare l’acquisto, il 
cosiddetto call to action, quella sociale non vende nulla, è realistica e 
non irreale o persuasiva, poiché il suo scopo è pratico, vuole cambiare i 
comportamenti, vuole far fare. 
Vi è purtroppo il rischio che la crescita del numero di soggetti, che 
realizzano campagne di comunicazione sociale, porti ad un successivo 
effetto assuefazione nel target o a una banalizzazione delle questioni 
sociali. 
Ugo Volli ha osservato la struttura degli annunci di pubblicità sociale e 
dall’osservazione ne è emersa un’interessante analisi.  
Prendendo la terminologia semiotica, il far fare ricercato dalla pubblicità 
sociale è una forma di “manipolazione”, che si situa fra due poli: il 
consiglio e la richiesta.  
Lo studioso afferma: 
“Il contratto – fra la pubblicità sociale e il lettore - propone al 
destinatario di allontanarsi da un comportamento o atteggiamento 
                                                 
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 OCCS, Primo rapporto sulla comunicazione sociale in Italia, abstract, contenuto in: F. Pira, Come 
comunicare il sociale. Strumenti, buone pratiche e nuove professioni, Franco Angeli, 2005