5 
 
Introduzione  
 
Il titolo di questo lavoro, «Vitivinicoltura e innovazione territoriale», ne 
sintetizza in maniera efficace non solo il tema, ma anche l’approccio interpretativo: 
la vitivinicoltura, quale espressione dell’identità dei luoghi, contribuisce a plasmare 
lo spazio creando territorio ed è a sua volta plasmata da quest’ultimo in un rapporto 
di reciprocità ed interdipendenza, così che l’innovazione dell’uno si riflette 
nell’innovazione dell’altro, facendo di questa relazionalità un potente agente di 
territorializzazione. Indagare i legami tra vitivinicoltura e territorio, nella 
prospettiva geografica appena delineata, vuol dire contribuire alla conoscenza dei 
luoghi e proporre questa conoscenza come presupposto ineludibile alla loro 
trasformazione: un obiettivo perfettamente in linea con quello che è stato l’indirizzo 
del dottorato di ricerca in cui questo lavoro è maturato: Gestione dell’ambiente e 
delle risorse del territorio.  
L’ambito di ricerca si è rivelato, sin da principio, ampio e poliprospettico, 
così da indurre a privilegiare l’approfondimento di aspetti particolari, specie quelli 
in cui la ricerca geografica riesce al meglio a dispiegare il suo approccio 
interdisciplinare, ponendosi come strumento di conoscenza trasversale.  
Gli studi geografici classici hanno analizzato in profondità il rapporto 
intercorrente tra agricoltura e territorio, specie dal punto di vista dell’evoluzione dei 
modelli produttivi e degli effetti legati all’uso del suolo. 
Secoli di pratiche agricole hanno contribuito alla formazione di un 
consolidato bagaglio di conoscenze, di indiscusso valore per coloro i quali hanno la 
necessità di comprendere le dinamiche di un settore in continua evoluzione, siano 
essi agricoltori, imprenditori, studiosi, pianificatori, policy maker e, in altri termini, 
attori dello sviluppo tanto alla scala locale quanto a quella globale. 
Lo scenario agricolo attuale si presenta complesso e variegato ed offre 
singolari spunti di riflessione per la ricerca.   
L’orientamento all’analisi a partire dalla geografia dell’agricoltura, intesa 
come studio dell’organizzazione spaziale delle attività agricole e del loro ruolo 
nella costruzione del territorio, e, in particolare, l’attitudine all’osservazione delle
6 
 
dinamiche evolutive dei sistemi agricoli, sono le motivazioni alla base del presente 
lavoro di ricerca, il cui intento è quello di analizzare, seguendo l’approccio 
geografico già evidenziato, l’affascinante mondo della vitivinicoltura, cogliendone 
gli aspetti colturali e culturali, per giungere a creare una mappa relazionale delle 
potenzialità, espresse o latenti, dell’intero settore; ciò per verificare se ed in che 
misura sia possibile parlare di innovazione territoriale indotta dai processi di 
trasformazione del settore vitivinicolo, dalle pratiche produttive a quelle 
commerciali. 
All’ancestrale ed affascinante rito della vendemmia sono indissolubilmente 
legate generazioni di agricoltori, appassionati ed intenditori, accomunati dalla 
volontà di perpetrare la celebrazione della festa pagana in onore del dio Bacco, in 
cui la tradizione degli avi si fonde amabilmente con tecniche e teorie enologiche 
innovative.  
A metà settembre, ai primi raggi del sole i contadini si alzano all’alba, per 
raggiungere le vigne ed iniziare il lavoro. La cerimonia della raccolta e del 
trasporto di uve e grappoli conserva in sØ i caratteri del romanzo e della narrazione 
epica. Del romanzo sono protagonisti coloro che, con la vendemmia, sperano nella 
buona annata ripensando al lungo e duro lavoro di potatura e di continua e 
premurosa cura della vite: è questo il trait d’union tra tradizioni e credenze 
contadine, quello che ha spinto l’Homo laborans all’adorazione delle divinità, oggi 
evolutasi nelle diverse forme di devozione popolare che scandendo il tempo 
contadino offrono la possibilità di vivere, tra sacro e profano, indimenticabili 
momenti di festa. 
La storia del vino si fonda anche sul mito e ci proietta in epoche remote, 
lungo le antiche rotte del Mediterraneo, nel lontano VIII secolo avanti Cristo 
quando i leggendari avventurieri di Calcide ed Eubea scelsero le coste della 
penisola per stabilirsi ed intraprendere la coltivazione della vite. La vendemmia del 
III millennio, pur nell’innovazione, non può dimenticare gli echi storici e poetici, 
ma li fonde con un moderno ed efficiente know-how, con procedure innovative, 
coraggiose e all’avanguardia. Tutto ciò sempre e costantemente all’insegna del 
rigore e dei sapienti insegnamenti degli avi. Sono proprio questi saperi, questi
7 
 
antichi insegnamenti, a costituire la componente più attraente e suggestiva della 
tradizione vitivinicola, quel patrimonio di conoscenze dettato dagli studi scientifici 
ed impreziosito dall’antica esperienza e dai segreti che solo chi vive 
quotidianamente il contatto con la terra sa apprendere e mettere a frutto. Le ritualità 
della viticoltura rappresentano un condensato di queste attitudini; la cultura della 
terra è un’opera di difficile bilanciamento tra le nuove tendenze e l’antica arte 
colturale. Una sorta di evoluzione ineluttabile, scandita anche nelle tradizionali 
espressioni lessicali, che dal suono più autenticamente dialettale mutano oggi, fino 
ad italianizzarsi quasi del tutto. 
La giornata più importante per i viticoltori, quella della vendemmia, è un 
vero proprio inno alle percezioni sensoriali. Il profumo dei grappoli appena colti 
inebria e ubriaca; il sapore degli acini maturi addolcisce il palato; le canzoni, le 
cantilene e le filastrocche del mondo contadino rimandano all’aspetto giocoso e 
festoso della vendemmia. Il dorato ed il nero dei grappoli incantano e sorprendono. 
Le molteplici varietà cromatiche avvinghiate alle viti, che ora si sviluppano in 
verticale ora sono tenute ad altezza d’uomo, si esaltano in un mosaico che offre 
emozioni differenti e sensazioni inaspettate, suscitando continue sinestesie. 
Non mancano tuttavia le difficoltà, spesso dovute alla caratteristica dei 
terreni sui quali viene raccolta l’uva. Ed ecco che si parla di viticoltura “eroica”: in 
genere si tratta di appezzamenti localizzati in aree remote ed impervie, di non facile 
accesso e lontane dalle cantine (si pensi ai terrazzamenti liguri). Terminata la 
raccolta, i giorni successivi sono interamente dedicati alla pressatura: dai 
tradizionali torchi manuali ai più moderni macchinari meccanici è un susseguirsi di 
pratiche dal sapore rituale. Malgrado il risparmio di tempo e la meccanizzazione 
siano oggi esigenze diffuse, la vendemmia conserva ancora quella magia che ne fa 
una festa dove fede e laicità si fondono nel più evocativo tra i culti bucolici.
8 
 
 
 
 
Francobollo commemorativo 
della serie Italia al lavoro: “La 
vendemmia in terra di 
Puglia”.  
Soggetto particolarmente 
riuscito, nel valore da trenta 
lire: la vendemmiatrice che 
porta sul capo una cesta 
ricolma di uva ha, sullo 
sfondo, il medievale Castel 
del Monte in Puglia, nel 
territorio di Andria. 
 
 
 
 
 
 
Quelle appena descritte non sono brevi note di colore o il risultato di 
un’ispirazione poetica di chi scrive, ma un esempio -  si spera riuscito – di come la 
vitivinicoltura esprima valori che travalicano le sue valenze economiche e ci 
obbligano ad utilizzare un approccio in cui le pratiche “colturali” sono innanzitutto 
pratiche “culturali”, caricate di valori simbolici e superba espressione dell’intimo 
rapporto che lega l’uomo all’ambiente, contribuendo a creare quelle singolarità che 
sono i luoghi geografici. 
Il presente lavoro di ricerca privilegia l’approccio geografico, nel senso che 
trae la propria ragion d’essere dalla consapevolezza che la geografia è la scienza dei 
luoghi che si occupa dei rapporti tra uomo ed ambiente, dando senso ad una 
necessaria differenziazione spaziale organizzata in funzione del sociale: lo spazio 
degli uomini e, quindi, la geografia degli uomini.  
 
“La Geografia è la scienza che cerca di spiegare i caratteri dei luoghi e la 
distribuzione delle comunità umane, gli aspetti e gli eventi che accadono e si 
sviluppano sulla superficie terrestre. La geografia si occupa delle 
interazioni ambiente-comunità umane, nel contesto di specifici luoghi e 
localizzazioni. Le sue caratteristiche consistono nell’ampiezza dello studio, 
nella vastità dei metodi, nella funzione di sintesi di conoscenze provenienti
9 
 
da altre discipline, fisiche e umane, e nell’attenzione per i temi della 
gestione futura delle relazioni uomo-ambiente
1 ”. 
 
 
La geografia è in grado di rappresentare l’insieme delle relazioni che una 
collettività intrattiene con il territorio; a tal proposito, secondo quanto ampiamente 
descritto da Eugenio Turri, lo studio del territorio e del paesaggio restituisce 
un’immagine che consente la creazione di un’identità collettiva, elemento 
indispensabile per la comprensione di un luogo e della sua anima. Infatti la 
rappresentazione geografica di un luogo produce conoscenza che attribuisce 
identità. Lo spazio viticolo, che è parte di quello agrario, ha anch’esso una propria 
identità, geograficamente distinguibile.  
Quantunque la viticoltura offra un ampio ventaglio di itinerari di ricerca, in 
questa sede si è deciso di presentare un percorso di ampio respiro, che fungendo da 
sintesi, si pone come ulteriore spunto di ricerca per futuri lavori. 
Al fine di comprendere la portata delle innovazioni che la vitivinicoltura ha 
prodotto ed è in grado di produrre sul piano territoriale è necessario pensare ad essa 
come parte integrante della Geografia dell’agricoltura; per questa ragione il primo 
capitolo è interamente dedicato ad un excursus storico sulla Geografia 
dell’agricoltura, una sintesi del suo intenso ed interessante percorso evolutivo che 
parte dalle origini per giungere alle acquisizioni più interessanti dell’epoca post-
moderna.  
In considerazione dell’evoluzione delle teorie geografiche che hanno 
determinato la nascita della geografia dell’agricoltura - sintesi di geografia rurale e 
geografia agraria - è stato possibile ripercorrere il processo di stratificazione storica 
della vitivinicoltura, da comparsa e diffusione della pianta fino alla genesi del vino, 
alla sua commercializzazione e agli effetti prodotti sul territorio. L’intento è quello 
di offrire un valido contributo per la comprensione delle dinamiche che legano, 
                                                           
1  Definizione proposta da International Charter of Geographical Education adottata dall’U.G.I. 
durante il Congresso di Washington del 1992.
10 
 
attualmente, la valorizzazione dei vitigni autoctoni e la qualità del prodotto finito 
all’evoluzione del paesaggio ed alla moderna promozione dei territori.  
L’agricoltura è l’attività che meglio si presta ad esprimere il rapporto 
dell’uomo con l’ambiente naturale, attraverso un fare che è anzitutto un curare 
(coltivare - colere), dare forma e finalità unitarie ed armoniose ad un complesso 
insieme di elementi. In agricoltura il prodotto del lavoro non è il solo bene separato 
ed individualizzato che percorre il proprio cammino dai  campi alla tavola, quanto, 
piuttosto, il faticoso itinerario attraverso il quale le risorse naturali assumono e 
conservano peculiari caratteristiche produttive.  
La storia del paesaggio agrario italiano, ad esempio, sintetizza il lungo 
processo attraverso il quale le colture sono state metaforicamente identificate con 
l’architetto che ha conferito allo spazio rurale una forma propria, ingegnosamente 
calata nell’ampia dimensione del reale; ciò in ragione di un progetto produttivo al 
cui interno le finalità della produzione materializzavano le strutture e, nel 
medesimo tempo, la qualità e la natura delle risorse (non definite una volta per 
tutte, ma soggette appunto alla costante opera dell’agricoltore) determinavano 
profondamente il prodotto. 
Così intesi i segni del territorio esprimono un duplice significato: 
- sono i segni che le attività agricole, con la loro capacità di incidere sui 
generi di vita, sui processi di trasformazione e di significazione dello spazio, hanno 
impresso sul territorio, differenziandolo dall’intorno geografico e costruendone 
l’identità; 
- nel medesimo tempo sono i segni che sui prodotti sono impressi dal 
territorio, inteso non mero contenitore di un’attività indifferenziata, ma esso stesso 
elemento di conformazione del prodotto. 
Questo processo circolare, per il quale il territorio esprime segno e identità 
dell’opera dell’agricoltore, e a sua volta imprime segno ed identità nel singolo 
prodotto che - staccato dal fondo ed immesso nel mercato - porta con sØ una sorta 
di bandiera di appartenenza, ha vissuto purtroppo momenti di crisi, dovuti ad un 
apparato legislativo arretrato, che individuava l’identità dell’agricoltura in una 
logica di separatezza piuttosto che di relazione. Negli ultimi anni – come si
11 
 
argomenterà nel  prosieguo di questo lavoro –  si è assistito ad una netta inversione 
di tendenza che si è tradotta in una volontà politica di tutelare le identità locali a 
partire proprio dalla valorizzazione di quegli assetti agronomici minacciati dalla 
globalizzazione dei mercati. 
L’enfasi sulle necessità di una produzione misurata esclusivamente in 
termini di quantità di prodotto conferite sul mercato, o soltanto in termini di 
aderenza a standard uniformi di qualità, identificati in parametri fisico-chimici 
misurabili ex post, in passato ha indotto a trascurare la relazione fra prodotto, 
attività, strutture e luoghi di produzione. 
Il ripensamento, intervenuto anche in sede Comunitaria a partire dagli anni 
Ottanta, ha apparentemente restituito attenzione e visibilità alle strutture aziendali 
quale componente economica fondamentale, piuttosto che idealizzazione 
estetizzante. 
Sotto il profilo della condotta si continua a negare autonomo e privilegiato 
rilievo all’uso agricolo; sotto il profilo delle regole del prodotto, si continua a 
privilegiare una logica di genere, che riduce l’identità in termini di nicchie e di 
eccezioni, e premia l’appartenenza ad una bandiera costruita per conformità al 
prodotto industriale. Di qui la necessità di una grande attenzione ai segni del 
territorio, la cui corretta interpretazione consente il recupero - nel mercato ed in una 
logica di concorrenza, che necessariamente è anche una logica di diversità e di 
identità di specie – della dimensione intima della realtà, quella che trova piena 
realizzazione in beni materiali, prodotti, strutture della produzione, ma anche in 
azioni caratterizzate da comportamenti coerenti e rispettosi di vocazioni naturali ed 
ambientali.  
Gli stessi prodotti della campagna traggono identità da una relazione fra il 
territorio, la terra circostante e la città. Si delinea, da quanto fin qui esposto, il 
marcato interesse verso uno studio attento alle scelte politiche ed, al contempo, alle 
ripercussioni territoriali degli interventi posti in essere, specie in relazione alla 
capacità di contribuire alla tutela e valorizzazione del paesaggio agrario, che 
diviene, a pieno titolo, paesaggio culturale.
12 
 
Il secondo capitolo è dedicato ad un approfondimento storico relativo alla 
diffusione della vite e della vitivinicoltura, con una sezione introduttiva dedicata 
alle fonti, per poi giungere a presentare in sequenza alcuni tra i più interessanti  
progressi tecnologici in campo produttivo. Ciò si è rivelato particolarmente utile 
perchØ ha consentito di dimostrare che il progresso tecnologico ha prodotto 
innovazione territoriale, fornendo inattese prospettive di sviluppo ad alcuni 
territori; emblematico il caso del fenomeno “cantine d’autore”. ¨ emerso in 
maniera più che evidente, inoltre, come l’innovazione tecnologica abbia 
inevitabilmente ed inarrestabilmente indotto l’evoluzione dei paesaggi agrari e di 
quelli viticoli in particolare, offrendo la possibilità di nuove modalità di sviluppo 
per i territori, non soltanto da un punto di vista prettamente economico, ma anche in 
sede di pianificazione strategica. 
Su queste basi si passa ad analizzare nel terzo capitolo il tema della 
vitietnografia mondiale, fornendo un’approfondita lettura dei dati che consentono 
di comprendere l’entità della connotazione viticola della superficie terrestre, e 
passando in rassegna alcune statistiche relative alla produzione, per approdare 
all’osservazione dell’uso degli spazi viticoli ed alla conseguente trasformazione, in 
chiave innovativa, dei paesaggi.  
Si sono delineate interessanti opportunità di sviluppo, che gli osservatori più 
attenti sono stati pronti a cogliere, sia nel settore privato – come era prevedibile – 
che nel pubblico. Lo scenario vitivinicolo classico è stato completamente rivisto; 
sono subentrati nuovi Paesi produttori ed è stata ridisegnata la carta di distribuzione 
delle superfici vitate; sono stati istituiti o rivisitati gli strumenti normativi ed è stato 
introdotto, in alcuni casi, il sostegno finanziario.    
Nuove opportunità che hanno prodotto innovazione, specie allorquando ci si 
avvale di strumenti adeguati, come, ad esempio, quelli propri del marketing 
territoriale: è questo l’argomento affrontato nel quarto capitolo. La necessità di una 
pianificazione strategica ed integrata, ha dato vita ad una serie di interventi mirati, 
da cui è discesa la radicale trasformazione dell’intero settore vitivinicolo. Dagli 
interventi strutturali alle leggi regionali, pubblico e privato hanno cercato di 
regolamentare e valorizzare l’enorme patrimonio culturale vitivinicolo ed
13 
 
enologico. Vini che hanno bisogno del territorio e territori che vengono individuati 
per l’importanza dei vini che producono: un circolo virtuoso che diventa volano per 
lo sviluppo locale.  
E di sviluppo locale si parla nell’ultimo capitolo, in cui si è deciso di 
analizzare il sistema vitivinicolo pugliese, così che, a partire dall’analisi 
macroscopica, si è giunti al caso di studio regionale. La Puglia, forte di una 
tradizione vitivinicola storicamente consolidata, dopo aver attraversato un periodo 
di crisi e di conseguente abbandono del settore, vive anni di rinascita e registra 
meritati successi grazie al nuovo modo di intendere la vitivinicoltura, che si 
esprime nel recupero delle varietà autoctone, delle antiche modalità di impianto e 
delle tradizioni, così che il prodotto finale risulta caricato di un plusvalore 
emozionale che fa la differenza e che concorre a creare innovazione e sviluppo.  
La lettura critica dei dati riferiti al settore vitivinicolo comunitario e 
nazionale è stata d’ausilio nel ricostruire un dettagliato quadro dello scenario 
attuale, dal globale al locale. ¨ emerso che l’agricoltura italiana rispecchia ciò che 
accade a livello mondiale: essa risulta caratterizzata da una molteplicità di 
situazioni produttive, direttamente collegate a differenziazioni territoriali che 
vedono territori d’eccellenza come la Toscana e la provincia di Siena, il Friuli e il 
Piemonte, contrapporsi ad aree svantaggiate quali, ad esempio in Puglia, il 
Gargano, il Sub Appennino Dauno, la Murgia e il Salento (malgrado la presenza di 
aree forti di pianura - Tavoliere, Terra di Bari, Litorale barese, Arco ionico 
tarantino). 
Nel complesso è dimostrabile come l’agricoltura pugliese rivesta un ruolo 
importante a livello nazionale, pur utilizzando tecnologie colturali e politiche 
commerciali che non sempre rispecchiano le tendenze evolutive che si registrano a 
livello nazionale ed  
internazionale. Le attuali tendenze muovono verso un’agricoltura di qualità, 
basata su prodotti in grado di esprimere identità locali, quasi a individuare una rete 
di caratteri territoriali. In tutto ciò si instaura una relazione sempre più marcata tra 
prodotti di qualità e una certa polifunzionalità degli spazi rurali, che vanno a 
delineare, in potenza, distretti agricoli innovativi, distretti rurali di qualità, dal cui
14 
 
interno le tipicità regionali fungono da costituenti per una base territoriale 
competitiva. 
In relazione alle acquisizioni specifiche inerenti le politiche tradizionali in 
materia di agricoltura è evidente che esse sono state indirizzate a trattare i temi 
riguardanti l’aspetto prettamente agricolo dei territori, spesso ignorando la 
vocazione produttiva degli stessi e trasformando le regole in inutili divieti, secondo 
una logica di conservazione statica che si è dimostrata incapace di cogliere la 
dimensione complessiva del territorio quale incontro tra soggettività ed esperienze.  
Ciò porta a riflettere sul fatto che è stato spesso sottovalutata l’importanza 
del mercato dei prodotti agroalimentari; sono mancati interventi adeguati, 
considerato che gli unici posti in essere sono risultati quelli confinati nella politica 
dei prezzi e delle quantità, o gli interventi per l’adozione di regole di qualità - intese 
come conformità a standard nel senso della banalizzazione - quasi che la 
concorrenza potesse esercitarsi soltanto attraverso una cancellazione delle identità. 
Quanto alle regole di destinazione ed uso del territorio, la relazione con 
l’agricoltura si è risolta in una singolare negazione, per la quale la dimensione 
territoriale sembrava esaurirsi in un presupposto necessario ma irrilevante, quasi 
costituisse un semplice rinvio allo spazio fisico in cui è collocata l’attività agricola. 
L’indifferenza verso il territorio rurale (inteso nella sua vocazione agricola) 
è oggi incalzata da fenomeni - fra questi anzitutto la globalizzazione dei mercati – 
che sembrerebbero muovere nel senso della delocalizzazione della produzione e 
della svalutazione della collocazione territoriale, che sottolineano il peso delle 
regole e impongono una riflessione, attraverso gli strumenti del diritto, sul modo di 
porsi, sui contenuti e sulle relazioni di queste regole. 
Le politiche regionali e l’attenzione crescente verso prodotti di qualità 
provvisti di un’identità alta e personale, fortemente riconoscibile e che non si riduce 
a una semplice conformità a standard banalizzati, hanno dimostrato l’esigenza di un 
approccio organizzato secondo modelli e procedure che sottolineano la relazione 
fra luogo e prodotto, fra modalità, tecniche e comportamenti umani, e non solo 
immediatamente produttivi.
15 
 
In questa dimensione trovano la dovuta rispondenza le politiche sociali che 
si intrecciano con le strategie di conservazione dello spazio e fanno avvertire 
l’esigenza di attribuire un senso economico all’utilizzazione delle risorse indirizzate 
alle zone rurali, nella convinzione che una gestione attenta anche agli esiti 
economici delle scelte possa consentire il risultato di conservazione vivente  - 
obiettivi che le politiche proibizionistiche o assistenziali non sono state in grado di 
assicurare in passato. 
L’integrazione fra sistemi di imprese e sistemi territoriali impone di 
individuare una relazione tra affermazione qualitativa e commerciale dei prodotti di 
un territorio e affermazione complessiva del territorio e della sua economia, 
attraverso processi funzionali a una generale crescita di qualità e prestigio 
dell’intero sistema agroalimentare. 
Si delinea un’idea forte di agricoltura, capace di segnare lo spazio in cui 
opera; nello stesso tempo, risulta enfatizzata la capacità del territorio di trasferire i 
propri segni ben oltre una semplice dimensione spaziale. I temi del paesaggio 
agricolo, dei suoi segni, delle sue regole, non si esauriscono nella logica della 
comunicazione nel mercato (peraltro ancora in attesa di una compiuta definizione 
nei suoi termini istituzionali, economici, produttivi e giuridici), ma investono una 
relazione, un modo di essere dell’intero settore primario, come elemento di identità, 
che pone al centro della relazione territorio-prodotto i segni di una consapevole 
soggettività, di un riferimento alla persona, come valore fondante della storia 
rurale. 
Dallo studio è emersa l’importanza della relazione tra tecniche produttive 
(tradizionali e innovative), nuovi assetti territoriali e potenzialità di sviluppo locale. 
La società attuale è attraversata da profonde trasformazioni, connesse allo sviluppo 
di nuove logiche che confluiscono verso la globalizzazione economica, culturale e 
territoriale. In particolare, le trasformazioni registrate nel settore della produzione 
vitivinicola locale, in parte ascrivibili alle dinamiche poste in essere dalla 
globalizzazione, per alcuni versi potrebbero dimostrarsi, in netta controtendenza, 
come reazione inversa all’inarrestabile processo globalizzante. Il mercato e la 
viticoltura internazionale, così come si presentano negli ultimi anni, offrono nuove
16 
 
prospettive e interessanti scenari di ricerca, specie in relazione all’evoluzione 
complessiva dei territori. Gli spazi, nel loro divenire territori e territorializzati, 
percepiscono le trasformazioni in atto e le assorbono, adeguandosi ad accoglierle 
nel miglior modo possibile – ovvero con il minore impatto per l’ambiente e gli 
uomini. 
In tale processo un ruolo fondamentale è rivestito dagli attori dello sviluppo 
e dalla loro interazione con il territorio: in altri termini, è indispensabile la 
territorializzazione, ovvero quel processo attraverso cui le collettività umane 
conferiscono allo spazio naturale un valore antropologico e costruiscono i loro 
quadri vitali e le loro geografie (Turco, 1988). 
Ne emergono luoghi “innovati e rinnovati” nel corpo e nello spirito, le cui 
identità sono divenute i punti di forza per lo sviluppo locale.  
Numerosi esempi sono stati inseriti nelle appendici fotografiche a corredo di 
ciascun capitolo: a parere di chi scrive, la fotografia geografica, avvicinando il 
lontano, permette di conoscere visivamente oggetti e situazioni non altrimenti 
sperimentabili e suscita emozioni che innescano la tensione verso un luogo e la 
riflessione nei confronti del suo background culturale. Le immagini, poste in 
sequenze organizzate, riproducendo il reale, intendono orientare la riflessione: la 
dimensione spaziale diviene via via intima ed atemporale, secondo un processo 
complesso da descrivere a parole, ma immediatamente percepibile attraverso lo 
scorrere delle immagini.
CAPITOLO I 
 
Settore primario e ricerca geografica: alle radici dell’interdisciplinarietà
18 
 
I.1 Agricoltura e ricerca geografica  
 
L’apporto offerto dalla geografia ai problemi di programmazione e 
pianificazione dello spazio agricolo appare sostanziale, poichØ condotto tenendo in 
considerazione tutti gli aspetti del territorio, da quelli fisico-naturali a quelli 
storico-culturali ed economico-sociali. 
La geografia, in quanto disciplina finalizzata alla “descrizione della terra”, 
trova nelle forme di organizzazione degli spazi agricoli le espressioni più 
immediate e significative del rapporto tra l’uomo e l’ambiente. La specificità di 
queste forme si presenta anche nei paesi in cui il recente sviluppo tecnologico ha 
prodotto intererssanti fenomeni di industrializzazione e terziarizzazione. Ambienti 
diversi sono accomunati dalla crescita urbana e dei settori extra agricoli e 
conservano forme di appropriazione e di uso del suolo agrario, conseguenza diretta 
delle particolari condizioni pedologico-climatiche e delle tradizioni culturali, 
abitative ed alimentari dei gruppi umani. 
Il settore primario si pone in evidenza in ogni ambito territoriale. L’Italia 
presenta un’ampia gamma di situazioni agricole, frutto della sua vastità 
morfologica e delle vicende storiche che l’hanno interessata. Per il geografo le 
campagne costituiscono un  laboratorio di studio privilegiato, dal momento che 
l’uomo soddisfa i suoi bisogni elementari grazie al lavoro dei campi e considerato 
che sull’attività primaria continuano a farsi sentire i condizionamenti degli agenti 
naturali. Il rispetto per la natura, per i suoi ritmi e per le sue esigenze ha costituito 
una necessità ed una conquista per i coltivatori, la cui ambizione di sfruttare al 
massimo il terreno ha sempre accompagnato le capacità produttive e le proprietà 
agronomiche. 
La geografia dell’agricoltura indaga la sistemazione dei suoli agricoli, 
l’affrancamento dalle avverse condizioni ambientali, la produzione e la 
collocazione dei prodotti sul mercato, le forme di insediamento rurale, la quantità e 
la qualità degli investimenti, i rapporti con le aree urbane e con le istituzioni; la 
geografia, analizzando le campagne, ha trovato sempre nuove occasioni per 
ampliare il suo campo di indagine e per sottolineare la specificità di un approccio
19 
 
che si presta a ricomporre in maniera unitaria fenomeni naturali ed artificiali, 
all’interno di un quadro territoriale reale. 
Nel 1946 il geografo Cholley ha denunciato una situazione di insoddisfazione 
di fronte ai concetti di struttura agraria e di paesaggio rurale, da molti considerati 
contrapposti e tuttavia utilizzati ad indicare la medesima complessa organizzazione 
dell’attività agricola e delle sue trasformazioni. Ai due paradigmi di struttura 
agraria e paesaggio rurale, Cholley preferì la dicitura “combinazione agraria”, al cui 
interno erano compresi elementi naturali, biologici, umani, politici ed economici. 
L’interesse della geografia nei confronti dell’agricoltura non deriva dalla forma dei 
campi o dalla loro rendita fondiaria, quanto, piuttosto, dagli effetti che, in termini di 
popolamento e di livello di vita , il settore primario è in grado di offrire agli abitanti 
del villaggio e dell’azienda agraria. 
Ancor prima della nascita della geografia agraria ad opera dell’economista 
Gribaudi
2
, l’approccio economico applicativo ha il suo precursore in von Thünen; 
egli correla le leggi che regolano l’ottimale ripartizione delle colture alla distanza di 
queste ultime dalla città-mercato, posto che questa si trovi al centro di una pianura 
uniformemente fertile ed accessibile.  
Il geografo Sinclair, circa un secolo e mezzo dopo, teorizza che è la vicinanza 
ad un centro urbano la causa del progressivo allontanamento delle colture dai suoli 
agrari a esso vicini. I terreni verrebbero lasciati improduttivi in attesa dell’aumento 
del loro valore immobiliare in funzione dell’espansione topografica dell’abitato. 
                                                           
2
  Dino Gribaudi, nato a Torino nel 1902, fu docente universitario di geografia dal 1929 presso 
l’Istituto Superiore di Magistero, dove divenne titolare di cattedra nel 1935. Nel 1949 successe al 
padre Piero nella cattedra di Geografia economica della Facoltà di Economia e commercio 
dell’Università di Torino, di cui fu Preside dal 1962 alla sua prematura scomparsa nel gennaio del 
1971. Dal 1964 ricoprì anche la carica di Vicerettore dell’Università. Molto noto e stimato 
nell’ambiente disciplinare, ricoprì cariche importanti, tra cui quelle di Presidente della Società 
Geografica Italiana e di Vicepresidente dell’Unione Geografica Internazionale. Seguendo una 
tradizione che risale a Giovanni Marinelli e passa per il suo maestro torinese Cosimo Bertacchi, 
Dino Gribaudi ebbe una visione unitaria della geografia come scienza di sintesi, che teorizzò nei 
suoi scritti e praticò nelle sue ricerche: dalla sua opera giovanile, ma scientificamente già matura, 
sul Piemonte nell’età classica (1928), alle ricerche di geografia agraria tra gli anni 1930 e ’50, a 
quelle sulla geografia dell’industria negli anni successivi, alle molte ricerche regionali in Italia e 
all’estero testimoniate da monografie come quella sul Piemonte (1960) e sull’Italia geoeconomica 
(1969).