4
   Questi concetti base di cui abbiamo parlato consistono pri-
ma di tutto nel desiderio mimetico e nel capro espiatorio. Gli 
altri temi fondamentali, come quello del sacro, della violenza 
e della rivelazione/demistificazione, sono strettamente 
connessi a questi, ma non del tutto coincidenti, come si 
vedrà. Sarà quindi indispensabile introdurre questi che sono i 
cardini del pensiero girardiano. 
   Come ha affermato Dupuy, la teoria di Girard è come una 
piramide che poggia sul vertice, e questo vertice è l’ipotesi 
mimetica
3
. Per questo motivo sarà il primo campo della no-
stra analisi. 
                                                          
3
 Cfr. J.P. DUPUY, “Ordini e disordini. Inchiesta su un nuovo paradigma”, Hopeful 
Monster, Firenze 1986, p.109.  
 5
2- IL DESIDERIO MIMETICO 
 
   Il desiderio secondo Girard è mimetico, cioè non spontane-
o: la dinamica non è quindi quella classica di un soggetto che 
desidera un oggetto, ma è triangolare, c’è un soggetto che 
imita i desideri di un altro, che Girard chiama “mediatore”, 
ed è quest’ultimo che indica quali sono gli oggetti da deside-
rare. L’approccio interdisciplinare dell’Autore lo porta a 
sostenere che si tratta sempre dello stesso tipo di desiderio 
che si mostra sia nelle opere letterarie che nei miti, nella 
Bibbia e in generale nella storia, essendo questo desiderio 
una “predispo-sizione naturale” dell’uomo. Ci sono certo 
delle differenze di vario tipo sia nei diversi ambiti che 
all’interno degli stessi, si tratta cioè sia dei modi in cui viene 
considerato ed esposto questo desiderio nelle diverse opere, 
sia del grado di evoluzione del desiderio stesso. Prima di 
tutto sarà utile citare quel luogo, del Don Chisciotte di 
Cervantes, che lo stesso Girard sceglie per introdurre 
l’argomento in quello che viene considerato il suo primo 
testo teoricamente rilevante, Menzogna romantica e verità 
romanzesca: 
 6
“Devi sapere, Sancio, che il famoso Amadigi di Gaula fu uno dei più 
perfetti cavalieri erranti. Ma che dico, uno dei più perfetti? Bisogna 
dire il solo, il primo, l’unico, il maestro e il signore di tutti quelli che vi 
furono in questa terra...Dico...che, quando un pittore vuol diventare 
famoso in sua arte, cerca di imitare gli originali dei più eccellenti 
maestri che conosce; e la stessa regola vale per la maggior parte dei 
mestieri o funzioni importanti che servono al decoro delle repubbliche; 
e così deve fare e fa colui che vuole acquistare fama di uomo prudente 
e paziente, imitando Ulisse, nella cui persona e nelle cui peripezie 
Omero ci offre un ritratto vivente di prudenza e pazienza, così come 
Virgilio nella persona di Enea ci ha mostrato il valore di un figlio pio e 
la sagacia di un capo prode e avveduto, ritraendoli e rivelandoli non 
quali essi erano, ma quali dovevano essere per servire da esemplari di 
virtù ai secoli a venire. Allo stesso modo, Amadigi fu il nord, la stella, 
il sole dei prodi e amorosi cavalieri, e noi dobbiamo imitarlo, noi altri 
che combattiamo all’insegna dell’amore e della cavalleria. Così dunque 
penso, Sancio, amico mio, che il cavaliere errante che lo avrà saputo 
meglio imitare si avvicinerà maggiormente alla perfezione della 
cavalleria.”
4
 
 
   Questo tipo di mediazione viene chiamata esterna in quanto 
il mediatore è un personaggio lontano o immaginario, che 
non ha rapporti diretti con il soggetto se non nelle fantasie di 
quest’ultimo.  
                                                          
4
 R. GIRARD, “Menzogna romantica e verità romanzesca”, Bompiani, Milano 1981, 
p.7. D’ora in poi il testo sarà indicato con la sigla MR. 
 7
Quando però la distanza tra i due diminuisce (mediazione 
interna), la situazione si modifica perché troviamo due 
persone con i medesimi desideri, che mirano agli stessi 
oggetti, e in questo modo sarà facile che si crei una rivalità, 
un contrasto che potrà sfociare in violenza. Questa teoria 
permette a Girard di compiere una serie di interessanti analisi 
soprattutto nei campi della letteratura e della psichiatria. È 
importante considerare il meccanismo che porta il desiderio 
ad intensificarsi proporzionalmente agli ostacoli che si trova 
di fronte. È infatti il mediatore che ha questo duplice ruolo di 
modello e ostacolo, il primo attrae e il secondo respinge. Nel 
caso in cui anche il soggetto diventa modello per il mediatore 
ci troviamo di fronte al doppio, una situazione descritta 
spesso nei miti e nella letteratura: i due che costituiscono il 
doppio sono modello e rivale l’uno per l’altro. Per chiarire 
meglio questi concetti è sufficiente pensare a tutto ciò che è 
stato chiamato “gusto del rischio”, “sete d’infinito”, “infinito 
del desiderio”: queste non sono altro che manifestazioni del 
desiderio mimetico, il quale non trova mai soddisfazione, non 
si placa mai, ed è sempre alla ricerca di un ostacolo maggio-
re, in una situazione di perpetua tensione
5
.  
   L’essere creatore di rivalità tra i soggetti è una delle carat-
teristiche principali del desiderio mimetico. Bisogna però 
                                                          
5
 Cfr. J.P. DUPUY, P. DUMOUCHEL, “L’enfer des choses. René Girard et la 
logique de l’economie”, op.cit., p.96. 
 8
considerare che è possibile una “mimesi di apprendimento” 
che riguarda l’ambito dell’educazione e in questa non è 
necessariamente presente la rivalità.
6
 L’esempio migliore è 
senza dubbio quello dei bambini: questi infatti troveranno i 
loro modelli prima di tutto nei genitori, ma la famiglia 
dovrebbe proteggere, tramite questi modelli e i divieti, dalle 
presenti e future fonti di rivalità del desiderio. Questa situa-
zione è per Girard possibile e anche normale, ma non è ciò 
che succede di solito. È facile infatti che venga “contamina-
to” anche que-st’ambito privato.
7
   
   Bisogna quindi chiedersi quali varianti ci sono in questa 
teoria, quante alternative esistono nel campo del desiderio: 
innanzitutto sembra sia possibile anche un desiderio non 
mimetico. Alla fine del suo testo già citato, Girard tratta pro-
prio del superamento, della “conversione” di questo: 
 
“La rinuncia al desiderio metafisico costituisce l’unità delle conclusioni 
romanzesche. L’eroe morente sconfessa il proprio mediato-
re...Rinunciando alla divinità l’eroe rinuncia alla schiavitù. Tutti i piani 
dell’esistenza si invertono, tutti gli effetti del desiderio metafisico 
vengono sostituiti da effetti contrari. La menzogna cede il posto alla 
verità, l’angoscia al ricordo, l’agitazione al riposo, l’odio all’amore, 
                                                          
6
 “Non c’è nulla o quasi, nei comportamenti umani, che non sia appreso, e ogni ap-
prendimento si riduce all’imitazione. Se gli uomini, a un tratto, cessassero di imitare, 
tutte le forme culturali svanirebbero.” R. GIRARD “Delle cose nascoste sin dalla 
fondazione del mondo”, Adelphi, Milano 1983, p..22. Cfr. anche p.358 ss. D’ora in 
poi il testo sarà indicato con la sigla DCN. 
7
 DCN, p.428. 
 9
l’umiliazione all’umiltà, il desiderio secondo l’altro al desiderio 
secondo sé, la trascendenza deviata alla trascendenza verticale.”
8
 
 
   Nonostante la chiarezza di questi passi lo stesso Girard am-
mette che “si l’on me demande si tout désir est mimétique, 
j’ai tendance à répondre oui. Simultanément il me faut répon-
dre non. Si on considère qu’il existe un désir de la mère pour 
l’enfant et un désir de l’enfant pour la mère, je ne pense pas 
que l’affection maternelle soit mimétique, ni que l’affection 
de l’enfant pour sa mère soit mimétique.”
9
 Questo cambia-
mento di prospettiva sembra essere più che altro terminologi-
co, non intaccando quindi la coerenza e i fondamenti della 
teoria. Nel testo Quand ces choses commenceront... Girard 
chiarisce che con il passare del tempo ha preso l’abitudine di 
“réserver le mot désir à ces appétits, ces besoins, ces appro-
priations di-verses que pénètre et régit le mimétisme.[...] 
Mais je ne dis pas qu’ils excluent autre type d’explication.”
10
  
                                                          
8
 MR, p.252. 
9
 P. DUMOUCHEL (a cura di), “Violence et vérité autour de René Girard. Colloque 
de Cerisy”, Grasset, Parigi 1985, p.379. D’ora in poi il testo sarà indicato con la sigla 
VV. 
10
 R. GIRARD, Quand ces choses commenceront...: entretiens avec Michel Treguer”, 
Arléa, Parigi 1994, p.27. D’ora in poi il testo sarà citato con la sigla QCC. 
 10
Subito dopo cita nuovamente il caso dell’amore della madre 
per il figlio, sarà questa una risposta ad una delle critiche che 
gli sono state fatte. 
   Quella della mimesi non è certo una questione sconosciuta 
alla filosofia, fin da Platone è stato uno dei temi più trattati. Il 
punto principale in cui Girard si discosta da questa tradizione 
filosofica è il fatto che in quest’ultima l’imitazione non è di 
“appropriazione”, e cioè, quando Platone tratta questo tema, 
“gli esempi che ci propone vertono unicamente su alcuni tipi 
di comportamento, maniere, abitudini individuali o collettive, 
parole, modi di parlare, sempre su rappresentazioni.”
11
 In 
altri termini Platone non parla della convergenza, causata 
dalla mimesi, di più desideri sul medesimo oggetto, e in 
questo modo esclude l’ambito conflittuale per eccellenza nei 
rapporti umani. 
   Si è già visto che Girard considera possibile un superamen-
to del desiderio che lui chiama ontologico o metafisico in 
quanto l’oggetto e il mediatore vengono trasfigurati dal 
desiderio.  
In alcune opere    di Girard  questo  superamento  non 
riguarda  il  desiderio mimetico in  quanto tale, ma, per dir 
così, il senso, la  direzione  e   le     caratteristiche di   questo: 
                                                          
11
 DCN, p.23. 
 11
anche se solo successivamente ci occuperemo 
dell’importanza della Bibbia nel pensiero girardiano, si può 
fin d’ora mostrare come sia possibile per Girard una mimesi 
che non produca degli effetti violenti ma al contrario si fondi 
sull’insegnamento evangelico: 
 
 “I Vangeli e il Nuovo Testamento non predicano affatto una morale 
del-la spontaneità. Non pretendono che l’uomo rinunci all’imitazione; 
racco-mandano di imitare il solo modello che non rischia, se lo 
imitiamo veramente come imitano i fanciulli, di trasformarsi per noi in 
rivale affascinante.”
12
 
 
   Si tratta chiaramente di Gesù, e in questo senso andrebbero 
interpretate alcune sue frasi: “Se osserverete i miei coman-
damenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i co-
mandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” (Giov., 
15, 10). Allo stesso modo gli apostoli diffonderanno questo 
insegnamento: “Chi pretende di dimorare in lui deve anche 
comportarsi come lui si è comportato” (1ª Giov., 2, 6); “Fate-
vi miei imitatori come io lo sono di Cristo” (1ª Cor., 11, 1). 
   Per spiegare meglio di cosa si tratta può essere utile citare 
due articoli che trattano proprio di questo tipo di mimesi, il 
primo esempio riguarda la Divina Commedia: 
                                                          
12
 DCN, p.516. 
 12
“Nel Dante trentacinquenne che di giovedì santo vive la sua veglia non 
nell’orto del Getsemani, ma nella selva oscura; che comincia la sua 
setti-mana di passione di venerdì, e invece di percorrere una via crucis 
sul Golgota tenta la salita di un colle difeso dalla lonza e dai suoi 
allotropi, leone e lupa; che, senza morire, scende agli inferi, si realizza 
una parziale, sconcertante imitazione di Cristo.”
13
 
Ma anche, trattando della via della sofferenza: 
 
“...il Dio cristiano...nella persona del Figlio percorre lui stesso questa 
via, e crea in questo modo quel modello che gli uomini sono invitati a 
imitare.”
14
 
 
   Bisogna comunque sottolineare che non conta solamente il 
modello ma anche l’atteggiamento e la comprensione del 
sog-getto. L’Autore sostiene che “lo stesso Gesù può diven-
tare uno scandalo per noi, ogni qualvolta noi lo imitiamo in 
modo egoistico e rivalitario. Gli scandali accadono quando la 
nostra fascinazione per il modello-ostacolo aumenta, tramu-
tandosi dapprima in indignazione, poi in gelosia, invidia, 
odio e,    alla fine,    in illimitata vendetta, la più ripetitiva e  
                                                          
13
 G. GORNI, “Quel giovedì santo nella selva oscura”, in “Il sole 24 ore”, 23 aprile 
2000, p.30. Ultimo corsivo nostro. 
14
 G. REALE, “La lezione dell’agnello”, in “Il sole 24 ore”, 23 aprile 2000, p.30. 
Questa citazione è valida per la questione del modello e dell’imitazione, ma 
probabilmente Girard non sarebbe d’accordo con il valore accordato alla sofferenza, 
nel senso che per lo studioso francese non è questo il punto essenziale 
dell’insegnamento evangelico. 
 13
mimetica delle violenze...”
 15
 Questa importanza della mimesi 
è stata a volte criticata per-ché potrebbe rappresentare una 
visione unilaterale e limitata dell’uomo: 
 
“Peut-être vaut-il mieux raser l’entité «désir mimétique» et parler de 
«comportements mimétiques». La première expression, commode et sé-
duisante, risque d’entraîner des hypostases, comme si «le» désir était 
une èspece d’entité séparée, un flux, gouvernant le comportement des 
individus à leur total insu, ne leur laissant que l’iilusion romantique de 
la maîtrise.[...] Il me semble en effet difficile de dire que tout compor-
tement désiderant est, et n’est que, mimétique: toute femme n’est-elle 
désiderable que d’être désirée par un autre?  Sauf à jouer sur le sens du 
mot «désir», je ne crois pas que l’on puisse aisément soutenir une thèse 
aussi radicale, que n’implique pas celle-ci: un objet est d’autant plus 
désiderable qu’il est désiré, à condition qu’il soit «en soi» quelque peu 
désiderable.[...] Une «mimétologie» devrait à mon sens se poser des 
questions du type: la propension mimétique est-elle la même pour tous? 
Quelles sont les situations qui en favorisent l’actualisation et le 
renforcement? Quels sont les objets dont la présence «au milieu» en 
sont des causes occasionelles fréquentes? Qui peut-être mo-
dèle/obstacle? etc. De cette manière, nous ne réduirons pas «tout» au 
mimétique: les femmes ne sont pas simplement désirées parce que les 
hommes s’imitent, mais les  hommes  s’imitent  et  rivalisent  en partie  
                                                          
15
 R. GIRARD, “La vittima e la folla”, (testi scelti e tradotti a cura di Giuseppe 
Fornari), Ed. Santi Quaranta, Treviso 1998, p.47. D’ora in poi il testo sarà citato con 
la sigla VF. L’Autore collega anche la mimesi violenta alla nozione di ostacolo, o 
“skandalon”. Questo non sarebbe dissociabile dal ruolo di Satana. Sullo “skandalon” 
cfr. DCN, p.500 ss.  
 14
parce qu’ils ont une propension sexuelle dont l’objet est le plus souvent 
une femme, et réciproquement.[...] Il y a peut-être du mimétique 
partout, mais il n’y a pas que du mimétique.”
16
 
 
   Critiche di questo tipo sono allo stesso tempo legittime e 
limitate, perché Girard in parte risponde, nei suoi testi, alle 
domande poste dalla “mimetologia”.  
Vengono anche mostrati casi in cui l’oggetto perde di valore 
completamente, ed è proprio quello che succede quando si ha 
l’avvicinamento tra soggetto e mediatore; oppure casi, come 
nell’Eterno marito di Dostoevskij, in cui questo valore 
dipende in modo troppo chiaro dall’imitazione del desiderio 
altrui. Con il passare del tempo comunque, sia Girard che 
altri studiosi hanno approfondito la questione.
17
 Detto questo, 
è comunque difficile pensare come Girard che non ci sia altro 
che questo mimetismo nei desideri. Ma già qui troviamo 
un’accusa fondamentale al pensiero girardiano, accusa che 
vale non solo nel campo del desiderio ma anche in tutti gli 
altri di cui tratteremo: è il “riduzionismo”, cioè la tendenza a 
spiegare tutto tramite lo stesso principio: in Girard “quel che 
conta è l’altro, ma l’altro che desidera la stessa cosa che io 
desidero, che voglio strappargli con la violenza.  
                                                          
16
 VV, pp.581-2, da “Sacrifice et réfutation” di A. BOYER, p.569 ss. 
17
 È soprattutto il caso del libro di P. LIVINGSTON“Models of desire: René Girard 
and the psychology of mimesis”, John Hopkins University Press, Baltimora 1992. 
 15
Non c’è amore possibile in questo sistema di spiegazione; 
soltanto odio e «desiderio» le cui conseguenze sono necessa-
riamente spaventose.[...] ...non c’è desiderio che abbia 
conseguenze positive, non c’è calore, non c’è bisogno di 
amore.  
Questa realtà non ha alcun posto in tale sistema. ...egli 
trascura tutte le situazioni in cui potrebbero comparire questi 
elementi opposti alla logica della violenza, a vantaggio di 
elementi secondari che confermano l’ipotesi cinica.”
18
 
L’autore di questa critica considera poi l’esempio del giudi-
zio di Salomone analizzato da Girard
19
: 
 
“Girard constata che la vera madre prostituta fa esplodere la logica 
infernale del mimetismo con l’amore per quell’essere caro che è suo 
figlio. Ma non riconosce che la condizione stessa dell’efficacia del 
giudizio del re Salomone, che egli commenta a lungo per illustrare la 
sua teoria, è per l’appunto che la sua teoria non si applica. Tale 
condizione è che una delle due pretese madri respinga la logica della 
violenza e si spinga sino a prendere in considerazione la perdita del 
figlio, il suo abbandono alla rivale pur di salvarlo. E’esattamente il 
contrario del desiderio mimetico girardiano: è la logica dell’amore.[...] 
In definitiva, in questa storia due persone su tre adottano un atteggia-
mento non girardiano: il re e la «buona» prostituta, la vera madre.  
                                                          
18
 J.T. GODBOUT, “Lo spirito del dono”, Bollati Boringhieri, Torino 1993, pp.262-
3. 
19
 DCN, pp.298-308. 
 16
Ma Girard tiene conto soltanto del terzo personaggio, la falsa madre, 
che inoltre è la perdente della storia, quella che ha un comportamento 
mimetico conforme alla sua teoria, ma che perde proprio perché adotta 
un comportamento conforme alla teoria di Girard. Ora, su che cosa si 
fonda quest’altra logica non girardiana sulla quale si basa la saggezza 
del re Salomone?  
Niente affatto su un eroismo che sarebbe eccezionale nella storia 
dell’umanità; semplicemente sull’amore materno che è sempre esistito 
e che trascende continuamente la logica della violenza mimetica. 
Nessun bisogno di ricorrere al Cristo per riconoscere la sua esistenza in 
tutta la storia dell’umanità. Girard sembra dunque accecato dalla sua 
teoria nell’interpretazione di questo passo biblico.”
20
 
 
   Notiamo subito come il caso dell’amore della madre per il 
figlio, comportamento non mimetico, sia considerato normale 
da Girard
21
, e se lui fa della “buona” prostituta una figura 
Christi è soprattutto per il superamento della logica sacrifica-
le
22
. Probabilmente il fraintendimento è causato dalle frasi di 
Girard, quando dice che “per svelare fino in fondo il signifi-
cato cristologico del giudizio di Salomone, si deve riconosce-
re che le implicazioni famigliari cui pare limitarsi, come il 
carattere materno dell’amore che è qui in gioco, sono in 
realtà secondarie e bisogna sbarazzarsene.”
23
 
                                                          
20
 J.T. GODBOUT, “Lo spirito del dono”, op. cit., pp.263-4. 
21
 Vedi p.9. 
22
 Su questo tema cfr. il quarto paragrafo di questo capitolo, p.32. 
23
 DCN, p.304. 
 17
 
   Girard sottolinea in questo senso le affinità tra le scelte di 
questa madre e quelle del Cristo, non perché il normale 
amore della madre per il figlio non conti niente, ma perché è 
secondario rispetto al superamento della logica sacrificale, 
nel sen-so che questo si può manifestare anche in casi che 
vanno al di là dell’ambito familiare.  
   La concezione girardiana dell’amore comunque è stata solo 
accennata nei suoi testi. Risulta utile quindi considerare le 
analisi di Hamerton-Kelly, che ha approfondito la divergenza 
tra i due tipi di mimesi che abbiamo citato: la più comune 
imi-tazione, quella che sfocia nella rivalità e nella violenza, 
corri-sponde all’eros, e l’imitazione non violenta di Cristo, 
che cor-risponde all’agape. In entrambi i casi si tratta di 
amore, ma “l’eros è il desiderio deformato dalla mimesis 
acquisitiva e conflittuale, l’agape è il desiderio riformato 
dalla mimesis ge-nerosa e consensuale.”
24
 Anche la struttura 
triangolare non varia, se non per uno dei “tre angoli”: rima-
nendo identici il soggetto e l’oggetto del desiderio, ciò che 
cambia è il mediatore, che è modello/ostacolo nell’eros e 
Cristo o Dio nell’agape.
25
  
                                                          
24
 R.G. HAMERTON-KELLY, “Sacred violence: Paul’s hermeneutic of the cross”, 
Fortress Press, Minneapolis 1992, p.161. Traduzione nostra. 
25
 Ibid., p.166.