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Introduzione 
 
Il mio lavoro di tesi intende ricostruire gli elementi machiavellici presenti nel pensiero 
politico di Tommaso Campanella. La nostra analisi è stata condotta a partire dal capitolo 
27 della Monarchia di Spagna, il quale circolando in una versione anonima in latino 
indipendente dal corpus del testo maggiore, ha generato nei secoli a venire l’immagine 
di un Campanella maestro delle arti della simulazione. Il filosofo calabrese era accusato 
di essere un seguace delle dottrine machiavelliche, condannate nella teoria, ma 
riproposte in una serie di suggerimenti pratici molto spregiudicati che difficilmente si 
possono conciliare con un pensiero genuinamente cattolico come quello dello Stilese.  
Il primo capitolo della tesi ripercorre le principali vicende biografiche e processuali 
dello Stilese e la sua formazione culturale e filosofica.   
Nel secondo capitolo si analizza l’influenza del pensiero politico di Machiavelli in 
Campanella, sia in generale e sia esaminandolo in alcuni testi esemplari: l’Atheismus 
Triumphatus, le Lettere e le Poesie. Pur non essendo testi politici in senso stretto, anche 
in essi traspare la critica o la vicinanza a dottrine machiavelliche, ricordando la 
fondamentale unità del pensiero campanelliano, nel quale metafisica, teologia, politica e 
scienza si fondono insieme.  
Nel terzo capitolo esamineremo la presenza di Machiavelli nei testi politici di 
Campanella sia in generale sia soffermandoci sui contenuti della Monarchia di Spagna 
(in particolare sul capitolo 27).  
Nel quarto capitolo, infine, esamineremo i contenuti di alcuni degli scritti politici del 
periodo francese (1634-1639).
4 
 
1. Tommaso Campanella: vita e processi 
 
In questo primo capitolo del mio lavoro di tesi tratteremo delle principali vicende 
biografiche e processuali di Tommaso Campanella
1
.  
Tommaso Campanella nasce il 5 settembre del 1568 a Stilo da una famiglia molto 
povera, il padre Geronimo difatti è calzolaio e la madre muore subito lasciando 
numerosi figli.  
Nonostante le umili origini Campanella si distingue tra i coetanei per la vivace e 
brillante intelligenza, nel 1581 si trasferisce a Stignano con la famiglia, e per proseguire 
gli studi decide di diventare chierico. Nel 1582 contro il volere paterno che vede per lui 
una carriera giuridica a Napoli entra nell’ordine dei domenicani. Dal noviziato nel 
convento di Placanica, si sposta poi a S. Giorgio a Morgeto ed infine a Nicastro per 
completare la formazione filosofica (1586). Nel 1588 è a Cosenza per continuare i suoi 
studi di teologia, nella città calabrese entra in contatto con il pensiero telesiano, 
insoddisfatto dei commenti ai testi di Aristotele che non danno risposta alle continue 
domande che si pone, cosa che invece gli sembra di trovare nell’opera telesiana. I suoi 
superiori capiscono il fascino per queste idee lontane dall’ortodossia cristiana, e lo 
trasferiscono in una sorta di isolamento forzato nel piccolo convento di Altomonte. 
Nel 1590 si trasferisce a Napoli in casa dei marchesi del Tufo, entrando in contatto con 
intellettuali come Gianbattista della porta. L’anno successivo esce la sua prima opera a 
stampa, la Philosophia sensibus demonstrata. Nel 1592 ha luogo il suo primo processo, 
in cui fu accusato di possedere un demone familiare che giustificava il suo straordinario 
 
1
 Sulle vicende biografiche di T. Campanella (1568-1639) cfr., L. Firpo, Campanella, Tommaso, in 
Dizionario Biografico degli Italiani, XVII,  Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, cit., 1974, pp. 372-
401; G. Ernst, Tommaso Campanella. Il libro e il corpo della natura, Roma-Bari, Laterza, 2002. Per la 
ricostruzione delle vicende processuali L. Firpo, I processi di Tommaso Campanella, a cura di E. Canone, 
Roma, Salerno Editrice, 1998.
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sapere nonché di aver irriso l’istituto della scomunica (in realtà la motivazione reale fu 
il punirlo per aver aderito a posizioni telesiane). La sentenza gli impone il ritorno in 
Calabria; da lì Campanella parte prima per Roma e poi per Firenze dove spera di 
ottenere una cattedra dal granduca Ferdinando I, che però gli dà solo una piccola somma 
di denaro informato circa le sue disavventure giudiziarie. Si sposta poi a Bologna dove 
il tribunale dell’Inquisizione gli sottrae tutti i manoscritti e l’anno successivo si 
trasferisce a Padova, dove si iscrive all’università come studente spagnolo e incontra 
Galilei che gli porta una lettera del granduca. Il secondo processo riguarda un’accusa di 
sodomia contro il generale dell’Ordine del monastero di S. Agostino in cui viveva, ma 
in quell’occasione è subito prosciolto. 
Nel 1594 fu arrestato con il medico G.B. Clario per una serie di accuse: aver disputato 
in materia di fede con un giudaizzante, aver scritto l’empio libello dal titolo De tribus 
impostoribus, aver composto un sonetto contro Cristo e possedere un testo di 
geomanzia. Nel corso di quell’anno il Clario e lo Stilese furono torturati, frattanto la 
loro situazione si aggrava una volta scoperto il loro tentativo di evasione; la causa si 
sposta quindi da Padova a Roma. In quelle carceri Campanella incontra anche Giordano 
Bruno e Francesco Pucci. Alle accuse padovane si aggiungono per il frate quelle di 
sostenere la dottrina democritea e di disapprovare quelle della Chiesa. Nel 1595 scrive 
le proprie difese autorizzato dal tribunale, dopo essere stato torturato ancora nella 
primavera. Il 16 maggio Campanella abiura nella chiesa di S. Maria sopra Minerva. È 
condannato alla residenza coatta nel convento di S. Sabina, nel frattempo compone il 
Dialogo politico contro Luterani, Calvinisti e altri eretici. 
Nel 1596 finalmente libero torna al convento della Minerva. L’anno successivo un 
criminale comune a Napoli per ritardare la sua esecuzione dice di avere dichiarazioni
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importanti da fare in materia di fede, coinvolgendo il Campanella che viene arrestato di 
nuovo ed ha l’obbligo di ritornare in Calabria cosa che fa dopo una breve sosta a 
Napoli. 
Nel 1598 si addensano intorno alla sua figura carismatica una serie di istanze popolari 
contro la Spagna e la chiesa e si vagheggia una comunità teocratica e comunista con a 
capo il Campanella stesso, che crede fermamente a questo per una serie di terremoti ed 
altri avvenimenti naturali, e per la grande voglia di cambiamento espressa anche dai ceti 
più umili. A tal proposito è interessante riportare qualche passaggio della Dichiarazione 
di Castelvetere in cui lo Stilese dichiara ʺe conobbi con ognuno che parlavo, che tutti 
erano disposti a mutazione, e per strada ogni villano sentiva lamentarsi: e per questo io 
più andava credendo questo avere da essereʺ
2
. Nell’anno successivo quando tutto è 
pronto due complici della rivolta confessano tutto al governo spagnolo nella persona 
dell’avvocato fiscale Luis de Xarava, il quale informa il viceré Ferrante de Castro 
facendo scattare la dura repressione del governo spagnolo ad opera del comandante 
Carlo Spinelli. Campanella fugge ma viene arrestato il 6 settembre in casa di Antonio 
Mesurarca che lo tradisce dopo avergli promesso protezione. Il 10 dello stesso mese 
scrive sotto pressione dell’astuto Xarava la Dichiarazione di Castelvetere che ne 
aggrava la posizione a causa delle incaute dichiarazioni. Il processo si sposta dal 
castello di Squillace a Gerace per il numero sempre maggiore di imputati coinvolti. Nel 
novembre giungono nel porto di Napoli quattro navi e subito due prigionieri vengono 
squartati vivi come monito al popolo in caso di future ribellioni. Nel 1600 papa 
Clemente VIII costituisce il tribunale ecclesiastico; il 18 gennaio il filosofo calabrese 
nega tutte le accuse, il 31 gennaio è confinato in un sotterraneo e sottoposto alla tortura 
 
2
 L. Firpo, I processi di Tommaso Campanella, cit., p. 108.
7 
 
del polledro in cui si lascia andare ad una ricca confessione. Il tribunale gli consente di 
scrivere le proprie difese; la Delineatio defensionum si divise in due parti; la seconda 
delle quali è il nucleo dei futuri Articuli prophetales; in quell’anno fu scritta anche la 
prima stesura della Monarchia di Spagna. Il 2 aprile si fa trovare vaneggiante con il 
materasso della sua cella che brucia; inizia la simulazione follia, l’unico espediente che 
gli può ormai salvare la vita. Nel maggio di quell’anno è di nuovo interrogato e mostra 
segni di squilibrio. Il 18 luglio di quell’anno supera il supplizio della corda senza 
tradirsi, il 20 resiste ad un ulteriore interrogatorio. Ma la prova più terribile ancora 
doveva arrivare tra il 4 ed il 5 giugno del 1601 quando fu sottoposto alla terribile tortura 
della veglia, combinazione della corda e del polledro, per 40 ore consecutive e senza 
dormire, prova che egli supera con grande forza d’animo. In questo modo non rischiava 
più la vita poiché per un tribunale ecclesiastico era impossibile mandare a morte chi non 
poteva pentirsi, poiché la responsabilità per la perdita della sua anima sarebbe ricaduta 
poi sui giudici. A testimonianza dell’orgoglio di Campanella per aver ingannato i suoi 
torturatori, c’è un interessante deposizione di un aguzzino che dopo averlo torturato nel 
tragitto per ricondurlo in cella sente il filosofo pronunciare una frase di forte sapore 
popolare ʺche si pensavano che io era coglione, che voleva parlare?ʺ
3
. Dimostrazione di 
come la forza d’animo e il libero arbitrio dell’uomo non possano essere piegati da 
tormenti fisici ed eventi contrari. Così nella chiusa della Città del Sole, Campanella 
ricorda questa terribile esperienza ʺe dicono che, se in quarant’ore di tormento un uomo 
non si lascia dire quel che si risolve tacere, manco le stelle, che inchinano con modi 
lontani, ponno sforzareʺ
4
. Risale al 1602 la composizione della Città del Sole. Nel 1603 
Campanella è condannato al carcere perpetuo nelle prigioni del Sant’Uffizio 
 
3
 Ivi, p. 267.  
4
 T. Campanella, La Città del Sole e Questione quarta sull’ottima repubblica, a cura di G. Ernst, Milano, 
Rizzoli, 2001, cit., p. 94.
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(provvedimento mai attuato). Nel 1604 viene rinchiuso in Castel Sant’Elmo per quattro 
anni in una fossa sotterranea buia ed umida, dove scrive il De sensu rerum et magia e 
comporrà diversi memoriali indirizzati a personalità del tempo per ottenere condizioni 
di detenzione meno dure. Nel 1607 c’è l’incontro con il dotto tedesco Gaspare Scioppio 
che, promettendo a Campanella di interessarsi a lui, gli infonde nuove speranze 
testimoniate dal fitto scambio epistolare tra i due (Campanella sottolinea la sua 
delusione quando lo Scioppio utilizzerà parte delle sue opere nei suoi scritti). Nel 1608 
le suppliche dello Stilese sono ascoltate e c’è il trasferimento nelle carceri di Castel 
dell’Ovo in condizioni meno dure; lì resta per circa sei anni. 
Nel 1610 il S. Uffizio chiede all’inquisitore napoletano di vedere cosa ci sia da rivedere 
nelle opere del Campanella, non trovandovi nulla di nuovo rispetto alle vecchie tesi. Nel 
1612 compone la ponderosa Philosophia rationalis. Tra il 1612 ed il 1613 incontrerà 
Tobia Adami con il quale avrà un intenso carteggio e che stamperà molte delle opere del 
Campanella. Nel 1614 fu trasferito di nuovo a Castel Sant’Elmo. Tra le opere del 1614 
ricordiamo la Philosophia realis.  
Nel 1616 è messo all’Indice il De revolutionibus di Copernico cui Campanella 
risponderà con la coraggiosa Apologia pro Galileo in nome della libertà scientifica, e 
con grande onestà intellettuale poiché egli non sosteneva l’eliocentrismo. Il nuovo 
viceré Pedro Giron sposta il filosofo in Castel Nuovo, ma poco tempo dopo un alterco 
lo rimanda a Castel Sant’Elmo.  
L’anno successivo L’Adami pubblica in Germania il Prodromus Philosophiae 
instaurandae e, sempre in Germania, circola una versione latina anonima del capitolo 
XVII della Monarchia di Spagna sotto il titolo di Discursus de Belgio sub Hispani 
potestatem redigendo. Infine non dobbiamo dimenticare il Quod reminiscentur. Nel
9 
 
1618 abbiamo il nuovo trasferimento a Castel Nuovo, dove trascorrerà gli ultimi 8 anni 
di carcere.  
Risale al 1620 la prima edizione a stampa della Monarchia di Spagna, uscita in 
Germania. Nel 1621 la Congregazione dell’Indice delibererà che Campanella non debba 
comporre più opere. L’anno successivo l’Adami pubblica in Germania l’Apologia pro 
Galileo e la Scelta d’alcune poesie filosofiche di Settimonatano Squilla (pseudonimo 
datosi dal Campanella). Nel 1623 si pubblica la seconda edizione della Monarchia di 
Spagna e la Philosophia realis sempre in Germania, con una prima versione latina della 
Città del Sole. L’anno successivo termina la sterminata Theologia, in 30 volumi.  
Il 1625 si apre con la speranza di ottenere la tanto sospirata libertà, ma il Consiglio 
d’Italia decide di affidare al viceré qualsiasi decisione in merito al caso dello Stilese. 
L’anno seguente in marzo però giunse la delega effettiva al viceré per prendere questa 
decisione e il 23 maggio poté dirsi finalmente libero e tornare nel convento di S. 
Domenico. Ad ogni modo la libertà durò poco perché fu riarrestato a Napoli, e condotto 
a Roma ne fu decisa la detenzione nel palazzo dell’Inquisizione. Nel frattempo, il De 
fato siderali vitando per scongiurare le immani profezie di morte pronunciate contro 
papa Urbano VIII. Nel 1627 si decise di procedere contro le dottrine dell’Atheismus, ma 
essendosi accattivato la simpatia del papa il rigore dell’Inquisizione si attenuò. L’anno 
successivo avviene l’incontro con l’erudito francese Jacques Gaffarel, suo ammiratore 
che in seguito editerà dei suoi testi. Nel 1628 si sposta nel convento della Minerva, 
sempre però in condizione di detenzione; su decisione del papa gli sono restituiti tutti i 
manoscritti. Quando viene a sapere che la roccaforte de la Rochelle cade in mano dei 
cattolici, compone la Oratio pro rupta Rupella, considerando questa vittoria come 
segno del prevalere del cattolicesimo in Europa contro gli eretici protestanti. Nel 1629,
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arriva dopo molti anni di carcere e sofferenze la sospirata libertà. Il 2 giugno è nominato 
maestro di teologia. In Francia, terminata la stampa dei sei libri Astrologicorum, giunse 
un esemplare scritto a penna del De fato siderali vitando, inviato dall’Italia da religiosi 
ostili che speravano di screditarlo agli occhi del papa. Il volume pubblicato come 
settimo libro dell’astrologia giunse a Roma scatenando l’ira del papa e il filosofo per 
difendersi detta un’apologia del De fato. L’anno successivo fu dedicato alla 
pubblicazione delle sue opere. Contro le persecuzioni del Riccardi, maestro del Sacro 
Palazzo, scrisse le Censure sopra il libro del padre Mostro, confutando una serie di 
affermazioni a suo dire eretiche dei Ragionamenti sopra le litanie di Nostra Signora. 
Nel 1631 papa Urbano VIII scrisse la bolla Inscrutabilis contro l’astrologia in risposta 
alla quale Campanella scrisse la Disputatio contra murmurantes in bullas sanctorum 
pontificium.  
L’anno successivo, anche su iniziativa personale del Campanella, si decide che nel 
nuovo Indice in corso di allestimento siano condannati tra i suoi scritti quelli senza 
approvazione o non stampati a Roma. In questo periodo il filosofo intrattiene rapporti 
epistolari con Gassendi e ancora con Galileo, ma l’incontro più importante è 
sicuramente quello con Gabriel Naudé, cui detta una Vita Campanellae, poi andato 
perso, e il Syntagma de libriis propriis, pubblicato postumo a Parigi nel 1642. Nel 1633 
altri funesti avvenimenti travagliano il domenicano; pare che a Napoli un certo frate 
Tommaso Pignatelli (discepolo del Campanella) avesse ordito una congiura contro la 
Spagna, ipotizzando subito un collegamento col filosofo. La situazione precipita dopo la 
morte del Pignatelli in carcere, così Campanella nel 1634 aiutato dall’ambasciatore 
francese François de Noailles e da papa Urbano VIII fugge a Livorno sotto falso nome e 
di lì si imbarca per la Francia e arriva a Aix-en-Provence dove è ospitato da Nicolas
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Peiresc. L’anno successivo viene ricevuto da Luigi XIII che gli assegna una pensione. 
Questi sono anni importanti anche per la stampa delle sue opere; in quell’anno compose 
la Medicina e gli Aforismi politici per le presenti necessità di Francia, e si stampa la 
Philosophia rationalis. 
Nel 1636 per ritardare la pubblicazione delle sue opere padre Riccardi induce la 
Sorbona a revocare le approvazioni stabilendo che i censori non potessero appartenere 
allo stesso ordine dell’autore. Ricordiamo tra gli altri una serie di scritti tra cui: I 
Discorsi a’principi, gli Avvertimenti a Venezia e una seconda edizione del De sensu 
rerum et magia. L’anno successivo ricordiamo un memoriale dedicato alla regina 
d’Inghilterra per ricondurre il popolo inglese al cattolicesimo, e uno al cancelliere di 
Francia Pierre Séguier. Nel 1638 si conclude la stampa della Philosophia rationalis; dà 
il volume in omaggio a Ferdinando II de’Medici, e rievoca i suoi vecchi rapporti di 
amicizia con Galilei con le famose parole profetiche ʺil secolo futuro giudicarà noi, 
perch’il presente sempre crucifigge i propri benefattori; ma poi resuscitano al terzo 
giorno o ‘l terzo secoloʺ
5
. Tra le opere a stampa intanto esce la Metaphysica. Quando in 
Francia nasce l’erede al trono, Luigi XIV, dopo averne esaminato l’oroscopo scriverà l’ 
Ecloga in portentosam Delphini nativitatem. Muore il 21 maggio 1639 a Parigi.  
 
 
 
 
 
5
 T. Campanella, Al Granduca Ferdinando II de’Medici in Firenze, in Lettere, a cura di G. Ernst, su 
materiali preparatori inediti di Luigi Firpo, con la collaborazione di L. Salvetti Firpo e M. Salvetti, 
Firenze, Olschki, 2010, cit., pp. 509-511.