21 
 
 
1.2. I principali tipi di rischio bancario 
  
I rischi bancari di cui si occupa il risk management sono definiti 
dagli sfavorevoli impatti futuri sulla profittabilità, prodotti da 
diverse fonti di incertezza. Per la gestione di tali rischi è 
fondamentale individuare, oltre alla fonte, la dimensione 
quantitativa del suo potenziale impatto negativo sulla 
profittabilità, affinché sia possibile determinare la quantità di 
capitale per la loro copertura. I diversi rischi necessitano 
perciò di un accurata definizione che costituisca una solida 
base  per la loro gestione e misurazione quantitativa. Le 
definizioni di rischio sono divenute sempre più precise 
attraverso gli anni e la regolamentazione circa la loro gestione 
ha contribuito a formalizzarle. 
L’insieme dei rischi bancari può essere rappresentato come 
segue
18
: 
                                                             
18
 Fonte propria.
22 
 
 
Basilea II si preoccupa di disciplinare in particolare le tre 
seguenti categorie di rischio: 
 Rischio di mercato (market risk)  
Il mercato sorge da movimenti indesiderati nei prezzi, nei 
tassi di interesse, nei tassi di cambio, nelle volatilità delle 
opzioni. Un'importante estensione della moderna teoria di 
portafoglio. 
In base ai fattori di mercato si possono classificare: 
 Rischio di cambio: il valore di mercato è sensibile alle 
variazioni del tasso di cambio; 
 Rischio di interesse: il valore di mercato assunto nelle 
posizioni assunte è sensibile alle variazioni dei tassi di 
interesse; 
 Rischio azionario; 
 Rischio merci; 
 Rischio di volatilità: quando il valore di mercato delle 
posizioni assunte è sensibile alla variazione della volatilità 
di una delle variabili considerate precedentemente. 
Rischi 
Bancari
Rischi 
finanziari
Rischi di 
mercato:
-
Rischi di 
credito
Rischi non 
finanziari
Rischi 
reputazionali
Rischi 
strategici
Rischi 
Operativi
23 
 
 Rischio di credito (credit risk) 
Il rischio di credito fa riferimento all'incapacità (potenziale) 
di una controparte di soddisfare i propri impegni 
contrattuali (si parla allora di fallimento della controparte o 
counterparty default risk). Per una banca il rischio di credito 
rappresenta il principale fattore di rischio, e tuttavia minore 
è stata l'attenzione allo sviluppo metodologico ad esso 
riservato. 
Si possono elencare sei diverse tipologie: 
 Rischio di insolvenza: è il rischio che la controparte 
diventa insolvente; 
 Rischio di migrazione: rappresenta il rischio di un 
deterioramento del merito creditizio della controparte; 
 Rischio spread: è il rischio relativo ad un eventuale rialzo 
degli spread richiesti dal mercato agli emittenti pur non 
essendo avvenuta nessuna modifica del rating a loro 
assegnati; 
 Rischio di recupero: indica il rischio che il tasso di 
recupero effettivamente verificatosi al termine della 
procedura di liquidazione delle attività di una 
controparte divenuta insolvente risulti inferiore a quanto 
originariamente stimato; 
 Rischio di pre-regolamento o sostituzione: indica il 
rischio che la controparte di una transazione in derivati 
negoziati in un mercato OTC divenga insolvente prima 
della scadenza dello stesso e renda dunque necessario
24 
 
per la banca “sostituire” la posizione sul mercato a 
condizioni contrattuali differenti; 
 Rischio paese: rappresenta il rischio che una controparte 
non residente non sia in grado di onorare le proprie 
obbligazioni a causa di eventi di natura politica o 
legislativa. 
 Rischio operativo (operational risk) 
Il rischio operativo è il rischio che le operazioni improprie 
di elaborazione o gestione dei sistemi si traducono in 
perdite monetarie. Esso comprende le perdite che possono 
verificarsi in caso di fallimento del sistema di controlli, di 
trading non autorizzato, di frode da parte delle funzioni di 
front e back office, di inesperienza del personale, di sistemi 
informatici carenti, instabili o inadeguati. In generale una 
società con elevati rischi operativi è anche una società ad 
elevato rischio di credito, in quanto la probabilità di 
fallimento è maggiore in presenza di sistemi operativi 
inadeguati. 
Il rischio operativo trae origine dai seguenti fattori causali 
(Risk drivers): 
 Risorse umane: in tale categoria rientrano eventuali 
errori umani, frodi, violazione di regole e procedure 
interne ed in generale tutti i problemi di incompetenza o 
negligenza del personale; 
 Tecnologia: tale categoria comprende problemi legati ai 
sistemi informativi, errori di programmazione nelle
25 
 
applicazioni, guasti alla rete e in generale ai sistemi di 
telecomunicazione e informazione. 
 Processi: si possono includere in tale categoria violazioni 
della sicurezza informatica per insufficienza dei controlli 
interni (security risk) errori nei regolamenti di operazioni 
in titoli e valute (settlement error), errori di registrazione, 
contabilizzazione o documentazione delle transazioni 
(transaction risk) ed errori nei sistemi di misurazione e 
gestione dei rischi per via dell’utilizzo di modelli e 
metodologie errati (model Risk). 
 Fattori esterni:  infine, i fattori esterni includono eventi 
non controllabili dalla banca (atti criminali, terrorismo, 
eventi naturali)  
Il rischio operativo verrà successivamente approfondito 
nell'elaborato. 
 
1.3     Il Comitato di Basilea 
 
Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è stato 
costituito nel dicembre 1974 dai governatori delle banche 
centrali dei paesi appartenenti al G-10
19
 ed è stata stabilita la 
sede della segreteria presso la Banca dei regolamenti 
internazionali
20
, a Basilea in Svizzera, in cui si riunisce 
periodicamente. 
                                                             
19
 Gruppo dei 10 è composto da Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Olanda, 
Svezia, regno unito, Stati Uniti 
20
 La banca dei regolamenti internazionali (BRI) e un organismo internazionale che promuove 
la cooperazione monetaria finanziaria internazionale, con sede a Basilea in Svizzera.
26 
 
Il comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è un 
organismo con funzioni esclusivamente consultive, ed il suo 
scopo principale era, ed è tuttora, quello di incrementare la 
collaborazione internazionale in tema di supervisione sul 
sistema bancario, per giungere ad un'effettiva vigilanza 
sovranazionale.  
In particolare i tre obiettivi fondamentali del Comitato sono: 
1. Permettere lo scambio di informazioni relative alle 
politiche di vigilanza adottate dai singoli paesi; 
2. Migliorare l’efficienza dell’attività di vigilanza sul sistema 
bancario internazionale; 
3. Fissare standard di vigilanza minima. 
Il primo lavoro importante ha riguardato l'individuazione di 
requisiti standard di adeguatezza patrimoniale delle banche 
per quanto riguarda il rischio di credito. Questo ha portato 
alla pubblicazione
21
 nel 1988 del Basel Capital Accord il quale 
è stato completamente implementato nel 1992 nella 
legislazione di vigilanza bancaria dei paesi facenti parte del 
G-10 e successivamente da numerosi altri, fino ad affermarsi 
come standard internazionale. Attualmente più di 100 paesi 
hanno aderito a tale accordo modificando le rispettive 
legislazioni. 
L'accordo ha subito negli anni successivi una serie di critiche, 
tra le quali  quella di non contemplare i rischi operativi.  
Questi rischi assunsero gradualmente una portata sempre più 
rilevante all'interno del sistema bancario, tale da spingere 
                                                             
21
 Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Operational risk management, (1998° e 1998b).
27 
 
molti istituti, principalmente statunitensi a studiare modelli 
specifici per il calcolo di tali rischi. 
 
1.4 Dotazione patrimoniale
22
 
 
Il tema della dotazione patrimoniale è stato oggetto di molti 
studi, che hanno visioni differenti se non addirittura 
contrastanti. 
Generalmente, è molto difficile definire con precisione la 
quantità “ottimale” di capitale utile all’impresa nell’esercizio 
della sua attività, però si possono identificare le determinanti 
che il management della banca dovrebbe considerare 
nell’assumere decisioni relative alla propria dotazione 
patrimoniale. Inizialmente, occorre, chiarire cosa si intende 
per capitale. 
Di seguito possiamo dettagliare le principali: 
 Patrimonio contabile (PC): è la definizione che scaturisce 
dall’applicazione dei principi contabili alle poste attive e 
passive di una banca. 
 Valore di mercato del patrimonio (VMP): è il valore che si 
ottiene sottraendo al valore di mercato delle attività il 
valore di mercato delle passività, ovvero se si utilizzasse 
una contabilità a valori di mercato. 
                                                             
22
 Convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali, 
Banca dei regolamenti internazionali, giugno 2006, www.birs.it
28 
 
 Capitale a rischio (CaR): è il valore della massima perdita 
realizzabile, dato un certo intervallo di confidence, in un 
determinato arco temporale.  
 Patrimonio di vigilanza (PV): è la definizione di capitale 
utilizzata dalle autorità di vigilanza per la definizione dei 
requisiti di adeguatezza patrimoniale. Essa si compone:  
 Tier 1 capital
23
: il concetto di Tier 1 o patrimonio di 
base (PB) è fondamentale per comprendere il sistema 
globale di capitalizzazione delle banche, fornisce un 
potente strumento per la comprensione 
dell’affidabilità degli istituti di credito, un perno 
indispensabile tra le decisioni della politica e le aree 
dell’economia più vicine al cittadino. 
Il Tier 1 capital è chiamato patrimonio di base o di 
qualità primaria perché costituisce il nocciolo duro del 
capitale di ogni banca. 
Al Tier 1 capital occorrono: 
1. Il capitale versato; 
2. Le riserve; 
3. Azioni ordinarie e di risparmio 
4. Gli utili non distribuiti; 
5. Strumenti innovativi di capitale: ( Preferred Securities, 
preference share, ecc) obbligazioni perpetue o 
“strumenti innovativi di capitale”, richiamabili non 
prima di 10 anni, il cui pagamento può essere 
                                                             
23
 Comitato per la vigilanza bancaria, Basilea 3 – Schema di regolamentazione per il rafforzamento delle 
banche e dei sistemi bancari, Banca dei regolamenti internazionali, giugno 2012.
29 
 
sospeso in presenza di andamenti negativi della 
gestione, che, quindi, in caso di necessità con 
l’interruzione delle cedole andranno a rimpinguare 
il capitale primario. 
Questi strumenti ibridi appartengono alla categoria 
in evoluzione dei titoli quasi-equity, ossia dei titoli 
posti nella zona di confine tra il patrimonio e i 
debiti. La loro esistenza spiega anche la decisione di 
separarli dal capitale “strettamente” primario
24
. 
               Sono esclusi dal Tier 1 capital: 
I. Le azioni proprie; 
II. L’avviamento; 
III. Le immobilizzazioni immateriariali 
IV. Le perdite dei vari esercizi; 
V. Le rettifiche di valore operate sul trading book 
(portafoglio di negoziazione). 
             Il Tier 1 quindi è scomponibile in: 
 Core Tier 1: il cui ammontare deve essere non 
inferiore all’85% dell’intero Tier 1 e considera la 
somma dei punti 1,2,3,4 (definiti precedentemente). 
 Hybrid Tier 1: che accoglie esclusivamente gli 
strumenti innovativi, quindi il punto 5, per evitare 
che il capitale venisse reso meno solido dall’uso di 
questi strumenti, il Comitato di Basilea II concede 
                                                             
24
 Metelli F., Basilea 2, che cosa cambia, Il sole 24 ore, 2005.
30 
 
alle banche il loro utilizzo in un ammontare 
massimo del 15% dell’intero Tier 1. 
 Tier 2 capital: definito patrimonio supplementare (PS) è 
composto da riserve di valutazione e da un ampia 
schiera di strumenti di capitale ed ibridi. Anch’esso è 
scomponibile in: 
 Upper Tier 2: che accoglie obbligazioni della durata 
superiore a 10 anni e utilizzabili per coprire perdite 
derivanti dalla operatività dell’ente che non le 
consentirebbero la prosecuzione dell’attività; 
 Lower Tier 2: contenente obbligazioni della durata 
superiore a 5 anni. 
 Tier 3 capital: composto da prestiti subordinati di terzo 
livello, ovvero, accoglie vari strumenti non 
riconducibili alle prime due categorie, utilizzato ai soli 
fini del rispetto del requisito patrimoniale relativo ai 
rischi di mercato. 
A questo punto è fondamentale introdurre alcuni concetti 
indispensabili nel valutare l’affidabilità del capitale di una 
banca, ma soprattutto comprendere vecchi e nuovi limiti alla 
patrimonializzazione delle banche imposti da Basilea III: 
 Core Tier 1 ratio: ci spiega con quali risorse primarie la 
banca può garantire i prestiti che effettua alla clientela 
e i rischi che possono derivare da sofferenze, incagli, e 
altri crediti deteriorati. Questo indicatore rappresenta 
il rapporto tra il patrimonio di base di una banca (Tier 
1) e gli impieghi (attività della banca come prestiti e
31 
 
mutui) ponderati per il rischio (ossia pesati sul rischio 
implicito dei singoli impieghi calcolato dalla stessa 
banca). 
 Common Equity: patrimonio di qualità primaria in 
rapporto alle attività ponderate. 
 Buffer (cuscinetto) aggiunta al rapporto patrimonio di 
qualità primaria/attività ponderate, in funzione anti-
crisi. 
Sia il capitale Tier 1 che il capitale Tier 2 sono definiti negli 
accordi internazionali di Basilea I e II. Ogni Autorità di 
controllo nazionale ha tuttavia una certa discrezionalità su 
come devono essere considerati i diversi strumenti finanziari 
nel calcolo di questo tipo di capitale. 
 
1.5    Basilea I 
 
Con il primo accordo sul capitale il Comitato di Basilea del 
1988 ha elaborato uno schema di adeguatezza patrimoniale 
basato su un coefficiente si solvibilità. 
Si tratta di un rapporto minimo, pari all’8%, fra patrimonio di 
vigilanza e somma delle attività ponderate per il grado di 
rischio. 
In termini analitici
25
: 
 
RP = 
 ∑ ∗ ≥ 8% 
                                                             
25
 Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Prassi corrette per la gestione e il controllo del rischio 
operativo, Banca dei regolamenti internazionali, febbraio 2003.