1
                     
                                                    
Introduzione 
Le malattie cardiovascolari rappresentano oggi la principale causa di morte all’interno 
della popolazione italiana al di sopra dei 45 anni; fra queste la più diffusa è certamente 
la cardiopatia ischemica, che con una percentuale che sfiora il 30% rappresenta oggi la 
prima causa di morte in Italia. Motivo della crescente incidenza di tale patologia sono, 
oltre al progressivo invecchiamento della popolazione, anche i progressi raggiunti dalla 
medicina nel trattamento chirurgico e farmacologico: è in crescita infatti il numero di 
persone affette da patologie cardiache croniche, quali ad esempio pazienti con 
cardiopatia ischemica cronica o sopravvissuti ad infarto miocardico, che necessitano di 
programmi di riabilitazione appropriati. 
Lo stile di vita è una delle principali determinanti dell’incidenza della cardiopatia 
ischemica: abitudini non salutari quali il fumo di sigaretta, una dieta ad alto contenuto di 
grassi saturi e di sale e l’inattività fisica contribuiscono allo sviluppo della patologia, 
così come fattori di rischio psicosociali quali stress, ansia, depressione o carenza di 
supporto sociale. 
I programmi di riabilitazione messi a punto per questi pazienti sono perciò mirati, oltre 
che al miglioramento della salute attraverso trattamenti di tipo fisico e farmacologico, 
alla modificazione delle abitudini di vita che contribuiscono ad aggravare la patologia 
cardiovascolare: è a questo scopo che i programmi di prevenzione secondaria 
comprendono anche interventi educativi, volti a fornire le conoscenze riguardo alla 
malattia necessarie ad adottare uno stile di vita salutare e, di conseguenza, migliorare lo 
stato di salute e la qualità della vita dell’individuo. 
Il presente studio si propone in primo luogo di indagare la relazione che intercorre tra 
alcune caratteristiche di tipo socio-anagrafico e della storia di malattia del paziente e 
l’apprendimento delle conoscenze riguardo alla malattia nel corso di un programma di 
riabilitazione cardiaca multidisciplinare; verrà poi preso in analisi l’outcome psicologico 
dei pazienti in termini di depressione e stato emotivo a diversi anni di distanza 
dall’evento acuto, in relazione al livello di conoscenza della malattia raggiunto.
2
La trattazione che segue è divisa in una parte teorica e in una invece di tipo 
sperimentale: il primo dei capitoli che compongono la parte teorica descrive i 
meccanismi patogenetici che portano all’insorgenza e alle manifestazioni acute della 
cardiopatia ischemica e descrive in dettaglio i principali fattori di rischio biologici e 
comportamentali coinvolti in questo processo. Il secondo capitolo affronta invece il 
tema dei fattori di rischio psicosociali che sono stati messi in relazione ad outcome 
cardiovascolari avversi, con particolare attenzione alle variabili psicosociali oggetto 
della ricerca, ovvero depressione, condizione emotiva e conoscenze sulla malattia. 
Infine nel terzo e ultimo capitolo della parte teorica vengono descritte le principali 
metodologie di intervento psicologico che possono essere inserite all’interno dei 
programmi riabilitazione cardiovascolare, così come illustrate dalle «Linee guida per le 
attività di psicologia in cardiologia riabilitativa e preventiva» redatte dalla «Task Force 
per le Attività di Psicologia in Cardiologia Riabilitativa e Preventiva» in collaborazione 
con il «Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva». 
Alla parte teorica segue quella sperimentale: nel primo capitolo di questa sezione gli 
obiettivi del progetto di ricerca vengono descritti in modo dettagliato e inquadrati nel 
quadro teorico di riferimento. Vengono inoltre definite le ipotesi su cui si fonda il lavoro 
ed i risultati attesi. Segue poi un capitolo che descrive la metodologia utilizzata nella 
ricerca: caratteristiche del campione, strumenti psicometrici utilizzati, procedure e 
analisi statistiche effettuate. Gli ultimi tre capitoli vertono invece sui risultati ottenuti 
attraverso le elaborazioni statistiche, sulla discussione di tali risultati e sulle conclusioni 
che è possibile trarre in base ai risultati ottenuti e alla letteratura disponibile 
sull’argomento
5
Capitolo 1 
Le malattie cardiovascolari 
1.1. Le malattie cardiovascolari  e la loro incidenza in Italia 
Nella definizione di malattie cardiovascolari rientrano tutte le patologie a carico del 
cuore e dei vasi sanguigni: le più frequenti sono quelle di origine aterosclerotica, 
all’interno delle quali è possibile distinguere fra malattie ischemiche del cuore, come 
l’infarto acuto del miocardio, l’angina pectoris, le cardiomiopatie, l’insufficienza 
cardiaca e le aritmie, e le malattie cerebrovascolari, come l’ictus ischemico e quello 
emorragico. 
In una relazione dell’Organizzazione Mondiale della Salute pubblicata nel 2003, le 
malattie del sistema circolatorio emergono come la prima causa di morte fra i cittadini 
europei al di sopra dei 45 anni, secondo un gradiente che vede le nazioni dell’est con i 
tassi di mortalità più alti, che decrescono man mano che si passa ad osservare le nazioni 
più ad occidente. L’Italia, con una mortalità rilevata nel 1999 di 65,0 ogni 100.000 
abitanti, è uno dei paesi meno colpiti, insieme a Svizzera, Francia e Spagna: tuttavia, in 
base ai dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità (2005) nell’ambito del Progetto 
Cuore, nonostante a partire dagli anni ’70 sia in corso una lenta e graduale diminuzione 
dell’incidenza e della mortalità di queste patologie, le malattie cardiovascolari 
rappresentano ancora oggi nel nostro paese la principale causa di morte, essendo 
responsabili del 44% dei decessi. 
In particolare la cardiopatia ischemica, con una percentuale del 28%, è la prima causa 
di morte in Italia: la mortalità per le malattie ischemiche del cuore è maggiore negli 
uomini rispetto alle donne, mentre la consistente differenza fra Nord e Centro-Sud 
rilevata negli anni ’70, che vedeva le regioni del nord Italia come le più colpite, va 
progressivamente riducendosi, in particolare negli uomini.
6
Parallelamente alla diminuzione dei tassi di mortalità, si registra però un aumento dei 
pazienti con malattie cardiovascolari croniche, dovuto all’invecchiamento della 
popolazione, ma soprattutto ai progressi raggiunti nel trattamento farmacologico e 
chirurgico e nella prevenzione secondaria. Attualmente secondo i dati Istat la prevalenza 
di cittadini affetti da invalidità cardiovascolare è pari al 4,4%. 
  
Figura 1.1.: Incidenza e mortalità degli eventi coronarici maggiori in Italia dal 1970 al 
2004. Fonte: Istituto Superiore di Sanità, 2005, URL: http://www.cuore.iss.it/malattie/
incidenza.asp
7
1.2. La cardiopatia ischemica 
Il termine cardiopatia ischemica si riferisce ad uno spettro di condizioni patologiche 
conseguenti ad ischemia, cioè ad uno stato di squilibrio tra il fabbisogno di sangue 
ossigenato del miocardio, ovvero del muscolo cardiaco, e la reale possibilità di apporto 
ematico della circolazione coronarica. I principali responsabili dell’ischemia miocardica 
sono la stenosi, cioè il restringimento, e l’occlusione delle arterie coronarie causati 
dall’aterosclerosi (Cotran, Kumar & Robbins, 1994). 
1.2.1. L’aterosclerosi 
L’aterosclerosi rappresenta la forma più frequente di arteriosclerosi, la quale 
comprende un gruppo di condizioni patologiche che hanno in comune l’ispessimento e 
la perdita di elasticità delle pareti arteriose. La lesione che caratterizza l’aterosclerosi, 
che viene chiamata ateroma o placca fibrolipidica, è costituita da una placca composta 
da un centro lipidico, composto soprattutto da colesterolo, e di un cappuccio fibroso che 
lo riveste, ed è situata nell’intima, cioè nello strato interno della parete arteriosa. 
Numerose sono le ipotesi formulate riguardo alla patogenesi delle lesioni 
aterosclerotiche: quella attualmente più accreditata è chiamata «Ipotesi della reazione al 
danno» (Ross, 1986; Ross, 1993) e individua l’inizio della formazione delle placche 
fibrolipidiche in alcuni tipi di danno funzionale all’endotelio, cioè alla lamina cellulare 
che riveste la superficie interna dei vasi arteriosi, che possono essere provocati da alcuni 
fattori di rischio come ad esempio l’ipertensione o il fumo di sigaretta. Al danno 
funzionale consegue l’aumento della permeabilità dell’endotelio a vari costituenti del 
plasma, tra i quali i lipidi, che penetrano nell’intima provocando l’accrescimento 
dell’ateroma e scatenando una serie di reazioni che porteranno poi alla migrazione dalla 
tonaca media, ovvero dallo strato intermedio della parete delle arterie, delle cellule 
muscolari lisce che la compongono e alla sintesi da parte di queste dei componenti della 
matrice extracellulare (soprattutto collagene e proteoglicani) che vanno ad accumularsi, 
accrescendo ulteriormente la placca. 
L’accumulo di lipidi, la proliferazione delle cellule muscolari lisce e la deposizione 
della matrice extracellulare nell’intima sono quindi i processi più importanti che 
determinano l’accrescimento progressivo delle lesioni aterosclerotiche, ai quali si
8
aggiunge un’altra complicazione che interviene solo nello stadio avanzato della malattia, 
ovvero l’organizzazione di trombi. La trombosi intraluminale non è altro che la 
formazione, spesso in conseguenza della rottura di una placca, di un coagulo formato da 
piastrine e fibrina che può essere successivamente inglobato nell’ateroma durante la 
riorganizzazione del cappuccio fibroso che lo riveste, in un processo recidivante di 
formazioni di trombi e successive incorporazioni. 
L’aterosclerosi è una malattia lentamente progressiva che inizia in età infantile, anche 
se si rende manifesta clinicamente nell’età adulta o anziana, quando le lesioni arteriose 
producono il danno d’organo. Le placche si accrescono ed invadono il lume dell’arteria: 
di conseguenza, mentre a livello dei vasi più piccoli gli ateromi hanno un effetto 
occlusivo e compromettono il flusso ematico negli organi distali, causando lesioni 
ischemiche, nelle arterie di grandi dimensioni distruggono le pareti arteriose, 
indebolendole, provocando la formazione di aneurismi o rottura della parete e favorendo 
la formazione di trombi. Inoltre gli ateromi più estesi sono costituiti da materiale 
friabile, da cui spesso si staccano emboli che entrano in circolo. 
Anche se qualsiasi distretto arterioso può essere colpito, le arterie maggiormente e più 
precocemente interessate dalla malattia sono l’aorta, le coronarie ed i vasi cerebrali: le 
principali manifestazioni sono perciò rappresentate dall’infarto miocardico, da quello 
cerebrale e dall’aneurisma dell’aorta. Inoltre a causa della ridotta perfusione arteriosa, 
sia essa acuta o cronica, si possono sviluppare anche gangrena degli arti inferiori, 
manifestazioni ischemiche del territorio irrorato dalle arterie mesenteriche, morte 
cardiaca improvvisa, cardiopatia ischemica cronica ed encefalopatia ipossica. 
1.2.2. Sindromi ischemiche 
Le varie sindromi della cardiopatia ischemica non rappresentano altro che le 
manifestazioni tardive dell’aterosclerosi e variano considerevolmente in rapporto al 
territorio vasale colpito, all’estensione e alla distribuzione delle lesioni. 
La malattia clinicamente evidente si manifesta in seguito a: 
•
lento restringimento del lume vasale, con conseguente ischemia dei tessuti 
perfusi; 
•
occlusione improvvisa del lume, in seguito a rottura della placca o a 
sovrapposizione trombotica, che può causare ischemia dei tessuti o infarto;