CAPITOLO 1 
LA PRESSIONE FISCALE STUDIATA ATTRAVERSO L’EVOLUZIONE DEL 
SISTEMA TRIBUTARIO ITALIANO: DAGLI ANNI DEL SECONDO 
DOPOGUERRA AD OGGI 
1.1 Il sistema tributario e la sua evoluzione  
Il sistema tributario italiano è stato (e ancora certamente è) 
caratterizzato dal costante susseguirsi di riforme fiscali. Tra le varie 
riforme quelle sicuramente più importanti e che hanno permesso di 
delineare l’attuale profilo del nostro sistema tributario sono state quelle 
succedutosi a partire dal secondo dopoguerra ad oggi; in particolare 
occorre ricordare la Riforma Vanoni (1951), la Riforma Visentini (1973), 
la Riforma Visco (1998), fino ad arrivare alle più recenti riforme quali la 
Riforma Tremonti (2003) e la seconda Riforma Visco (2007).  
Esamineremo i punti salienti di ognuna delle riforme sopra citate. 
Va tenuto presente, comunque, che la produzione normativa in ambito 
tributario è così consistente da non permetterne un’adeguata 
illustrazione. In questa sede ci limiteremo, pertanto, all’esposizione 
delle principali novità tributarie introdotte dalle “5 riforme che hanno 
fatto l’Italia
( )
” esaminando l’evoluzione normativa delle imposte che 
1
ancora oggi costituiscono i pilastri del sistema fiscale italiano.  
La finalità principale di questa disamina è collegata alla 
possibilità di una migliore comprensione dell’andamento assunto 
dall’indice di pressione fiscale; è facile intuire, infatti, come l’evoluzione 
della pressione fiscale possa essere compresa solo attraverso un 
esame delle principali riforme fiscali nonché delle novità impositive dalle 
stesse introdotte. Obiettivo ultimo sarà, infine, l’esame dell’influenza 
che la pressione fiscale esercita sul prodotto interno lordo e sul tasso di 
disoccupazione. 
 M.BELLINAZZO, Valzer di sigle e di aliquote. Da Vanoni a Tremonti:la storia dei progetti di riordino dal 
1
’51 ad oggi, Il sole 24 ore, 4 luglio 2011. http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-07-04/valzer-sigle-
aliquote-063711_PRN.shtml
    5
1.2 La riforma Vanoni (1951) 
La riforma Vanoni è la prima riforma, per importanza, che può 
essere ricordata nel periodo storico considerato. Il Ministro Ezio Vanoni 
è ricordato principalmente per aver introdotto le prime basi per un 
rapporto di leale collaborazione tra fisco e contribuenti e per 
l’imposizione dell’obbligo della dichiarazione dei redditi. “Si cancellano 
regole intorno alle quali è vissuto, per circa settant’anni, il rapporto tra 
fisco e contribuente
( )
”.  
2
Il nucleo centrale della riforma Vanoni prevedeva, inoltre: 
- la riduzione di alcune aliquote d’imposta e dell’evasione 
fiscale;  
- l’aumento dei minimi imponibili; 
- la graduale “personalizzazione” del sistema tributario con la 
sostituzione delle imposte reali e proporzionali allora vigenti 
con imposte personali, progressive e dirette; 
- la sistemazione della finanza locale;  
- l’introduzione di un imposta autonoma sulle società a 
carattere personale; 
- l’applicazione più puntuale dell’art. 53 della Costituzione che 
fino ad allora non aveva avuto piena attuazione.  
La riforma Vanoni (Legge n° 25 del 11/01/1951
( )
) è 
3
comunemente conosciuta come “legge di perequazione tributaria” in 
omaggio alle finalità redistributive implicite alla stessa. Il ministro Vanoni 
fu infatti grande sostenitore del principio di giustizia ed uguaglianza 
sociale e contribuì all’introduzione dei suddetti principi tramite la 
partecipazione alla formazione della nostra costituzione. In modo 
particolare Vanoni può essere ricordato per il suo contributo alla 
 T. LA MEDICA ,Milano, Le tasse di una volta, Ipsoa, 2011, pag. 93
2
 Legge 11 gennaio 1951 n°25, Norme sulla perequazione tributaria e sul rilevamento fiscale 
3
straordinario (pubblicata nel supplemento ordinario alla G.U., 31 gennaio n° 25).
    6
redazione degli art. 23
( )
, 53
( )
 e 81
( )
 della costituzione in cui sono 
4 5 6
contenuti rispettivamente i principi di legalità, di capacità contributiva e 
di copertura finanziaria degli impegni di spesa pubblica. 
Nel 1954 Vanoni elaborò inoltre quello che sarà poi ricordato 
come “Piano Vanoni”
( ) 
i cui obiettivi principali erano la lotta alla 
7
disoccupazione e alla sottoccupazione nonché quello di favorire lo 
sviluppo economico del paese contribuendo alla riduzione degli squilibri 
all’interno dello stesso presenti ed in particolar modo a quelli esistenti 
tra il nord ed il sud d’Italia. Il piano teorizzava, pertanto, “l’intervento 
dell’operatore pubblico a correzione dei market failure” tramite “una 
mano pubblica che allocasse le risorse sulla base di un programma 
preordinato. Nascevano in quel periodo, come chiare espressioni 
dell’intervento pubblico nell’economia di mercato, la Cassa per il 
Mezzogiorno (1950), l’Eni (1953), il Ministero delle Partecipazioni Statali 
(1956)
( )
”.  
8
Ai fini della nostra analisi quello che preme qui ricordare è il 
contributo che Vanoni apportò al nostro sistema tributario contribuendo  
alla delineazione dei principi fondamentali che ancora oggi lo 
caratterizzano.  
Nel secondo dopoguerra la pressione fiscale in Italia risultava 
essere troppo gravosa rispetto ai livelli di reddito pro-capite posseduti 
dalla popolazione. Inoltre il sistema tributario era caratterizzato da un 
numero eccessivo di tributi (sia a carattere centrale che a carattere 
locale) e da un carico tributario che non solo non era equamente 
 Art. 23 Cost. 1948: Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base 
4
alla legge
 Art. 53 Cost. 1948: Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità 
5
contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
  Art. 81 Cost. 1948: Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal 
6
Governo. L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non 
superiori complessivamente a quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono 
stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i 
mezzi per farvi fronte.
 Schema di sviluppo dell’occupazione e del reddito in Italia nel decennio 1955/64 (presentato al 
7
Consiglio dei Ministri il 19/12/1954)
 G. MONTEDORO, M. FIOCCA, Ezio Vanoni e il dilemma del prigioniero. http://www.morbegno.it/
8
repository/ardoc/fput.php/archivio/3/ADzAz9tI/E.+Vanoni+e+il+dilemma+del+prigioniero+-+di+G.+Montedoro
+e+M.+Fiocca.pdf
    7
distribuito tra le varie categorie di contribuenti, ma che finiva per tassare 
maggiormente le classi sociali possessori dei redditi più bassi. Questo 
era dovuto alla prevalenza delle imposte indirette, che tassando i 
consumi (compresi i consumi di beni essenziali) aumentavano l’onere 
fiscale per la parte più povera della popolazione. Inoltre a causa 
dell’attribuzione ai comuni e alle provincie della facoltà di applicazione 
di imposte proprie si realizzava anche una evidente diseguaglianza 
territoriale tra contribuenti che presentavano la medesima capacità 
contributiva.  
Il fine principale della riforma fu, quindi, l’introduzione di imposte 
quanto più “personali e dirette” possibili, che tenessero conto della 
situazione personale e familiare del contribuente e che colpissero il 
reddito prodotto dallo stesso sulla base di aliquote progressive, 
permettendo di  realizzare una tassazione che rispettasse la reale 
capacità contributiva del soggetto.  
L’evidente sbilanciamento del sistema a favore dell’imposizione 
diretta aveva determinato, infatti, un’elevata pressione tributaria a cui si 
accompagnava un elevata evasione fiscale generata soprattutto dalla 
mancanza di fiducia che caratterizzava ormai il rapporto fisco-
contribuente nonché dalla mancanza di forti misure sanzionatorie. 
Mancava, inoltre, anche il senso di solidarietà sociale e di 
partecipazione alla sfera pubblica. Occorreva dunque una riforma che 
permettesse di commisurare il carico fiscale alla posizione soggettiva 
del contribuente e di rilanciare, allo stesso tempo, il rapporto fisco-
contribuente: si cercò di inserire quindi dei primi elementi di personalità 
nelle principali imposte dell’epoca quali, in particolare, l’imposta 
complementare e l’imposta di ricchezza mobile. 
Nella tabella sottostante è possibile osservare la composizione 
delle imposte che, a partire dalla riforma del 1950 e seguenti, inizia ad 
essere sbilanciata a favore delle imposte dirette. 
Grafico 1.1: Composizione imposte dirette/indirette; Anni 1951-1990. 
    8
FONTE: S. BOTARELLI, Tra riforme mancate e riforme attuate: da Vanoni alla riforma 
degli anni ’70, in Quaderni, Università degli studi di Siena n. 434, 2004 
Il principio cardine della riforma (che ricordiamo consisteva nel 
passaggio da un imposizione indiretta e reale ad un imposizione diretta 
e personale) non fu, tuttavia, di facile realizzo specie nel contesto 
italiano del secondo dopoguerra a causa della priorità attribuita 
all’opera di ricostruzione; in tal caso infatti “un sistema diretto e 
personale avrebbe colpito soltanto una platea ristretta di contribuenti col 
duplice rischio di non poter raccogliere le risorse necessarie a 
finanziare la spesa pubblica (contenendo il deficit) e di non permettere 
la formazione del risparmio necessario a finanziare gli investimenti 
privati”
( )
. Nell’Italia del secondo dopoguerra, infatti, “il reddito era sceso 
9
a meno dell’80 per cento del livello d’anteguerra mentre l’inflazione 
aveva concentrato la ricchezza in ¼ della popolazione lasciando la 
massa dei contribuenti in una condizione di miseria”
( )
. Vanoni, pur in 
10
considerazione di ciò, si impegno per favorire l’equa distribuzione del 
carico tributario operando una prima riduzione della tassazione sui 
consumi ritenuti fondamentali.  
Infatti, in un contesto post-bellico, quale si trovava l’Italia, 
occorreva, per rilanciare l’economia e l’occupazione, ridurre le aliquote 
delle imposte allora vigenti. In modo particolare furono ridotte le 
aliquote relative all’imposta complementare, l’imposta di famiglia, 
 A. MAGLIUGO, La politica economica di Ezio Vanoni negli anni del centrismo, Studi e note di 
9
Economia Anno XII, n 1-2007, pag. 87. http://www.mps.it/NR/rdonlyres/B6F3EB33-518F-4310-8137-
D2EC9B7C77F2/34114/77114MAGLIULO.pdf                                       
 ivi
10
    9
l’imposta generale sull’entrata (IGE), l’imposta di registro e infine anche 
dell’imposta di ricchezza mobile. 
Importante obiettivo raggiunto con la legge 25/1951 è stato 
inoltre, e come già accennato, la reintroduzione dell’obbligo della 
dichiarazione dei redditi. La riforma stabilì oltre all’obbligo dichiarativo 
anche i requisiti principali che la stessa doveva possedere quali: 
- l’annualità: la dichiarazione doveva essere annuale  e 
presentata ogni anno anche in assenza di variazioni rispetto 
ai redditi del periodo procedente; 
- l’obbligatorietà: la dichiarazione diventava obbligatoria in 
rispetto dell’art 53 della costituzione in base al quale “tutti 
sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della 
loro reale capacità contributiva 
( )
; 
11
- L’unicità: la dichiarazione doveva essere  unica e, quindi, 
doveva comprendere tutti i redditi percepiti dal dichiarante e 
dai membri della sua famiglia.  
Il fine principale della reintroduzione dell’obbligo dichiarativo 
consisteva nel tentativo di rottura rispetto al passato rapporto di 
diffidenza che da sempre caratterizzava i rapporti fisco-contribuente per 
darne l’avvio ad uno di leale collaborazione in cui il contribuente doveva 
essere messo nella posizione di dichiarare i propri redditi e contribuire, 
in tal modo, alla spesa pubblica mentre il fisco accettava quanto 
presentato dal contribuente come veritiero fino a prova contraria: il 
cittadino quindi “rivela il proprio reddito, il fisco controlla”
( )
. Vanoni, 
12
infatti, “era persuaso che, a monte della riforma degli istituti tributari, 
fosse necessaria quella dei rapporti tra fisco e contribuente 
nell’accertamento delle imposte dirette
( )
”. L’obiettivo era far si che il 
13
cittadino percepisse l’imposizione fiscale come un dovere sociale di 
concorso alle spese statali ma proporzionato alla propria e reale 
capacità contributiva. Molte furono le critiche tuttavia mosse alla 
 Occorre tuttavia ricordare che la stessa legge di perequazione prevedeva l’esenzione di alcune 
11
categorie di contribuenti.
 A. MAGLIUGO, La politica economica di Ezio Vanoni negli anni del centrismo, cit., pag. 95.
12
 G. MONTEDORO, M. FIOCCA, Ezio Vanoni e il dilemma del prigioniero, cit.
13
    10
reintroduzione dell’obbligo dichiarativo tra cui quella relativa alla non 
adeguatezza degli uffici amministrativi preposti al controllo delle 
dichiarazioni.  
Con la riforma Vanoni fu introdotta, infine, l’imposta sulle società 
di capitali (Legge n°603 del 6/08/1954
( )
). Lo scopo principale 
14
dell’imposta fu quello di eliminare la diversità di trattamento fiscale che 
si verificava tra le società di capitali (tassate solo per la parte di utili 
distribuiti) e le imprese individuali e società di persone (tassate per la 
totalità del loro reddito); Questa situazione aveva reso infatti 
conveniente il ricorso alla forma societaria (in particolare alla società 
per azioni) e aveva sfavorito le altre forme di organizzazione d’impresa. 
Molte furono le critiche mosse nei confronti di questa imposta a 
partire da quelle relative alla doppia imposizione (dei soci e della 
società) a quelle che invece sostenevano che l’imposta fosse troppo 
gravosa per le piccole società che venivano strozzate dalla stessa 
pregiudicandone la possibilità di crescita.  
 Per quanto riguarda, invece, la teoria economica su cui si 
basava la riforma Vanoni, la stessa era incentrata sull’idea che la 
politica tributaria avrebbe dovuto avere come fine principale “la crescita 
economica per la distribuzione della ricchezza e per una superiore 
equità sociale
( )
”. Vanoni, contrariamente a quanto ipotizzato da 
15
Keynes, sosteneva che l‘intervento dello stato nell’economia dovesse 
avvenire solo in una fase iniziale allo scopo di incentivare lo sviluppo ed 
il benessere sociale senza, tuttavia, sostituirsi ai privati come decisore 
delle scelte economiche. Lo stato, infatti, avrebbe dovuto limitarsi a 
predisporre schemi a lungo termine in grado di incentivare gli 
investimenti pubblici e, di conseguenza, la creazione di una domanda 
stabile che permettesse alle imprese di investire.  
 Legge 6 agosto 1954, Istituzione di una imposta sulle società e modificazioni in materia di imposte 
14
indirette sugli affari (pubblicata sulla G.U. n°182 dell’11 agosto 1954)
 S. CARLUCCIO; Francesco Forte ripropone il metodo di Ezio Vanoni, “economista pubblico”. Stato e 
15
mercato, elogio della programmazione, C r i t i c a s o c i a l e , 2 0 0 9 . http://www.criticasociale.net/files/
2_0004117_file_1.pdf
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