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Introduzione 
 
In questo lavoro di ricerca ci proponiamo di iniziare ad inquadrare in termini 
sociologici la pratica della cremazione in Europa. Il fenomeno, molto sfaccettato da 
paese a paese e ancora poco studiato, ben si inserisce all’interno del filone di ricerca 
dei Death Studies. 
Il nostro quindi sarà un lavoro iniziale. In fase sperimentale ci siamo innanzitutto posti 
l’obiettivo di ricostruire statisticamente l’oggetto della nostra ricerca in termini 
quantitativi. In appendice a questo lavoro presentiamo infatti il censimento di cremati 
e crematori sulla base della popolazione e dei morti per ogni paese europeo: dati 
ricostruiti da database esistenti ma spesso non ordinati e lacunosi: abbiamo così 
aggregato le fonti di alcuni lavori come l’Enciclopedia della Cremazione di Davies e 
Mates, della Società per la Cremazione della Gran Bretagna su dati demografici 
dell’ONU e dell’ Eurostat dove pure incidono parcellizzazioni territoriali come la 
riunificazione della Repubblica Ceca, la caduta dell’Urss, la divisione delle due 
Germanie e la dissoluzione della Jugoslavia. I nostri dati partono dal 1876 per arrivare 
al 2014. Trattandosi di una mole di dati copiosi in formato Excel, abbiamo provveduto 
a creare un’estensione on line di questo file che non è allegato alle pagine di questo 
lavoro ma disponibile su Academia.edu con il nome di European Cremation Database 
1876 – 2014 consultabile al link: https://tinyurl.com/cremationdatabase
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Sul piano qualitativo, questo lavoro ha preso in esame anche diversi sopralluoghi da 
me compiuti in città italiane ed europee (Milano, Livorno, Pisa, Bologna, Cava 
de’Tirreni (SA), Amsterdam, Amburgo,  Barcellona, Copenaghen, Francoforte, 
Madrid, Toledo, Siviglia). I casi più interessanti al fine della nostra ricerca rientrano 
tra queste pagine con una nostra documentazione fotografica. A parte casi come Milano 
e Livorno, molte delle città toccate non hanno una valenza in termini assoluti sulle 
cremazioni, ma ci aiutano a capire le differenze in termini di organizzazione cimiteriale 
da paese a paese, frutto di secoli di differenziali di welfare, attitudini religiose e 
posizione geografica. 
Passiamo ora al piano dell’opera. 
Nel capitolo 1 tratteremo la differenza sostanziale tra le narrazioni delle due civiltà 
religiose esistenti in Europa: Cristianesimo ed Ebraismo e come, nel tempo 
l’urbanizzazione ne modifichi l’apporto con il fiorire nell’Ottocento di pratiche come 
la medicalizzazione, l’individualizzazione e l’ascesa della borghesia. 
Sarà questa la base della letteratura teorica della nostra ricerca con fonti come Ariès e 
Vovelle oltre ad una nutrita letteratura sociologica fiorita in un corpus di opere di 
Antonio Cavicchia Scalamonti e i suoi collaboratori presso l’Università Federico II di 
Napoli. 
Tratteremo in particolare della diversità di approccio dell’atteggiamento ebraico e di 
quello cristiano.
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Tracceremo le tappe fondamentali del cambiamento dei costumi che portano alla 
costruzione di cimiteri e alle sepolture individuali, una storia in cui la cremazione non 
è che l’ultimo anello di un processo di mutamento ancora in corso. Quanto alla 
desacralizzazione, problematizzeremo se essa è davvero un processo di laicizzazione o 
qualcosa di diverso. Non mancheranno gli aspetti organizzativi e commerciali come 
quello delle pompe funebri. 
Passando alla fase operativa analizzeremo prima lo scenario europeo poi nello 
specifico quello italiano. 
Nel capitolo 2, per tanto, tratteremo un’analisi dei casi europei appoggiandoci in 
particolare ad un nostro inquadramento nuovo in letteratura che vede le città che hanno 
ereditato lo status di porti franchi e città libere che si configurano come avanzate sulla 
pratica della cremazione visto il loro mélange culturale (in primis la presenza ebraica) 
e quindi più idonee al mutamento sociale che le trasforma in hub, snodi di 
comunicazione, che attraverso reti di trasporto si internazionalizzano rendendo la 
cremazione una pratica da persone in transito. Tesi affascinante quanto problematica 
per la sua mobilità che tende a disintegrare la struttura di base dello Stato – nazione e 
della sua legislazione sulla fortuna della cremazione che rende mossa la fotografia dei 
dati esistenti per un identikit dei cremati. È vero anche che le cremazioni saranno tanto 
maggiori quanto minore è l’eredità storica dell’apparato feudale ereditato. Inoltre, la 
cremazione sarà molto attiva in quelle città dove c’è propensione alla finanza e 
all’analisi del rischio dove cioè è più sviluppato il senso delle assicurazioni private in 
forma di previdenza che porteranno ad uno sviluppo altresì di previdenza funeraria e
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di autotassazione per la creazione di Società Crematorie che saranno più propense ad 
esistere in città dove – per dirla con Putnam – il grado di coscienza civica è maggiore 
e sviluppa capitale sociale. Non manca qui uno studio sulla presenza ebraica che sposa 
comunità di arrivo più o meno aperte alla loro presenza e in caso di esito positivo, ne 
amplifica la portata innovativa con il loro estro laicizzante di negazione della morte. 
Tracceremo poi schede analitiche sui primi paesi che giungono a creare associazioni 
pro-cremazione e apertura di crematori dal 1876 al 1930. 
Soprattutto nel caso dell’Italia, esaminato nel capitolo 3, i toni hanno un carattere 
militante della pratica crematoria in funzione anticlericale, massonica, radicale e anti 
fascista. La nostra bibliografia di riferimento al caso nazionale è soprattutto frutto della 
Fondazione Ariodante Fabbretti e ha un particolare focus sul periodo post-
Risorgimentale dal 1880 al 1920. Si tratta di fonti molto inquadrate in ottica storica e 
con un’ enfasi stilistica ottocentesca, a noi è toccato anche ripulirle e ricostruirle in uno 
stile e in ottica sociologica più fluida: resta l’enorme mole di dati e date sul lungo 
periodo che abbiamo cercato il più possibile di rendere organici sia in chiave 
cronologica che per nuclei tematici. 
Sarà questa l’occasione anche per trattare il tema della Massoneria in Italia, che, oggi 
nella storiografia non ha ancora una posizione definitiva, ma che nei primi del 
Novecento ha svolto un ruolo importante nella sinistra radicale e vicino 
all’accettazione di minoranze religiose riconoscendosi per lo più nel più moderato Rito 
Scozzese ma che avrà riferimenti anche al rito simbolico. L’Italia sarà un laboratorio 
civico per la nascita di associazioni di mutuo soccorso da cui saranno gettate le basi
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anche per creare associazioni cremazionistiche. Il Risorgimento prima come motore 
propulsore e positivista, il Fascismo poi come inibitore di ulteriori spinte ma che unirà 
gli antifascisti in chiave antagonista saranno le basi del nostro caso di studio. 
Poco c’è di accademico sui trend attuali che cercheremo di ricostruire per sommi capi 
sulla base dell’eredità storica. Dell’Italia analizzeremo soprattutto il caso di Milano 
(apripista europeo), Livorno e Torino.
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La cremazione sembra una soluzione semplice e pulita, non vista di buon occhio, è vero, dai cattolici e dagli 
ambienti ebraici ortodossi ma sanzionata dalle religioni "di maggioranza" negli Stati Uniti. Parla al cuore 
degli amanti della natura e del poeta, che si compiacciono di immaginare i loro resti mortali dispersi su 
assolati pendii o spiagge remote. E' approvata dai razionalisti, da chi si preoccupa dell'igiene pubblica e 
della conservazione delle risorse naturali, e da chi vorrebbe veder la fine di tutte le assurdità che 
accompagnano i funerali del tipo consueto. Piace infine alle persone econome: logicamente vien fatto di 
pensare che la spesa sia di parecchie volte inferiore a quella necessaria per essere sotterrati. Molti hanno la 
vaga impressione che l'impresario di pompe funebri possa essere scavalcato, e che si possa fare a meno 
dell'imbalsamazione; che il crematorio provvederà a sistemare la salma in una cassa o in qualcos'altro che 
faccia al caso, e a consegnare il tutto alle fiamme; che l'unica spesa da pagare sarà il conto del crematorio, 
inferiore ai 100 dollari.  
(Il sistema di morte americano, Jessica Mitford) 
 
 
Capitolo 1 
Le dinamiche di una morte più leggera 
 
Allo stato attuale, il fenomeno della cremazione in Europa – nei suoi frastagliati 
differenziali tra stati– risulta essere un processo in fieri e minoritario che fa ancora 
discutere. Una devianza sociale dal modello dominante o – generalizzando - una 
tendenza subculturale di nicchia?  È questo il simbolo di un lento ma costante 
mutamento sociale? È destinato ad affermarsi? Quali sono le cause che lo stanno 
generando? Si tratta di un processo irreversibile?  
Il senso comune suggerirebbe un fenomeno di secolarizzazione che apre le porte a tanti 
concetti affrontati dai padri della sociologia, da Durkheim a Weber, ma, parafrasando 
Randall Collins, tenteremo qui un’operazione di sociologia non ovvia, un’analisi di 
scenario introduttiva della logica disgregatrice del modello dominante dell’inumazione
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funeraria e del declino dei suoi effetti gotici dell’immagine della morte.  
Anticipiamo che la cremazione nei termini moderni in cui la concepiamo oggi, vede 
l’utilizzo del primo forno crematorio a Milano nel 1876.  
Prima di un’indagine operativa, introdurremo in questo capitolo un’analisi delle fasi 
del mutamento di scenario che hanno in qualche modo agevolato questa accettazione. 
Cominciamo la nostra analisi dunque con uno sguardo critico alle radici cristiane ed 
ebraiche della tradizione europea per poi concentrarci su scenari delle società tipiche 
dell’ascesa borghese del Sette-Ottocento, tema caro ai classici della sociologia di cui 
possiamo riconoscere fenomeni di individualizzazione, secolarizzazione, progresso, 
scoperte scientifiche che dovrebbero in qualche modo farci familiarizzare con la pratica 
crematoria. 
1.1  Le radici religiose europee: sfidare la morte e negare la morte. Dogmi ebraici 
e cristiani a confronto 
 
Con il declino delle società di età classica di Greci, Romani ed Etruschi che 
vedevano la cremazione come un fenomeno diffuso e purificatore, l’avvento del 
monoteismo e delle religioni abramitiche ne fece un tabù relegando i cadaveri alla 
sepoltura. Eppure a ben guardare, Ebraismo e Cristianesimo con i loro rispettivi 
continuum di credenze e agire sociale portano a esiti diversi. Su queste due culture 
si basano i narrative framework delle costruzioni del pensiero psicologico 
dell’Europa.