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INTRODUZIONE 
 
“Quest’originalità è talmente nuova che merita di essere segnalata”
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: così 
Guillaume Apollinaire, poeta e critico, definì l’arte di Giorgio de Chirico, artista 
unico nel suo genere che riuscì a differenziarsi in tutto il panorama del ventesimo 
secolo, diventandone uno dei maggiori esponenti. L’obiettivo di questa tesi, è di 
addentrarsi al centro di quello che per lui fu il periodo francese, che inizierà dal 
momento in cui lasciò Firenze, decidendo di trasferirsi a Parigi, nel 1911. Saranno 
posti in rilievo tutti gli avvenimenti che si susseguiranno da lì al 1915, andando ad 
analizzare quelli che furono i punti di vista critici emergenti riguardo al suo lavoro 
e in modo particolare riguardo alle esposizioni cui partecipò. Per farlo, mi sono 
appoggiata a diversi testi, ma principalmente agli scritti di Paolo Baldacci: noto 
studioso dell’artista metafisico, che nella monografia a lui dedicata, va a 
descrivere nel dettaglio tutto quello che è possibile ricordare, riportando numerose 
citazioni e facendo rivivere sia l’opera, che la sua persona, dalla nascita fino al 
1919. Ho deciso di analizzare il periodo parigino, perché ritengo sia quello più 
influente nella formazione dell’artista e soprattutto quello in cui la sua carriera si 
ufficializzò a tutti gli effetti. In più, poiché l’indagine trattata non verterà 
esclusivamente sull’aspetto storico-artistico, ma andrà a toccare anche quello 
critico, è doveroso prendere in esame proprio questi anni: in primo luogo perché è 
in questo periodo che si formeranno i primi giudizi sull’artista, in più perché è da 
qui che ci sono arrivate il maggior numero di fonti critiche cui poter fare 
riferimento. Ho scelto di affrontare quest’argomento, perché De Chirico fu una 
personalità autonoma del XX secolo, particolare e innovativa, e ho voluto quindi 
portare alla luce quello che, i maggiori critici del tempo, pensavano di quest’arte 
“nuova tra le nuove” e così distante da tutte le avanguardie che in quegli anni 
invasero la Francia. Questo percorso è stato suddiviso in tre capitoli, in modo da 
poter approfondire tutti gli aspetti più rilevanti, che nell’insieme permetteranno di 
conoscere la personalità in questione. Così facendo, alla fine di questa breve 
indagine, dovremmo avere un’idea generale sia sull’aspetto storico artistico, sia su 
                                                 
 
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 P. Baldacci, De Chirico, 1888-1919: la metafisica, Milano, Leonardo Arte, 1997, pp.196-197
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quello critico del periodo francese dell’artista. Per prima sarà menzionata la sua 
vita, facendo una panoramica generale della biografia, dalla nascita alla morte, 
esplorando in breve le numerose tappe che percorse, passando di nazione in 
nazione e le conoscenze intraprese. Nella seconda parte, invece, restringeremo 
l’inquadratura focalizzandoci solamente negli anni francesi, soffermandoci 
sull’ambiente parigino del primo novecento, sull’atmosfera della città e sugli 
artisti che ne fecero parte. Dopo di ché, per poter comprendere i cambiamenti che 
avvennero in De Chirico in rapporto a questo soggiorno, bisognerà illustrare 
quella che era la metafisica partendo dal significato letterale della parola, fino a 
chiarire la sua espressione reale applicata in campo artistico. Presa confidenza con 
questo concetto, potremo andare avanti nella spiegazione di come le opere 
dell’artista, compresi i relativi simboli, muteranno a contatto con la Francia. 
Saranno quindi descritti i cambiamenti e gli incontri che lo influenzarono, 
nominando le principali opere che riuscirono ad esprimere le novità apportate, 
ovviamente quelle databili tra l’anno 1912 e il 1914. Legate alle opere, ci saranno 
le spiegazioni dei simboli cardine del periodo, di cui i significati non saranno 
immediatamente percepibili all’occhio, ma in realtà profondi e lungimiranti. 
Successivamente l’attenzione andrà a concentrarsi sulle esposizioni ufficiali, 
spiegando gli incontri che si susseguirono in quel periodo e soffermandosi in 
modo particolare su Guillaume Apollinaire: figura molto rilevante e decisiva per 
l’artista, che svolse per lui il ruolo di guida culturale, promuovendolo 
nell’ambiente artistico parigino. Terminando così la seconda parte, si passa al 
terzo capitolo, in cui affronteremo l’aspetto prettamente critico della tesi, diviso in 
tre sezioni: la prima tratterà esclusivamente degli scritti critici di Guillaume 
Apollinaire su de Chirico, sia quelli riguardanti le esposizioni, sia le pubblicazioni 
a sé, il tutto presentato in ordine cronologico. La seconda prenderà in esame i 
commenti di Louis Vauxcelles riguardo alle esposizioni ufficiali in cui l’artista 
espone, la maggior parte concentrati nella rivista “Gil Blas” in cui il critico 
recensì tutti i Salon. La terza sezione invece, tratterà dei restanti critici che 
commenteranno l’opera di Giorgio dal 1912 al 1914, mostrati sempre in ordine 
cronologico, partendo dal primo Salon d’Automne arrivando fino all’ultimo Salon 
des Indépendants, trattando di tutte e cinque le mostre in cui l’artista espose. Non
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si farà semplicemente un elenco dei commenti pervenuteci, ma si andrà anche ad 
analizzare, quando possibile, le personalità dei critici in questione: in questo modo 
verremo a conoscenza del loro punto di vista e di conseguenza dei motivi per cui 
l’opera di De Chirico fu apprezzata o criticata. Ho scelto di esporre il contenuto 
della tesi in quest’ordine, in modo da dare inizialmente un’idea generale 
dell’artista, per poi addentrarsi sempre più verso quella che era la sua filosofia, il 
suo fare arte e il suo operare. Una volta fatto questo, si potranno così comprendere 
le motivazioni che spinsero critici di diverse ideologie ad esprimersi in un modo 
piuttosto che in un altro.
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CAPITOLO UNO_ Nascita, formazione e sviluppi di 
Giorgio de Chirico. 
 
Paragrafo 1.1- Nascita e primi sviluppi in Grecia. 
 
Giorgio De Chirico nacque a Volos, in Grecia, nel 1888. Figlio di genitori italiani: 
Gemma Cervetto ed Evaristo De Chirico, ingegnere ferroviario impegnato nella 
costruzione della ferrovia della Tessaglia, motivo per cui si trovavano in quella 
regione. Per il giovane Giorgio il mestiere del padre fu, fin dai primi anni di vita, 
causa di spostamenti e continue trasferte. Trascorse l’infanzia ad Atene, luogo in 
cui avvenne la nascita del fratello minore Andrea, nel 1891 (che soltanto in futuro 
prenderà il nome di Alberto Savinio). Dopo un breve rientro a Volos, dove De 
Chirico prenderà le prime lezioni di disegno (fin da giovanissimo mostrò forte 
interesse per questo tipo di arte) da un certo Mavrudis, la famiglia si ristabilisce 
ad Atene. Qui il pittore frequentò inizialmente una scuola tenuta da preti cattolici, 
il“Liceo Leonino”, ma rimase soltanto per un breve periodo, a causa dei timori dei 
genitori per le sue cattive frequentazioni.
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 La famiglia De Chirico, infatti, era 
caratterizzata da ideali puritani e gesuitici, in cui vigevano rapporti molto rigidi. 
Sempre ad Atene, l’artista frequentò il Politecnico dal 1903 al 1906. A questo 
periodo risalgono le sue primissime opere, come nature morte, ritratti e paesaggi, 
anche se purtroppo dell’attività pittorica greca sappiamo pochissimo. Nel 1905 ci 
fu la morte del padre, già da qualche tempo malato: questa è ricordata dal pittore 
nelle sue “Memorie”, raccontando che sarebbe stata presagita da un panno nero 
sventolante a un balcone. Vedendolo, De Chirico ci spiega: “Sentii come 
un’improvvisa angoscia e un terribile presentimento”.
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 Quest’evento gli provocò 
un forte shock, seguito da crisi melanconiche e disturbi intestinali che lo 
seguiranno fin oltre gli anni ’20. L’artista dopo il lutto, fu bocciato all’esame del 
Politecnico, ma continuò comunque a lavorare, dipingendo autoritratti, frutta e 
oggetti. In seguito al doloroso evento, la madre, seguì il consiglio che molti le 
                                                 
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 G. de Chirico, Memorie della mia vita, II edizione, Bologna, Bompiani, 2008, pp.31-59. 
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 Ivi, p.62.
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suggerivano e decise di partire per Monaco con i due figli, dove avrebbero potuto 
continuare a studiare la musica e la pittura in un ambiente più stimolante. Quella 
di trasferirsi nella città tedesca, era la scelta più ovvia, dato che anche Atene era 
particolarmente legata a quella cultura: era, infatti, popolata da diversi personaggi 
d’istruzione bavarese, andati in Grecia ai tempi della monarchia che ebbe inizio 
con il re Ottone e anche la città era ricca di edifici di stile neoclassico.                                                                                                                  
La Grecia fu comunque per De Chirico un serbatoio di ricordi cui attinse svariate 
volte nel corso della sua carriera da pittore. Anche il particolare rapporto che 
instaurerà con la realtà, vista come un significato da scoprire e interpretare, nasce 
probabilmente dai primi contatti infantili con cose o persone. La sua nazione 
d’origine, fu per lui anche ricordo di un’identificazione con il mito, quello degli 
argonauti, come possiamo vedere dall’opera “La partenza degli argonauti” (fig.1); 
i due fratelli De Chirico si immedesimarono in essi, poiché come il gruppo 
guidato da Giasone era in viaggio verso la Colchide, loro viaggiavano verso la 
propria avventura intellettuale.
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Paragrafo 1.2- Periodo Monacense 
 
In seguito al primo periodo in Grecia, i due fratelli De Chirico e la madre decisero 
quindi di lasciare Atene, nel 1906, per andare verso Monaco. Il viaggio non fu 
diretto, ma fu scandito da alcune tappe nelle città Italiane: sappiamo che in questa 
nazione sbarcarono in anticipo a causa dei malesseri fisici dei due fratelli, 
fermandosi a Bari. Da lì si spostarono a Roma, tappa brevissima che durò a 
malapena mezza giornata, in cui visitarono musei e chiese, dopodiché arrivarono a 
Venezia; qui De Chirico ebbe l’opportunità di osservare opere di Tintoretto e 
Tiziano, anche se come ci ricorda, la pittura veneziana a quell’epoca lo lasciò 
totalmente indifferente.
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 Dalle sue memorie poi, sappiamo che sostò a Milano, 
dove oltre ad assistere a spettacoli teatrali e musicali, visitò musei e venne a 
                                                 
 
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 Per i riferimenti al periodo di formazione di Giorgio de Chirico mi sono appoggiata in modo 
particolare al capitolo: “Volos e Atene, 1888-1906. L’eternità terrestre” della monografia di P. 
Baldacci, De Chirico 1888-1919: la metafisica, Milano, Leonardo Arte, 1997, pp. 10-29. 
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 G. Mori, De Chirico metafisico, Firenze, Giunti, 2007, p.10.
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contatto con le opere di Segantini e Previati, da cui rimase positivamente 
impressionato.
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  Il particolare interesse che mostrò verso l’arte di Previati, è 
rilevante, poiché mostra quello che, già a quel tempo, interessava De Chirico, cioè 
la capacità di esprimere messaggi profondi e spirituali. Arrivati in Germania, 
rimase colpito dal benessere e dalla facilità di vita della nazione, che però proprio 
in quegli anni, stava per essere invasa dal fenomeno della pittura moderna, vista 
come una calamità.
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 A Monaco, l’artista intraprese gli studi all’Accademia di 
Belle Arti, che ricorda come un ambiente dominato dalla pittura di Secessione, 
quindi poco consono a quelli che erano i suoi ideali, tanto che definì tutti gli artisti 
che ne facevano parte un’“idiota schiera di pennellatori”.
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 Conobbe poi lo 
studente prussiano Fritz Gartz, con cui intraprese una grande amicizia che 
continuò per via epistolare anche negli anni successivi. Si appassionò al 
romanticismo, alla pittura simbolista di Böcklin e alla sua capacità di far rivivere e 
rivisitare l’antichità: questo pittore era in grado di percepire l’essenza assoluta del 
reale. Osservando le opere del maestro svizzero, De Chirico si renderà conto, oltre 
che della dimestichezza che aveva con il mito, della sua capacità di saper rendere 
“visionaria” una scena normale, o di suscitare uno spiccato senso del mistero pur 
usando uno stile apparentemente descrittivo. Da quest’influenza deriva il suo 
operare attraverso simboli e metafore (orologi, locomotive, vele, ecc.), 
rappresentate in chiave quotidiana e tradizionale. Quest’influsso però avrà effetti 
visibili sulle opere dechirichiane soltanto dal 1908, inizialmente, infatti, seguirà 
nella pittura la scia accademica dei suoi maestri.  Soltanto con il distacco dagli 
ideali più wagneriani e con l’approfondimento della lettura di Nietzsche, il nostro 
artista si avvicinerà di più a Böcklin: fatto ben visibile dalla rappresentazione da 
parte di De Chirico, di opere con temi perlopiù identici a quelli del pittore 
svizzero.                                                                                                                                 
L’ambiente bavarese lo influenzerà anche per le sue architetture neoclassiche e le 
                                                 
 
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 “Rimasi molto impressionato da quella raccolta. La poesia e la metafisica di quei due grandi 
artisti italiani, specialmente il secondo, mi colpirono mi commossero profondamente.”. G. de 
Chirico, Memorie della mia vita, II edizione, Bologna, Bompiani, 2008, pp.67-69. 
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 ”Però in quel paradiso stava maturando, proprio in quegli anni, una grande calamità: la pittura 
moderna[..]. E circa un quarto di secolo dopo doveva nascervi una seconda calamità, ben più 
tremenda della prima: il nazismo.”. Ivi, p.71. 
8
 G. Mori, De Chirico metafisico, Firenze, Giunti, 2007, p.10.
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numerose arcate (viste sia a Monaco, che a Roma), che ripresenterà in un infinito 
numero di lavori. In questo periodo i due fratelli De Chirico s’immedesimarono 
completamente nell’ambiente culturale e artistico della città e parteciparono a 
ogni evento importante. Il giovane pittore approfondì diverse letture, tra cui 
Schopenhauer, Nietzsche, ma soprattutto Wagner, culmine dell’ideale romantico, 
di cui De Chirico non perdeva occasione di ascoltarne le opere a teatro o nei 
concerti. Wagner collegando le forme astratte della musica, a quelle letterarie del 
dramma teatrale e a quelle visive della scenografia, voleva puntare a una specie di 
opera d’arte totale, all’essenza stessa del mondo, alla “cosa in sé”, in altre parole a 
un’arte autonoma. Lo stesso De Chirico ci ricorda che “A quel tempo ero molto 
Wagneriano”. La filosofia di Nietzsche invece, al polo opposto, faceva affiorare il 
dubbio che alla fine di questa ricerca dell’assoluto, ci fosse il nulla e la “cosa in 
sé” non era altro che un’invenzione umana. De Chirico viveva quindi in pieno 
questa crisi ideologica, in bilico tra idee Wagneriane e Nietzschiane.                                                                                                                                      
Nel frattempo sua madre e il fratello si trasferirono prima a Roma, per un incontro 
non andato a buon fine tra Andrea e il musicista Pietro Mascagni, poi a Milano, 
dove l’artista nel 1909 decide di raggiungerli lasciando la vita, ormai noiosa e 
poco interessante, di Monaco . 
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 Per i riferimenti al periodo monacense di Giorgio de Chirico mi sono affidata al capitolo : 
”Monaco, 1906-1909. La crisi del romanticismo” della monografia di P.Baldacci, De Chirico 1888-
1919: la metafisica, Milano, Leonardo Arte, 1997, pp. 33-49.