II
può reagire con comportamenti legati ad importanti variabili come la storia personale della 
famiglia, l’organizzazione e lo sviluppo familiare. 
Appendice 1.1.→  esempio di attività con la quale si può spiegare al bambino la sua 
malattia. 
 
II° CAPITOLO: GENITORI E FIGLI IN OSPEDALE 
2.1. La fase dell’ospedalizzazione→  è estremamente delicata, sia per il bambino, che si 
trova ad affrontare un ambiente a lui totalmente estraneo, sia per i genitori, che hanno la 
precisa e dolorosa conferma della malattia del figlio. E’ necessario che i genitori trovino 
sempre un clima di cordialità e comunicazione sincera nei loro confronti ed il primo passo 
per ottenere ciò è quello di creare una sorta di “alleanza terapeutica” tra operatori sanitari 
e famiglia. La vita del bambino cambia radicalmente e il piccolo reagisce in maniera 
differente al ricovero a seconda dell’età e del comportamento delle persone intorno a lui: è 
comunque per tutti i bambini un momento molto critico, in cui si può assistere ad una 
regressione fisica e mentale ed al ritorno ad uno stadio di sviluppo ormai superato. 
2.2. Padre e madre accanto al figlio→  il genitore, per aiutare il figlio, deve prima di tutto 
accettare l’ “evento-malattia” (si parla di elaborazione depressiva, paranoica, maniacale) 
per vivere fino in fondo tale esperienza, prendendo in considerazione i vari meccanismi 
difensivi conseguentemente adottati (regressione, negazione, idealizzazione) e superarli 
con consapevolezza. E’ un cammino estremamente difficile, in cui si devono affrontare 
incredulità, impotenza, rabbia, risentimento, momenti di autoaccusa e autocolpevolezza, 
che è necessario superare per aiutare il proprio figlio. La coppia genitoriale funziona come 
contenitore primario delle emozioni e delle angosce del piccolo paziente, anche se emerge 
un differente stile comunicativo fra il padre, che gestisce la sofferenza attraverso uno 
spettro più ampio di risposte psicologiche, e la madre, che esprime la sofferenza con 
modalità che la riportano a posizioni regressive di intimo contatto emotivo. 
2.3. I fratelli di un bimbo malato 
2.4. Il ruolo della scuola durante l’ospedalizzazione 
2.5. Tecniche d’intervento e aiuto per i familiari→  si può comprendere come sia 
fondamentale per il genitore non sentirsi escluso, ma parte integrante nel momento del 
ricovero: è determinante allora coinvolgerlo, spiegargli ogni tappa e soprattutto aiutarlo a 
comprendere il modo migliore per rapportarsi al proprio figlio, cercando di evitare gli 
errori più comuni e scontati. Per questo in molti reparti pediatrici sono previsti incontri 
singoli o di gruppo, la presenza dello psicologo anche solo per dare consigli pratici e 
diretti, e stanno sorgendo molte iniziative da parte di comitati ed associazioni per aiutare le 
famiglie dei bambini ricoverati. 
Per riassumere ulteriormente la fase dell’ospedalizzazione: 
 
Durante il ricovero ospedaliero il bambino sentirà fortemente la mancanza del clima rassicurante fornito dalla 
famiglia, soprattutto se 
1. il ricovero è repentino; 
2. avviene in una pediatria di tipo tradizionale (orari determinati, visite brevi, …). 
↓  
Il bambino si sente abbandonato dalla madre, e non ne comprende i motivi: viene scosso il senso di sicurezza 
instaurato nei primi mesi di vita. 
 
 
 
 III
Ciò può portare a due pericoli: 
1. pericolo traumatico, causato dall’allontanamento della figura materna, che può portare a sentimenti 
di ostilità nei confronti dell’ambiente circostante; 
2. pericolo deprivativo, causato dalla privazione delle cure materne, che può indurre nel bambino un 
grave impoverimento della personalità. 
 
Le reazioni del piccolo possono essere varie: 
1. fase di protesta, durante la quale il bambino spera ancora nella presenza della madre e spesso urla, 
piange, scende dal letto per attirare l’attenzione; 
2. fase di disperazione, in cui il bambino, ora meno attivo ed aggressivo, si rende conto del bisogno 
profondo della madre ed appare distaccato e apatico, totalmente sfiduciato; 
3. fase di negazione, in cui il bambino sembra mostrarsi più interessato all’ambiente circostante, ma 
ignora la madre e si comporta come se non la conoscesse. 
 
Per evitare tutto questo: 
1. le visite ai bambini non devono subire restrizioni di orario e tempo; 
2. deve essere consentito alle mamme di restare in ospedale accanto ai figli; 
3. la formazione dello staff ospedaliero deve essere migliorata per consentire la consapevolezza delle 
necessità dei bambini e dei familiari.  
 
Riassumendo:                             
1. è necessaria la presenza della madre, o del padre, o comunque di una figura sostitutiva, che rimanga 
molto tempo con il bambino ricoverato. Se il bambino ha meno di tre anni, dovrebbe essere prevista 
la presenza continua del genitore;  
2. consentire al bambino la possibilità di giocare per favorire l’inventiva, sviluppare il pensiero e 
stimolare l’apprendimento, ma soprattutto per consentire l’emergere e la scarica di tensioni; 
3. formazione continua del personale curante non solo sotto l’aspetto tecnico sanitario, ma anche per 
quanto riguarda la conoscenza dei bisogni psicosociali dei degenti e dei loro familiari, e la 
conoscenza dei propri problemi emotivi per avere comportamenti controllati, adeguati al ruolo che si 
riveste nel gruppo di lavoro. 
 
Appendice 2.1.→  la preparazione al ricovero [come preparare un bambino alla realtà 
ospedaliera? Cosa può fare la scuola? Cosa può fare la famiglia?] 
Appendice 2.2.→  l’importanza dell’ambiente [perché l’ambiente è così determinante? 
Quali sono gli esempi più significativi in Italia e all’estero?] 
 
III° CAPITOLO: LA FASE TERMINALE E LA GUARIGIONE 
3.1. L’atteggiamento dei genitori verso la morte→  si affronta la morte in modo diverso, 
a seconda di elementi concorrenti (come l’età e la personalità), antecedenti (esperienze 
infantili di perdita) e successivi (isolamento e stress secondari). Le reazioni dei genitori di 
fronte ad un evento così doloroso vanno dal rifiuto, alla collera, al patteggiamento, alla 
depressione, costituendo la fase antecedente la morte del bambino, definita di lutto 
anticipatorio. Il lutto, reazione fisiologica normale che evolve lentamente secondo un 
processo caratterizzato da varie fasi (torpore, struggimento, disperazione, accettazione), 
può degenerare assumendo caratteristiche patologiche portando così al lutto complicato. 
3.2. Il concetto di morte nel bambino→  nella fase terminale è ancora più necessario 
accompagnare il bambino, cercando di spiegargli con naturalezza quanto sta accadendo e 
facendogli comprendere che i sentimenti di tristezza ed angoscia che prova sono  
comprensibili. 
3.3. Fuori dalla terapia: la fase off-therapy→  quando invece la malattia evolve nel modo 
più favorevole, portando alla guarigione, i sentimenti di euforia e gioia sono indescrivibili; 
 IV
riprendere a vivere non è comunque un percorso facile, perché implica la costante 
convivenza con la paura di una ricaduta, nonché una serie di aspettative da parte del 
bambino e dei familiari che spesso vengono deluse. E’ essenziale che il genitore tratti nel 
modo più normale possibile il figlio guarito, che continui a stabilire regole e divieti e che 
lo faccia sentire come gli altri. Il piccolo ha bisogno più che mai quindi di normalità, di 
sentire che tutto può tornare come prima. Per i genitori, del resto, è possibile mantenere 
con i figli un atteggiamento normale solo se hanno potuto in precedenza contenere le 
angosce legate al tumore: la sospensione della terapia è affrontata in modo adeguato se 
nelle fasi precedenti sono state man mano elaborate le problematiche relative alla malattia. 
3.4. Riprendere una vita normale: conseguenze emozionali alle malattie infantili→  
varie ricerche hanno dimostrato come esistano reazioni diverse a seconda dell’età del 
bambino e del modo in cui è stata affrontata la malattia: se il bimbo è stato seguito, 
sostenuto, reso partecipe nel modo giusto, allora è in grado di collocare l’esperienza di 
malattia nel passato ed affrontare il futuro con speranza. Se il bimbo non ha invece 
elaborato l’esperienza, può sentirsi un sopravvissuto, ed esprimere negli anni le stesse 
insicurezze ed angosce scaturite da un percorso di malattia distorto. 
 
La SECONDA PARTE della tesi fa riferimento invece al personale medico e paramedico 
dei reparti di Oncologia Pediatrica. 
 
IV° CAPITOLO: LO STAFF OSPEDALIERO 
4.1. Il gruppo curante [i problemi dello staff; interventi per lo staff e training per il 
personale] 
4.2. Il rapporto fra i genitori di bambini ricoverati e l’ospedale: il medico di famiglia, 
l’assistenza domiciliare e gli interventi per i familiari 
4.3. Tabelle e questionari per lo staff ospedaliero →  è bene sottolineare che le difficoltà 
affrontate da un gruppo curante in Oncologia Pediatrica non sono poche, perché ci si 
confronta quotidianamente con una sofferenza profonda ed ingiusta. In questo settore si 
rischia più che in altri la “sindrome del burn-out”, una particolare forma di stress 
lavorativo che può portare a mettere in atto meccanismi difensivi come la scissione nel 
rapporto con il paziente, la spersonalizzazione dell’individuo e l’assumere un 
atteggiamento di distacco e negazione di sentimenti. Per prevenire tale sindrome, che può 
appunto portare a vivere in maniera pericolosamente fredda il rapporto con l’altro, è 
necessario poter contare su un’equipe affiatata e pronta a cooperare, puntare su un’efficace 
organizzazione del lavoro e fare affidamento sulla presenza dello psicologo in reparto.  
 
V° CAPITOLO: IL PERSONALE VOLONTARIO 
5.1. Il valore e l’aiuto del volontario in ospedale →  il volontario può essere un valido 
tramite tra la famiglia ed il personale, perché può fornire informazioni molto utili sul 
piccolo paziente, può sostenere, ascoltare, sostituire se necessario.  
5.2. L’animazione in ospedale →  in Italia non esiste la figura dell’animatore 
professionale, in altri Paesi inserita e riconosciuta nell’organico dell’ospedale, che si 
occupa, fra l’altro, del corretto inserimento del bambino in corsia, di preparare specifici 
programmi per i piccoli pazienti, di controllare il reparto, di sostenere la famiglia.  
5.3. Il gioco con i bambini malati 
 
 V
Appendice 5.1. →  il gioco in ospedale come terapia 
Appendice 5.2. →  l’esperienza delle “playworkers” inglesi 
Appendice 5.3. →  esempi di giochi da realizzare in reparto 
• gioco espressivo 
• attività di familiarizzazione 
• cerchiamo la mamma e il papà 
• drammatizzazione con figure della famiglia 
• dove sono nascosto? 
 
APPENDICE I: LA GENITORIALITA’ E LA CURA→  resoconto di un convegno a cui 
ho partecipato, con interventi degli esperti e commenti personali. 
APPENDICE II: IL CHILD LIFE RESEARCH PROJECT→  progetto statunitense teso a 
prevenire gli effetti negativi del ricovero per bambini e genitori. 
ALLEGATO I: I DISEGNI DEI BAMBINI RICOVERATI  
 
                                    
      ↓  
in questo allegato è presente un’analisi sui disegni dei bambini ricoverati e sulla funzione 
catartica e liberatoria del disegno stesso. 
ALLEGATO II: INTERVISTE →  sono riportate due interviste, a cui hanno risposto 
un’infermiera che ha lavorato in Oncoematologia Pediatrica ed una volontaria che ha 
prestato servizio presso l’ospedale Sant’Orsola di Bologna.