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Nella ricerca sullo stress un approccio significativo è quello 
relazionale, centrato su concetti evoluzionistici. 
Questa tesi si propone di mettere a fuoco attraverso un indagine 
empirica, il problema dello stress ed il modo di affrontarlo nell’ 
ambito di una particolare categoria lavorativa, quella delle piccole 
imprese di carattere artigianale. 
Considerando gli obbiettivi ed il contesto di questa ricerca, ritengo 
opportuno premettere una breve rassegna sulle principali tematiche 
di tipo descrittivo riguardanti il mondo dell’ Artigianato, lo stress, i 
modelli e un analisi di carattere storico-sociologico sul mondo 
dell’artigianato. 
Il presente lavoro è finalizzato ad approfondire e focalizzare le 
dinamiche dello stress nelle organizzazioni, le sue conseguenze e le 
sue forme di manifestazione sul vissuto individuale e collettivo. 
Quali forme patologiche può assumere un vissuto di stress e con 
quali danni i soggetti saranno costretti a combattere? 
Come possono le organizzazioni far fronte o eliminare questa 
sindrome migliorando il benessere individuale e collettivo? 
Lo stress può essere eliminato definitivamente o soltanto tamponato 
temporaneamente? 
Esistono sistemi organizzativi che possono migliorare le prestazioni 
a livello produttivo e soprattutto di qualità della vita? 
Infine per rispondere, o meglio dare una adeguata definizione alla 
problematica dello stress, si farà riferimento al modello 
Domanda/controllo di Karazek. 
Per meglio comprendere il fenomeno stress nelle organizzazioni di 
tipo artigianale, si è fatto compilare un questionario atto a 
monitorare il fenomeno, e definendone il lato sperimentale alla 
presente ricerca. 
Considerando gli obbiettivi ed il contesto di questa ricerca, si è 
ritenuto opportuno premettere una breve rassegna sull’ argomento, 
facendo un percorso a ritroso per individuare le origini e le 
evoluzioni del modo dell’ Artigianato. 
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PARTE PRIMA: SCENARI 
 
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CAPITOLO PRIMO 
L’ARTIGIANATO. 
1.1. EVOLUZIONE DELLA FIGURA ARTIGIANALE. 
L’evoluzione della figura artigianale, nel suo senso più ampio, si ha 
in epoche molto lontane, in periodi in cui era fiorente il commercio 
e la navigazione che portava lo sviluppo di nuovi mercati: ad 
esempio i Fenici erano grandi commercianti ed abilissimi navigatori. 
La loro modernità consiste nel fatto che indicarono alle civiltà 
agricole il modo di passare a civiltà secondarie e in alcuni casi 
anche terziarie. Oltre a questa vi furono altre civiltà, come ad 
esempio quella greca e romana che diedero grande impulso allo 
sviluppo dell’ Artigianato. 
Questo sviluppo fu soltanto considerato il preludio della crescente 
società medioevale; infatti proprio in questo periodo (sec. XV) si 
hanno i primi esempi di mercato cittadino. 
La società, intesa come mercato, apre lo sviluppo dell’ Artigianato 
anche per far sviluppare i crescenti scambi culturali fra i diversi 
paesi. 
In seguito alla trasformazione del mercato, i lavori manuali 
cambiano e si trasformano in lavori di pubblica utilità, all’origine il 
mestiere artigiano era ristretto a poche professioni. 
Lo sviluppo del mercato cittadino favorì quindi il raggiungimento 
dell’ equilibrio fra domanda ed offerta, sia riguardo a beni 
importanti che per beni che determinavano un discreto benessere. 
Nell’ economia del feudo medioevale, l’artigiano svolgeva mansioni 
di manutenzione e riproduzione di strumenti di lavoro come per 
esempio accessori domestici, accessori di utilità sociale, 
collocandosi definitivamente in un tipo di produzione sociale ad 
hoc. 
Falegnami, ramai, fabbri, maniscalchi; sono soltanto alcune delle 
figure artigianali tipiche dell’età feudale: figure declinate al 
maschile, mentre l’artigiano caseario comprendeva manodopera 
anche femminile. 
L’artigiano del feudo ha uno status sociale diverso dal servo della 
gleba, costituisce parte integrante della comunità e della proprietà 
feudale. 
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Con lo sviluppo dei Comuni, sorgono le prime forme di autotutela 
del lavoro artigiano: le nascenti CORPORAZIONI. 
Esse con il tempo acquisteranno visibilità sociale e con una politica 
mirata alle categorie, finiranno con l’avere grande influenza persino 
nell’ elezione degli organi comunali e nella gestione di ospedali ed 
enti di mutuo soccorso. 
Dal XII° sec. in poi la realtà urbana e comunale appare consolidata: 
fioriscono i commerci e con essi la produzione artigiana. 
L’incremento della domanda di beni di consumo dà nuovo impulso a 
questa categoria, infatti i ricchi mercati sperimentano la possibilità 
di produrre direttamente le merci, disponendole successivamente sul 
mercato. 
Con questo fenomeno sociale si ha un rilancio della produzione che 
fuoriesce da una dimensione familiare per costituirsi impresa; là 
dove si sviluppano larghe correnti di traffici, crescono aziende 
fondate sul libero scambio; mentre conserva il suo posto 
l’artigianato di produzioni artistiche e di lusso. 
Nella seconda metà del XVIII° secolo, l’estesa applicazione di 
macchine, determina un declino nella proliferazione di imprese 
artigianali. 
La Rivoluzione Industriale definisce marcatamente la presenza delle 
macchine portando il lavoro artigiano ad un declino produttivo 
limitato soltanto ad alcune professionalità, facendole diventare 
attività industriali. 
I nascenti imprenditori, persone che investivano direttamente i 
propri capitali nelle imprese a quel tempo poco sviluppate, 
organizzavano la produzione artigianale riunendo all’ interno di 
grandi opifici artigiani ed ex contadini, costretti molte volte a 
vendere le proprie terre per donare la loro opera alle imprese. 
Con l’introduzione dell’ organizzazione scientifica del lavoro si 
passa alla produzione in vasta scala dove la standardizzazione delle 
merci e la scomposizione in fasi produttive dominano il mercato e la 
produzione, marginalizzazando la domanda di beni di lusso o di 
figura artigianale. 
Se moltissimi ex-artigiani in questi anni approdano al lavoro 
operaio; tra la fine degli anni “50 e la fine degli anni “60 si verifica 
il movimento inverso: sotto l’impulso di scelte produttivo-
organizzative viene incentivata l’esternalizzazione di alcune fasi 
minori del ciclo produttivo-sussidiario portando il lavoro artigianale 
ad un concreto livello di sviluppo. 
Dalla metà degli anni “70 prende vita un processo di ristrutturazione 
delle organizzazioni produttivo-industriali; attraverso l’automazione 
e l’inserimento di supporti informatici, vi è quindi il controllo 
diretto e completo del ciclo produttivo. 
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Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro, si passa da una 
struttura rigidamente gerarchica e verticale ad una di tipo 
orizzontale dove in molti casi alla linea di produzione subentra la 
cosiddetta isola di lavoro. 
Il processo cambia, con l’esternalizzazione si ha una domanda di 
beni o servizi crescente, mentre con la delocalizzazione intere 
produzioni industriali vengono trasferite oltre i confini nazionali 
con conseguenze sul versante occupazionale per intere regioni a 
vocazione industriale. 
Con gli anni “90, l’artigianato si presenta come una realtà molto 
complessa e diversificata che sfugge ad una classificazione 
merceologica in quanto è presente in ogni settore. 
L’incremento della partecipazione manuale alle lavorazioni, acquista 
un rilievo minore in relazione al numero dei dipendenti dell’ 
impresa e dei mezzi tecnici impiegati. 
 
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1.2. L’ARTIGIANO. 
La figura imprenditoriale è da sempre considerata un punto di 
riferimento di autonomia ed allo stesso tempo di crescita economica 
che ha fatto evolvere ed accentrare in sé la molteplicità di ruoli 
come manager, proprietario o lavoratore esecutivo. 
Gli obbiettivi dell’ imprenditore artigiano non sono limitati al 
semplice risultato economico; accanto al profitto esistono altri 
obbiettivi che sono radicati nella cultura e nella tradizione della 
famiglia. 
La riunione in un unica persona della proprietà, dei mezzi di 
produzione e della forza lavoro potrebbe costituire in prima analisi 
un elemento di vulnerabilità e di debolezza strutturale. 
Infatti ad una prima lettura dell’ ultimo censimento risulta che 
l’artigiano è prevalentemente maschio, con un titolo di studio non 
elevato e un età compresa tra i 35 ed i 55 anni. 
Questi dati inoltre evidenziano che l’artigiano è in molti casi un 
imprenditore, che ha iniziato l’attività come operaio e 
successivamente il desiderio di autonomia, di uscire da una 
condizione di subordinazione lo hanno portato verso l’autoimpiego e 
la libera professione. 
Sotto l’aspetto conoscitivo emerge che ad una minore 
scolarizzazione dell’ imprenditore corrisponde la formazione 
professionale, che si avvale del “learn by doing” (lett. “Imparare 
facendo”); quindi un imparare e un formarsi lavorando sul campo 
rispetto al nozionismo delle aule; paragonabile ad una sorta di 
tutoraggio in cui il futuro professionista impari il mestiere, per 
rendersi autonomo ed iniziare l’attività professionale in proprio. 
(Rapporto, 1997-Fonte Internet.) 
L’artigiano essendo il manager di sé stesso, accentra tutti i ruoli 
gestionali cioè si autoresponsabilizza in toto. 
Nelle relazioni umane l’accento è posto sull’ ambiente familiare, 
sull’ importanza del lavoro di gruppo e del clima di collaborazione. 
Anche i dipendenti devono integrarsi a questa specifica impresa 
concepita all’ origine come famiglia. 
L’artigiano non è quindi una professione che si acquisisce da soli, 
ma è necessario un insegnante, una persona con una discreta 
esperienza e professionalità che fa acquisire le competenze 
necessarie per costruire il futuro professionista. 
 
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1.3. IL RUOLO DELL’ ARTIGIANO NELL’ IMPRESA. 
Il mondo artigiano ha sempre ricevuto scarsa attenzione e 
considerazione a causa di un presupposto teorico già predominante 
nel periodo del grande sviluppo economico, anni “50 e “60, che 
considerava l’impresa artigiana come momento transitorio nel 
processo evolutivo aziendale. Si privilegiava la grande impresa sulla 
base di compiti predefiniti. 
Alla grande impresa era stato assegnato il ruolo di industrializzare il 
nostro paese, essendo ritenuta l’unica componente in grado di dare 
un graduale contributo alla crescita economica. 
Negli anni “70 si considerarono nuovamente gli assunti di 
consapevolezza dell’ impresa artigiana come figura stabile nel 
tessuto economico e produttivo italiano. 
Quindi se la piccola impresa si mobilita diventando efficiente, è 
conseguenza che anche la figura dell’ imprenditore artigiano si 
debba mobilitare ad assumere delle competenze professionali che lo 
facciano essere competitivo nel panorama del mercato economico. 
La famiglia-impresa non viene concepita solo come vincolo ma 
anche come opportunità per trasformare i sentimenti e le tradizioni 
come valori per il raggiungimento di obbiettivi aziendali. 
Allo stesso modo vi è una diversa specificità nei rapporti con la 
clientela, questa è data principalmente dal rapporto di fiducia 
conquistato dai contatti personali e da una conoscenza specifica del 
prodotto. 
Si considerano in particolare modo le strategie di prezzo, la qualità 
e l’immagine che conquistano e mantengono la clientela. 
Quindi la funzione/obbiettivo dell’ artigiano è orientata al 
raggiungimento di risultati che hanno una valenza più sociale che 
economico-produttiva. 
Il Fattore “coinvolgimento” dell’ attività, da parte dell’ impresa, 
attribuisce peculiarità uniche all’ impresa artigiana. 
Le imprese artigiane svolgono un ruolo di incubatrice di nuova 
imprenditorialità anche grazie all’apprendistato che assegna una 
notevole importanza allo svolgimento dell’ attività autonoma. 
La facilità di entrata nel settore è evidenziata dal fatto che la 
maggior parte delle imprese è fondata dal titolare, questi oltre al 
desiderio di realizzare aspirazioni personali è stato motivato dalla 
possibilità di sfruttare a pieno le conoscenze acquisite 
precedentemente nel ruolo di operaio o di apprendista. 
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Infine una considerazione che conferma la relazione tra 
imprenditoria artigiana e benessere sociale. 
La produzione artigianale è adatta a operare su mercati la cui 
domanda è caratterizzata dalla richiesta di prodotti specifici, quindi 
tende ad essere particolarmente competitiva su vasta scala. In tali 
contesti produttivi, essa trova facile sviluppo grazie ad un rapporto 
diretto con la clientela che inoltre garantisce un percorso di 
rivitalizzazione dei centri storici. Quindi la presenza artigiana come 
segnale di benessere sociale, in quanto se si pone la relazione tra 
l’indice di presenza artigiana con quella della qualità della vita si 
nota una relazione positiva di media intensità che concorre a 
sostenere la tesi secondo cui la presenza dell’ imprenditoria 
artigiana si ha in quegli ambiti territoriali in cui non vi è ancora un 
attenzione particolareggiata alla qualità della vita. 
Una delle caratteristiche dell’ impresa artigiana è di avere deboli 
collegamenti con il mercato, in quanto si opera con pochi clienti, 
mentre uno dei problemi di fondo riguarda l’organizzazione interna 
poco differenziata, che non dispone di una specifica struttura. 
Le imprese artigiane costituiscono circa il 33% del panorama 
imprenditoriale italiano che rappresenta circa il 12% della ricchezza 
prodotta ogni anno in Italia mentre il loro contributo al commercio 
estero arriva al 20%. 
L’impresa artigiana non costituisce tuttavia il fulcro del nostro 
sistema imprenditoriale minore, ma si configura come detto sopra 
incubatrice di piccole imprese, visto che 1/3 di queste è nata sotto 
forma artigianale. 
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1.4. L’ARTIGIANATO. 
La presenza dell’ Artigianato nel panorama industriale italiano, 
segue linee riscontrabili nella distribuzione territoriale dell’ 
apparato produttivo. 
Un aspetto questo che deriva dalla struttura settoriale assunta 
dall’artigiano nelle regioni italiane, con una maggiore presenza al 
Sud rispetto al Nord. 
Nel Mezzogiorno le possibilità di creazione di posti di lavoro sono 
sempre urgenti e quindi si prendono in considerazione sempre nuove 
figure professionali, un esempio viene offerto dalla figura 
artigianale. 
L’Artigianato si configura come il cuore manifatturiero del nostro 
sistema produttivo in cui si concentra il prodotto industriale. Quindi 
si caratterizza come elemento strutturale del successo dei distretti 
industriali, di quelle aree di eccellenza del vitalismo economico 
italiano. 
Le strategie di mercato dell’ Artigianato si presentano orientate in 
prevalenza allo sviluppo di nuovi prodotti. 
Nell’ artigianato vi è un alta natalità d’impresa, ciò è spiegato dal 
fatto che molte volte non riesce a superare la fase iniziale di 
avviamento, in quanto ad un maggiore carico di natura fiscale si 
contrappone una maggiore scarsità di lavoro. 
I settori d’intervento dell’ impresa artigiana sono diversificati e 
riguardano la produzione, l’arte, i servizi. 
Nell’artigianato artistico troviamo: orafi, ceramisti, sartoria, ecc..: 
acconciatori, centri estetici, lavanderie, trasporto persone ecc..., 
rientrano nell’ artigianato dei servizi. 
Per quanto riguarda la struttura dell’Artigianato, si devono prendere 
in considerazione le associazioni che tutelano il lavoro, che hanno 
come scopi molteplici realtà produttive. 
Nel 1946 vi fu la nascita di due confederazioni:  
la C.N.A. (Confederazione Nazionale dell’ Artigianato) e la C.G.I.A. 
(Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato). 
Oggi, più di 520.000 Artigiani si riconoscono nella 
CONFARTIGIANATO, organizzazione Sindacale che dal 1946 
rappresenta l’universo produttivo, coniugando l’azione sindacale con 
l’impiego sul territorio di servizi alle imprese. 
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LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA È COSÌ COSTITUITA: 
• 20 federazioni regionali; 
• 119 associazioni territoriali; 
• 1.200 sedi periferiche; 
• 14.000 dipendenti. 
 
Il peso politico della CONFARTIGIANATO è espresso dai propri 
rappresentanti nelle principali istituzioni comunitarie e nazionali. 
In ambito Europeo rappresenta gli artigiani italiani nel Comitato 
Economico e Sociale dell’ Unione Europea. 
Il sistema produttivo Italiano è composto per il 96% da piccole 
imprese che occupano meno di 20 dipendenti. 
L’imprenditoria artigiana, componente centrale della piccola 
impresa, rappresenta il 33% del totale delle imprese ed il 20% dell’ 
occupazione complessiva. 
L’impresa Artigiana è definita giuridicamente tale dalla legge 
n.860/56, con cui vengono istituite le Commissioni Provinciali 
Artigiane e viene regolamentato in materia di contributi 
previdenziali, INAIL e INPS. 
Le Commissioni Provinciali curano gli albi provinciali e definiscono 
le garanzie tra le parti, committende e mandante. 
La legge 860/56, è stata successivamente modificata con la legge 
n.443, che definisce in maniera definitiva la figura artigianale, 
inoltre se con la legge 860 non vi erano limiti circa il numero di 
dipendenti, con questa legge non può superare le 36 unità. 
Sulle specifiche norme della legge, và considerata la potestà delle 
regioni in materia di regolamentazione in virtù dell’ articolo 117 
della Costituzione, dandone delega agli enti locali. 
Per specifiche attività che comportano particolari responsabilità 
verso l’utenza, possono essere varate delle norme che regolano le 
imprese a carattere artigianale. 
Il carattere costitutivo dell’ azienda si ha con la legge 433 che 
definisce l’obbligo d’iscrizione agli Albi istituiti dalla legge 860 del 
1976. 
Recentemente il Parlamento Italiano ha approvato una modifica alla 
legge quadro che riconosce all’ imprenditore artigiano la possibilità 
di costituire società a responsabilità limitata (S.r.l.) con un socio 
oppure una società ad accomandita semplice (S.a.s.) con diversi 
soci. 
Si tratta di un traguardo storico per il settore che proietta l’impresa 
artigiana verso forme più avanzate di organizzazione aziendale 
consentendole di accedere a strumenti moderni di agevolazione e di 
essere partecipata da capitale esterno. 
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L’Artigianato è un luogo privilegiato in cui i giovani, fururi 
imprenditori, potranno manifestare la disponibilità ad imparare un 
lavoro e sviluppare propensione imprenditoriale. 
Quindi flessibilità e personalizzazione sono caratteristiche spiccate 
che determinano l’80% della produzione artigianale come risultato 
di una specifica richiesta da parte del cliente. 
 
L’ARTIGIANATO risulta costituito da tre comparti: 
• ARTIGIANATO DI PRODUZIONE DI BENI: comparto molto 
dinamico poichè in relazione alle tecniche e macchinari usati si 
allarga o si restringe lo spazio dell’ Impresa. Si tratta di una 
forma di artigianato esposto alla concorrenza dell’ industria. 
• ARTIGIANATO DI RIPARAZIONE: legato all’ aumento dei 
beni strumentali negli uffici e nelle industrie è inoltre connesso 
all’ incremento dei beni d’uso durevole nelle famiglie. Questo 
richiede una notevole specializzazione professionale diffusa in 
modo capillare sul territorio. 
• ARTIGIANATO DEI SERVIZI: che comprende a sua volta:  
• Servizi alla persona, nei quali la manualità è insostituibile: 
(parrucchieri, estetisti, ecc.); 
• Servizi per la persona più standardizzati, forniti da micro 
imprese a mercato locale; 
• Servizi di trasporto di cose o persone comprendenti le 
prestazioni più varie. 
Per le imprese artigiane si possono aprire nuove opportunità di 
sviluppo alla condizione che si affermi una valutazione dell’ impresa 
artigiana come soggetto portante in grado di attivare relazioni 
commerciali anche con l’estero.