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L'arte e la sua resa pubblica

L'arte e la sua resa pubblica 


L’arte e la sua resa pubblica esistono in quanto attività umane legate all’esperienza e alla conoscenza diretta di determinati fenomeni oggettuali o ideali. In questo senso l’arte consiste in una sorta di calcolo totale di questa esperienza personale, individuale, attraverso cui l’autore pone in essere la sua capacità di giudizio sulle cose, ma pone anche in movimento la capacità altrui di interpretare ciò che l’arte mette in scena. La complessità dell’arte risiederebbe nella capacità di connettere differenti nessi provenienti da specifici e spesso contraddittori campi di indagini in un unico corpus significante, al di la della volontà manifestata nel suo progettarsi. La volontà di manifestare un’opera che sia dissimile dalle posizioni strategiche del potere in atto è una delle aspettative che maggiormente caratterizza la prima fase di storicizzazione del mondo postmoderno. L’arte diviene potere solo in quanto affermazione dell’esserci, solo in quanto patrimonio di un
collasso socio-economico che investe l’idea di monetizzare gli oggetti e la stessa idea di proprietà, in un contesto sociale in cui l’unico valore è proprio quello auto rappresentativo negato all’arte. Il sapere in quanto cognizione è l’espressione del singolo nei confronti della totalità; esso implica la storia come tutore delle decisioni e freno della libertà decisionale. Il sapere in quanto cognizione o modo del conoscere azioni e di assoggettarle al giudizio della mente, è l’espressione del singolo nei confronti della totalità, ovvero il giudizio della mente, di analizzare e comprovare le nozioni acquisite è una facoltà socializzante. L’auto referenzialità della creatività contemporanea ha inizio nella prima metà del XX secolo con l’opera delle avanguardie. Si radica con la sperimentazione la convinzione che l’originalità di un’opera derivi dalla sua relazione assoluta e che per essere tale deve distaccarsi da ogni relazione con la storia. Il concetto di creazione è infatti più complesso del mero produrre dal nulla ed implica anche l’ipotesi dell’ideazione come principio assoluto; tuttavia nella prassi esecutiva e storica, tutto questo creare risulta essere piuttosto un’operazione di convalida delle forme fattuali derivate da una intersecazione con la naturalità dell’esserci o con la diretta appropriazione. Se quindi l’autenticità dell’avanguardia storica non può essere rimessa in discussione risulta assai più problematico dimostrare l’autorevolezza dell’oggettualità prodotta, spesso in diretta antitesi con la teoria stessa dell’avanguardia.


Tratto da LA CURA CRITICA di Alessia Muliere
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