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Il rapporto tra il testo e il suo autore


Il posto che spetta all’autore è certamente il punto più controverso della teoria letteraria. Qual è il ruolo dell’autore? Che rapporto esiste veramente tra un testo e il suo autore? Qual è la responsabilità dell’autore in ordine al significato e al senso di un testo? Per trattare l’argomento possiamo partire da due posizioni opposte, una antica e una moderna. L’idea antica sostiene che il senso dell’opera coincide con l’intenzione dell’autore. L’idea moderna sostiene, invece, che per descrivere o definire il significato di un’opera l’intenzione dell’autore non è pertinente. Quella della non pertinenza dell’autore è una tesi diffusa dal formalismo russo, dallo strutturalismo francese e dal New Criticism; in particolare il formalismo giudicava addirittura pernicioso il concetto di intenzionalità negli studi letterari e in proposito parlava di intentional fallacy, illusione intenzionale appunto.
Possiamo porre il problema anche in un'altra veste: il conflitto tra i sostenitori della spiegazione letteraria, e quelli della interpretazione letteraria. Spiegare significa ricercare l’intenzione d’autore, cioè ricercare nel testo ciò che l’autore ha voluto dire; interpretare significa, invece, descrivere i significati dell’opera, ovvero ricercare nel testo ciò che esso medesimo vuole dire, indipendentemente dalla intenzione del suo autore.
Possiamo sfuggire a questo dualismo forzato? Si, con l’idea di mettere l’accento sul lettore, nuovo criterio di valore rispetto al significato letterario, ma ne tratteremo approfonditamente in seguito.
È dunque in corso una battaglia. Strutturalisti, formalisti eccetera hanno fatto dell’autore il loro principale capro espiatorio, in quanto personificazione di quell’individualismo di sapore umanistico che tanto odiavano. L’importanza della letterarietà, a ben vedere, è inversamente proporzionale al ruolo di importanza che riveste l’intenzionalità. Essi eliminarono la figura dell’autore per garantire l’indipendenza degli studi letterari dalla psicologia e dalla storia.
E i loro antagonisti? Essi considerano il testo, al di là del grado di coscienza intenzionale riconosciuta all’autore (individuale per i freudiani, collettiva per i marxisti), un mezzo per accedere a detta coscienza.
Per aprire il dibattito è utile prendere come basi tre importanti testi guida: il prologo di Rabelais al Gargantua; il Contro Sainte – Beuve di Proust; l’apologo Pierre Menard autore del Chisciotte di Borges. Nel Gargantua Rabelais sembra invitarci a scoprire il senso nascosto del suo libro, secondo l’antica formula dell’allegoria medievale, ma finisce per farsi beffe di chi davvero presta fede al suo invito. Perché? Stigmatizza una formula grazie alla quale, arbitrariamente, si sono dedotti significati cristiani in Ovidio, Virgilio e Omero?
O forse non fa altro che rinviare il lettore alla propria responsabilità nel caso deducesse significati sovversivi nell’opera? Paradossalmente non c’è accordo ancora oggi sull’intenzione di questo testo capitale che fa proprio dell’intenzione uno dei suoi pilastri. Teniamo poi in considerazione il libro di Proust perché grazie ad esso la Francia ha dato un nome moderno all’intenzione. Cosa dice Proust? In opposizione a Sainte – Beuve, sostiene che la biografia di un autore, il ritratto letterario, non è utile a spiegare l’opera, che è frutto di un altro io dell’autore, un io profondo, diverso da quello sociale, e non riducibile ad una intenzione cosciente. E Borges? Il suo è un altro testo fondamentale sull’argomento: lo stesso testo è stato scritto da due autori diversi a distanza di secoli; sono dunque due testi differenti, che possono avere addirittura sensi opposti, perché i contesti e le intenzioni non sono le stesse.
La teoria denunci lo spazio eccessivo concesso all’autore negli studi letterari tradizionali, ma sbaglia probabilmente nel suo sforzo di spingere la logica fino all’antitesi, fino ad affermare l’indifferenza dell’autore per il senso di un testo letterario. Interpretare un testo, infatti, non vuol dire comunque fare congetture su una intenzione umana in atto?

Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
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