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Tipi e strategie di conservazione delle specie

La conservazione di specie in pericolo può essere svolta con due schemi che prevedono razze separate (più costosa per la necessità di gestire più soggetti e più definita in termini di caratteristiche e parametri di tipo morfologico, comportamentale, produttivo, genetico) o con pool di geni o razze composite (è più economica per la riduzione dei soggetti necessari, più difficile da gestire per caratteri poco associati con il fenotipo, più efficace per razze simili con caratteri economicamente importanti con caratteristiche fisiologiche e di adattabilità simili per esempio popolazioni singole con Ne compromessa con colorazioni diverse, sino a 2-3 diverse popolazioni al massimo).
Generalmente utilizziamo 3 tipi di conservazione: ex situ (crio-conservazione di materiale genetico come cellule aploidi, cellule diploidi, DNA; a queste fanno parte le ex situ live che mantengono gli animali vivi non nell’ambiente di origine come gli zoo), in situ (mantenimento delle razze nei loro sistemi produttivi) e misto (combinazione dei tipi precedenti). La conservazione in situ si pone come obiettivi quello di soddisfare le richieste di un futuro mercato, opportunità per la ricerca, mantenere dei valori socio-economici, valore storico-culturale ed ecologico; mentre la conservazione ex situ garantisce la soddisfazione delle richieste future e da opportunità alla ricerca.
Generalmente il declino di una popolazione avviene per la mancanza di profitto per chi la alleva, la mancanza di un programma o schema di selezione, la diminuzione dell’entusiasmo tra gli allevatori, la riduzione del numero di animali e allevamenti e l’eccessiva competizione del mercato momentaneo. Per diminuire, o meglio prevenire il declino di una popolazione animale bisogna stabilire le prestazioni economiche della razza(spesso non si conoscono le informazioni sull’interazione tra genotipo ed ambiente, le prestazioni di caratteri funzionali come la fertilità, le prestazioni di incroci tra razze selezionate con le locali), migliorare le infrastrutture e l’assistenza tecnica(per esempio macelli, caseifici, punti vendita), effettuare il MG (generalmente le razze locali non beneficiano di moderne tecniche e schemi di miglioramento genetico che possono aiutare a migliorare la economicità e produttività della razza, spesso non vi sono schemi che permettono di conservare variabilità genetica e miglioramento), ottimizzare il sistema produttivo (riorganizzare il sistema di produzione mediante la pianificazione della stagionalità delle produzioni, la modificazione dell’età ed il peso alla macellazione, l’introduzione degli incroci con razze più remunerative usando la razza locale come popolazione femminile, gli incroci distinguibili per evitare rischio di u’involontaria sostituzione e la garanzia del mantenimento in purezza), sviluppare un’attività per aumentare il valore di mercato dei prodotti della razza(associare razza e prodotti alimentari, creare prodotti DOP e IGP, associare razza con tutela ambientale, turismo e cultura locale) e sviluppare degli incentivi(da impegarsi fin tanto che non si crea un’economia in grado di fornire reddito; il regolamento comunitario 2078/92 prevede incentivi per allevatori che allevano razze in via di estinzione; il regolamento del Consiglio Europeo 1467/94 provvede premi agli stati membri che si adoperano per la conservazione in agricoltura. Nei possibili sostegni rientrano i sostegni per l’acquisto di quote latte per favorire l’aumento della dimensione aziendale di allevatori che allevano razze a limitata diffusione, i sostegni per l’acquisto di quote latte per allevatori che non allevano razze a rischio, i sostegni per vacche nutrici per razze a limitata diffusione, il permesso di stoccare materiale seminale ed embrioni di razza a limitata diffusione, includere nel regolamento 2078/92 anche i suini).

Se siamo nelle condizioni di non poter aumentare il numero di riproduttori, esistono 5 strategie di controllo della consanguineità:
1.    Massimizzare il rapporto Ne/N
Il numero di riproduttori maschi deve essere il più alto possibile, idealmente il più vicino possibile a quelle delle femmine tale per cui il rapporto Ne/N tende a 1; il numero delle progenie deve essere idealmente uguale per ciascun riproduttore in modo che la varianza nel numero della progenie è nulla e Ne/N è massimizzato, se i maschi sono uguali alle femmine e le varianze sono nulle allora Ne=2N. per raggiungere tale scopo, o contenere nelle popolazioni la  varianza della progenie è sufficiente che ogni maschio lasci un numero circa uguale di figli riproduttori maschi che i maschi fecondino un numero circa uguale di femmine.

2.    Minimizzare la parentela tra i riproduttori
Si basa sulla minimizzazione della varianza del processo riproduttivo che deve però essere svolta da ogni generazione se si desidera risulti efficace: il successo riproduttivo disomogeneo tra i riproduttori della generazione n crea un incremento di consanguineità nella popolazione della generazione n+1; è sufficiente scegliere ad ogni generazione i riproduttori sulla base della minimizzazione dei rapporti di parentela K tra di loro.

3.    Minimizzare la parentela di accoppiamento
Si basa sulla minimizzazione della parentela tra padre e madre. E’ una strategia che ritarda la consanguineità piuttosto che diminuire il tasso di incremento generazionale; non sostituisce le precedenti strategie ma aiuta a contenere la consanguineità in piccole popolazioni con soggetti molto parenti tra di loro. Generalmente è efficace in popolazioni dislocate tra diversi allevamenti che mantengono la popolazione femminile e usano tra di loro in rotazione i maschi.

4.    Modificare l’intervallo di generazione
Si intende l’età media dei genitori alla nascita della loro progenie. Si può modificare entro i limiti biologici (età alla maturità sessuale, interparto, lunghezza carriera produttiva), si possono superare i limiti di questi con le biotecnologie riproduttive (superovulazione, congelamento materiale seminale). Allungando L, dovremmo diminuire la consanguineità Fx=1/2Ne

5.    In caso di selezione, selezionare in base a indici composti parentale-indici genetici.
Si tratta di bilanciare il PG e l’incremento di F di una popolazione mediante indici genetici corretti per la parentela. Si tratta di definire un indice composto di F e G ed il loro peso relativo Vn. Se uno dei due V è uguale a zero allora la scelta dei riproduttori ricade o sulla massima di F o del G. Per esempio : M = V1*EBVmedio – V2*(0,25*Ks + 0,5*Ksd + 0,25*Kd) dove EBV medio è l’indice genetico medio dei riproduttori scelti

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