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Principio di gerarchia tra le fonti: la riserva di legge


Oltre a quelli generalissimi ora indicati, la Costituzione esprime principi collocati all’interno del principio di gerarchia e attinenti ai rapporti tra le fonti primarie e quelle secondarie.
Il primo è rappresentato dalla riserva di legge.
Quest’istituto non ha carattere generale, ma si ricollega alle numerose disposizioni costituzionali che lo prevedono, allo scopo di delimitare, negli oggetti considerati, la potestà normativa secondaria nei confronti di quella primaria.
Esso comporta, per un verso, il divieto per le fonti regolamentari di intervenire nella disciplina degli oggetti riservati (aspetto negativo) e, per altro verso, la necessità che il legislatore disciplini compiutamente questi oggetti, in modo da limitare gli ambiti di discrezionalità delle autorità preposte all’applicazione della legge (aspetto positivo).
Da un lato la riserva di legge, nella misura in cui richiede l’intervento legislativo, esprime l’esigenza che al procedimento di elaborazione della disciplina delle materie riservate possano partecipare le opposizioni.
Da un altro lato, poi, la necessità dell’atto legislativo può assumere il significato di assoggettare quella disciplina al controllo di legittimità della Corte costituzionale e a referendum abrogativo.
La distinzione tra riserve relative e riserve assolute tende a mettere in luce il maggiore o minore ambito che può essere lasciato dal legislatore, all’interno delle materie riservate, alle fonti secondarie ed in genere alle scelte discrezionali dell’esecutivo.
Relativa è considerata la riserva dell’art. 97 cost. per l’organizzazione dei pubblici uffici, non escludendo questa disposizione interventi normativi di attuazione e di esecuzione delle leggi che definiscono, nelle linee fondamentali, la materia.
Al contrario assoluta, e perciò preclusiva di qualsiasi intervento di fonti subordinate che non siano di mera esecuzione della legge, è considerata la riserva dell’art. 13 cost. sulla determinazione dei casi e dei modi di limitazione della libertà personale.
Il fondamento di questa distinzione è molto incerto, ma sembra poggiare sulla diversa formulazione con cui la Costituzione prevede una riserva di legge: così sarebbero relative le riserve introdotte con l’espressione “in base alla legge”, “secondo la legge” o simili, mentre assolute sarebbero quelle introdotte dall’espressione “nei casi e nei modi previsti dalla legge” o analoghe.
L’assolutezza e la relatività della riserva non sono caratteri strutturali dell’istituto, ma si riferiscono alla misura più o meno ampia della possibilità di intervento dell’esecutivo (e non del giudiziario, il quale mantiene ampi poteri discrezionali anche in materie coperte da riserve assolute: ad esempio in ambito dell’art. 13 cost. il giudice mantiene, nonostante la riserva assoluta, potere discrezionale sulla commisurazione della pena in virtù dell’art. 133 c.p.) nella materia riservata.
Altra distinzione, che si trova soprattutto nella dottrina, è quella tra riserve rinforzate e riserve semplici, a seconda che il rinvio alla legge sia o non sia accompagnato da prescrizioni sostanziali circa il contenuto che essa può assumere.
Ipotesi di riserva rinforzata è quella dell’art. 97 cost. sull’organizzazione dei pubblici uffici, in base al quale la legge deve assicurare il buon andamento, l’imparzialità, ecc… dell’amministrazione.

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