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Introduzione al diritto del commercio internazionale


Nel commercio internazionale le dimensioni nazionali ad un certo punto svaniscono perché potremmo entrare in rapporto con giuristi o con realtà sia a livello commerciale ma anche con professionisti di altri ordinamenti che sono abituati a ragionare seguendo categorie giuridiche diverse perché sono legati ad un ordinamento giuridico diverso.
Quindi il giurista non opera sul confortevole terreno su cui ha sempre operato ma si trova improvvisamente in contatto con altri ordinamenti giuridici di cui sa ben poco.

Quando parliamo di ordinamenti giudici diversi ci dobbiamo porre un problema fondamentale, quando si parla di contratto internazionale noi ci possiamo trovare di fronte un imprenditore italiano che vuole acquistare delle merci che si trovano in un altro paese, per esempio il Brasile e chi le trasporta potrebbe essere norvegese. Come si regolano questi rapporti? Quale è la legge che si deve applicare?
Ognuno dei paesi vorrebbe giustamente il supporto tecnico, normativo di un ordinamento giudico di cui si è avuti sempre a che fare. Ognuno vorrebbe avere il conforto del proprio ordinamento giuridico.

Suddivisione ordinamenti giuridici

Ogni stato non solo ha il proprio diritto ma è appartenente ad una famiglia giuridica. Tutti gli stati che appartengono ad una stessa famiglia giuridica hanno una stessa mentalità, stesso modo di affrontare le problematiche e stesso modo di studiare, affrontare delle questioni giuridiche.
Questo è il risultato di un evoluzione storia, di colonizzazioni e una serie di fenomeni che ci consentono di prendere il nostro pianeta e di individuare delle famiglie di diritto.

Gli stati che appartengono. Queste famiglie sono fortemente ancorati, collegati alla tradizione giuridica della famiglia di appartenenza. La nostra famiglia giuridica è quella romano-germanica cioè noi abbiamo una tradizione giuridica che fondamentalmente è comunque a quelli di altri paesi come la Francia, Germania, Portogallo. Tutti quei paesi che costruiscono il loro diritto intorno alla tradizione romanistica, diritto romano che è il padre della cultura giuridica quasi universale (in Asia e Africa) —> base fortissima. Molte di queste istituzioni hanno ancora un ruolo fondamentale.
Diritto romano ancora esercita la sua influenza: diritti reali, delle successioni (non quello di famiglia), delle obbligazioni e poi sono state successivamente ampliate, sviluppate ed accresciute dal diritto tedesco. Il diritto tedesco contributo importante al diritto romano a cui è fortemente legato.

L’altra famiglia è quella inglese e tutti i paesi del Commonwealth, USA (tranne Lousiana che ha un ordinamento di civil law e Canada influenzati dalla Francia) che appartengono all’ordinamento di common law (il nostro è civil law).
Da noi quando si parla di diritto si cerca subito la legge e che legge regola questo ambito...si consulta il codice civile, penale. Noi creiamo le nostre regole per iscritto. Prima c’è la regola e poi c’è il giudice che applica quella regola e non bisogna confondersi tra giurisprudenza e diritto. La giurisprudenza è il risultato di ciò che i giudici hanno detto mentre il diritto è la legge scritta. Poi c’è la dottrina che è ciò che dicono gli studiosi.
Da noi quali sono le fonti vere del diritto? Sono le leggi. In altri ordinamenti non si parte sempre necessariamente dalla legge. La famiglia di common law per esempio cosa citano normalmente nei tribunali loro quando fanno un processo? Loro citano un precedente, è un fenomeno nato in Inghilterra. Per loro sopratutto nelle corti di livello superiore (no tribunale di un piccolo paesino in UK) quello che viene stabilito ha una funzione vincolante quindi discostarsi da questi precedenti è difficile a meno che non venga adeguatamente motivato e giustificato.
In Italia tranne forse le sezioni unite della cassazione, è tipico vedere un caso trattato dalle varie sezioni della cassazione in maniera contrastante (cassazione x dice questo e cassazione y dice altro). In Italia si fa riferimento al testo normativo, si parte dalla costituzione e poi tutte le varie fonti scritte.

Poi ci sono gli ex-socialisti quindi tutti i paesi dell’est che sono nati come appartenenti tendenzialmente alla famiglia romano-germanica che poi sono stati per un certo periodo sottoposti ad un certo tipo di regolamentazione, delle istituzioni diverse. Il diritto di proprietà da noi è costituzionalmente garantito (deve rispondere a degli interessi di utilità sociale) e in altri paesi prima la proprietà privata e l’iniziativa economica non era così libera mentre noi si come dicono gli articoli 40 e 41. Poi c’è il diritto islamico.

Nell’ordinamento giuridico islamico è dove prevale di più la dottrina, è uno dei pochi dove fondamentale non è quello che viene messo per iscritto nelle leggi o quello che viene detto dai giudici o quello viene affermato dagli studiosi. Non si può interpretare liberamente per esempio il corano. Tensione culturale. Qui c’è la Shari’a cioè la legge di Dio. Solo di recente si è cominciato a mettere per iscritto regole perché anche loro hanno bisogno del diritto societario perché c’è un bisogno di relazionarsi con altri paesi. Questi paesi ad un certo punto hanno avuto bisogno di fare i conti con l’inevitabile apertura al mondo. C’è sempre quindi questa dicotomia tradizione (che conta molto per il diritto arabo) e la modernità, di un economia globale in cui ci sono rapporti di diritto del commercio internazionale.

Stessa cosa vale per l’India. India ha il Dharma, la virtù, il karma... una serie di principi. Un po' di spiritualità gli è stata tolta dagli inglesi quando con la loro dominazione hanno inevitabilmente strutturato la società indiana secondo i criteri della common law. Se da una parte le tradizioni e le consuetudini mantengono una certa valenza dall’altro per certi versi si sono trovati avvantaggiati da questa opera di normativizzazione operata dalla dominazione britannica.

Un’altra realtà particolare la abbiamo in Cina e in Giappone dove il diritto è considerato come un qualcosa da guardare con una certa cautela perché le influenze filosofiche fortissime che hanno avuto in questi due paesi (confucianesimo e buddismo, e in Giappone anche lo scintoismo) hanno sempre dato una grande valenza al fatto che ricorrere al diritto sia qualcosa di negativo. Ricorrere all’avvocato significa una sconfitta, non si è stati in grado di trovare un accordo, una composizione amichevole della lite. Abbiamo in Cina il concetto del MI (tradizioni, virtù, principi...) e del FA (diritto scritto). Per anni ha ruotato intorno a filosofie, spiritualismo... poi inevitabilmente al confronto con il mondo cercando di trovare delle soluzioni giuridiche che rimangano coerenti con la scelta politica fatta ma che allo stesso tempo comportino l’acquisizione della possibilità di essere competitivi. Se prima il capitalismo non era accettato ora è strumento per diventare una potenza. Mentre in America il capitalismo, fare successo è un fine ed è visto bene.

Da noi il consumismo non è agevolato mentre in America si, c’è il calvinismo → predestinazione, ci si accorge dal successo di essere il predestinato o no. L’essere di successo in diversi paesi viene vissuto in maniera diversa perché abbiamo un substrato culturale, religioso, morale, politico, una sovrastruttura tale che ci fa intendere gli stessi fenomeni in maniera diversa.

Quando si parla del diritto del commercio internazionale non si parla di rapporti domestici cioè interni ad un unico paese ma rapporti che presentano elementi di estraneità → cioè ci sono dei collegamenti con un ordinamento straniero dove straniero può essere la parte, cioè c’è qualcosa che ci riconduce ad un ordinamento di un altro paese perché in caso contrario si applicherebbero le norme di diritto interno.

La questione è: Quale dei due ordinamenti (legge) deve regolare il nostro caso? Se ci dovesse essere una controversia, davanti a quale giudice vado? Come si gestiscono, risolvono e sopratutto come si prevengono o come si pre-regolano queste situazioni? Quindi quando si va a fare un contratto commerciale con un soggetto che si trova in un paese straniero, che presenta questi elementi di estraneità non ci si deve preoccupare solo della parte fisiologica cioè cosa si vuole ottenere da questo contratto. Non si deve tenere in conto soltanto l’oggetto del rapporto ma bisogna tenere conto anche dei possibili problemi. È fondamentale che in un contratto internazionale si tenga in considerazione non solo il contenuto del contratto, che cosa voglio ma anche degli eventuali problemi. Quale legge si applica a questo contratto? Davanti quale giudice si va se le cose vanno male? Siamo qui sopra un livello sopranazionale, cioè un livello che prescinde dai diritti dei vari stati.

Tratto da DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE di Alice Lacey Freeman
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