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Il principio di colpevolezza, art. 27.1 Cost.


Art. 27.1 Cost. La responsabilità penale è personale. 2 co.: L’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna definitiva.

Il principio di colpevolezza, desunto dall’art. 27.1 Cost., dice che la responsabilità penale è personale, ma solo se l’autore del fatto era in grado di orientare le proprie scelte secondo criteri di valore e di governare razionalmente i propri atteggiamenti esteriori.

Art. 42.1 c.p. : nessuno può essere punito per una azione od omissione preveduta dalla legge come reato se non l’ha commessa con coscienza e volontà. Coscienza e volontà sono elementi imprescindibili per l’imputazione del fatto al soggetto, sia a titolo di dolo, sia di colpa, sia di preterintenzione.

L’art. 85.2 c.p. stabilisce che è imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere. Non sono quindi imputabili e soggetti al giudizio di colpevolezza coloro che la legge penale riconosce espressamente privi di incapacità d’intendere e di volere (per vizio totale di mente, per intossicazione cronica da alcool e sostanze stupefacenti, per sordomutismo, per età < di 14 anni).
Inoltre, secondo la famosa sentenza n.364/1988 della Corte Costituzionale, non si può punire neanche colui che ignorava la legge penale, a differenza di quanto stabilito dall’art. 5 c.p. (che non ammette come scusante l’ignoranza in materia penale), quando questa ignoranza è “inevitabile”.

Non c’è reato senza rimprovero personale all’autore del reato per il fatto commesso.
Non basta aver realizzato un fatto conforme al tipo previsto.
Non basta aver causato un’offesa a un bene giuridico.
Occorre anche la colpevolezza personale.
Il principio si ricollega direttamente alla funzione del diritto penale, che è quella di punire coloro che si rendono “colpevoli” di un comportamento difforme rispetto a quanto stabilito nella norma penale, perché quel comportamento lede un bene importante della società e va contro il bene della società ed una pacifica convivenza civile.
Viene inoltre sancito il principio per cui non si è responsabile per fatti altrui e che non può esistere in ambito penale una responsabilità oggettiva, come invece è previsto per la responsabilità civile. Inoltre non ci può essere pena senza necessaria rieducazione.
Art. 27.3: Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
In materia penale il legislatore deve scrivere la norme osservando questo principio. Il giudice deve applicare le norme non dando per scontato che il reo è colpevole.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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