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Definizione di esimente ai sensi dell’art.6

Definizione di esimente ai sensi dell’art.6

Il decreto 231 ruota introno all’approccio del “bastone e della carota”, ossia l’idea che per migliorare i livelli di rispetto della legalità nell’attività d’impresa oltre alla sanzione (bastone), che minaccia l’ente, bisogna avvalersi anche della possibile esenzione dalla sanzione amministrativa (carota), affinché l’ente si organizzi per prevenire al suo interno la commissione di reati. Gli art.6 e 7 disciplinano quegli strumenti che se vengono correttamente attuati (carote) possono portare all’esenzione della responsabilità dell’ente anche in presenza di un reato commesso nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Quindi anche se sono presenti tutti i requisiti che potrebbero fare scattare la responsabilità (bastone), se l’ente ha attuato le misure previste negli art.6 e 7 può comunque farla franca, essere esente da sanzioni.Il legislatore ha costruito una tipologia di esimente, situazione cioè che consente all’ente di evitare la responsabilità anche se il reato è stato commesso nel suo interesse e nel suo vantaggio. La situazione esimente è la seguente:ADOZIONE E EFFICACE ATTUAZIONE DI UN MODELLO ORGANIZZATIVO IDONEO PRIMA DELLA COMMISSIONE DEL REATO : è necessario che l’ente si sia dotato di un modello organizzativo idoneo a prevenire reati come quello che si è effettivamente verificato. Io legislatore do a te ente la responsabilità di essere esente da responsabilità quando la corruzione è stata fatta al tuo interno, qualora tu abbia adottato prima della commissione del reato, un modello organizzativo volto a prevenire reati, previsto dal decreto 231.

L’ente deve dotarsi di un meccanismo di vigilanza (ODV) che sia un organismo dell’ente, costituito al suo interno, ma un organismo che anche se all’interno dell’ente, deve essere indipendente e autonomo dagli altri organismi sociali e che non sia rimproverabile nel caso concreto per omessa o insufficiente vigilanza. In particolare l’organismo di vigilanza non è subordinato a nessuno, neanche al consiglio di amministrazione che lo nomina. Tuttavia l’ODV deve poter vigilare anche sul Consiglio di Amministrazione che lo ha nominato. La vigilanza è a 360°, riguarda tutto e tutti. Nella prassi uno dei punti più delicati riguarda proprio la composizione dell’ODV, perché se questo non è sufficientemente autonomo e indipendente, crolla tutto il modello, perché non c’è chi possa controllare che quelle regole siano effettivamente praticate.

Esempio: immaginiamo che io sia un ente che voglia adeguarsi a questa disciplina, adotto un modello organizzativo con tutte le procedure volte a ostacolare la commissione dei reati, ad esempio non permetto che all’interno dell’organizzazione circoli denaro contante, tutte le fonti economiche devono essere tracciate. Affido inoltre la vigilanza ad un apposito organismo che garantisce indipendenza e autonomia, è un organismo collegiale composto da 3 membri, di cui 2 esterni alla società, e 1 interno scelto nel responsabile della funzione di Internal Auditing (soggetto che al di là e al di fuori dell’ambito di responsabilità 231 normalmente controlla come le cose funzionano all’interno). Ma un mio dirigente ha comunque commesso il reato.
A questo punto cambia l’assetto dell’onere della prova a seconda che il reato sia commesso da un apicale piuttosto che da un subordinato.
L’art.6 disciplina l’ipotesi di esenzione della responsabilità dell’ente se il reato è stato commesso da un apicale. L’art. 7 disciplina l’ipotesi di esenzione della responsabilità di un reato commesso da un subordinato.
Se il reato l’ha commesso un apicale è l’ente che ha l’onere di dimostrare nel processo:
- che il suo modello organizzativo era idoneo;
- che l’organismo di vigilanza era autonomo, indipendente e aveva vigilato correttamente;
- la realizzazione del reato è stata possibile solo perché il soggetto che ha commesso il reato ha fraudolentemente eluso il modello, lo ha aggirato, in modo tale che l’ente non è riuscito a tenerlo sotto controllo.
L’ente deve sopportare questo onere così grave per la particolare natura del soggetto che realizza il reato. Il fatto che lo abbia realizzato un soggetto apicale è molto facile che la realizzazione del reato sia espressione di una cultura d’impresa, perché i soggetti apicali personificano in maniera più intensa l’ente.
Se il reato è commesso da un soggetto subordinato (art.7), per essere esente da responsabilità, all’ente è sufficiente dimostrare di aver attuato efficacemente il modello, purché non si sia in presenza di un’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza, in tal caso l’ente risponderà. È il pubblico ministero che deve dimostrare che o:
- il modello non era idoneo, non poteva prevenire reati, in quanto non adeguato;
- il reato è stato reso possibile da una inosservanza degli obblighi di vigilanza interni, chi doveva controllare non ha controllato adeguatamente.
Il decreto 231 non indica come obbligatoria l’adozione di un modello organizzativo, se un ente non vuole adottarlo può benissimo farlo, solo che se viene commesso un reato non potrà giovarsi di queste esimenti.

Tratto da DIRITTO PENALE COMMERCIALE di Valentina Minerva
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