Skip to content

Il ruolo dell’agricoltura all’interno dell’economia italiana

Tabella riferita all’Italia, che mostra come è cambiato il ruolo dell’agricoltura all’interno dell’economia italiana, in un arco di tempo di circa 50 anni. L’ultima riga della tab. evidenzia il tasso di crescita dell’economia nelle diverse tappe temporali. All’indomani della fine della Seconda Guerra Mondiale (1949), il tasso di crescita dell’economia, il tasso di variazione media annua del PIL pro capite, era ancora debole, mentre quasi vent’anni dopo (1967) l’economia italiana era già cresciuta consistentemente ed era ancora in fase espansiva significativa. S’assiste, 25 anni dopo (1992), ad una crescita più moderata, fino nei primi anni 2000 ad una riduzione ulteriore di questo tasso di crescita. L’incidenza della PLVagr sul PIL era ancora alto, 27% nel 1949, ma pochi decenni prima, più del 60% della ricchezza nazionale era di derivazione agricola e, quindi, già qualcosa si era mosso nell’economia italiana. Il 27%, nel 1967, si era più che dimezzato, arrivando al 12%; tale incidenza si è ulteriormente ridotta, quasi a 1/3 del valore dell’67 nell’92, e si è ancora ridotta 10 anni dopo (2002) fino ad arrivare ad un valore del 3,7%. In termini di incidenza dell’occupazione, il trend è stato analogo. Nel 1949, ancora 1 occupato su 2 nell’economia italiana era scrivibile al settore agricolo. L’incidenza del lavoro agricolo sull’occupazione totale, che riguardava quasi 1 lavoratore su 2, nel 1967 si riduce al 23%, al 6,5% nei primi anni ’90 e poco più del 5% agli inizi degli anni 2000. Notiamo che i valori di incidenza % del settore agricolo, sul totale dell’economia, in termini di lavoro anziché di ricchezza prodotta, si mantengono più elevati. Questo perché, i livelli di produttività, in agricoltura, sono inferiori rispetto al resto dell’economia, e ciò si può vedere nella terza riga che esprime il rapporto tra la produttività del lavoro in agricoltura e gli altri settori.

I prezzi agricoli

L’ultima riga esprime la ragione di scambio, ossia il rapporto tra i prezzi agricoli e l’indice dei prezzi generale dell’economia. Tale rapporto era superiore a 100 alla prima scadenza temporale, i prezzi agricoli era più elevati anche di un’entità non irrilevante dei prezzi non agricoli. La ragione di scambio si è erosa: prezzi scesi a 89 nell’67 e si sono appena ridotti nel 2002. Il -20 nel 1992 indica che si sta riducendo la ragione di scambio a un ritmo molto rilevante.
Il 1992 fu il primo anno dell’applicazione della riforma McSharry della PAC, il primo momento in cui si è applicato uno schema d’aiuto all’agricoltura che non passava per il sostegno dei prezzi, bensì per uno sostegno accordato all’agricoltore, e questo ci dice due cose: la ragione di scambio agricola stava peggiorando fortemente, anche in anni in cui i prezzi agricoli erano sostenuti. Il sostegno della PAC è stato un argine al deterioramento della ragione di scambio, ma non è riuscita né a bloccarla, né a invertire la tendenza. Ci dice anche che, l’inizio dello smantellamento di quel sistema di sostegno ha avuto degli effetti in termini di prezzo, poiché quell’argine iniziava a venir meno. Seconda tab. con meno indicatori, che fa dei confronti per alcuni paesi europei. Paesi che hanno medio – alto reddito, in cui si nota una diversificazione di situazioni; paesi ordinati in ordine decrescente di PIL pro capite: primo è il Regno Unito che nel triennio 2005-2007 aveva il PIL pro capite più alto (40mila € di reddito pro capite), rispetti ai cinque membri dell’UE. A seguire gli altri paesi con i 37mila della Francia, 36mila della Germania, 32 mila dell’Italia e 28mila della Spagna. L’ordinamento di questi paesi, in termini di PIL pro capite, corrisponde all’ordine temporale in cui si sono industrializzati tali paesi. Quello che vogliamo vedere è la relazione tra il PIL pro capite e il peso dell’agricoltura sull’economia, calcolata in termini di VAagr e di occupazione. C’è una relazione stretta inversa, più alto il PIL pro capite, più bassa l’incidenza del VAagr sul PIL nazionale. Nel Regno Unito, ad esempio, l’agricoltura contribuisce al reddito nazionale per meno dell’1%; Francia 2,17, Germania 0,97, Italia 2,13 e Spagna 3,20. Tutti paesi in crescita, con l’inversione tra Francia e Germania, dovuta a due fattori speculari: la potenza industriale della Germania che, in termini relativi, fa abbassare la quota del contributo agricolo, e il fatto che la Francia è un grandissimo paese agricolo. In agricoltura, siccome un fattore produttivo fondamentale è la terra, conta molto nel valutare quanto pesa il settore agricolo, la dotazione delle risorse naturali di quel paese e questo spiega il ruolo che ha l’agricoltura nella Francia. Per gli occupati agricoli, c’è un gradiente in crescita, in senso inverso, rispetto al PIL, per cui Regno Unito è 1,4%, Francia 3,8, Germania 2,4, Italia 4,20 e Spagna ancor di più. C’è l’inversione Francia – Germania.
I valori dell’ultima colonna sono sempre più alti, e questo conferma il fatto che gli occupati, in agricoltura, sono meno produttivi degli occupati in altri settori. Spiegazione formula slyde VAagr/PIL = VAagr/Cal * Cal/PIL: in quest’identità, il termine a sinistra dell’uguale è l’incidenza dell’agricoltura sull’economia, in termini di VA; tale rapporto è stato scomposto in due rapporti, dividendo e moltiplicando i due termini del rapporto per uno stesso numero, dato dai consumi alimentari (Cal). Abbiamo preso il VAagr, l’abbiamo diviso per i Cal, abbiamo preso il PIL che è al denominatore dell’uguaglianza e l’abbiamo moltiplicato per i Cal. Si tratta di uno stratagemma analitico, semplice ed efficace, che riesce a mettere in evidenza con una serie di scomposizioni successive, come se fosse un gioco di scatole cinesi, entrano dentro, fanno delle zoomate sui singoli termini, e ci aiutano a capire cosa succede. Qual’era l’interpretazione canonica più accreditata dei fattori di declino dell’agricoltura nel corso dello sviluppo economico? L’interpretazione, che si dava per scontata, era l’operare della Legge di Engel, quella legge empirica che dice che, al crescere del reddito delle persone, la quota di reddito spesa per i consumi alimentari si riduce, perché i consumi alimentari sono consumi di prima necessità e hanno una elasticità al reddito inferiore ad 1. Tutti i beni possono essere classificati in funzione di come varia il consumo, l’acquisto di questi beni, al variare del reddito.

Il consumo e la produzione di prodotti agricoli

Ci sono tanti fattori da cui dipende quanto consumiamo che cosa: primo fra tutti, il prezzo del bene è tanto importante che, nell’analisi classica della domanda, si mette in rapporto la quantità domandata col prezzo del bene; si disegna il consumo in uno spazio cartesiano, dove la variabile che esplicitamente compare è il prezzo. Altro fattore è il gusto delle persone, oppure le aspettative delle persone, l’idea che si sono fatti di come andranno le variabili economiche nel futuro. Parametro fondamentale è il reddito di cui disponiamo. La domanda espressa dai consumatori, di acquisto di beni per consumarli, varia al variare del reddito ma diversamente per alcune categorie di beni. Ci sono i beni di lusso, per i quali la domanda aumenta più che proporzionalmente al crescere del reddito. All’altro estremo, come comportamento opposto, troviamo i beni inferiori, quei beni dove il consumo si riduce al crescere del reddito, beni consumati di tanto in tanto poiché non si ha sufficiente disponibilità per fare una cosa che preferiremmo.
C’è il vincolo di bilancio che agisce in maniera strettamente vincolante in quel caso. Un esempio potrebbe essere i biglietti dell’autobus; si prende l’autobus perché non ci piace guidare o non vogliamo inquinare l’ambiente. Il consumo di questi beni è correlato negativamente con il reddito, aumenta il reddito, l’elasticità è negativa. I beni di prima necessità sono beni che, anche a livello di reddito basso, vengono consumati a un livello molto vicino alla soddisfazione del bisogno, perché è un bisogno fisiologico ma non necessariamente. Se cresce il reddito, aumenta un po’ il consumo di questi beni, ma meno proporzionalmente, elasticità positiva ma inferiore all’unità. Tale categorizzazione non vale in assoluto a qualsiasi livello del reddito, ma è relativa, cioè a diversi valori di reddito, un bene si può comportare come di prima necessità, e poi come inferiore. Ad esempio, l’istruzione universitaria può essere un bene di lusso a livelli più bassi di reddito, e può diventare di prima necessità a livelli di reddito più elevati. In base ai livelli di reddito che consideriamo, il comportamento di consumo che adottiamo, quando varia il reddito, può essere differente. I consumi alimentari variano molto meno di altre categorie di consumi, al variare del reddito, e per questo si dicono anticiclici, funzionano da stabilizzatori del ciclo economico. La spesa per consumi alimentari incide poco sulla spesa per consumi complessivi, in un paese con medio – alto reddito. La crisi economica degli anni scorsi ha fatto tanti danni nel mondo industrializzato, ha messo persone alle porte, ma nessuno è morto di fame; invece, nei paesi poveri l’esito di una congiuntura economica negativa, può essere devastante, perché i livelli di reddito sono così bassi che, contrarre consumi a quei livelli, può significare restare con la pancia vuota. I consumi alimentari hanno questo ruolo anticiclico, tendono a stabilizzare la congiuntura, perché l’elasticità dei consumi è minore di 1, e se il reddito si riduce di 100, i consumi alimentari si ridurranno a 50. Questa scomposizione, quindi, ci dice che al crescere del PIL pro capite, la quota di VAagr sul PIL si riduce; quel primo indicatore che è a sinistra dell’uguale, è un rapporto che tende a ridursi. Rapporto che si scompone in due rapporti: il primo, VAagr/Cal, ci dice quanta parte, che quota del valore di ciò che consumiamo, in un paese, trova corrispettivo nella produzione agricola.
Quanto parte del nostro bisogno di alimentarci, viene soddisfatto dalla produzione agricola del paese. Il secondo rapporto, Cal/PIL, ci dice quanta parte del reddito generato dall’economia di un paese viene destinato a soddisfare il bisogno di alimentarsi. La variazione del peso dell’agricoltura sull’economia, tramite questa scomposizione, identifica due grandi ordini di fenomeni: il primo, riguarda il tipo di destinazione che si da al reddito nazionale prodotto, ciò che accade dal lato della domanda (Cal/PIL); il secondo (VAagr/Cal), invece, misura cambiamenti che avvengono a carico del settore che non è più solo agricoltura, ma è agribusiness del settore a cui la società affida il compito di soddisfare il bisogno di alimentarsi. Spiegazione altra tabella relativa all’Italia: nella prima riga troviamo il VAagr/PIL, nella seconda riga il VAagr/Cal e nella terza Cal/PIL; nel 1949, l’agricoltura contribuiva a generare quasi 2/3 del valore di ciò che le persone consumavano come alimenti. I valori che non riguardano l’agricoltura, sono aumentati moltissimo negli anni: si è passati dal 62% di quota agricola sui CA al 37, al 28 e al 26. In media, è circa ¼ l’apporto agricolo del valore di ciò che noi consumiamo. Nel corso del tempo, quindi, il rapporto VAagr/Cal si è ridotto. Cosa succede all’altro indicatore, Cal/PIL? Anche questo si riduce, ossia la quota di reddito prodotta nel paese, destinata ai consumi alimentari, nel 1949 era il 43%, ossia ogni euro prodotto dall’economia italiana, nel 1949, di ogni euro 43 centesimi venivano spesi per mangiare. Dal 43% si è passati a 33, a 9 e così via. Anche le modificazioni, dal lato di destinazione del reddito, influenzano su come cambia il ruolo dell’agricoltura nell’economia man mano questa cresce. Entrambi i termini, in cui abbiamo scomposto il rapporto VAagr/PIL, si riducono vistosamente. Dal lato della domanda, Cal/PIL: come cambia il modo che abbiamo di utilizzare il reddito che produciamo. Questo rapporto è scomponibile in 3 fattori: il primo è la Legge di Engel, Cal/CTOT, all’aumentare del reddito consumiamo di più di altre cose e la quota dei Cal/CTOT si riduce. Consumi totali divisi per il reddito disponibile, ciò che ci rimane dopo aver pagato le tasse. Si divide il PIL per il PIL totale. I consumi alimentari si riducono perché i consumi totali sul PIL disponibile, all’aumentare del PIL pro capite, si riducono: più siamo ricchi e più ci possiamo permettere di destinare una parte maggiore del nostro reddito, a quella forma di consumo di lusso che è il risparmio.
Al crescere del reddito, l’incidenza della fiscalità aumenta; il reddito disponibile, che in valore assoluto aumenta, come quota del PIL si riduce. C’è un fenomeno economico importante che è la crescita del PIL pro capite, cresce l’economia di un paese, questo è un fatto; poi c’è una domanda, legata a questo fatto: cosa succede all’agricoltura? In termini assoluti, cresce, si espande il settore perché, con la crescita economica c’è un aumento della produttività, aumenta la domanda. Che succede in termini relativi? La domanda è la variazione del VAagr che è positiva, e il ruolo dell’agricoltura nell’economia si riduce. Primo elemento classico di spiegazione è che, il ruolo dell’agricoltura si riduce perché opera la legge di Engel; la crescita di un’economia sta nel diversificare, a partire dall’attività prima, universale, che è l’agricoltura. Un’economia cresce perché sta sviluppando attività diverse dall’agricoltura. Legge di Engel che è il modo stesso in cui si comportano le persone che causa questo ridimensionamento, poiché le persone anche quando sono ad un livello di reddito basso, la pancia se la devono riempire, i consumi alimentari sono di prima necessità. Man mano che cresce il reddito, orientano una parte di questo maggiore reddito verso altri consumi. La domanda è il motore dell’economia, perché se non c’è domanda di un certo bene, non c’è convenienza che ci sia un’offerta; se al crescere del reddito, ci sembra ragionevole immaginare che, le persone si comportano in modo tale da consumare meno alimenti e, in termini relativi, più cinema, libri, champagne, parrucchiere, allora il settore agricolo cresce meno degli altri, perché le persone domandano relativamente meno beni agricoli e alimentari, rispetto ad altri beni. L’incidenza dei consumi alimentari, della spesa che le persone fanno per alimentarsi, su tutto il reddito che riescono a produrre, si riduce al crescere del reddito per tre ordini di ragioni: la legge di Engel, il modo in cui le persone allocano il reddito tra presente e futuro, cioè se sono più ricche possono permettersi di mettere in sicurezza il loro futuro, risparmiano un po’ di più, e ciò implica che consumano un po’ di meno. Questo secondo rapporto, CTOT/PIL, man mano che diventiamo più ricchi, assume un valore più basso, o il reddito lo consumiamo o lo risparmiamo. L’ultimo termine riguarda la leva fiscale.
Di tutto il reddito prodotto, in Italia, rapportato alla singola persona, non possiamo decidere noi liberamente di tutto quel valore, quanto risparmiare e quanto destinare agli alimenti e altri consumi, perché c’è una quota che diamo allo Stato, quota che cresce all’aumentare del reddito. Il rapporto tra reddito disponibile e reddito generato si riduce, al crescere del reddito.  

Tratto da ECONOMIA DEL SETTORE AGROALIMENTARE di Valerio Morelli
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.