Skip to content

Il tessuto sociale della città di Genova

Il tessuto sociale è rappresentato attraverso i mestieri possibili nella Genova del porto e dell’angiporto. Nel complesso l’autore ci regala l’idea di una comunità operosa, fatta di lavoratori del porto (i “camalli”, gli sterratori, i carbuné, i carrettieri, del cui lavoro Maggiani ci offre una descrizione tecnica e dettagliatissima), bottegai («“Comprèee ma no tocché!!” gridavano le pescaiole e i lattonieri, i salsamentieri e i droghieri, i giocattolai e i mestichieri, i cioccolatai e i bussolieri, le verduraie e le sarte, gli ottici telemetristi e le pollaiole, i farinatai, i friggitori, i sigarai, i salumieri, i semenzieri, i coloniali e i privativi»), sarte («la tela delle giubbe che si cucivano in casa di Rico ‘o Sardu (padre di Sascia, nota mia) era comunemente chiamata “tela di Genova” ma non si tesseva affatto in questa città…»). Accanto a questi mestieri “onesti” ci sono anche quelli di chi fa fruttare la famosa “arte dell’arrangiarsi”, come rigattieri, contrabbandieri, prostitute: «Sascia conosce molte puttane, o signorine che dir si voglia; il sestiere dove vive è adeguatamente attrezzato per tutte le esigenze del porto e delle sue guarnigioni militari, quindi è ben fornito anche di bassi, stanzette e case dove loro vivono e lavorano». La stessa Sascia riuscirà sempre a cavarsela grazie alla sua grande manualità, che la introdurrà prima nel mondo della contraffazione dello zafferano e poi in quello dei falsi d’arte (e questa dote le permetterà di salvarsi anche nel campo di concentramento nazista in cui è deportata dopo il ‘43).

La Genova della Regina disadorna durante la seconda guerra mondiale è bersaglio frequente  di bombardamenti. Il primo avviene proprio dal mare il 9 febbraio del 1941, da parte della flotta britannica. E la popolazione fortemente tifosa del calcio nello stesso pomeriggio si reca allo stadio quasi come se nulla fosse successo: «Nel pomeriggio la città ancora fumava e i tramvai non avevano ancora preso ad andare. Cosicché Paride Tirreno e Giacomino sono andati allo stadio in motocicletta […]. Dalla gradinata geonana dello stadio, alzando gli occhi anche senza volerlo, vedeva fumo sulle colline e nebbia sul sole, e sentiva cattivo odore di polvere e qualcosa di bruciato […]. Ma poi è andato tutto bene. E il centravanti Bertoni ha mantenuto la promessa fatta in sogno a Giacomino: dopo un lungo, interminabile dribbling, è andato finalmente a rete. Nove febbraio quarantuno, Genoa-Juventus due a zero»
E’ la Genova dove, dopo il settembre ’43, anche i portuali si organizzano in brigate partigiane che controllano il porto e disattivano le mine piazzate dai Tedeschi: «I tedeschi […] hanno alzato le mani sulla città e si sono fatti dominatori. E i carbunè sono tornati ribelli. Senza tanti discorsi e con poca dottrina, senza sorpresa e pentimento […] La banda di Paride […] aveva il compito di controllare l’intera diga del Molo Galliera e si addestrava al sabotaggio durante la pausa mensa dentro le stalle dei cavalli di manovra alla Lanterna; di notte faceva la ronda alla diga con un barchino con la copertura della pesca dei polpi. Erano specialisti nelle mine».

L’autore rende un’idea più realistica dello spaccato sociale ritratto facendo  parlare i suoi protagonisti nella lingua a  loro più congeniale, il dialetto genovese. Questa scelta risulta azzeccata per portare il lettore ad immergersi completamente nel tessuto sociale e umano della Genova dell’angiporto: ci fa sentire di essere a Genova anche nella cantilena e nelle vocali strette di una lingua quasi incomprensibile. A volte anche la voce narrante nelle descrizioni utilizza termini dialettali: «La Singerina (Sascia, che fa la sarta, nota mia) si lascia le raccomandazioni alle spalle e si avvia per lo stesso passaggio tra i cumuli di ravatti (spazzatura, nota mia)» 

Nel complesso, nella sua descrizione della società mi sembra che Maggiani colga alcuni dei tratti tipici della genovesità, ancora attuali nella rappresentazione che di se stessi danno i genovesi: l’arte di arrangiarsi, del vivere con poco, il legame con il porto, la passione per il calcio, la memoria ancora viva della Resistenza.

Tratto da GENOVA NELLA LETTERATURA di Isabella Baricchi
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.