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Conseguenze della mancata conversione


La Costituzione ricollega alla mancata conversione del decreto nei 60 giorni dalla pubblicazione la sua perdita di efficacia “sin dall’inizio”, mentre consente alle Camere di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto non convertito.
Dal momento della pubblicazione della mancata conversione il decreto perde, quindi, retroattivamente efficacia.
Non si avrà un’automatica decadenza degli atti emanati e dei rapporti sorti sulla base dei decreti non convertiti, ma essi potranno essere rimossi alle condizioni previste in via generale per ogni tipo di atto: occorre che siano gli interessati a provocarne la rimozione dal circuito giuridico attraverso i normali mezzi di impugnazione.
La mancata conversione autorizza le Camere a disciplinare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti, consentendo loro di superare eventuali limiti alla retroattività della legge e, soprattutto, di derogare al principio della decadenza retroattiva dei decreti stessi, facendo salvi rapporti che quella decadenza renderebbe invalidi.
Nella prassi il legislatore fa uso di tale potere con una formula generale di sanatoria di tutti gli atti e rapporti conseguenti al decreto non convertito: ciò che equivale ad una conferma del decreto per il periodo in cui esso è stato in vigore.
Se la legge di sanatoria sembra realizzare una parziale conversione del decreto, essa però è specificamente basata sul presupposto della mancata conversione e non elimina di per sé la responsabilità governativa.

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