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I regolamenti interni degli organi costituzionali


Tra le fonti primarie di origine statale vengono compresi, infine i regolamenti di autonomia degli organi costituzionali.
Per quanto riguarda i regolamenti parlamentari, essi trovano un esplicito riferimento innanzitutto nell’art. 64 cost.
Da questa disposizione, unita al principio di autonomia degli organi costituzionali, si suole ricavare un potere di carattere primario, a favore del quale è prevista una riserva di competenza per ciò che attiene all’organizzazione interna delle Camere stesse.
Se poi si collega il concetto di organizzazione con quello di disciplina dell’esercizio delle funzioni, si può giungere alla conclusione che sia riservato alla fonte parlamentare anche quest’ultimo aspetto.
La prevalente dottrina e la giurisprudenza della Corte costituzionale hanno infatti ritenuto che tutto il procedimento legislativo, per la parte non disciplinata dalla Costituzione, sia riservato alla disciplina regolamentare.
Di fronte a questa ricostruzione è stato però sostenuto che i regolamenti parlamentari sarebbero in via di principio fonti di grado subordinato rispetto alla legge,salvi i casi in cui viene loro esplicitamente riservata una specifica competenza.
Tra le due impostazioni non può farsi in questa sede una scelta precisa: da un lato, la seconda è formalmente più aderente alla lettera del testo costituzionale e ad una prassi legislativa da cui emerge una notevole disinvoltura del legislatore ordinario nel disciplinare sia l’organizzazione interna che l’attività delle Camere; dall’altro lato, la prima può ricollegarsi ai principi di autonomia di cui si è detto e ad alcune pronunce della Corte costituzionale che mostrano di considerare i regolamenti parlamentari come fonti primarie.
Anche la Corte costituzionale risulta essere dotata di un potere normativo autonomo di vasta estensione, comprendente la sua organizzazione interna e la disciplina dei procedimenti dinanzi ad essa.
Formalmente questo potere ha fondamento nella legge ordinaria (l. 87/53); di modo che gli atti che ne sono esercizio dovrebbero collocarsi a livello subordinato a quello legislativo.
Peraltro larga parte della dottrina tende ad individuare nella stessa posizione istituzionale della Corte e nell’autonomia che vi si riconnette il fondamento di tale potere, collocandone a livello primario le manifestazioni.
Ma, se difficoltà indubbiamente sorgono a fondare una riserva di competenza ed un potere normativo primario su un generico principio di autonomia in ordine all’organizzazione della Corte, esse diventano ancora maggiori per ciò che attiene alle norme di procedura.
L’unica risposta che qui si può dare è basata sul fatto che, riunendo in sé la Corte tanto il potere di dettare le norme integrative che quello di applicarle, nonché il potere di controllare la legittimità costituzionale delle leggi operanti in materia, essa finisce col fare prevalere la propria normazione su quella derivante da altre fonti.
I regolamenti della Corte s’impongono quindi per forza propria come fonti primarie, anche al di là o contro le indicazioni della Costituzione, collocandosi le fonti legislative ordinarie in posizione suppletiva rispetto ad esse.
Di un’autonoma e primaria potestà normativa si ha pure esperienza per quanto riguarda l’organizzazione interna della Presidenza della Repubblica.
Il carattere primario di questi regolamenti può, anche qui, soltanto basarsi sull’autonomia costituzionale del Presidente, limitatamente alla disciplina delle funzioni svolte nell’ambito dell’attività politica e legislativa; mentre quelle svolte nell’ambito dell’attività amministrativa sono assoggettate a disciplina legislativa in forza del principio di legalità.
Si era anche parlato, relativamente alla sua attività politica e all’organizzazione interna dei suoi apparati, di un analogo potere del Governo, ma la riserva di legge dell’art. 95 cost. consente soltanto regolamenti a questa direttamente subordinati.
Infine c’è da rammentare che anche il Consiglio Superiore della Magistratura dispone di un potere regolamentare volto a disciplinarne l’organizzazione e il funzionamento, del quale comunque è pacifico il carattere secondario.

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